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Messaggi di Novembre 2017

 

Mostri Sacri della chitarra jazz

Post n°2294 pubblicato il 18 Novembre 2017 da paperino61to

Quando la chitarra viene suonata da Mostri Sacri del jazz, Una curiosità per chi non conosce questi musicisti, il grande Django Reinhardt suonava il suo strumento con una menomazione alla mano, pensate se non l'avesse avuta cosa avrebbe potuto fare :-)

 

           

 

 

 

 

           

 

 

 

 

       

 

 

 

     

 
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Nebbia di sangue ( Quarto capitolo)

Post n°2293 pubblicato il 17 Novembre 2017 da paperino61to

Riassunto: La morte di un soldato porta il commissario Berardi ad indagare sulla caserma Monte Grappa, anche un apparente suicidio di un sergente ( Gavi) viene dopo un attento esame alla luce che è stato ucciso. Il tutto ruota intorno al capitano Saliero. L'agente Tirdi nel suo pedinamento lo nota parlare con una persona, a cui non riesce dare un nome ma che il suo volto è noto all'agente. Nel frattempo in una camera di pensione viene ucciso uno spagnolo, Fernando Munez professione commesso viaggiatore, ma il commissario ha qualche dubbio in merito a questo.

 

Mi domando se questo omicidio è collegato agli altri due, e se questo spagnolo è veramente ciò che asseriva di essere, ovvero un commesso viaggiatore.

Ordino di fare una chiamata all’ambasciata spagnola qui in città e una alla guardia civile a Madrid per saperne di più.

Purtroppo le telefonate non portano a nulla, sembrerebbe che la professione dichiarata sia vera, anche se il nostro agente ha notato che c’è stato da parte dell’addetto all’ambasciata un attimo di silenzio: “ Come se la notizia della morte dell’uomo lo abbia colpito”.

“ Quindi secondo te ha mentito?”.

“ Commissario, non posso giurarci, ma l’impressione è che … si direi che ha mentito”.

Uscito l’agente dall’ufficio, chiamo il questore e spiego la faccenda, domandando se posso avere un permesso per andare all’ambasciata spagnola a parlare direttamente con l’addetto che ha risposo al mio agente.

“ Proverò a sentire il podestà Berardi, sa che tra il nostro paese e la Spagna c’è oramai non solo un vincolo di amicizia ma anche di sangue, visto che il Duce ha inviato armi, mezzi militari e uomini a combattere in quel paese, appena conosco la risposta la chiamo”:

Come immaginavo la risposta era negativa, non potevo e non dovevo permettermi di mettere in dubbio la parola dell’alleato spagnolo, anche se questo comportava un caso di omicidio.

Decido comunque di recarmi all’ambasciata e di aspettare che esca un loro dipendente, chissà magari, ne trovo uno meno reticente a parlare della vittima.

Un uomo sulla settantina esce dalla sede spagnola di Corso Cairoli, è basso di statura, capelli bianchi, cammina lentamente.  lo seguo senza farmi notare, l’uomo entra in una caffetteria poco distante dall’ambasciata. Entro anche io e mi dirigo al suo tavolo, il mio spagnolo è limitato, ma tanto basta per  farmi presentare. Per fortuna l’uomo parla bene l’italiano, lavora da dieci anni a Torino.

 “ Sono un domestico dell’ambasciatore Ruy, una brava persona”, poi parla di quello che sta succedendo nel suo paese, della guerra civile: “ Assurda, una cosa senza senso, è la povera gente che va di mezzo…poi adesso che voi italiani e tedeschi siete scesi in campo…” non finisce la frase ma riesco a intendere che non vede di buon occhio questa cosa.

“ Senta, lei conosce un certo Fernando Munez di Madrid?”.

L’uomo si alza di scatto dalla sedia e domanda scusa ma deve rientrare al lavoro.

Lo seguo e continuo dicendo che è stato assassinato, e che è mio dovere consegnare alla giustizia l’assassino.

“ Commissario Berardi, lei è un ingenuo se crede di riuscirci. In questo delitto ci sono forze che è meglio lasciarle perdere, glielo dico in tutta sincerita…nada de nada…non potrà fare nulla”.

“ Lei è un brav’uomo, risponda solo a questa domanda, Munez non era un commesso viaggiatore vero?”.

“ No, non lo era! Ora se mi scusa devo rientrare, meglio che non ci vedano assieme…senta io conosco le sue gesta e i suoi successi nell’indagini che ha svolto, ma qui la storia riguarda i servizi segreti del mio paese e non solo quelli dell’esercito ma anche di quelli chiamati ribelli…capisce ora in cosa va a cacciarsi se decide di indagare?”.

Sul mio volto compare la risposta: “ Bene commissario, vedrò di aiutarla nel limite possibile senza compromettermi. Munez era un agente segreto dell’esercito, è venuto qui per scoprire chi fornisce armi ai ribelli”.

“ Sa dirmi altro?”.

“ Per ora no, ma vista la notizia della morte, stia tranquillo che da Madrid invieranno un altro agente. Evidentemente Munez aveva scoperto chi era il fornitore”. Detto questo l’uomo si allontana per la sua strada.

Torno in questura riflettendo sulle sue parole, una parola è in comune tra i tre delitti: esercito.

Chiamo Tirdi e Perino e riferisco loro della chiacchierata avuta con lo spagnolo.

“ Direi che è un bel casino” esclama Perino.

“ Già, penso che dovrò riferire al questore il mio incontro con …”.

“ Non è meglio aspettare?” dice Tirdi.

“ Si, forse hai ragione, meglio aspettare un paio di giorni e vediamo l’evolversi”.

“ Crede che siano gli antifascisti ad aver ammazzato lo spagnolo?”.

“ Tutto fa presupporre di si… a meno che quest’ultimo non facesse il doppio gioco”.

Mentre sto tornando dalla questura noto il capitano Saliero vicino al portone di casa mia, ammetto di essere stupito nel vederlo.

“ Buongiorno commissario…dovrei parlarle…è urgente!!”.

“ Bene, capitano, andiamo nel mio appartamento, staremo più tranquilli”.

Stiamo per entrare nel portone quando un automobile passando a grande velocità, ci spara contro una raffica di mitra.

Io ne esco quasi illeso ma Saliero purtroppo no.

“ Capitano…cerchi di resistere, chiamo immediatamente un’ambulanza”.

L’uomo mi prende la mano, è cosciente che per lui è la fine.

“ Io…pago le mie colpe...non volevo si arrivasse a questo, ma lui ( colpo di tosse) …e…dica a Maria di perdonare il male che le ho fatto…io…” queste furono le sue ultime parole.

L’ambulanza arriva chiamata da qualche passante che ha assistito alla scena e immediatamente a seguire una camionetta della polizia.

Il medico guarda la ferita, sono stato fortunato a uscirne illeso : “ Per un paio di giorni non usi il braccio, lo tenga a riposo”.

Arriva anche Tirdi con Perino, hanno saputo della notizia dell’attentato.

“ Sto bene ragazzi…ma credo che la vera vittima era Saliero”.

Si guardano stupiti, sono increduli a questa notizia, il maggior indiziato è morto.

Riferisco le sue ultime parole e di come sia stato sorpreso nel trovarlo sotto casa.

“ A questo punto direi che il capitano abbia fatto il doppio gioco”.

“ Ipotesi plausibile Tirdi oppure voleva dirmi chi aveva ucciso Berti e Gavi per liberarsi la coscienza”.

“ E se le due vittime fossero implicate nel fornire armi agli anarchici?”.

“ Tutto può essere, ma allora perché eliminarli?” risponde Perino.

“ La cosa certa è che la lista dei cadaveri si è allungata e noi non abbiamo nulla in pugno…solo congetture “.

La notizia che sono scampato all’attentato arriva immediatamente al questore, il quale viene a trovarmi.  Riferisco come sono andate le cose.

“ Berardi, lei sta camminando su un terreno minato…se posso darle un consiglio, seppure a malincuore…”.

“ Non lo metterei in pratica signor questore…a questo punto è ovvio che si tratta di una banda senza scrupoli ”.

“ Non avevo dubbi, faccia attenzione, ho messo un paio di agenti davanti a casa sua, per precauzione, arrivederci commissario e stia attento, è gente molto pericolosa”.

 

I giorni seguenti nonostante i nostri sforzi non  riusciamo a trovare nessun indizio che possa permetterci di seguire una pista per gli omicidi avvenuti. L’uomo dell’ambasciata non si è fatto più vivo, evidentemente ha paura di esporsi troppo.

Telefono ai miei amici di Viù e parlo con  Maria, a sentire la sua voce mi tranquillizzo, mi racconta di come passa le giornate: “ Marco, mi piace questo posto è stupendo…vorrei poterci vivere”.

“ Una volta finita questa storia, potresti prendere anche questa decisione…sarebbe meraviglioso”.

Mi domanda di come sta andando l’indagine e rispondo che è a un punto morto, non accenno alla morte del capitano, preferisco parlarle di persona, ne tantomeno le riferisco che mi hanno sparato ferendomi a un braccio. Non le prometto di riuscire ad andarla a  trovarla, sarebbe troppo rischioso se qualcuno mi seguisse.

Finit la telefonata il mio cuore è triste, avrei voluto dirle che mi manca.

Ho bisogno di uscire, decido di fare una passeggiata per riflettere, Tirdi vuole accompagnarmi a tutti i costi, teme per la mia incolumità e non c’è verso di farlo desistere.

Svoltiamo in via Mazzini quando Tirdi mi prende per un braccio e indica una persona: “ Ecco è lui, quel tizio che parlava con Saliero in quella piola”.

Domando se ne è sicuro, mi risponde di si.

“ Vieni, andiamo a parlargli”.

L’uomo è sulla quarantina, altezza media, indossa un cappotto e un cappello color marrone scuro. Il suo viso è piacevole, un filo di barba lo incornicia, i suoi occhi sono nascosti dietro a un paio di lenti.

“ Buongiorno, sono il commissario Berardi, vorrei porgli delle domande in merito a un suo amico…il capitano Saliero”.

L’uomo ha un sussulto nel sentire questo nome, ma fa finta di nulla e dice di non conoscerlo.

“ Venga, andiamo in quel bar e ne parliamo con calma”.

In quel momento passa una camionetta delle camice nere, lo vedo sbiancare si guarda attorno con aria di paura, sembra voglia scappare.

“ Venga presto…si fidi di noi” e dicendo questo lo prendo per un braccio e lo porto via a forza.

La camionetta rallenta e un miliziano urla: “ Berardi, ne ha arrestato un altro? Guardi che poi noi ci annoiamo“ e ride di buon gusto alla sua battuta.

Entriamo in un bar, l’uomo sembra più calmo, ci guarda sorpresi per non averlo denunciato ai fascisti.

“ Ora, se vuole dirci il suo nome”.

“ Mi chiamo Vittorio Vidali”.

“ Il politico?” domanda Tirdi.

“ Si, sono io”.

Ricordo quel nome, e domando che ci fa a Torino visto che è stato condannato in contumacia per attività contro il fascismo. Vidali preferisce non rispondere e consuma lentamente la sua tazza di thè.

“ Voglio parlare chiaro con lei, ci sono stati quattro omicidi in questa città, e tutto ruota intorno all’asse Italia- Spagna, e soprattutto intorno alla caserma Monte Grappa.  Immagino che lei ne sappia qualcosa sa di questa storia?”.

“ Va bene commissario, vi devo delle spiegazioni, anche perché devo la mia salvezza a lei , se i fascisti mi avessero riconosciuto per me sarebbe stata la fine”.

Poi inizia la sua storia partendo dalla sua fuga da Torino verso la Spagna, una volta arrivato si è affiliato agli anarchici del Fai.

“ Abbiamo bisogno di armi per combattere le forze fasciste del generale Franco, io ho vari contatti in questa città, così sono ritornato sotto falso nome”.

Faccio segno di continuare a raccontare.

 “ Arrivato in città mi metto in contatto con degli anti fascisti e spiego loro di cosa ho bisogno. Loro mi mettono in contatto  con una persona. Di questa persona posso dire ben poco, è sempre rimasta nella penombra e sempre a una certa distanza da  me”.

“ Può descriverla almeno fisicamente?”.

“ Posso dire che è tarchiato, alto, atteggiamento altezzoso… quasi da militare  almeno è la mia impressione,  la sua voce era in qualche modo contraffatta, ma mi ha dato impressione che fosse uno del nord…nord est…”.

Io e Tirdi ci guardiamo perplessi, poi domando del capitano Saliero e degli altri due soldati, risponde che non sa chi siano: “ Mai avuto a che fare, perché mi domanda di queste persone?”.

“ Sono tre vittime, tutti assassinati dalla stessa mano, evidentemente se non vendevano armi a lei, avevano capito chi era la persona che lo faceva, poi nomino Fernando Munez”.

“ Lo conosco e spero di averlo tra le mani, ha ucciso parecchi dei nostri…torturandoli per il solo divertimento…sa dove si trova?”.

Da questa frase deduco che non sa che è stato ucciso, glisso la sua domanda e chiedo come fa a contrabbandare le armi.

“ Ci pensa quella persona, io porto solo i soldi, al resto pensa lui”.

“ Può dirci dove vi incontrate?”.

“ Dove ci incontravamo, io devo ripartire, qui ho finito il lavoro per cui sono stato mandato a Torino…ci vedevamo all’interno del parco della Tesoriera, c’è un capanno abbandonato, l’appuntamento era sempre verso le due di notte”.

“ Ora rimane una domanda sola, cosa ne faccio di lei? “.

Vidali rimane sorpreso a questa domanda, ma non dice nulla, le sue mani tremanti parlano per lui.

“ Voglio fidarmi di lei, di solito non sbaglio, la lascio libero a patto che mi firmi un foglio con una sua deposizione firmata, ovviamente non userà il suo nome vero e manco immagino quello attuale”.

“ Non mi chieda di tradire chi ci vende le armi, ne tantomeno chi siano gli intermediari non potrei farlo…stiamo combattendo per la democrazia in Spagna”.

“ Io so che questa vostra democrazia è costata la vita a quattro persone, ed una era soltanto un ragazzo di diciannove anni! Deve prendere contatto con quel tizio, al resto penseremo noi”.

L’uomo ci riflette, poi risponde con un diniego: “ Non tradisco!”.

“ Bene Vidali, questo mi conferma che lei non è l’assassino, vada pure, è libero”.

“ Ma…commissario…” .

“ Tranquillo Tirdi, credo di avere capito chi è il nostro fornitore di armi e quindi di conseguenza il nostro assassino”.

Vidali rimane sorpreso a queste mie affermazioni, si alza incredulo e senza dire una parola esce dal bar.

“ Commissario lei è veramente convinto che quell’uomo non c’entri nulla con gli omicidi?”.

“ Si Tirdi, ne sono convinto è uno onesto, combatte ma lealmente. Poi non avrebbe potuto dirci di più neanche sotto la tortura dei fascisti, e sicuramente non avrebbe tradito i suoi compagni”.

“ Dove le prenderà queste armi?”.

“ Tu dove le prenderesti?” .

“ In caserma se fossi un milita…”.

“ Esatto caro Tirdi, in una caserma”.

( Continua)

 

 

 
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Nebbia di sangue ( Terzo capitolo)

Post n°2292 pubblicato il 15 Novembre 2017 da paperino61to

Riassunto: Indagando sulla morte di un soldato, il commissario Berardi concentra i suoi sospetti sul capitano Saliero. Inoltre il commissario vorrebbe anche parlare con il sergente Gavi responsabile della firma di libera uscita della vittima, ma una telefonata del maggior Brusin lo avverte della morte del sergente. La sorella di Ferruccio Berti( il soldato ucciso) viene mandate a Viù dagli amici del commissario per l'incolumità stessa della donna. 

 

Entro nella caserma, il maggiore Brusin assieme a un paio di attendenti mi viene incontro.

“ E’ pazzesco, commissario…venga, il corpo si trova nel capannone dove ci sono i mezzi militari”.

Noto che il capannone è sulla destra degli alloggiamenti dei militari, alle sue spalle il muro di cinta. Un soldato è messo a guardia per impedire l’accesso.

Dietro ai camion noto il corpo disteso a terra.

“ Credo si sia suicidato” esclama uno degli attendenti.

“ Per quale motivo lo avrebbe fatto?” domando.

Nessuno dei presenti mi risponde.

“ Maggiore, faccia chiamare in questura e dica loro di mandarmi il dottor Stresi con la scientifica”.

Osservo la scena intorno al cadavere, non noto nulla di strano. La pistola usata per il suicidio è accanto al sergente.

 “ Bene Berardi, ancora un gentile omaggio da parte sua” è il dottore Stresi con i suoi assistenti.

 

Il dottore lo esamina: “ A prima vista sembrerebbe un classico esempio di suicidio. Intanto prenda questo foglio, era dentro alla tasca dei pantaloni”.

Mi porge il foglio, c’è scritto una sola parola: “ Perdonatemi “e la firma di Gavi.

“ Secondo lei, cosa voleva dire? Di cosa avrebbe dovuto farsi perdonare?”.

“ Non ho idea commissario, mi creda. Gavi era un’ottima persona e un ottimo soldato. Magari aveva problemi personali, so che la madre è ammalata da tempo”.

“ Sa dove abita?”.

Risponde il tenente Calmiero: “ Che io sappia è ricoverata alla Molinette. So che Gavi una sera mi parlò che non ne aveva per molto, era malata di cancro”.

“ Manderò un agente all’ospedale. Potrebbe essere un’ ipotesi il suicidio legato alla morte della madre”.

“ Però non la convince vero commissario?”.

“ No, maggiore…per nulla. Prima viene ucciso un suo soldato, poi Gavi. Potrebbe essere stato lui a firmare la libera uscita del ragazzo, ma che per una strana coincidenza l’agenda di chi firma le libere uscite dei soldati è scomparsa, inoltre chi mi garantisce che la firma sul foglio è del Gavi?”.

Il maggiore risponde senza ombra di dubbio che la firma è del sergente, inoltre darà ordine di cercare l’agenda scomparsa.

Nel pomeriggio mi chiama Stresi, il quale senza giri di parole mi dice che non è un suicidio ma bensì omicidio.

 “ Nel corpo del soldato ho trovato tracce di sonnifero da far addormentare un cavallo, in modo che la vittima non fosse cosciente, poi l’assassino o gli assassini hanno inscenato il suicidio con la pistola sparandogli un colpo alla tempia destra”.

“ Abbiamo a che fare con gente senza scrupoli, immagino che l’impronta sul calcio della pistola sia del morto ”.

“ Esatto Berardi, l’unica impronta è la sua, il mio consiglio è: si muova con cautela, molto cautela“.

Stavo riflettendo sulle sue parole quando la porta dell’ufficio si apre, è Tirdi che torna dal pedinamento del capitato Saliero.

“ L’ho seguito fino alla caserma e stavo tornando indietro, quando dall’altra parte del corso ho visto un uomo. Sembrava che aspettasse qualcuno, allora ho preferito rimanere qualche minuto in più nascosto dietro l’angolo della caserma”.

“ Scommetto che Saliero è uscito di nuovo?”.

“ Esatto commissario, dopo pochi minuti è uscito ed ha attraversato il corso incontrandosi con quell’uomo. Insieme sono andati alla piola che c’è in via Lancia”.

“ Sei entrato anche tu?”.

“ Si, mi sono seduto a un tavolo vicino al loro, però parlavano sottovoce, ma alcune frasi sono riuscito a sentirle. Parlavano  dell’invio della merce:” entro un paio di giorni” è stata la risposta del capitano”.

Mi domando che merce possa essere e chi sia l’altro uomo. Domando a Tirdi se lo conosceva, risponde di no: “ Anche se è un volto che mi dice qualcosa, sono sicuro di averlo visto da qualche parte”.

“ Cerca di ricordare…magari vuoi provare ad andare negli archivi? Può darsi che abbiamo la sua fotografia”.

“ Posso provarci, ma non aveva l’aspetto un delinquente”.

“ L’abito non sempre fa il monaco…prova ad andare a vedere”.

Mi chiama il questore, vuole sapere come procede l’indagine, rispondo che per ora non c’è nulla di concreto solo un sospetto sul capitano Saliero. Quello che è certo è che ci sono due vittime.

“ Ne è sicuro Berardi?”.

“ Più che certo e il dottor Stresi ha confermato che sulla seconda vittima ci sono tracce di sonnifero e che  solo in seguito è stato sparato un colpo alla tempia; se ne deduce che il sergente non si è suicidato!”.

“ Faccia attenzione,  i militari sono restii a  fare condurre indagini a persone esterne anche se queste persone sono forze dell’ordine. Mi tenga aggiornato Berardi, arrivederci”.

Decido di uscire e di andare da Mamma Gina, sto percorrendo via Cernaia quando mi sento chiamare, è Perino, ma non è solo, con lui c’è Maria Berti. Rimango esterrefatto, non mi aspettavo di rivederla così presto, anche se in cuor mio ne sono contento.

“ Buongiorno commissario, siamo arrivati appena adesso, e il piantone di guardia ci ha detto che era appena uscito, ho immaginato che andasse alla trattoria di Mamma Gina” esclama Perino.

La donna non dice nulla ma sul suo viso intravedo un sorriso.

“ Come mai siete qui? Soprattutto lei signorina? La credevo a Mondovì”.

Risponde Perino, dicendo che ha preferito riportarla a Torino. Sul treno si era accorto che un paio di persone la tenevano d’occhio. L’hanno seguita anche fino al cimitero aspettando l’attimo buono per avvicinarla.

“ Quando ho capito le loro  intenzioni li ho preceduti facendomi spacciare per un lontano cugino, e la signorina è stata molto brava e pronta a prestarsi a questa messinscena”.

“ Commissario, il suo agente è stato un ottimo attore. Siamo tornati alla stazione di Mondovì e abbiamo atteso il treno per portarci a Torino”.

“ E di quegli uomini che ne è stato?”.

“ Senz’altro ci hanno seguiti ma a debita distanza. Il vagone era pieno di gente, quindi non potevano  certo intervenire”.

“ Bravo Perino, adesso andiamo a pranzo” .

E così dicendo ci avviamo tutti e tre verso la trattoria di Mamma Gina.

 

La conversazione a tavola non è basata sugli ultimi avvenimenti, ho preferito tacere e Perino da buon agente non ha posto domande. Il problema ora è dove nascondere la Berti  per ripararlada eventuali minacce.

Mamma Gina si è offerta di ospitarla ma ho paura di metterla nei guai. La soluzione sarebbe mandare la donna dai miei amici di Viù.

Spiego alla donna se è disposta a traferirsi fuori città, con lei ci sarà anche un agente.

“ Sono persone fidate signorina, mi deve credere”.

“ Sono nelle sue mani commissario…però non vorrei crearle problemi, piuttosto torno a casa mia”.

“ Non se ne parla nemmeno, sarebbe troppo rischioso, quella gente non aspetta altro...se permette vado a fare una telefonata, di stasera lei si godrà il fresco di quel paesino”.

Dopo dieci minuti torno al tavolo e spiego sia a lei che a Perino come fare per depistate eventuali malintenzionati.

“ Ottimo, commissario, io torno in questura e chiamo Milone per dirgli che si trasferisce a Viù con la signorina Berti”.

“ Bene, ora che il pranzo è finito le andrebbe una passeggiata al parco?”.

“ Certo, mi farebbe piacere”.

C’è una parvenza di sole timido poiché la nebbia persiste con la sua cappa.

Il Po scorre come sempre impetuoso mentre il silenzio delle ore pomeridiane fa da sottofondo.

Arriviamo al parco e ci sediamo su una panchina. Mi racconta del fratello, di come erano legati, poi è il momento di parlarle della mia vita e del lavoro che svolgo.

Il tempo passa velocemente quando si è in ottima compagnia.

“ Purtroppo signorina Berti, dobbiamo andare. Perino sicuramente ha già effettuato i preparativi per la sua partenza”.

“ Mi chiami Maria…la prego” e dicendo queste parole mi sfiora la mano.

“ Lei faccia altrettanto, mi chiami Marco” .

Il suo splendido volto non mi distoglie dal vedere se ci sono altre persone nei paraggi, la zona è deserta, trovo strano che abbiano desistito nell’avvicinarsi a lei. Torniamo in questura.

“ Allora Maria, lei salirà su quella camionetta, purtroppo le devo chiedere di indossare degli abiti a lei non consoni, cioè quelli maschili di una divisa da poliziotto”.

La donna sorride a questa idea.

“ L’agente Milone qui presente le farà da scorta a Viù. I miei amici sanno della sua delicata situazione e si sono attivati per nasconderla di fronte ad eventuali occhi indiscreti”.

“ Grazie commissario, e grazie anche ai suoi agenti”.

“ Mi raccomando Milone, al minimo sospetto chiamaci, è gente molto pericolosa”.

Prima di uscire la donna si avvicina e mi da un bacio sulla guancia, poi esce per andare ad indossare la divisa.

“  Speriamo Perino, che i nostri amici cadano nel trabocchetto, di sicuro sanno che lei è qui con noi in questo momento”.

“ Ci cascheranno, non immagineranno mai che uscirà con una nostra camionetta, e poi oltre Milone ci saranno altri agenti, difficile capire che la donna è nascosta tra loro”.

La camionetta parte, e l’agente di piantone davanti al portone non nota nulla di strano, nessuna persona sta guardando il mezzo uscire c’è solo un uomo che passa davanti alla questura ma senza fermarsi. Questo comunque non da la certezza concreta che non ci sia nessuno nei paraggi ad osservare chi esce o entra dalla questura.

Ricevo la chiamata da Viù un’ora dopo la partenza, tutto è filato liscio, nessuno li ha seguiti.

“ Commissario, abbiamo fatto un giro largo per arrivare e preso stradine di periferia per poi imboccare via Lanzo”.

Perfetto, ora non avendo l’assillo di preoccuparmi per Maria posso concentrarmi totalmente sulle due vittime e il loro assassino.

Che il capitano sia intrigato non vi è dubbio, come sicuramente c’entrano le due persone che parlavano con lui, e poi c’è anche quella persona che ha visto Tirdi in quella piola parlare con il militare.

Apro il giornale, un’intera pagina parla della guerra civile spagnola e di come il Duce abbia mandato uomini e mezzi assieme all’alleato tedesco per fronteggiare i ribelli.

Sorrido alla parola ribelli, se uno è ribelle perché vuole la democrazia allora mi sa che siamo in tanti ad esserlo.

Squilla il telefono, è il direttore della pensione vicino a via Sacchi.

“ Commissario, presto venga qui…mio dio…un morto nella camera 22 !”.

Ci mancava anche un altro delitto, chiamo Stresi e con Tirdi e Perino andiamo a vedere cosa è successo.

“ Ciao Fusaro allora che succede? Dov’è il morto?”.

“ Venga, commissario è al primo piano…mio dio, mai successo nulla da quando sono io il direttore”.

“ Certo se escludiamo qualche  signorina che fa  l’antico mestiere e che porta i clienti nella tua pensione direi che fino adesso non hai avuto grossi problemi” risponde Perino.

Il direttore non contrabbatte, ci apre la porta e indica il cadavere.

Ha la testa appoggiata sulla scrivania, il braccio destro piegato con la mano che impugna un pezzo di carta strappato.

Su quel foglio  è rimasto uno spezzone di parola, l’assassino ha portato con sé il resto del foglio.

Un coltello è infilato nella schiena, l’uomo non si è manco accorto che stava morendo.

Perino legge la parola, è in spagnolo.

“ Come si chiamava quest’uomo?”

“ Fernando Munez, è di Madrid…diceva di essere un commesso viaggiatore”.

Il morto è sulla trentina, vestito accuratamente. Perquisiamo la camera, ma a parte una valigia con alcuni indumenti non notiamo altro.

“ Ora commissario che farà? Mi chiuderà la pensione?” mi domanda il direttore.

“ Aspettiamo che arrivi la scientifica, poi porteremo via il cadavere, sigilleremo la stanza ovviamente, nessuna chiusura Fusaro. Chi c’era stanotte al bancone?”.

“ Giacomo, quel ragazzo che mi ha chiesto di assumere”.

“ Mandalo a chiamare, voglio fargli qualche domanda”.

Giacomo è un ragazzo di sedici anni, ha avuto qualche problema di poco conto con la giustizia, ma è un bravo ragazzo, sarebbe un peccato per la società perderlo.

Ha trovato questo posto grazie al mio interessamento, inoltre si è iscritto a scuola cercando di conseguire la terza media, ne ha le capacità ne sono convinto.

“ Eccomi commissario, mi cercava?”.

“ Si Giacomo, tu eri di turno stanotte al bancone vero?”.

“ Si, ho preso servizio alle nove di sera come tutti i giorni”.

“ Lo spagnolo lo hai visto rientrare ammesso che sia uscito?”.

“ Si, erano circa le undici quando è rientrato. Era solo…ho come avuto l’impressione che fosse adirato, mi ha salutato a malapena, di solito è molto ciarliero, parla anzi meglio dire parlava bene la nostra lingua”.

( Continua)

 

 

 
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Nebbia di sangue ( Secondo capitolo)

Post n°2291 pubblicato il 13 Novembre 2017 da paperino61to

Riassunto: Il commissario Berardi indaga sulla morte di Ferruccio Berti, un soldato appartenente alla Caserma Monte Grappa. I suoi sospetti vanno da subito sul capitano Saliero, molto reticente a rispondere a banali domande. La vittima ha una sorella: Maria, la quale dopo aver riconosciuto il fratello, torna a Mondovì per il funerale. Berardi ordina a Perino di seguirla a debita distanza. Grande è la sua sorpresa nel rivedere Maria assieme a Perino,mentre va a cena nella locanda da Mamma Gina. Perino spiega al commissario che ha preferito riportarla a Torino per la sua sicurezza.

 

La serata trascorre piacevolmente, Mamma Gina prepara la camera per la Berti accanto alla sua.

“ Commissario, immagino che domani mattina…” la voce si interrompe dal pianto.

“ Purtroppo, ne vorrei fare a meno ma è la prassi. Dovrà dare la conferma se la vittima è suo fratello Ferruccio”.

“ Capisco…mi scusi…le sarò sembrata una sciocca”.

“ No, affatto…passo a prenderla verso le nove, le va bene?”.

Fa un cenno di si con la testa.

“ Ora vado e cerchi di riposare, le farò preparare una tisana rilassante”.

Mi prende la mano e con un filo di voce mi ringrazia.

L’aria pungente della sera mi fa scendere dal castello di sogni, la nebbia persiste ancora. Non c’è anima viva per strada solo i miei passi rimbombano per la via.

Dopo alcuni minuti sento in lontananza il rumore di un auto che sta arrivando a grande velocità ed ho come l’impressione che si diriga verso di me. In un attimo mi nascondo dietro a un pilone mentre estraggo la pistola dal cappotto.

L’auto rallenta subito dove avermi superato, sento voci concitate ma non riesco a capire cosa dicono. Un paio di minuti e poi la macchina riparte in direzione di Piazza Castello. Esco allo scoperto e a gran passi mi dirigo verso la prima traversa che incrocia la piazza. Risento la macchina tornare indietro, stavolta va piano, sembra quasi ferma.

Non ho più dubbi, mi stanno cercando e non certo per darmi la buonanotte.

“ Di là !” urla forte una voce.

Mi acquatto dietro a una rientranza di un portone.

La macchina invece va dritto verso la piazza per svoltare poi a sinistra. Ringrazio la nebbia per avermi dato una mano a nascondermi. Mi alzo e ritorno verso casa pensando chi possano essere queste persone.

Con questo pensiero arrivo a casa e mi distendo sul letto, penso a Maria, lo ammetto, questa povera ragazza in pochi mesi ha perso genitori e fratello…e Saliero, quel capitano…cosa c’entra con la ragazza ?.

L’indomani la donna riconosce il fratello, in cuor suo sperava che ci fossimo sbagliati.

“Commissario, chi è stato ad ucciderlo?” domanda mentre si asciuga le lacrime.

“ Vorrei saperlo, ma creda faremo di tutto per assicurare l’assassino di suo fratello alla giustizia”.

“ Lei è una brava persona commissario, ma ho parecchi dubbi…vede l’esercito…una volta Ferruccio mi disse che vigeva una sorta di omertà. Quando domandai cosa voleva dire, non rispose”.

“ Capisco, in effetti ora che ci penso trovo strano che i vertici della caserma non mi abbiamo ancora chiamato. Grazie Maria, questo è un indizio molto importante”.

“ Crede che quel…quel capitano…”.

“ Non lo so, ma non escludo che possa sapere qualcosa. In questi giorni lo convocherò nel mio ufficio”.

“ Bene, commissario, la ringrazio di tutto. Ora devo sbrigare le pratiche per portare il feretro a Mondovì, lo farò seppellire accanto ai nostri genitori”.

“ Se ha bisogno di una mano, lo dica…io…”.

“ Chissà, potrei averne bisogno…se può mi aggiorni nella sua indagine, voglio vedere in faccia quel maledetto assassino”.

Così dicendo la donna si allontana mentre io rifletto sulla parola omertà. Decido di farmi accompagnare da Tirdi alla caserma Montegrappa.

Un soldato ci fa accomodare dal maggiore Brusin.

“ Buongiorno signori, a cosa devo la loro visita? So che siete della polizia, me lo ha riferito il mio attendente”. La cadenza della voce indica chiaramente che è di origine venete.

“ Buongiorno maggiore, sono il commissario Berardi. Stiamo indagando sulla morte di un vostro soldato: Ferruccio Berti”.

Il maggiore rimane sorpreso a questa notizia, se finge devo ammettere che è un ottimo attore.

“ Non so nulla della morte di un mio soldato, aspetti che chiamo l’attendente”.

Dopo un paio di minuti arriva e anche lui usa le stesse parole del maggiore.

“ Berardi, ne è sicuro?”.

“ Più che sicuro, aveva indosso non solo la divisa militare, ma anche il documento di identificazione” , tiro fuori dalla tasca il documento della vittima e lo poso sulla scrivania.

“ Mi chiami il capitano Saliero…immediatamente! “.

Il capitano entra nell’ufficio e rimane stupito nel vedermi. Alle domande del maggiore, risponde che non ha fatto in tempo ad avvisarlo poichè impegnato in preparativi per le esercitazioni che si effettueranno in questi giorni.

“ Deplorevole dimenticanza, capitano. Dovrei segnalare la cosa al comando a Roma…ma visto il suo curriculum lascerò perdere”.

“ Grazie, maggiore!”.

“Capitano Saliero, ovviamente questo non è l’ufficio della questura, quindi la pregherei di  trovare un attimo di tempo per venire a trovarmi. Ho qualche domanda da porle…sempre che non si dimentichi, sia chiaro”.

Lo sguardo dell’uomo mi fulmina.

“ Certo commissario, se mi libero verrò oggi pomeriggio stesso…se il maggiore permette, ora devo andare”.

Prima che la porta si chiuda alle spalle del capitano, domando se per caso ieri sera era dalle parti di Piazza Vittorio.

“ No…ero in caserma…se vuole può controllare, ho testimoni che possono confermare”.

“ Evidentemente con questa nebbia mi sono sbagliato, la prego di scusarmi”.

Usciamo dalla caserma e ci rechiamo alla piola dove l’operaio ci ha telefonato per avvisarci del cadavere.

L’oste sulla sessantina, era intento a servire alcuni clienti. Ci sediamo a un tavolo dove ci viene offerto un bicchiere di vino.

 “ Prego commissario domandi pure, se posso essere di aiuto…”.

“ Ha mai visto quest’uomo? “ e porgo la fotografia del Berti.

L’oste la scruta , poi risponde che non è sicuro, e chiama la moglie. La donna, dopo alcuni minuti di riflessione, risponde che l’uomo era venuto un paio di volte : “ L’altra settimana per esattezza, ma era in abiti civili”.

“ Era in compagnia?” domando.

“ All’arrivo era solo, ha bevuto un paio di bicchieri di vino…e…”.

“ Continui…tutto quello che ricorda può essere importante ai fini dell’indagine”.

“ Ricordo che un cliente è entrato subito dopo questo signore e si è messo al tavolino a fianco e lo fissava, senza dire una parola”.

“ Ha notato altro?”.

“ Non ci giurerei…ma ho avuto impressione che nell’uscire l’uomo nella fotografia abbia fatto un cenno…come fosse un segnale…infatti il cliente seduto al tavolo è uscito subito dopo”.

“ Ha mai visto quel cliente?”.

“ No…me ne ricorderei, aveva uno sguardo truce…aveva una cicatrice sulla guancia…quello che posso dirle è che non vorrei trovarmi da sola in una via di notte con quella persona”.

 

Il nuovo giorno non porta via la nebbia come molti di noi speravamo, ma anzi avvolge ancora di più la città con il suo manto. Mi reco alla stazione per salutare Maria e rinnovarle le condoglianze. Nell’andare mi faccio accompagnare da Perino e gli spiego che dovrebbe recarsi a Mondovì con la donna, ma senza che essa se ne accorga.

“ Dovrò essere il suo angelo custode in incognita?”.

“ Esatto, Perino…non vorrei ci fosse qualcuno che la segua…ho questa sensazione. Ora entro da solo in stazione, tu aspetta un paio di minuti poi vai direttamente al treno”.

La donna quando mi vede  mi viene incontro abbracciandomi.

“ Commissario…mi scusi…se può mi perdoni…ma sono così contenta di vederla, in cuor mio ci speravo di rivederla”.

Sorrido e le dico che non sarei mancato per nulla al mondo, poi domando se il feretro è già sul treno. Mi risponde di si e asciugandosi le lacrime mi saluta: “ Grazie di tutto e…”.

Rispondo che non è il caso di ringraziarmi e se ha bisogno di chiamarmi, così dicendo le lascio il mio numero dell’ufficio e di casa, aggiungendo: “ Prometto che verrò a trovarla al più presto”

Un bacio mi sfiora la guancia poi lei sale sul treno.

Percorro via Roma immerso nei miei pensieri immaginando Maria come mia moglie. Questo pensiero si dilegua quasi subito perché in lontananza vedo il capitano Saliero in abiti civili e con lui un paio di uomini.

Non mi ha notato e osservo la scena, sembrano piuttosto nervosi, riesco solo a comprendere qualche frase.

“ Siete degli incapaci, degli inetti!” esclama Saliero.

“ Come potevamo vederlo con questa nebbia?”.

“ Vi avevo detto…come avete fatto a perderlo? Idioti!”.

“ Dobbiamo solo aspettare che esca dal suo ufficio e poi…”.

“Quel dannato deve sparire, …avete capito…non mi importa come …ma deve sparire”.

Non so perché ma ho come impressione che stiano parlando di me, se così fosse ( e non credo di sbagliarmi) questo mi conferma che Saliero è implicato nell’omicidio di Berti.

“ Buongiorno a lor signori, tutto bene capitano? “.

I tre uomini sobbalzano al sentire la mia voce. Uno di loro cerca di infilare la mano nella tasca del cappotto.

“ Pessima idea signore, mi creda”.

L’uomo osserva il capitano, poi desiste dal suo intento.

“ Bene capitano, immagino che voglia venire a farmi visita in ufficio”.

“ Buongiorno commissario, sono qui con degli amici,  non so di cosa stia parlando e sinceramente non vedo perché dovrei perdere tempo a venire da lei, ho da fare dei …”.

“ Si, lo so, i famosi preparativi per le sue truppe…conosco la solfa, ma vede capitano, se lei viene di sua volontà sarebbe meglio, altrimenti sarò costretto ad andare dal questore il quale a sua volta richiederà l’intervento del ministero dell’esercito…insomma una trafila antipatica, la quale lei non potrà poi sottrarsi per nulla al mondo…e il ministero si chiederà il perché di tanta reticenza nel venirmi a trovarmi”.

Il volto dell’uomo si contrae in una smorfia, sa che questo comporterebbe un’indagine  anche da parte dell’esercito.

“ Va bene, vengo con lei! Voi andate, ci vediamo al solito posto”.

Osservo gli uomini, uno dei due ha una cicatrice in volto. Domando se è un ricordo di guerra, accenna di si a denti stretti. La moglie dell’oste non aveva tutti i torti a dire che era un brutto ceffo.

“ Bene capitano Saliero, si accomodi”.

“ Lei conosce già il motivo per cui è stato convocato qui, la morte del suo soldato Berti”.

“ Ripeto anche a lei quello che ho detto al maggiore, non so nulla della sua morte. La sera prima di essere ucciso non sapevo manco che fosse uscito. Io non ho firmato il permesso per la libera uscita”.

“  Oltre a lei chi firma anche la libera uscita dei soldati?”.

Risponde che è il sergente Gavi. Prendo nota del nome, poi domando che tipo era il Berti.

“ Era un soldato taciturno, non parlava molto…non so chi frequentasse”.

“ Aveva amici? Parenti qui in città?”.

“ Non so dirle, mi creda, non lo so davvero”.

“ Capisco, quindi lei non sa se ha fratelli o sorelle?”.

Si accende una sigaretta e risponde che non ne ha la più pallida idea.

Rispondo che non credo a una parola di quello che sta affermando, ma di non preoccuparsi:” Riuscirò a scoprire il perché lei è così reticente a dirmi la verità”.

Come fosse morso da uno scorpione si alza sulla sedia, inveendo contro di me e minacciando di parlarne al maggiore Brusin riguardo al mio comportamento, e se non dovesse bastare, andare personalmente dal Duce.

“ Nessun problema, è un suo diritto…ma credo che non lo farà e lei sa il perché. Un consiglio…stia alla larga da una certa ragazza”.

Il rossore di collera divampa sul suo volto, non riesce a dire nulla ma capisce che sto parlando di Maria Berti.

Esce dall’ufficio sbattendo la porta e allora chiamo Tirdi: “ Segui quella persona, ma non farti scoprire, è molto pericoloso”.

Ora più che mai sono convinto che è implicato nell’omicidio del Berti, prendo il telefono e chiamo il maggiore Brusin, domando se posso parlare con il sergente Gavi.

“ Lo faccio venire direttamente da lei commissario.  Mi dia solo Il tempo di cercarlo”.

Dopo un’ora mi richiama dicendo di correre in caserma: “ Abbiamo trovato il sergente…morto!”.

( continua)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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Elvis il Musical...

Post n°2290 pubblicato il 12 Novembre 2017 da paperino61to

 

Ammetto che non sono un assiduo frequentatore di spettacoli teatrali, però qualcuno l’ho visto e di questi qualcuno tre sono musical.

Parlando di quest’ultimi i titoli sono : Footloose, Grease, e Elvis. Tutti quanti belli, ma se devo trovare un aggettivo per quello visto ieri sera direi MERAVIGLIOSO.

Già il titolo con il nome del Re del rock’roll è una garanzia, ma mai mi sarei aspettato uno spettacolo fantastico, dove la compagnia teatrale è Bravissima sia nel ballare, nel raccontare la vita di Elvis, dalla nascita alla morte, di quell’infausto 16 agosto 1977, dal cantare le sue canzoni.

Teatro gremito, in ogni suo posto, alle 20,45 partono le note di C.C.Rider ( era la canzone di apertura dei suoi concerti) e la musica ti afferra tra le sue note, la vitalità dei ballerini mi fa dimenticare gli acciacchi che mi ritrovo con questo calo di temperatura.

Sulle note, le immagini sfilano con la notizia in America e nel mondo della morte  del grande cantante, ammetto che la commozione è tanta.

I narratori ( sono gli stessi ballerini/cantanti) raccontano gli anni che portano il piccolo Elvis alla prima canzone cantata a scuola per una recita, al suo innamoramento per il blues, all’incidere del primo singolo ( un regalo per il compleanno alla sua mamma), e infine come Sam Philips lo lancia nel mondo della musica facendogli incidere pezzi passati alla storia.

La Musica  con la m maiuscola la fa da padrona in questo spettacolo, le immagini passano in rassegna dall’ostracismo e alle accuse da parte dei ferventi della chiesa contro il “ movimento pelvico” e della voce di Elvis che canta come  un “ negro”, al taglio dei capelli per la chiamata alle armi, al ritorno in scena davanti per la televisione nello spettacolo del 1968.

                         

 

Il pubblico viene coinvolto anche nei balli, un anziano signore ( invidiato dal sottoscritto) ha ballato un lento con una delle ballerine.

Due ore di spettacolo dove finalmente il rock’roll torna alla ribalta in questo panorama musicale alquanto squallido, dove questa parola è sovente usata a sproposito.

                  

 

Pezzi come Suspicion minds, Burning love hanno fatto letteralmente esplodere il teatro e il sottoscritto.

 

                     

 

Commozione con lacrimuccia sul pezzo I can’t help falling in love, dove ogni qualvolta l’ascolto la mia indole romantica prevale,  Always my mind ha colpito il cuore di tutti i presenti dove la scena rappresentata era la separazione tra Elvis e la moglie Priscilla.

 

Che altro dire? Se il tour capita nella vostra città correte di corsa a vederlo, perché è veramente MERAVIGLIOSO.

 

 

                       

 

 

 

             

 

 

 

             

 

 

 

 
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