Creato da: Santajusta_Cultura il 02/11/2008
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È Primaveraaaaa...

Post n°475 pubblicato il 24 Marzo 2019 da Santajusta_Cultura

"Ma ogni mattina ci alziamo e prepariamo il caffè...", diceva Romano Damiani, tempo fa, passandomi la tazzina; mi aveva convocato in redazione per sapere se avessi ancora voglia di collaborare, con questo mio, a "Sorry Wrong Number", il foglio satirico eguagliato sempre, imitato mai... oppure il contrario.
    Vi chiederete: "Che ci fa quella specie di Indro Montanelli del Fiume Azzurro al posto di Moni?". Beh, Moni ha preso il posto del suo socio, nonché direttore e con lei fondatore, Juan José Delincuente. E Juan José? Fa il redattore capo al "Metropoli", quotidiano indipendente della capitale, del quale Romano era direttore.
    Il motivo di cotanto calciomercato? È una storia lunga. Che sto redigendo, appunto, all'interno della biografia di costui. Mi hanno recentemente bombardato biografo ufficiale degli Eredi Hopper, i pendolari pedestri di Paseo de la República, i paninari attempati di San Martín de Porres, banlieue di Ferreñafe; quelli che ogni tanto occupano il piano superiore di un fast food, con panorama alla Hopper. Appunto.
    Come se non bastasse l'avvocatura, la presidenza dell'Alianza, le corna all'Alianza, con mio zio, nella dirigenza del Villadáliga F.C.. E che consti che non porta i colori dell'A.C. Milan, bensi quelli della Federazione Anarchica.
    "Così ti tieni occupato e non ti disperdi" sfotteva Eva, la miss degli Hopper, a meno che non fosse sua sorella minore, Cecilia, in ogni caso gemelle nella petulanza.
    E, giustappunto, eccomi qui, a casa, con la penna in mano, sempre disperso, ci mancherebbe; una piccola caffettiera davanti, uguale a quella che Romano tiene sul davanzale della finestra, unica novità dell'ufficio che una volta era di Juan José: il rispetto dell'ospite.
    "...che film era, Geoffroy?" Me ne ricordavo poco. Lo avevo visto al Cineforum; interpretato, mi sembra, da un'Isabelle Huppert alla ricerca di sé stessa. Ma mi era rimasta impressa quella battuta, che somigliava alla sempiterna cocciutaggine dei nostri risvegli.
    È arrivata la bella stagione, via. L'anno scorso è durata poco; qualche deprecabile vicenda mi ha scippato l'entusiasmo. Vado molto fiero, però, dell'opera di conservazione del mio slancio vitale subito messa in atto. Ricordo con piacere le mie scappate domenicali a San Berdoo, con il bagagliaio carico di cibarie, i pomeriggi passati a parlare in famiglia, sulla terrazza.
    Nel frattempo, riforme sedicenti epocali causavano grandi migrazioni che, dalla capitale, catapultavano qui Romano.
    Questa volta non mi fregano.
    A proposito, eccolo qui. Si accontenterà di queste dieci righe? Se, la prossima settimana, leggerete qualcun altro, vorrà dire di no. Ma cominciamo dal caffè.
©2019 Idem Sentire 

 
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Cambio Climatico.

Post n°474 pubblicato il 17 Marzo 2019 da Santajusta_Cultura

La settimana è trascorsa in una specie di atmosfera protetta. Siamo stati tutti elefanti, bene attenti a schivare le tonnellate di cristalleria che il destino collocava nelle nostre botteghe. Tranne l'Ernesto, che ha fatto cadere ancora qualche bomboniera; poca roba.
    Max, il più giovane dei miei discendenti, ha trent'anni; sicché, ho partecipato solo indirettamente alla principale conversazione da macchinetta del caffè, materiale o virtuale. La riassumo come segue: "farebbero qualsiasi cosa pur di non andare a scuola". Luogo comune, ma non del tutto menzogna. Comunque, Carlos, mi meraviglio di te: nell'82 eri il primo a fare sega.
    Ma sì, la manifestazione contro il cambio climatico. Che non è un dittatore, non è un provvedimento, non è un gruppo sociale, ma un fenomeno, più o meno naturale. Il 90% dei pargoli si è recato al luogo d'incontro in motorino o con l'automobile di papà: sulla dipartimentale coast-to-coast Camós (dove abito)- Ferreñafe (dove lavoro), i servizi pubblici di trasporto sono impraticabili e i bambini nascono già formattati per il veicolo privato. Alla parola "autobus" rispondono "syntax error".
    Non solo.
    (Punto a capo, per pescare la curiosità altrui).
    Ma di siffatto happening si è fatta e continua a farsi amena pubblicità, alla radio e in TV. Ai genitori di adolescenti che conosco sono arrivate, dalle scuole superiori, circolari festanti, neanche fosse l'8 marzo; il tutto col beneplacito di governi, provveditorati, genitori, insegnanti e, senz'altro, di un buon numero di nonni. Non sono pervenute statistiche sugli zii.
    Se ho capito bene: un sit-in ai giardinetti, approvato dal potere, non espressamente definito "di protesta", con un vago riferimento al clima, percorso e svolgimento prefissati, ivi compreso il già programmato incontro col sindaco. A meno che non sia la versione di massa di un compleanno al fast food, è un nuovo gioco di società: il "Piccolo Attivista", con, sulla scatola, la foto giovanile di Marisa Jamonada e gentile consorte, con i loro stracci di marca e qualche accessorio equosolidale alla Rigoberta Menchù, sorriso alla "ce sei o ce fai?" e cartello, lui col simbolo della pace, lei con quello della donna (va da sé, ampiamente cornificati nella realtà).
Si, direi che si è verificato un gran cambio climatico: l'aria è più calda e le "contestazioni" più fredde. Prive di passione. Fatte in serie. Oserei dire... plastificate.
Si salvi chi può.
©2019 Idem Sentire

 
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Attenuanti generiche.

Post n°473 pubblicato il 10 Marzo 2019 da Santajusta_Cultura

Non ho smesso di fare l'avvocato, faltaría más. Sarà ancora un mestiere, o piuttosto una dipendenza, vista la decadenza materiale, ma soprattutto umana, del mio settore? Conservo il mio bello studio, al 26 di Paseo de la República e il mio bel socio, l'Ernesto Sanjuán. Da un paio d'anni, anche lui dà segni di nevrosi... non al mio livello, ma mi domando: sono stato io, a contagiarlo, o la crisi della giustizia? Uhm...
    Penalisti? Penaliiiiistiiii...?!?,  si meraviglia chi non sospetta che il penale, giuridicamente parlando, è molto più facile del civile. E ci piace scoprire nuove attenuanti, come quel collega che argomentò che bisognava tener conto che il cugino dell'imputato era un Grande di Spagna (Cara Leona, non querelarmi per diffamazione!).
    Colleghi meno ispirati cercano lo sconto di pena quando non è stato concesso o non serve più. In appello, per esempio, quando il presidente si rivolge all'imputato, in gabbia (1), per sapere se ha qualcosa da dire e questi, spacciatore di droga o falsario nummario, invariabilmente risponde: "Mi dispiace tanto, sono pentito" spesso a sei o sette anni dal fatto. È un suggerimento del difensore. Il presidente lo sa, e raramente si commuove.
    La domanda di attenuanti, però, è uscita dai palazzi di giustizia ed ha conquistato le piazze, urbane e telematiche. Ieri, il sito web del primo quotidiano nazionale (ex aequo) riportava l'intervento di una ragazza che denunciava il solito episodio di ordinario razzismo, in un ufficio pubblico; come quando, sul mio luogo di lavoro, fanno finta di non capire il nome del testimone straniero (ed io: HENRY! COME HENRY ROLLINS! Ruggendo allo stesso modo di quest'ultimo).
    Seguiva il forum, con diversi incoraggiamenti e un certo numero di dispensatori di luoghi comuni: "Gli immigrati sono troppi"; "Non si integrano", "Vivono ai giardinetti" e tutte le scemenze che da anni ci tediano e che ascolteremo finché non si abbasserà l'IFS: l'Indice di Frustrazione Sociale, che, come il Dow Jones, è agganciato all'avere: nel nostro caso lo smartphone, il lavoro e il fidanzato, Non ho lo smartphone, lo danno agli immigrati, non ho il lavoro, lo danno agli immigrati, non ho il fidanzato, perché gli uomini, quei mascalzoni!, preferiscono le immigrate (E il correlativo maschile mi fa troppo ribrezzo perché lo scriva).
    Uno di costoro, a mo' di firma, scriveva "Peace and Love". E, per non offendere il nonno, accennerò soltanto ad un "E miei...".
    Ricordi, Sanjuán? Era il performativo preferito della signora Rottenmeier (nome di fantasia): violenta, classista, delinquente relazionale, ma, sul forum degli amanti delle testuggini, dopo aver demolito un neofita, firmava "Peace and love". E a me veniva da rispondere: ma che cavolo ne sai, tu? Ma siccome la conoscevo personalmente, non mi manifestavo. È buona norma, con i delinquenti relazionali.
    Chissà che non sia ancora lei, sotto pseudonimo. Mi sono astenuto anche questa volta: ci hanno pensato altri, e con molta cortesia, al posto mio. Nessuno, però, ha notato questa espressione di nichilismo: tutto vale tutto, tutto può stare insieme, il razzismo e Bob Marley, il vegano e la T-Bone, l'amicizia e la festa dell'amicizia. Datemi le attenuanti: sono razzista, vado in giro col cervello spento a ripetere a pappagallo quello che mi raccontano, ma sono un bravo ragazzo. Vedete! Firmo anche con uno slogan dei figli dei fiori che, come sappiamo, mettevano i decreti di espulsione nelle canne dei fucili!
    Sarei un presidente clemente? Temo di no. Ma supponiamo che lo sia: quale attenuante potrei applicargli? E, innanzitutto, quale sarebbe la pena? E se, come in appello, fosse già ingabbiato, ma senza saperlo?
    Su questo potente interrogativo, vado ad affrontare il mondo reale. Buona domenica.
---
(1) Si, lo so, è una violazione dei diritti umani. Ma esiste.

©2019 Idem Sentire

 
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Geoffroy è vivo e lotta insieme a voi.

Post n°472 pubblicato il 03 Marzo 2019 da Santajusta_Cultura

In questi mesi sono andato all'altro mondo diverse volte, per questo non mi avete visto. La prima - e adesso posso raccontarlo - nei pressi di un negozio per sportivi, davanti ai panettoni antiparcheggio; per anni, quel luogo è stato l'altro mondo, ma in senso tutt'altro che negativo. Ieri, finalmente, andando allo stadio con Ricardo, analoghi panettoni mi hanno fatto sorridere.

Oppure, quell'opprimente mattina di luglio, a far fotocopie per uno stimato collega italiano, Mauro Elamadonna; arriva la Borgognoni, ci conosciamo dagli inizi, siamo stati seduti insieme a varie tavole; mi snobba, ma si mette alle mie spalle a bisbigliare col suo praticante... forse voleva che mi sentissi, ad instar di Sandro Penna, "Mostro da niente". Perché così ha sentenziato, ottocentescamente, la DOXA. E lei dietro.

Ha toppato di brutto. Adesso, in ricordo di quando avevamo trent'anni e conversavamo insieme, e di quando mi aveva consigliato quello che, da allora, è il mio barbiere, la ignoro con un certo imbarazzo. Matthieu Ricard non farebbe così. Ma lui abita in Tibet, non nella Baixa.

E ancora, e ancor più doloroso, quel concerto di beneficienza al quale mi aveva invitato Liz. Spenta come sempre, cercava di dimostrarsi accesa battendo le mani come un'infante al teatro dei burattini: il realismo, a volte, prende strade insospettate. Passava di lì, senza direzione apparente, uno di quegli illustri rinunciatari che si ammantano di gloriola e di marcature di territorio. Il tristemente noto vento gelido mi ha avvolto, con la terribile certezza che rischiavo di fare la stessa fine.

"OK" ha commentato il prode Celedoni, che era con me "a partire da questo momento, perfetta forma fisica e mentale".

Dice sempre così. Ma era segno che la mia "garde rapprochée", lui e un pugno di altri valorosi, c'era, ed era al mio fianco. Ed anche molti amici, conoscenti, compagnie da caffè. Ricorderò soltanto una signora che potrebbe iscriversi in quest'ultima categoria: Doña Sofia St Boi de Llobregat, che, in uno dei momenti più duri di quell'incidente diplomatico, mi rivolse un sorriso affettuoso, come a dire "Non c'è niente di così terribile, rilassati!"(1).

La congiuntura doveva fate il suo corso, ed io dovevo imparare le mie lezioni. A cominciare dal coraggio dei miei stati d'animo. Ho smesso di fingere allegria quando ero triste e, più raramente, viceversa. E mi sento molto più leggero.

Se poi, qualcuno, trae dal mio corruccio sempre la stessa conclusione, come il dottor Corelli quando mi disse "Non ci vogliamo rassegnare, eh?", la cosa mi irrita, certo. Come ogni volta in cui mi definiscono per un solo, contingente episodio della mia storia. Ma arriva il momento in cui PER FATTI CONCLUDENTI, rispondo: "La rassegnazione è un suicidio permanente" (2). Che consti.

E siamo arrivati al primo marzo. Italo Damiani, nuovo redattore capo di "Sorry, Wrong Number" (chi l'avrebbe mai detto?) è tornato su un discorso che avevamo fatto all'inizio dell'anno: "Ragazzo, o torni a scrivere la tua paginetta o la rifilo a qualcun altro".

Agli ordini. E allora scrivo questo mio. Concludendo, con Bichat: "La vita è l'insieme delle forze che si oppongono alla morte". Si vede che ne ho ancora. Et vogue la galère, ancora per un po'.

______

(1) Tutto Rafael Santandreu in un solo sorriso!

(2) Manonegra. Ben mio malgrado...

 

©2019 Idem Sentire

 
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UNA DOMENICA SPORTIVA E SETTE NOTE IN CALCE.

Post n°471 pubblicato il 12 Agosto 2018 da Santajusta_Cultura
 

Ma sì, finché c'è "Nómadas" (1) c'è speranza... e oggi è domenica: e se me ne fregassi del club, dello zio, e di tutto quello che c'è intorno? E me ne andassi nella savana, non quella della puntata odierna, ma quella, un po' più modesta, vicino a casa mia (2)? Dopotutto, zio Arsenio non è ancora arrivato. E neanche Modric (3): allo Sporting, figuriamoci!
E se lo zio, che è il Boss, non si è ancora svegliato, chi sono io, per aprire gli occhi (e chiudere i bronchi) alle cinque e dieci del mattino? Il Presi dell'Alianza, Ja ja. E, al più tardi tra un mese, dovrò di nuovo riunirmi col Comitato Olimpico. E perché non con la Western Conference o con la Concacaf, già che ci siamo?
ZZZzzz... Mi sto riaddormentando, lasciamo tutto così e al diavolo la scadenza del 31 agosto. Ma la mia commissione di censura interna, che stamattina ha le sembianze proprio di Arsenio Geoffroy, vestito da Statua della Libertà, continua a gridare "Pazzo! Pazzo!" e a puntarmi contro la fiaccola.
Oggi, all'ordine del giorno, la ricognizione del nostro fallito tentativo di fusione e incorporazione (si dice così, Lucy?) con una squadra parrocchiale, El Rayo, di Villadáliga (4); non ci sarebbe molto da rimproverarci e niente di male, se riuscissi a fare astrazione dello squallore nel quale mi è toccato immergermi per il buon fine dell'operazione. Con scene al limite del surreale, come quella vaiassa straccia, sudicia, imbrattata e urlante che irrompe nel bar e ci salta addosso mentre sto cercando di comunicare con Salamanca (5), già abbastanza circondato...
Rideva, mio zio, rideva Franco, il nostro direttore sportivo... certo, che c'erano anche loro. C'era un'intera delegazione della società! E, un pochetto, veniva da ridere anche a me, sulla tribuna dell'amichevole che è seguita e che doveva suggellare i comuni destini. Posso ipotizzare che, avendo qualche anno più di me, hanno alimentato una maggiore tolleranza al sottosviluppo. E anch'io, da quel giorno... mai più, mai più! Neanche per Modric (6)!
Ho eretto una frontiera: affronto il sottosviluppo, si, ma solo per chi è in grado, se non di combatterlo, almeno di riconoscerlo e di non mettere tutto nello stesso calderone, me compreso. Il mio cognome da ragazzo è Geoffroy. E il mio cognome da sposato non sarà mai Felpudini!
Al disotto di questa asticella, non vale la pena di cercare il rapporto umano, quello vero, in pura lana vergine: 'ché per parlare del tempo bastano i miei simpatici e coraggiosi esercenti commerciali, tranvieri, colleghi e qualche tassista.
Va da sé che ci sarà sempre qualche moralizzatore pronto a dirmi "Le persone vanno accettate per quello che sono, pregi e difetti" (7): ho l'impressione che chi pontifica così vada verso le persone per arrivare alla divinità. Io vado verso le persone per arrivare alle persone. E qui sta tutta la differenza.
"Dacci un taglio, Calimero, e va' verso la sede dello Sporting" Dice la Statua della Libertà, in polo lilla e calzoni kaki, aggrappandosi alle sbarre della vetrata della cucina. Anda, Jean-Paul, te toca, mi dico. Ed è tanto di guadagnato.
© 2018 Pavia Malandra

(1) Programma di viaggi virtuali di Radio Nacional de España, tutte le domeniche alle sette e,per chi ha la fortuna di fare la grasse matinée, in podcast.
(2) "Parva sed apta mihi": massima che non dovremmo applicare solo noi ciuchi del latino.
(3) Ho proposto a Boris, in caso di ingaggio, di abbonarci all'Inter...
(4) Io m'illudo sempre troppo, sul toponimo Villadáliga.
(5) Ammesso che tu mi stia leggendo, Salamanca, e ammesso che ci sia una prossima volta: un semplice e civile "non è il caso", detto al momento giusto, basta e avanza.
(6) Aridàie.
(7) Salvo mettermi da parte per i miei, di difetti. O presunti tali. Ne ho tanti, e gravi, ma non quelle pecche da stereotipo di checca isterica!

 

 
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