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I PERSONAGGI DEL PRESEPE NAPOLETANO: PARTE SECONDA

Post n°5 pubblicato il 12 Dicembre 2013 da Sely13
 

Il personaggio della zingara si trova anche nella variante con il bambino in braccio e viene identificata con Stefania, la puerpera che gli angeli tenevano lontana dalla grotta, in linea con le severe leggi ebraiche del tempo. Secondo i racconti la donna non si perde d'animo, avvolge in fasce una pietra, si presenta davanti alla Sacra Famiglia e immediatamente si ode un pianto di bambino: la giovane si ritrova a stringere al petto una creatura vera, santo Stefano per le leggende, celebrato, appunto, il 26 dicembre.
La zingara con il cesto di ferraglia, martelli e chiodi, è invece figurazione della Crocifissione.
Gli angeli che circondano la grotta sono cinque e sono detti Angeli del Gloria. Al centro c'è un messaggero celeste con la veste dorata e il cartiglio con la frase tratta dal Vangelo di Luca, si chiama Gloria al Padre; a destra c'è il Gloria al Figlio con l'abito bianco e un incensiere; a sinistra troviamo il Gloria allo Spirito con il vestito rosso e la tromba dell'annuncio in mano. Alla triade centrale se ne aggiungono altri due: Osanna del popolo, con la veste verde e il tamburo, e Osanna del potere, con il vestito azzurro e i piatti metallici. A volte si trovano anche altri angeli, che fanno da coro ma non hanno alcun valore simbolico.
Molto significativa è la statuina del pastore con l'agnello, spesso accompagnato dal gregge e da un cane, il quale è figura di Cristo come Buon Pastore ma anche di Cristo come Agnello sacrificale. E' uno de personaggi maggiormente densi di significato.
La folla di zoppi, deformi, mendicanti, guerci che riempiono le zone meno popolate del presepe e affollano il ponte, sono chiamati a Napoli le anime pezzentelle, ovvero le anime purganti che tra il 2 novembre e il 6 gennaio tornano sulla terra per chiedere suffragi, secondo le credenze popolari.
Figura molto conosciuta è quella dell'ubriacone seduto sulla botte del vino o con il fiasco nella mano alzata: nei presepi più antichi era accompagnato da un corteo di pastori coperti da pelli caprine, musici e ragazzi mori a chiudere. Si chiama Cicci-Bacco e allude al dio greco del vino, Bacco, cristallizzando in sé antichi miti e folclore popolare, come per la maggior parte dei pastori. 
Spesso si trova a Napoli Re Erode, che osserva dalla montagna l'agglomerato urbano e la strage degli innocenti, resa con particolare drammaticità: madri urlanti e soldati a piedi o a cavallo che vanno strappando i piccoli dalla braccia materne. E' una figura di derivazione medievale.
Il cacciatore e il pescatore rendono omaggio alle più antiche forme di sussistenza umana. Il pescatore indossa vesti bianche e rosse, che riportano ad antiche liturgie popolari non solo campane. Il pesce fa riferimento all'antico acronimo del nome di Gesù.
Il monaco e il pescivendolo sono due personaggi dissacranti, con connotazioni sessuali che trovano il proprio terreno d'origne nelle antiche tradizioni latine carnevalesche, che si svolgevano nel periodo del nostro Natale.
L'oste è una figura demoniaca, un rubicondo e grasso Belfagor in grembiule bianco, che sulla soglia dell'osteria ferma gli ignari passanti per farli entrare nel locale. 
'e duie cumpare sono avventori dell'osteria: giocano a carte e sono chiamati zi' Vicienzo, il Carnevale, e zi' Pascale, la Morte. E' curioso come questo secondo personaggio abbia tutta una sua tradizione personale, legata alle credenze partenopee più sedimentate, infatti nel cimitero delle Fontanelle c'è un cranio che tutti chiamano zi' Pascale e, fino ancora a qualche decennio fa, le persone si recavano da esso per domandare i numeri del lotto. I due allegri giocatori sono anche detti i due Giovanni, in riferimento ai solstizi, dei quali sarebbero una metafora. 
Il mercato è una parte fondamentale della cultura napoletana e certo non poteva mancare nel presepe: ambulanti di tutti i tipi invandono le scene e raccolgono in sé la simbologia dei mesi, a ricordare come il pensiero di Cristo ci debba accompagnare tutti i giorni dell'anno e non solo a Natale. 
Gennaio: macellaio o salumiere, il primo ha connotati demoniaci e fattezze spesso deformi;
Febbraio: venditore di ricotta e di formaggi, il ricottaro intento a rimestare il latte cagliato nel suo pentolone riassume in sé il senso dello scorrere del tempo e l'atto del braccio rotante richiama il ciclo del tempo, collegandosi al sostrato carnevalesco che sottende il Natale; 
Marzo: pollivendolo o uccellaio, simboleggiano la primavera;
Aprile: venditore di uova, è metafora della Pasqua;
Maggio: coppia di sposi con cesto di ciliegie e frutta;
Giugno: panettiere;
Luglio: venditore d pomodori;
Agosto: venditore di cocomeri;
Settembre: seminatore o venditore di fichi;
Ottobre: cacciatore o vinaio, il secondo allude al vino della nuova Allenza;
Novembre: castagnaro;
Dicembre: pescivendolo o pescatore.
Parliamo ora di una delle statuette più famose: Benino o Beniamino, il pastore addormentato. Il padre è il pastore Armenzio, attento osservatore del miracolo. Il giovane pastorello dorme beatamente ignaro del grande mistero che si sta rivelando a pochi passi da lui, metafora del sonno della mente umana di fronte i segni divini; è posizionato in alto rispetto alla grotta. Un'altra versione di Benino è l'Incantato, ovvero il pastore posto davanti a Gesù con le mani alzate e il volto acceso di meraviglia davanti al Bambino divino.
 

 

 
 
 
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