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Le Rovine di Aghabir ( parte prima )

Post n°983 pubblicato il 05 Settembre 2012 da paperino61to

Erano giorni che camminavamo sotto il sole cocente del deserto , spediti chissà dove e per che cosa in mezzo  alle dune sabbiose.


Solo sabbia e sole, ci accompagnavan assieme ad un ordine tassativo : Arrivare più in fretta possibile alle rovine di Aghabir.

Il motivo ? Mistero profondo, nessuno lo sapeva , manco il capitano Bonjuè, almeno è quello che lui diceva a noi semplici soldati , ed in ogni caso anche se lo sapeva di sicuro,  non lo avrebbe detto finchè non saremmo   giunti a destinazione.

Anche qui nella famosa  Legione straniera l’ omertà la fa da padrona, come in tutti gli eserciti di questo mondo.

-“ Ciao italien comment ca va oggi ? “. 

A pormi questa domanda era Henry, il cognome ho rinunciato da tempo a impararlo, troppo complicato. Era di Le Havre e non ho mai capito cosa ci facesse qui, vero anche che lui non me ne aveva mai parlato ne io glielo avevo chiesto, eravamo comunque finiti come tanti,me compreso, in questo posto dimenticato da Dio .

-          “ Bien, come dite voi “ e sorrisi.

-         “ Merde, sacre blue, perché devi dire balle mon ami ? “ e continuo imprecando : - “ C’est una merde, è una merda. Camminiamo per cosa ? Se mon capitain avesse cervello , tornerebbe indietro di corsa n’est pas ? “.

-         Perché Henry  dici questo ? “. Feci il finto tonto.

-         “ Semplice sensazione , ma questo tarlo mi gira dentro e non mi molla “.

Poi continuo chiedendomi se avevo mai sentito parlare di esca , risposi di si,quando si va a pesca. Sputò per terra e guardò su nel cielo, come se volesse fare perdonare la mia stupidità.

-         “  Non proprio quel tipo di pesca, e ancore plus facile, l’esca siamo noi mon ami “.

Lo guardai sbigottito ma avevo intuito fin dalla partenza da Tehat che qualcosa non quadrava, è ora ne avevo la certezza, anche Henry lo aveva intuito.

-         “ C’est facile , noi 37 uomini, belli grandi siamo l’esca , e il pesce grosso sono i tuareg di Ben Aziz , comprendi ora ? “.

-         Feci un cenno affermativo con la testa , noi andavamo a morire per fare bello il “ Macellaio “ Duprè , che sicuramente sarà alle nostre spalle in modo da intervenire sulla banda dei tuareg.

-         “ Però italien, zitto mi raccomando, nessuno lo deve sapere, la mia è solo un’ipotesi “.

-         “ Tranquillo francese, son sicuro che anche gli altri a partire dall’inglese hanno capito il vero motivo per cui andiamo alle rovine di Aghabir, in ogni caso sarò muto come un pesce “.

A questa parola ridemmo come dei bambini , e il resto della truppa ci guardò come se fossimo diventati matti. Il sergente lanciò un’occhiata che se poteva ci avrebbe fulminato all’istante.

-         “ Andarci  a infilare nelle vesti di messer satanasso non è che mi vada tanto sai ? e tu che dici “ domandai a Henry.

-         Alzò le spalle e disse : - “ Tutto per la gloria di quella merde de homme di Duprè. Sai perché lo chiamano Macellaio  ?  Dissi di no.

-         “ Perché in Alsazia allo scoppio della guerra, sterminò un ‘ intero villaggio di poveri diavoli,unica loro colpa che erano tedeschi. Poi il bastardo si arruolò a fine guerra nella Legion ètrangère e applico lo stesso metodo, se aveva un sospetto bruciava i villaggi  con le persone dentro”.

La notte stava calando e noi finalmente facemmo la sosta, il cielo era stellato, il silenzio la faceva da padrona, eravamo troppo stanchi per parlare. Il sergente diede i turni di guardia, a me capitò l’ultimo. Avrei visto sorgere l’alba, come se fossi ancora al mio paese, quel Guarene che mi ha dato la vita ma me  ne ha tolta una più importante . Da anni cercavo una pace che non trovavo , guardai il fucile e capì che l’unica pace vera era quella che  aveva la forma di una pallottola.

Al mattino riprendemmo la marcia, con  solo due cammelli che servivanoper portare la mitragliatrice smontata, tutti noi  compreso il capitano eravamo a  piedi . Ovviamente a piedi dai più nell’occhio, impieghi più tempo e le spie di Ben Aziz facevano meglio il loro lavoro senza troppa fatica.

II sole picchiava come non mai, le riserve di acqua incominciavano a essere razionate, eravamo indolenziti , stanchi, non bastavano poche ore di sonno per riprenderci del tutto. Una passeggiata nel deserto non è roba da scherzarci su, scalare le dune di sabbia è un’impresa , poi equipaggiati come  eravamo noi  era quasi impossibile, ma dovevamo farlo altrimenti morivamo  li come dei disertori.

         

 

 
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