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Caino e Abele(2 capitolo)

Riassunto: Il commissario Berardi è chiamato ad indagare su quello che sembra un suicidio, ma nonostante una lettera scritta da Crespi qualcosa stona nella scena del delitto. 

Sta albeggiando, inutile andare a casa a dormire e decido di andare al bar a fare colazione.

“Buongiorno, un caffè e un panino grazie…senta posso fare una chiamata?”.

“Si signore, il telefono è dietro quella colonna”.

“Ciao Tirdi sono io, fammi un favore cerca l’indirizzo della Gazzetta del popolo e chi è il suo direttore…si…riguarda il figlio della coppia suicida. Faccio colazione e poi vengo in ufficio”.

Sulla scrivania trovo l’indirizzo e il nome del direttore: Ermanno Amicucci.

Prendo il telefono e domando un appuntamento alla sua segretaria.

“Il direttore è impegnato non ha tempo per riceverla mi spiace”.

“Credo che le spiacerà ancor di più se verrà convocato in questura tramite i miei agenti!”.

La donna non dice nulla, ma la sento bisbigliare sotto voce sicuramente con un’altra collega, dopo un paio di minuti risento la sua voce chiara e forte:” Il direttore posticipa l’impegno, per le dieci potrebbe andarle bene?”.

“Perfetto signora, arrivederci”.

Tirdi sorride.

“Perché sorridi?”.

“Perché se lei non fa la voce grossa con tanto di minaccia, quel tizio manco morto la riceveva”.

“Concordo, lo conosco di fama, un tipo da prendere con le molle”.

“Solita storia, amicizie altolocate nel partito”.

“Già, è segretario del sindacato fascista dei giornalisti!”.

Un fischio esce dalla bocca di Tirdi.

“Perino che fine ha fatto?”.

“E’ a casa con la febbre, ha chiamato un paio di ore fa”.

Mi avvio verso la Gazzetta, la foschia non si è alzata per niente, immagino fuori città la nebbia e non invidio i pendolari. Attraverso Piazza Solferino per svoltare poi verso via San Francesco d’Assisi,

“Buongiorno desidera?”.

“Sono il commissario Berardi ho un appuntamento con il suo direttore”.

“Commissario venga la faccio accomodare nell’ufficio, il signor Amicucci arriva subito”.

Più che un ufficio sembra una reggia, altro che quelli che abbiamo in questura, alcuni di noi hanno degli sgabuzzini non uffici.

“Buongiorno commissario Berardi, quale onore, a cosa devo la sua visita alla Gazzetta?”,

“Buongiorno signor Amicucci, so che da voi lavora Arturo Crespi”.

“E’ venuto per la morte dei suoi genitori…abbiamo dato alle stampe l’articolo della tragedia, immagino che vuole parlare al ragazzo”.

“Si se è possibile, non siamo riusciti a rintracciarlo”.

“E’ fuori città per lavoro ad Alba, ho mandato il mio autista a prenderlo”.

“Capisco, cosa può dirmi di lui?”.

“E’ un bravo ragazzo, un ottimo giornalista, ha la passione dello scrivere. Non posso che parlarne bene e anche i suoi colleghi direbbero la stessa cosa”.

“Ha delle amicizie? Frequenta qualche ragazza?”,

“Credo che qualche amicizia ci sia, in questo caso dovrebbe chiedere a Gianni…Gianni Repetto è uno dei tipografi del giornale, lo trova nel semiinterrato. Sulla frequentazione di ragazze non so dirle”.

“Con i genitori andava d’accordo?”.

“Si, era orgoglioso di loro, soprattutto del padre, aveva una venerazione. Ma lei non crede al suicidio?”.

“Stiamo valutando tutte le piste possibili. Dei coniugi cosa sa dirmi?”,

“Il padre era in pensione, mi ha detto che aveva lavorato come impiegato alla dogana, della madre posso dire che era una persona piacevole anche nelle conversazioni, una donna gentile e a modo come il marito”.

“La ringrazio direttore, mi faccia la cortesia di dire al ragazzo di venire in questura, è una formalità, questo è il numero del mio ufficio, arrivederci”.

Una tipica famiglia per bene, eppure qualcosa è scattato nella mente di uno dei due per decidere di suicidarsi, ammesso…che lo abbiano fatto.

“Com’è andata alla Gazzetta?”.

“Il direttore ha fatto un dipinto idilliaco della famiglia Crespi, il ragazzo sta tornando da Alba, ho lasciato detto di presentarsi qui, ci sono novità da Stresi?”.

“Il referto è arrivato solo mezz’ora fa, legga è interessante”.

Nel testo del dottore non vi è nessun dubbio, i Crespi hanno preso il veleno: cianuro (ecco perché non avevo sentito odore dalla bottiglia), quindi è da considerarsi suicidio. La scientifica però ha trovato una serie di impronte di scarpe da uomo e non combaciano con il numero che portava il defunto, si direbbe un numero 35 e Crespi portava il 40 di scarpe.

“Commissario, se in quel momento in casa ci fossero state altre persone?”.

“Potrebbe essere, ma tu staresti fermo a guardare due persone che si vogliono suicidare?”.

“Magari non se lo aspettavano”.

“Poi un’altra incongruenza, li metti nel letto dopo che sono deceduti? Non sta in piedi…a meno che…chi era presente ha voluto avvelenarli di proposito e poi ha inscenato il finto suicidio”.

“Possiamo rifare una perquisizione, magari alla scientifica è scappato qualcosa”.

“Andiamo subito, se arriva il ragazzo digli di aspettarmi”.

L’alloggio di via Mazzini è come lo avevo lasciato, lindo e pulito. Dopo un’ora di ricerca non troviamo nulla di ciò che cercavamo.