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Las Palmas.

Post n°343 pubblicato il 13 Aprile 2014 da Santajusta_Cultura
 

Oh, una Palma per il mio caro Nero (pronunciare "Niro", come il programma per fare i CD) e una buona domenica per me, con Juan José Delincuente, immarcescibile direttore de "A Gaceta da Baixa", foglio satirico, che si è autoinvitato a pranzo e mi aiuta a preparare questa Pasta alla Maria nella cucina della casa di Heliantos che è di nuovo tutta un fior. E con Koh-Lanta e Righetto che, malgrado le avvisaglie di Semana Santa, prendono la loro dose di sole.

"Are you experienced?" si cantava ancora, ier sera, chez Fangoria. E, tra me e il Delincuente, le esperienze comuni non sono mancate, nei trentaquattro anni della nostra amicizia. Come quelle sessanta lezioni alla Academia de Guitarra Alejandro Palma (uso il nome vero, in omaggio e confidando nella sua intelligenza) che, non fo per vantarmi, potrebbero procurarmi molta gloriole nei teatri del circondario. Non per niente, mercoledì mattina mi sono rimesso a suonare, dopo aver scoperto una circostanza che qui tacerò (non in tutti posso confidare come nel mio antico maestro di musica).

Nel 1980 e nel 1981, dunque, abbiamo studiato il repertorio popolare del Perù, ivi compresa la danza che in tutta l'America Latina si chiama "cueca", altrove "fandango" e colà "marinera", e marinera per decreto! In omaggio alla Marina, dopo la Guerra del Pacífico (1879-1884): quando si dice el orgullo nacional! Credevo fosse appannaggio esclusivo della República Militar (1968-1980), e invece si dipana nei secoli. Di recente hanno trasformato Halloween nella giornata delle tradizioni autoctone. Non so cosa sia peggio.

Prendiamo atto. E tra Larco e Benavides, e più tardi tra Exelmans e Quatre Septembre, passando da Campo del Oro come dal via del gioco dell'oca, un po' di orgullo dev'essere rimasto anche a noi se, uno alle prese con le listerelle di zucca e l'altro con i dadini di peperone, lanciamo accidenti alla tablette, che ci fa da web radio e trasmette un celebre settimanale spagnolo. E che ci vuoi fare: ormai si protesta solo davanti agli apparecchi. Tutto il resto è colibrì.

Che si dedichi una rubrica alle canzoni più "cursi", "huachafas", diremmo noi, banali e stucchevoli, per capirci, passi ancora. La cacofonia mi fa soffrire troppo per considerarlo un divertimento. Ma passi che ci sia chi ci ride su. Tuttavia, confondere "La flor de la canela", di Chabuca Granda, celeberrimo classico, del Perù Criollo, chi dice di no, con le canzoni d'amore del melodico panorama di stampo franchista, no no e no!

Ma quello che ci fa friggere è l'ironia sul testo. Quelle risate sul "menudo pié la lleva", in particolare sull'aggettivo "menudo", che, a sentir lo speaker, non trova correlativo in spagnolo. Un piede, dice, o è grande o è piccolo, menudo no. Questione di apertura mentale. E poi, come si può essere così colonialisti da non tener presente che non si tratta di spagnolo, bensì di castellano? E di un paese latinoamericano, dove un pié può essere menudo e l'avocado si chiama "palta", come la faccia di qualcuno che conosco.

Ci sono giorni in cui daremmo ragione ad Arthur Más, parola! Per il resto, riusciamo a portare ugualmente in tavola la pasta (e anche qualche palta).

Ho letto, guardato in TV e al cinema e ascoltato talmente tanto della Spagna, senza contare gli studi giuridici, che mezza Campo del Oro è convinta che ivi abbia vissuto. Non ci ho mai messo piede, se si eccettua uno scalo di due ore a Barajas (oggi "Adolfo Suárez", uno dei miei idoli, costituzionalmente parlando). Sicché, parafrasando uno spot pubblicitario, anche quello in comune, domando a Juan José: "ma sarà vero che la Spagna è molto diversa da come l'immagino?" "Andiamo a vedere" mi ha risposto lui "mal che vada, andremo a riposarci a Las Palmas". E Pace e bene a tutti.

©2014 Pavia Malandra

 

 
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