Creato da: ruconcon il 25/07/2005
Sul ritmo della pachanga i ricordi di un giovane 'rivoluzionario'

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« Al lavoro, compagni!Barbe bianche »

El Ejercito Rebelde.

Post n°16 pubblicato il 14 Settembre 2005 da ruconcon

Non basta la Pachanga, ora mi viene in mente anche una canzone colombiana - il ritornello è ‘Cuba sì, yanqui no’ - che fa:
…en Colombia las escuelas
se trasforman en quarteles,
en Cuba ya se acabaron
esos malos procederes…
Giustamente si esalta che i militari a Cuba non sono più impiegati per opprimere il popolo.
Nel 1960 l’esercito porta ancora la denominazione ‘Ribelle’, e mantiene la struttura organizzativa e gerarchica, l’armamento, la mentalità della guerra rivoluzionaria. Risveglio i ricordi delle settimane passate come ‘aggregato’ ad una unità militare per descriverne le caratteristiche, appoggiandomi anche ad un articolo scritto da Guizzardi, che per le sue capacità di bravo artigiano era stato impiegato alla formazione lavorativa di militari, nel laboratorio di falegnameria del comando.
Il servizio militare è volontario. Esistono pochissimi gradi, legati a livelli di responsabilità e senza distinzione di carriere: i termini di ‘Ufficiale’ e ‘Sottufficiale’ non esistono. Il massimo grado è Comandante, con responsabilità di una Columna – l’aggregazione che sosteneva un fronte di combattimento – o di struttura importante, come la Scuola Militare. Il Capitàn comanda una Compañia – assimilabile forse ad un battaglione – coadiuvato da Primer Tenientes e Segundo Tenientes. In spregio al Sargento Batista non esiste tale grado ed il livello minimo è occupato dal Cabo. La divisa è uguale per tutti ed i contrassegni di grado sono modesti.
Poco tempo dopo l’esercito cubano, riaddestrato da consiglieri cecoslovacchi, prese il nome di Forza Armata Rivoluzionaria ed una struttura militare di tipo tradizionale. Raùl Castro oggi ostenta gradi con una vistosità da Maresciallo sovietico.
Il nuovo reclutamento non ha ancora consentito di formare dei quadri ed i gradi sono tutti occupati da combattenti, che li hanno raggiunti grazie al coraggio dimostrato ed alla riuscita di azioni di guerra. Vi sono adolescenti, ora alla scuola militare, che a seguito di innumerevoli azioni di staffetta, hanno raggiunto il grado di Capitàn. Joel Iglesias, responsabile nazionale dell’organizzazione giovanile, aveva 18 anni alla fine della guerra ed aveva raggiunto il grado massimo di Comandante per il suo eroismo.
Vicino alla nostra Ciudad – in località Vegas de Jibacoa, dove fu combattuta un’importante battaglia – si trova l’unico centro di reclutamento
 dell’esercito, dove affluiscono i volontari, giovani di almeno 15 anni. Vi rimangono tre mesi dopo di che, superata la prova con profitto, passano alla Scuola Militare di Minas del Frìo dove completano il corso di dodici mesi. Le reclute possono liberamente rinunciare in qualsiasi momento. Circa un terzo se ne va dopo due o tre settimane, non reggendo la vita dura cui sono sottoposte. L’addestramento, infatti, riproduce le condizioni incontrate dai guerriglieri ‘barbudos’. Gli alloggiamenti sono baracche poste attorno ad una ‘piazza’ circolare, ma il termine ‘baracca’ è poco appropriato; esse sono formate, infatti, dal solo tetto sostenuto da tutta una serie di pali messi in modo che tra l’uno e l’altro ci si possa stendere un certo numero di amache, i letti delle giovani reclute.
La nostra unità comprende una compagnia femminile, intitolata a Mariana Grajales, eroina dell’indipendenza, con alloggiamento in una baracca separata. Non risultano ammesse donne tra le reclute, o forse non vi sono aspiranti. Guevara in Guerra de guerrillas, esemplare manuale organizzativo della guerra rivoluzionaria, afferma che la disciplina è fondamento essenziale dell’esercito, da mantenere con premi e punizioni. I premi consistono in attribuzione di punteggi per l’avanzamento di grado e responsabilità. La vita di guerriglia consente solo due forme di punizione, a parte la fucilazione: la privazione di sigarette o altri generi voluttuari oppure, nei casi gravi, al punito viene tolta l’arma, che dovrà riconquistare o rubare al nemico, o rimeritare portando a termine rischiose azioni di collegamento.  Non conosco l’impostazione del dopo guerra, ma Guizzardi nota come “scorre la più perfetta delle discipline poiché essa è sentita e non forzata come in qualsiasi altro esercito” e ciò è motivo d’orgoglio per i militari cubani. A Jibacoa come a Minas del Frìo, non c’è distinzione di vitto e alloggio tra ufficiali e reclute, né “è d’obbligo saluto alcuno, tanto meno chiamare gli ufficiali con il loro grado, è sufficiente chiamarli per nome”.
L’armamento individuale è abbastanza standardizzato, essendo quasi tutto di provenienza USA: fucili Garrand, carabine Winchester. La compagnia femminile ha in dotazione mitra italiani Beretta. Le pistole sono proprietà personale e se ne vedono infatti d’ogni tipo.
Un ufficiale della scuola militare, al momento della partenza, si sfila la sua smisurata Smith & Wesson con tanto di fondina e cinturone e ne cinge Guizzardi, in segno di ringraziamento e di affetto. Lo invidiamo tutti, ma effettivamente solo lui s’è veramente guadagnato un simile regalo.

 
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volandfarm
volandfarm il 24/03/09 alle 13:14 via WEB
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