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01/01/2006 Le donne di Tazio

Post n°43 pubblicato il 18 Settembre 2006 da saralyce
 
Foto di saralyce

Gabriella lo lascia in consegna alla hostess. “Mi raccomando, dice, ha ottantacinque anni e prende l’aereo per la prima volta. Gli ho spiegato tutto quello che deve fare, ma sa, a una certa età ci si può confondere. Lo accompagni lei per cortesia”… Tazio stringe la tracolla del borsone e guarda sua figlia di traverso. La hostess controlla i documenti di viaggio. “Non si preoccupi, mi prenderò cura di lui fino all’arrivo e mi assicurerò personalmente che si incontri con sua nipote.” Gabriella ringrazia e guarda suo padre, gli sistema la cravatta sotto lo scollo a V del pullover di lana, gli sorride e lo abbraccia forte. Si salutano senza parlare, tutti e due hanno gli occhi un po’ lucidi e il groppo alla gola.
Tazio s’incammina dietro ai tacchi della hostess. Gli ha fatto subito una buona impressione, i capelli raccolti e le mani curate, un sorriso gentile… Un po’ rigida in quella giacca, ma Tazio pensa che potranno andare d’accordo. Si chiede cosa penserà di lui questa bella signorina, di un bisnonno che “a una certa età” si può confondere.

A una certa età, pensa Tazio, tutti credono che sei rincoglionito. Come se mi dovessi perdere! Non mi perdo mica da nessuna parte, ho girato in macchina per una vita, non ho paura di niente, io! Vado sempre da solo, cosa vuol dire che mi confondo, che figura che mi tocca fare! Ma intanto Tazio tace, accelera il passo e cerca di sembrare il meno spaesato possibile. In fondo non è così complicato prendere un aereo. La hostess lo accompagna al suo posto. Sali, ti siedi, allacci le cinture e saluti il tuo vicino. E poi non è la prima volta che vola, Tazio. La prima volta aveva un paracadute sulle spalle, sentiva le eliche girare e si stringeva al sedile con gli altri soldati. Quello sì che era prendere un aereo!

Allora come adesso stringeva una foto tra le mani. Tazio abbassa gli occhi e guarda il viso di una bambina piccolissima. La sua Jasmine... Ma che nome è Jasmine, pensa. Sembra la marca di un dentifricio! Gli avevano detto che vuol dire Gelsomina. E allora perché non chiamarla Gelsomina! È un bel nome per una bambina, suona bene, sa di profumo e di morbido, come le guanciotte che ha nella foto! L'unica che sua nipote gli ha mandato dentro una busta, che con sua madre si sente via mail. Quelle guance sono le stesse di Delia. Lei aveva la pelle bianca e liscia come la porcellana, che Tazio con le sue manone ruvide aveva sempre paura di accarezzarla. Quando ballavano sulla piazza alle feste del paese, lui le sfiorava l’orecchio fischiettando, il viso di Delia prendeva subito colore e lui allora la stringeva più forte, sperando che il giorno dopo avrebbe sentito ancora il suo profumo sul bavero della giacca. Prima di partire per la guerra le aveva detto "tu bambina aspettami che quando torno ti sposo”.

Tazio guarda fuori dal finestrino, non si vede niente, è una parete bianca. Siamo dentro a una nuvola, pensa. Una nuvola come la nebbia, come quella che lo avvolgeva la mattina al campo quando usciva dalle baracche, tra i raus e gli schnell dei soldati. Certe mattine la nebbia e il fumo bianco erano così fitti che non si vedeva proprio niente, e Tazio si guardava le scarpe sul sentiero, che a volte gli sembrava di sognare. Gli sembrava che se avesse continuato a camminare in quella nebbia sarebbe arrivato a casa, nella nebbia dei suoi campi. I sassi sarebbero diventati erba fresca, e alzando gli occhi avrebbe visto in lontananza la sua piazza con il campanile. Ma poi i muri si riavvicinavano, il cancello della fabbrica lo mangiava e i suoi soli compagni tornavano ad essere il dolore e la fame. Tazio sa che è stata quella promessa a tenerlo in vita in quegli anni. È stato per Delia che ha lottato tanto. Perché lei lo stava aspettando. Si sono sposati subito, nell’ottobre del 1945, lei con il cappellino e la veletta, lui magrissimo e pallido.

“Desidera l'involtino di pollo o preferisce il menù vegetariano?” La hostess lo guarda sorridendo. Tazio alza gli occhi. “Ooh, ecco la mia hostess preferita! Signorina, lei con quel sorriso lì mi può dare quello che vuole, che io sono contento! Basta che ci sia anche un bicchierino di vino da mandar giù…” La hostess sorride di nuovo, ma questa volta anche con gli occhi. Finalmente Tazio si sente un po’ più a suo agio.

In fondo lui con le donne ci è sempre andato d’accordo. Nella sua famiglia sono tutte donne! Quando era nata sua figlia Gabriella, la levatrice era uscita dalla camera da letto strillando come una matta. È una bambina! Tazio, è una bella bambina! Ah, bene, bene… Aveva risposto lui con noncuranza, fissando il giornale che teneva tra le mani, ma capovolto, e intanto rideva nella pancia. Gioia invece era nata all’ospedale. Diventare nonno lo aveva fatto sentire strano, ma tanto felice. Niente maschi in famiglia, ma sussurri e confidenze tra madre e figlia, che ogni tanto le vedeva sedute sul letto a bisbigliare e lui si sentiva un po’ escluso ma tanto forte con loro da proteggere.

E adesso Jasmine gli è nata ancora più lontana. Dall’altra parte del mondo. “Ma dai nonno, non ti preoccupare, vedrai, ci sentiremo spesso, il mondo diventa sempre più piccolo lo sai? Potremo vederci con le telecamere via internet, parlarci oppure scriverci, e poi appena posso torno a casa a trovarti, promesso!” Ma a casa Gioia tornava sempre meno. Si vede che quel paesino le stava stretto. Negli ultimi anni è stata più sugli aerei che sulla terra ferma. E adesso, con quel fidanzato con il nome strano e Jasmine, non si muove da quel posto lontano.

Il mondo diventa più piccolo, dice l’opuscolo della compagnia aerea. Tazio ci ha sempre creduto, quando ha comprato la sua prima macchina gli sembrava di poter andare davvero dappertutto! E poi a lui piaceva girare, la gente lo incuriosiva, ci sapeva fare con i clienti, era un buon agente e ad ogni ordine festeggiava a casa con una bottiglia di lambrusco. Mi sono sempre preso cura delle mie donne, ho viaggiato tanto per loro, non ho fatto mai mancare niente alla mia famiglia. Però adesso si sta sparpagliando un po’ troppo, questa famiglia. Tazio ci ha provato a spiegare a Gioia che anche se il mondo è piccolo bisogna stare vicini. È vero, la lontananza toglie la fatica di sopportare i piccoli contrasti quotidiani, nei rari incontri si dà il meglio di sé, si “ottimizza il tempo”… Cara Gioia, ma il tempo non vuole essere “ottimizzato”, vuole essere riempito, scaldato.

Tazio appoggia il tovagliolo di carta sul vassoio. Pensa alla sua tavola grande a casa. Pensa al profumo del risotto con la salsiccia che gli prepara la sua Delia, sente il vapore che esce dalla pentola con sopra l’asciughino per ammorbidire il riso. Vede lei di schiena, con il grembiule, e poi la vede che si volta col mestolo in mano e gli dice lavati le mani che è pronto. Vede la tovaglia bianca della festa e i piatti quelli della dote di Gabriella. Sente il rumore del vino rosso mentre suo genero gli riempie il bicchiere. Jasmine, tu sentirai mai tutto questo? Sentirai che il tempo è denso, è fatto della vicinanza? Che tempo è quello “ottimizzato”? Quello che si svuota? Se solo Gioia fosse tornata un po’ più spesso… Il mondo è più piccolo, perché non trovare il tempo di tornare a casa un po’ di più?

Ancora qualche ora e prenderà in braccio la sua pronipote. L’ultima delle sue donne. In ordine di tempo, ovviamente. Ma poi, cosa le racconterà? Lei lo sentirà? Dicono che i bambini sono sempre più precoci, imparano le lingue a quattro anni, magari adesso ti capiscono a dieci mesi! Lui le lingue le ha imparate in guerra, il tedesco, il polacco, un po’ di greco… Con qualche parola di tutto lui ci ha girato il mondo, anche se non ha mai imparato l’inglese… Ma intanto spera che prima poi Jasmine parlerà italiano, perché Tazio ha tante cose da raccontarle.

 
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