Sasha Sans Serif

Ho un piano

Piove. Pioggia Torrenziale. Giuro che non c'entro: sono troppo edonista per inscenare una danza della pioggia solo perché il Trio Tenaglia ha coinvolto Nero in una scampagnata. Roast-Beef come sono, non posso neanche far finta di essere il nero (con la n minuscola) che, "nudo, completamente nudo, entra nel bar e dice...". Insomma, Ferreñafe mette a dura prova i miei zebedei, in giorni come questo, e visto che il pollo alla basca è un piatto che va cotto e mangiato, ne ho ancora per un po', prima di mettermi ai fornelli.

Per fortuna, leggere il giornale su Internet e ascoltare France 24 uso radio (con lo schermo della TV spento, in attesa che ci restituiscano RFI), distrae un po'; per modo di dire: qualche ossessione da alimentare la trovo sempre. Ad esempio, a grande richiesta, un evergreen: il campanilismo.

Un gruppo di separatisti fiamminghi espone le sue rivendicazioni, nell'attesa delle elezioni, disponendosi, più o meno ordinatamente, sul percorso variamente accidentato del Giro delle Fiandre. Una valorosa troupe della gloriosa emittente li registra fedelmente.

Rivendicazioni? Un disco rotto, un hit continentale, altro che Stromae! Con solo qualche variante nel testo: "Valloni Ladroni!" diceva l'augusto portavoce che, privo di video, non avevo il piacere e l'onore di vedere, ma che non doveva essere molto diverso dagli omologhi campanilisti che, tutti inscatolati in un verde gazebo, ieri Pasqua, presidiavano l'accesso al Centro Storico della cittaduzza vigilando sul Ponte de Los Quinze Misterios, pronti a respingere orde di bartoliani e victoriani, notoriamente inclini al latrocinio; e non diversi appaiono gli strali degli attivisti di altre latitudini, rivendicando identità più o meno storicamente fondate.

(A proposito, Nero: il fatto di essere nato a San Bartolo non fa di me un bartoliano, né quello di aver trascorso la maggior parte della mia vita a Ferreñafe fa di me un Ferreñafense: almeno tu, non generalizzare...).

Ragazzi, io ne ho abbastanza delle bolle sulla lingua che mio vengono ogni volta che Alina porta a pranzo da me Vanessa (sua compagna d'università) per sentirla parlar male di un parente o conoscente aggiungendo, senza tema del ridicolo "E in più, è victoriano", come se certi suoi amici autoctoni non avessero i difetti che lei attribuisce ai concittadini del quadrante Sud. Ed io penso al bellissimo, distintissimo e tristissimo Vicente Astor Romualdi da La Victoria, un tempo amante di Julio e di almeno un altro mio amico, e perciò mio desiderio sacro, mai appagato, per regola di vita.

Dicevo, ragazzi, ne ho le tasche piene! Accontentiamoli! Diamogli questo cavolo di terra promessa, facciamo creder loro di avere ragione, tanto ormai hanno ragione tutti, visto che non la può ottenere nessuno. Ad una condizione. Che il territorio indipendente di ogni neo-stato confini con quello di un'altra pseudo-nazione con pseudo-iconografia in costumi e pellami (E gli elmi cornuti, li vogliamo lasciare a casa?). Come? Un colpo di righello su una carta geografica qui, uno là e il gioco è fatto. Lo hanno fatto tante volte, nei secoli, si può ancora tentare l'esperienza.

E poi: demerdez-vous! Scommetto mille talleri che, non potendo attaccare concittadini che tali non sono più, i nostri bravi campanilisti cominceranno a prendersela tra di loro. Qualcuno darà dei predoni ai fiamminghi che nel frattempo attaccheranno, chessò, gli Indipendentisti dell'Illinois. E si minacceranno guerre di secessione, si costruiranno carri armati col meccano; Vanessa, da casa sua, dovunque si trovi, sognerà con nostalgia di essere circondata da un gruppo di victoriani pronti a sfilarle la borsetta. Ma non durerà molto. La ripresa ci riporterà all'indifferenza (per la solidarietà, passate tra qualche eone). Fino alla prossima crisi.

©2014 Pavia Malandra