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La morte del piccolo Mattia, sbranato da un randagio, è solo l'ultimo caso: ogni anno aggredite 70 mila persone

Post n°10 pubblicato il 06 Ottobre 2008 da stellacucc

Gli animali in Italia continuano a uccidere ma c'è chi chiede meno regole. Ecco perché

Ancora vittime della guerra dei pitbull
Ma l'Italia difende i cani-killer

ROMA - Sul luogo dell'assalto è rimasta solo una macchia scura, il sangue annerito di un bambino. Mattia Maddalena, si chiamava. Aveva nove anni. Sabato sera è stato sgozzato da un cane inferocito (a cui si continua a dare la caccia), mentre giocava davanti a casa sua, nella campagna di Benevento. È lui l'ultima vittima di una guerra vera, una guerra senza armi e senza comandanti, che però ha già sparso tanto sangue innocente.
Quello di Alessia Caponet, per esempio, che aveva nove mesi ed era in braccio alla nonna, quando il rottweiler che faceva la guardia alla villa dei genitori la addentò prima al collo e poi all'addome, sbranandola come una preda. O quello di Paola Dessole, 77 anni, che tornava a casa con la spesa in mano quando venne azzannata alla gola dal suo pitbull, che non mollò la presa finché lei non smise di respirare. O quello di Paola Palmieri, 61 anni, che una mattina a Pontecagnano impedì al suo pitbull di mordere una sua amica, ma quello allora le si rivoltò contro, come una belva, sgozzandola in pochi minuti. O, ancora, quello di Salvatore Rizzello e Vincenzo Ramis, che gettavano lo zolfo nella vigna, vicino a San Pietro Vernotico, quando furono assaliti, prima uno e poi l'altro, da due pitbull inferociti che se ne andarono solo dopo averli uccisi, staccando a morsi la testa di uno dei due. Bambini ignari, padroni colti di sorpresa, passanti che diventano bersagli, vicini di casa che hanno appena il tempo di sentire l'ansimare affannoso di un cane all'assalto prima di capire che stanno per essere inghiottiti da un incubo mortale. Sono loro le vittime di questa strana guerra: la guerra dei pitbull. Dietro la prima linea, quella dei cani e delle loro vittime, si fronteggiano due schieramenti trasversali, uno più agguerrito dell'altro. Da una parte i difensori dei pitbull (e dei rottweiler, e degli american bulldog, e di tutti i cani capaci di uccidere un uomo). Dall'altra, quelli che difendono le loro vittime: gli uomini. Finora hanno vinto i primi: l'Italia, sui cani pericolosi, ha le regole più permissive dell'intero continente.

E adesso la vittoria sta per diventare definitiva, perché al governo è arrivata una dei loro: Francesca Martini, 47 anni, leghista. È lei il nuovo sottosegretario alla Salute che ha la delega a riscrivere le regole di questa guerra silenziosa. Sarà perché è bionda, sarà perché è tosta, sarà perché si è subito schierata con i cani, sarà perché si muove - parole sue - "come un caterpillar" - fatto sta che l'hanno già soprannominata "il nostro pitbull col rossetto". Quando le riferisco il paragone con Sarah Palin, la grintosa vice di John McCain, lei fa una sola precisazione: "Io non uso il rossetto". Ma si capisce che la metafora non le dispiace affatto. Perché lei non ha nulla contro i pitbull. Anzi. Da quando ha varcato il portone del ministero, di fronte all'isola Tiberina, è diventata il loro avvocato nel Palazzo. È a loro che ha riservato il suo primo annuncio, l'abolizione della lista dei cani pericolosi. "Confermo: l'elenco sparirà. Perché le razze pericolose non esistono. Esistono razze storicamente più reattive, ma questo non vuol dire che siano più pericolose". Adesso, alla vigilia dell'emanazione della sua ordinanza (e di un disegno di legge che seguirà a ruota), il sottosegretario leghista anticipa un'altra novità, un altro passo avanti sulla strada della liberazione dei pitbull: la museruola presto non sarà più obbligatoria. "Responsabilizzeremo i proprietari" spiega. "Se uno sa che il suo cane è reattivo e mordace, allora userà la museruola. Altrimenti no. Chiaro?". Chiarissimo. Il vento è cambiato, al ministero della Salute, e presto lo scontro si accenderà nelle aule parlamentari, chiamate ad approvare le nuove regole. Quelle attuali non piacciono a nessuno: troppo crudeli per gli animalisti, troppo permissive per i loro avversari. Oggi, in base all'ordinanza ministeriale firmata nel 2006 dal ministro Livia Turco, i proprietari di 17 razze "a rischio di aggressività" hanno l'obbligo di "applicare sia il guinzaglio sia la museruola ai cani, sia quando si trovano nelle vie o in altro luogo aperto al pubblico sia quando si trovano nei locali pubblici e sui pubblici mezzi di trasporto". Ora, se riuscite a ricordarvi qual è l'ultima volta che avete visto un pitbull con la museruola, o se vi viene in mente un'occasione - una sola - in cui avete visto i vigili multare chi non teneva il suo rottweiler al guinzaglio, potete farvi da soli un'idea del potere deterrente delle nostre regole. "Il problema vero - commenta la veterinaria Maria Cristina Osella, specializzata nella diagnosi e nella terapia dei disturbi comportamentali dei cani - è che non tutte le razze dei cani sono uguali. Può essere sbagliato creare liste di proscrizione, ma la genetica non è acqua. Uno degli effetti della selezione genetica compiuta dall'uomo è che in alcuni cani la soglia di reattività è diventata sempre più bassa, rendendoli più pericolosi di altri. Poi ci sono cani che hanno un apparato muscolare, una potenza mascellare e una agilità straordinaria che consentono loro di saltare con un balzo alla gola di un uomo. E dunque per i cani di taglia medio-grossa, quelli che sono in grado di provocare ferite gravi o addirittura la morte, è indispensabile stabilire regole rigide". Ogni anno, accusa il Codacons, vengono denunciati 70 mila casi di aggressioni compiute da cani. Certo, la maggior parte sono morsi da infermeria, piccole ferite inferte da piccoli cani. Ma le aggressioni dei molossoidi (come i pitbull e i rottweiler) sono in aumento, e non solo in Italia. E quando le vittime sono le più indifese, i bambini, l'orrore supera i confini nazionali: due anni fa, nel giro di poche settimane, vennero azzannati e uccisi da un rottweiler o da un pitbull una bimba di cinque mesi a Londra, un bambino di 14 mesi nel Sussex, Inghilterra, un neonato a Cuxhaven, Germania, e un bambino di quattro anni a Houston, Texas. Queste sono le storie che finiscono sui giornali. Poi ci sono episodi minori, di cui resta traccia solo nei registri degli ospedali, e nella vita di chi è sopravvissuto: la ragazzina di undici anni ridotta in fin di vita da un cane corso di 50 chili (Belgirate, 1° febbraio 2007), la bambina di sei anni sfigurata al volto, dal naso alla fronte, da un rottweiler che aveva rotto la catena (Cisterna di Latina, 21 agosto 2002), la venticinquenne che pattinava tranquilla e se l'è cavata con cento punti di sutura quando è stata assalita da due rottweiler fuggiti da una villa (Padova, 9 dicembre 2006). Il fatto che a provocare la tragedia sia quasi sempre il cane di casa, lo stesso che fino a un istante prima era sempre stato "buonissimo, dolcissimo e affettuosissimo", è forse l'elemento più inquietante: possiamo passeggiare tranquilli, quando vediamo venirci incontro, liberi come l'aria, questi cani che in un momento d'ira sono capaci di uccidere persino i loro padroni? "Non esistono cani cattivi, esistono solo cattivi padroni", è la risposta che danno i difensori dei pitbull. Ma chi sono i padroni dei pitbull? "La maggior parte - spiega Giuseppe Bossi, un appassionato cinofilo che con la moglie Floriana dedica da tre anni tutto il suo tempo libero al volontariato nel canile comunale della Via del Mare, a Roma - sono persone che vogliono sentirsi forti ostentando il loro cane. Il pitbull diventa lo strumento del loro machismo, o della loro prepotenza. E dunque più il cane è aggressivo, più loro sono contenti. Pazienza se ci vanno di mezzo gli altri cani. L'anno scorso, a Primavalle, un pitbull ha ucciso sei cani, uno la settimana: il padrone continuava a lasciarlo sciolto. Poi, certo, ci sono i proprietari più responsabili e coscienziosi. Ma neanche loro sono sempre in grado di controllare il loro animale. Un mio vicino di casa aveva un rottweiler, che gestiva con grande scrupolo. Una persona attentissima. Finché un giorno il cane tentò di assalire un bastardino che gli passava vicino, il padrone lo tirò indietro per impedirglielo e quello gli si rivoltò contro furiosamente, all'improvviso. Lo azzannò al braccio e non voleva saperne di mollare la presa. Sangue, urla, botte: niente. Per fortuna una persona riuscì ad infilare un bastone nel collare del rottweiler, torcendolo finché il cane non si staccò dal braccio". L'esperienza, insomma, consiglierebbe di adottare qualche rimedio. Già, ma quale? In Germania, dopo che un pitbull ha ucciso un bambino di sei anni che stava andando a scuola, ad Amburgo, i cani pericolosi sono stati messi al bando. La Francia, che ha vietato il possesso dei "cani d'attacco", ha inasprito l'anno scorso le pene per i proprietari: se il cane uccide un uomo, fino a dieci anni di carcere.
La Gran Bretagna ha proibito dal 1991 alcune specifiche "razze pericolose": la prima è il pitbull. Seguono il Dogo Argentino (un cane che è perfettamente in grado di uccidere un puma), il Fila Brazileiro (creato nell'800 per dare la caccia agli schiavi in fuga dalle fattorie, sbranandoli) e il Tosa Inu (micidiale cane giapponese da combattimento). Fuori dall'Europa sono ancora più drastici: in Australia e in Canada, dal 2005, è obbligatorio sterilizzare gli esemplari già esistenti per arrivare gradualmente alla scomparsa di queste razze. Forse è proprio alle severissime regole adottate al di là dell'Oceano che si è ispirato il senatore Andrea Fluttero (Pdl), quando ha scritto la sua proposta di legge sui cani "potenzialmente pericolosi". Una proposta che va nella direzione opposta a quella del sottosegretario Martini, e che vieta la vendita dei cani "potenzialmente pericolosi" e rende obbligatoria la loro immediata sterilizzazione. "Io adoro il mio cane - dice Fluttero - ma prima di tutto vengono le persone. Proprio come la legge vieta il commercio, la riproduzione e la detenzione di una tigre o di un coccodrillo, sarebbe giusto prevedere lo stesso divieto per quelle razze di cani che mettono a rischio l'incolumità pubblica. E non mi vengano a dire che un chihuahua è uguale a un pitbull. Il primo se mi morde può farmi un graffio, il secondo può uccidermi. C'è una certa differenza, direi...". Ma non dite al sottosegretario Martini che forse - forse - sarebbe il caso di fare qualcosina di più, per evitare di esporre i nostri figli al pericolo di trovarsi un giorno o l'altro davanti a un pitbull che, potenzialmente, può ucciderli. Lei vi risponderà, come ha fatto con me, che questo pericolo non esiste. Neanche potenzialmente. "Potenzialmente, anche lei adesso potrebbe darmi un pugno. Ma io non pretendo che lei vada in giro con le mani legate. Potenzialmente, anche un uomo può uccidere un altro uomo. Cosa facciamo, mettiamo al bando la razza umana?". Una risposta che toglie anche l'ultimo dubbio: è proprio lei, questa leghista bionda di Verona, il nostro "pitbull col rossetto".
 
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