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Yangoon - L’inizio delle manifestazioni

Post n°92 pubblicato il 30 Settembre 2007 da saralyce
 
Foto di saralyce

Abbiamo girato per Yangoon nei giorni in cui le manifestazioni stavano iniziando. Abbiamo visto i birmani al mercato chiudere di corsa le loro bancarelle e scappare veloci lontano dal centro. Noi eravamo tra di loro, purtroppo non potevamo capire cosa stava succedendo. Sapevamo del malessere che stava crescendo per colpa dell’aumento della benzina, ma ancora non ci era chiara l’entità del nuovo colpo di violenza che il regime militare stava facendo a questo popolo meraviglioso.

La lingua diversa, la fretta, la paura, un ragazzo ci ha visti fermi e indecisi, ci ha preso per un braccio, ci ha detto “go away, go to your hotel, do not stay here”. E noi ci siamo messi in marcia insieme a loro, camminando senza correre ma veloci nella folla di gente, lontano dal centro dove stava avanzando uno dei primi cortei, prima che il rosso delle tonache dei monaci rendesse questa storia telegenica per il resto del mondo.

Eravamo con quella parte della gente che aveva paura. Non capivamo, non sapevamo cosa stava succedendo, lo abbiamo capito solo più tardi. Quelle persone sapevano che i militari si aggirano in borghese in quei cortei e picchiano le persone che hanno vicino, in modo che poi i giornali locali possano dire che “onesti” cittadini si sono sentiti in dovere di sedare i disordini causati da persone che non amano la pace. Sapevano che i loro figli erano in pericolo se fossero rimasti al mercato e andavano a chiamarli per portarli a casa. Quella gente scappava da tutto, perché tutto ti può terrorizzare quando vivi in quelle condizioni.

Ci siamo mossi con loro, confusi e senza capire bene quello che stavano facendo. Alla fine siamo arrivati alla guest house, senza che ci succedesse nulla. Lì il padrone del posto ci ha spiegato cosa stava succedendo.

Il resto ormai lo sanno tutti. Ai cortei si sono uniti i monaci, silenziosi e solenni, autorità morali e protettori della loro gente. I cortei sono cresciuti, si sono trasformati in manifestazioni pacifiche che il mondo finalmente ha visto, per diventare poi marcia verso il sacrificio.

Credo che molte persone che quel giorno sono scappate dal centro oggi siano tra le strade della città. Credo che anche quel ragazzo che ci ha fermato al mercato oggi sia per la strada. Oggi il coraggio lo dà la disperazione. Una disperazione che noi grassi e viziati occidentali non possiamo neanche immaginare.

Leggiamo, vediamo, guardiamo, e non ci rendiamo conto che nessuno farà niente per loro. Nemmeno oggi che per le strade tutti gridano ai militari e chiedono “dove sono i nostri monaci?”

Non so se ha senso descrivere Yangoon come l’abbiamo vista noi poco più di un mese fa. Prima che iniziasse il disastro, prima che la disperazione esplodesse, la città era piena di monaci. Adesso non ce ne sono più.

 
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Dato che in Myanmar l'accesso a internet è regolato da censura, la data di inserimento del post non corrisponde a quella del viaggio, perchè ho caricato i testi dopo il rientro in italia.
A parte i post che rimandano ad un articolo di giornale, tutte le foto sono state scattate durante il viaggio.
 

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