Creato da ruggero1949 il 13/07/2009

DISCUSSIONI

Discussioni di carattere religioso.

Messaggi di Dicembre 2019

Come avviene la produzione di uova.

Post n°355 pubblicato il 24 Dicembre 2019 da ruggero1949

Al seguente link ho trovato un articolo che ho copiato integralmente. Nel sito ci sono anche foto e qualche video.

https://www.essereanimali.org/2017/05/fasi-produzione-di-uova/

Tutte le fasi della produzione di uova: video, foto e spiegazioni

Dietro l’allevamento di galline per la produzione di uova c’è un processo ottimizzato da centinaia di anni di selezioni genetiche e decenni di gestione imprenditoriale. Quello che ne è venuto fuori è un sistema, quasi perfetto, di sfruttamento e privazioni per gli animali, che coinvolge solo in Italia 50 milioni di individui.

Noi non li chiamiamo più allevamenti, ma Fabbriche di Uova.

Le uova destinate al consumo non sono fecondate, in quanto dentro agli allevamenti di galline non ci sono  individui di sesso maschile. La riproduzione delle ovaiole (così come quella dei polli o dei tacchini) è affidata ad allevamenti specializzati. Le strutture sono simili a un allevamento a terra, nel capannone sono presenti galline e riproduttori di sesso maschile in proporzione 6/7 a 1. All’interno sono posizionati dei nidi, dentro ai quali le femmine depongono le uova fecondate, che vengono raccolte quotidianamente e trasportate agli incubatoi.

Incubatoio.

Gli incubatoi sono strutture adibite alla schiusa delle uova. Le uova fecondate vengono sistemate su carrelli a più piani e introdotti in camere dalla temperatura controllata. Restano qui fino alla schiusa, che per le galline è di 21 giorni. In natura le galline rigirano periodicamente le proprie uova e le covano mantenendole sempre al caldo e con il giusto grado di umidità. Nell’incubazione industriale questi processi vengono ricreati in modo artificiale.

Selezione del sesso e debeccaggio.

Dopo la schiusa i pulcini passano tra le mani di addetti specializzati nel riconoscimento del sesso. Questa operazione ha la funzione di separare le femmine, che verranno avviate alla produzione di uova, dai maschi, che vengono immediatamente soppressi in quanto improduttivi. Nel sistema di produzione moderno sono allevati unicamente animali selezionati per raggiungere il massimo della produttività. Per questo motivo i maschi della gallina ovaiola non vengono avviati alla produzione di carne, in quanto questa razza è stata creata tenendo conto di una sola caratteristica: la produzione di uova. I polli da carne sono invece selezionati tenendo conto di caratteristiche completamente diverse, come la qualità della carne e la capacità di ingrassare in tempi rapidi. Per questi motivi risulta più conveniente eliminare i maschi subito dopo la schiusa. Per fare questo vengono o gettati vivi in un tritacarne o semplicemente soffocati in sacchi neri.

Tutti i pulcini immessi negli allevamenti intensivi subiscono la mutilazione del becco. Questa pratica viene effettuata entro i primi 10 giorni di vita tramite uno strumento apposito, costituito da una lama incandescente, che amputa la punta del becco e cauterizza automaticamente la ferita. Questa dolorosa operazione (gli uccelli nel becco hanno terminazioni nervose) viene effettuata per limitare i problemi derivati dall’aggressività indotta dallo stress dell’allevamento. Per evitare che il continuo beccarsi e lo strapparsi le piume reciprocamente possa causare ferite e di conseguenza infezioni.

Allevamento  da accrescimento.

Le giovani galline non producono uova prima dei 5 mesi di età. Per questo periodo “non produttivo” vengono tenute in strutture simili ad allevamenti a terra oppure in batterie di gabbie su più piani. Per le prime settimane di vita all’interno dei capannoni vengono accese lampade termiche per mantenere caldi i pulcini.

Allevamento per la produzione delle uova.

In Italia esistono 4 tipologie di allevamento intensivo per la produzione di uova.
Queste tipologie sono identificate da un codice stampato sulle uova, che indica anche la regione, la provincia, il comune e lo stabilimento in cui sono state prodotte.

In Gabbia (cod.3)

Per norma di legge lo spazio a loro disposizione è di 750 cm². Il 75% della produzione di uova in Italia proviene da qui. Il cibo viene somministrato automaticamente da un nastro trasportatore; per raggiungerlo le galline allungano il collo fuori dalle sbarre orizzontali e il continuo sfregamento con il metallo le porta a perdere completamente le penne dal collo. Il pavimento delle gabbie è di rete metallica inclinato verso l’esterno, in modo che le uova possano rotolare su un nastro trasportatore. Il continuo contatto delle zampe con una superficie di rete causa ferite e malformazioni e l’impossibilità di razzolare fa crescere le unghie a dismisura.

La condizione di sovraffollamento è una costante: le galline riescono a stento a muoversi.
 Lo sfregamento delle ali e dell’addome sulle pareti della gabbia fa perdere le penne e le piume. È singolare considerare come negli uccelli che vengono allevati come animali da affezione (come a esempio i pappagalli), la perdita delle piume per stress o sfregamento sulla gabbia sia considerato maltrattamento.
 Le gabbie sono disposte su piani sovrapposti, in genere dai quattro ai sei; questa disposizione permette di stipare fino a 20.000 animali in ogni capannone.

A Terra (cod.2)

Sono denominati allevamenti a terra quegli allevamenti nei quali le galline non hanno accesso all’esterno, ma non sono chiuse in gabbia. Sono “libere” di muoversi all’interno del capannone. 
Questi allevamenti possono essere a più piani (fino a 4) o a piano singolo. Quelli a piano singolo sono capannoni con fondo di cemento ricoperto di paglia e nei quali sono disposti dei tunnel di plastica, con delle aperture nelle quali le galline entrano a deporre le uova. Le galline tendono istintivamente a nidificare in luoghi riparati e gli allevatori sfruttano questa naturale tendenza per poter raccogliere automaticamente le uova. All’interno del tunnel il pavimento inclinato permette alle uova di rotolare su un nastro trasportatore, che le raccoglie.

La raccolta delle feci in questi allevamenti non è automatizzata. La paglia sul fondo del capannone ha la funzione di compattare il guano e impedire che questo si appiccichi eccessivamente alle zampe. Questa metodologia prevede che il capannone venga pulito esclusivamente a fine ciclo, quando le galline vengono macellate e il capannone svuotato; ciò significa che per tutto il periodo di allevamento le galline convivono con i loro escrementi. Negli allevamenti di ultima generazione, per ottimizzare gli spazi e moltiplicare così il numero di animali, vengono costruite strutture di ferro simili a gradinate (i piani).

L’allevamento a terra risolve in parte i problemi derivati dallo sfregamento delle penne sulle gabbie e della crescita incontrollata delle unghie. Restano però i problemi dovuti al sovraffollamento e alla presenza di migliaia di animali nello stesso spazio: aggressività e stress, ma anche deficit da mancanza di luce naturale, con tutte le problematiche che ne derivano.

All’Aperto e biologico (cod. 1 e cod. 0)

Viene considerato all’aperto un allevamento a terra che dà la possibilità agli animali di uscire in aree recintate per alcune ore al giorno. L’interno dei capannoni è come negli allevamenti a terra. In natura durante la stagione fredda i pulcini avrebbero difficoltà a sopravvivere e per questo durante l’inverno la produzione di uova cala notevolmente, fino anche ad arrestarsi. Questa caratteristica viene annullata dal clima controllato degli allevamenti al chiuso, ma si riproporrebbe, se gli animali fossero lasciati all’aperto durante la stagione fredda.

A nessun allevatore conviene mantenere degli animali per vari mesi, senza che questi gli garantiscano un profitto: è per questo che le galline allevate all’aperto restano all’interno dei capannoni per la stagione invernale. Indipendentemente da quello che la legge prevede, non abbiamo mai trovato in inverno galline all’aperto in nessun allevamento visitato.

Negli allevamenti biologici le galline hanno la possibilità di uscire all’aperto su un terreno coltivato in maniera biologica e sono alimentate con mangimi biologici. La densità di animali è inferiore rispetto a tutti gli altri sistemi. Come in ogni altro tipo di allevamento, negli allevamenti biologici si riscontrano gli stessi problemi. Animali spennati e feriti, malati e malformati, sofferenti per lo stress e spaventati.

Importante: anche in questi allevamenti le galline vengono fatte nascere in incubatoi industriali e quindi gli esemplari maschi vengono uccisi appena nati.

Morti in allevamento.

Anche la mortalità all’interno degli allevamenti viene preventivata e calcolata; per questo all’esterno delle strutture sono presenti celle frigorifere, che contengono migliaia di animali che non sono riusciti a sopravvivere alle condizioni dell’allevamento intensivo.

Trasporto e macellazione.

Quale che sia l’allevamento di provenienza, la sorte delle galline è sempre la stessa.
Dopo un periodo variabile tra un anno e mezzo e i due anni, la loro produttività cala e non risulta più conveniente allevarle; per questo vengono caricate e inviate al macello.

Degli operai catturano gli animali nei capannoni e li stipano in gabbie di plastica che vengono caricate sui camion. Il viaggio viene fatto solitamente la notte, con qualunque condizione meteo.
 L’uccisione avviene per sgozzamento, dopo essere stordite tramite scosse elettriche o tramite CO2. Diventano carne di seconda scelta o alimenti per altri animali.

Galline libere e felici.

Sappiamo che può essere difficile abbandonare le proprie abitudini, ma non per questo possiamo chiudere gli occhi e non guardare in faccia la realtà. Una realtà che ci spinge a ripensare la nostra alimentazione e scegliere in modo consapevole quello che portiamo a tavola ed essere coscienti che anche dietro al consumo di uova ci sono animali che soffrono.

Stiamo cercando in ogni modo di far conoscere e provare i benefici di una dieta basata su prodotti di origine vegetale. Ci stiamo riuscendo: migliaia di persone ogni mese scelgono di essere dalla parte degli animali, dell’ambiente e di avere cura della propria salute.

Ne approfitto per dare altri link utili per una dieta vegana:

https://www.vegolosi.it/come-cucinare-guide-pratiche/cosa-mangiare-al-posto-del-formaggio/ - alternative al formaggio.

https://www.vegolosi.it/news/quanti-legumi-mangiare-al-giorno/ - dosi di legumi.

 
 
 

Necessità di diventare vegani. Come avviene la produzione di latte.

Post n°354 pubblicato il 24 Dicembre 2019 da ruggero1949

Al seguente link ho trovato questo articolo, che ho copiato integralmente:

https://www.infolatte.it/etica/latte_uccide_animali.html


La produzione di latte uccide vitelli e mucche

Spesso chi diventa vegetariano per ragioni etiche, quindi per non uccidere animali, in sostanza è convinto che la produzione di latte non comporti la morte di nessun animale.

Magari pensa che è vero che c'è dello sfruttamento dietro gli allevamenti di mucche da latte, ma il problema, allora, è cambiare i metodi di allevamento, di trattamento degli animali. Non è la produzione in sé di latte (e uova, ma qui trattiamo solo la questione latte), il problema. E' il metodo. Quindi, in linea di principio, mangiare questi alimenti non è sbagliato. Perché, comunque, non uccide.

Così di solito si pensa. Va detto però che, anche fosse vero che il consumo di latte non uccide gli animali, questo ragionamento non sarebbe molto valido, perché occorre comunque dissociarsi e non contribuire allo sfruttamento, quando esiste.

Purtroppo, purtroppo per gli animali, c'è un problema in più: non è "solo" una questione di sfruttamento. Ma di uccisione. Perché anche il consumo di latte implica, necessariamente, l'uccisione di animali. Non gli stessi individui che producono questi "alimenti" (o almeno, non subito), ma loro simili, i loro figli, che devono morire affinché questa produzione sia possibile. E' matematicamente, statisticamente, economicamente impossibile produrre latte senza uccidere un altissimo numero di animali. Spieghiamo ora perché. Per cui, alla fine, chi ha scelto di essere vegetariano per non uccidere dovrebbe, per lo stesso motivo, diventare vegano. Il motivo è identico, quindi è una decisione facile da prendere, perché ci si è già passati una volta. Si è già convinti della sua validità.

Ci concentriamo sul fatto dell'uccisione proprio per questo: si trattasse solo di sfruttamento, uno potrebbe sempre scegliere di usare prodotti di allevamenti non intensivi (il che significherebbe comunque, se si è coerenti, limitare moltissimo il proprio consumo, renderlo minimale, perché gli allevamenti non intensivi non possono certo fornire prodotti a tutta la popolazione della Terra, nella quantità oggi considerata abituale). Ma si tratta invece di morte. E chi è vegetariano per motivi etici, è di sicuro già convinto che non sia lecito UCCIDERE gli animali.

Perché la produzione di latte comporta l'uccisione di animali (a parte le mucche da latte stesse, a fine carriera)?

Un esempio, dal mondo reale della produzione della mozzarella di bufala, una testimonianza di prima mano (apparsa in una mailing list a diffusione pubblica):

12 marzo 2002 - Il 12 di febbraio ultimo scorso, tornando a casa, ho intravisto una grande macchia scura sul bordo della strada. Avvicinandomi, ho visto che "la cosa"... era un bufalotto di alcuni giorni, ancora vivo. Devo dire che diverse volte negli anni mi è capitato di vedere carogne di bufalotti nei campi e lungo le strade, e ho sempre pensato che fossero morti di malattie perinatali. Ho segnalato il fatto all'autorità competente, che è intervenuta per rimuovere la carcassa. Ma questa volta non si trattava di un cadavere, era un animale vivo. Un bufalotto maschio, senza marca nell'orecchio, senza padrone. L'ho caricato in macchina e l'ho portato a casa. Ho chiamato subito il Servizio Veterinario, il cui responsabile ha detto che posso tenerlo per farlo crescere, perché probabilmente è stato abbandonato essendo un maschio. Allora i maschi vengono abbandonati? Si, mi è stato risposto, è l'abitudine in zona. Per legalizzarlo sono andata ai Carabinieri per fare la denuncia di "ritrovo". Anche il Comandante "sapeva": i maschi si uccidono, si lasciano lungo le strade, è "normale", non servono, non danno latte. Si parlava di soffocarli buttando la paglia in gola... Con il Servizio Veterinario abbiamo fatto i calcoli: circa 15.000 bufalotti maschi all'anno "non nascono" ufficialmente. Ma devono essere nati, perché la natura procura l'equilibrio: nascono tanti maschi come femmine. E se sono iscritti 40.000 bufali femmina, devono essere minimo 15.000 i maschi che "spariscono". Ho sentito di altri "metodi" di uccisione: la maggior parte degli allevatori semplicemente lascia morire di fame i neonati, cioè li allontanano dalla mamma subito dopo il parto e non danno più attenzione. Muoiono! Basta! Ci sono quelli che li sotterrano vivi e ci sono quelli che li buttano nella fossa del letame. Qualche allevatore locale cresce i bufali maschi per la carne. Una percentuale molto bassa.

Al di là dell'esempio specifico, quello che a molti sfugge è che per far produrre latte alla mucca occorre farle partorire un vitellino. La mucca non è una macchina che produce latte senza scopo, ma è un mammifero, e come tutti i mammiferi, esseri umani compresi, produce latte solo quando mette al mondo un figlio, per nutrirlo. E poi non continua certo a produrlo per sempre: dopo un anno, non ha più latte, e per continuare a produrlo deve partorire di nuovo!

Se il vitellino è maschio, non potrà vivere come "mucca da latte", perciò vivrà qualche mese e poi verrà macellato. Anche se è femmina, potrà vivere per prendere il posto della madre, ma solo una seguirà questo destino, le altre andranno al macello coi loro fratelli.

I cuccioli vengono quindi tolti alla madre appena nati, a 1-2 giorni di vita, e la madre continuerà a piangere per mesi chiamandoli, e i piccoli vivranno la loro misera vita per 6 mesi, piangendo e chiamando la madre che non vedranno mai più e poi saranno portati al macello e uccisi.

I bufaletti fanno una fine forse peggiore (o forse no, è difficile scegliere tra due tipi di morte): vengono ammazzati o lasciati morire appena nati. I vitellini invece vengono abitualmente mangiati, perciò vivono qualche mese per mettere su carne (6 mesi, di solito).

Non è pensabile che possano essere mantenuti "a sbafo" animali improduttivi (i maschi, e le femmine in più). Anche nei piccoli allevamenti. Significherebbe far crescere i costi in maniera enorme. E se mai gli allevatori e i consumatori diventassero così (e comunque ADESSO non lo sono e quindi ADESSO il latte implica la morte dei vitelli) tanto sensibili al benessere degli animali da consentire agli animali maschi di vivere (ma dove mai li metterebbero? Non c'è spazio abbastanza al mondo)... credete davvero che non sarebbe più probabile che si arrivasse invece a una semplice rinuncia a quella piccolissima quantità di prodotti animali, che allevamenti di questo genere consentirebbero di ottenere?

Le mucche stesse, dopo 5-6 anni, vengono portate al macello, ridotte ormai in condizioni così estreme dallo sfruttamento, da non potersi più reggere in piedi da sole.

Non esiste un latte "senza crudeltà", per produrlo vengono sempre e comunque uccisi e fatti soffrire animali: le mucche e i figli che sono costrette a partorire.

Il credente, dopo aver letto questo articolo, può reagire con un: “Chi se ne frega.”?

Dipende come è stato educato. Comunque, io sto cercando alternative a latte e latticini e penso che dovrebbero fare altrettanto tutti i credenti. I buddhisti sono vegani da sempre. Sappiamo che sorella White diventò prima vegetariana e poi vegana.

Do dei link utili per l'informazione sulle alternative a latte e latticini:

https://www.infolatte.it/vegetali/ - alternative vegetali a latte e latticini

https://www.infolatte.it/vegetali/calcio.html - fonti alternative di calcio vegetali

https://www.infolatte.it/vegetali/latti_vegetali.html - composizione delle bevande vegetali e comparazione col latte

https://www.infolatte.it/vegetali/prodotti_vegetali.html - prodotti a base di bevande vegetali

Su un altro sito è possibile scaricare gratuitamente due ricettari, uno vegano e uno vegetariano:

http://you.tipiace.it/ebook/

Io ho scaricato quello vegano. Bisogna lasciare tanti dati sensibili, ma si può rifiutare di ricevere pubblicità successivamente, non spuntando le due caselle relative.

 
 
 

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