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Le Rovine di Aghabir ( parte terza )

Post n°990 pubblicato il 11 Settembre 2012 da paperino61to

Sulla strada di Govone per andare a casa mia vedemmo un camion fermo messo di traverso. Una decina di uomini erano scesi , erano tutti vestiti di nero con il fez in testa :  erano gli squadristi di Canale.

Un brivido mi percorse la schiena, avrei voluto tornare indietro, ma la strada è stretta e non sarei riuscito a fare inversione, decisi di andare avanti e sperando che ci lasciassero passare.

Il loro capetto era un certo Biagino , un delinquente che si era salvato solo per essere entrato nel gruppo di fascisti capeggiato da Villeto , gran padrone di mezzo paese, latifondiario e sfruttatore di gente.

Circondarono il carretto ed iniziarono a prenderci a male parole, erano tutte riferite a me, dal classico ebreo al comunista,per arrivare a darmi del  finocchio :  uno di loro aveva incominciato a toccare mia moglie. Non ci vidi più e balzai addosso prendendolo per la gola , mentre Anna urlava di non farlo.

In un attimo mi ritrovai con cinque o sei di loro addosso,con tanto di randello in mano, i vigliacchi li avevano nascosti dietro le schiene, aspettavano solo l’occasione.

Sentivo il sangue scorrermi addosso, cercavo di ripararmi  e nel contempo di picchiare qualcuno di loro, ma nulla da fare, incominciai a piegarmi sulle gambe, la vista si stava annebbiando, sentivo solo le urla di questi bastardi e il Biagino che li incitava, mentre un pianto saliva alto nel cielo : era quello di Anna.

L’ultima cosa che vidi prima di svenire, è stata di vedere la moglie trascinata lontana , in mezzo alle vigne , mentre cercava pietà, ma quei bastardi non sapevano cos’era la pietà. Mi ritrovai in un letto non mio, in una casa non mia, i fascisti , credendomi morto , se ne andarono,questa fu la mia salvezza, di li passo un contadino con la moglie e mi caricarono sul loro carro portandomi a casa loro.

La prima cosa che feci quando mi svegliai dopo giorni e giorni , era pensare a  mia moglie. Lui chinò il capo e lei si fece il segno della croce, capìì che era morta, me l’avevano ammazzata. Tempo dopo seppi che era  stata violentata a turno, tutto questo era successo perché lei non aveva voluto sposare il Villeto e questo aveva giurato di fargliela pagare.

Non mi cercarono , evidentemente pensarono fossi morto oppure non le interessavo più, magari mi credevano un coniglio come tanti che abitano al paese e dintorni,ma non siamo tutti uguali grazie a Dio. Appena mi ripresi , andai a casa mia, o meglio quello che restava, visto che gli squadristi l’avevano bruciata, ma solo grazie all’intervento dei vicini il danno era stato limitato.

Presi il fucile, una corda e un coltello , quello che ho con me da quella notte, poi scesi a Canale quando era sera inoltrata, andai all’unica osteria del paese , ero sicuro che fossero li ad ubriacarsi vantandosi di avere compiuto qualche altro atto degno di loro.

Così fu. Aspettai acquattato nell’ombra di un vicolo, vidi il Biagino uscire da solo, ciondolante , era ubriaco perso , meglio ancora non avrebbe posto resistenza anche se poi cambiava poco, la sua ora era arrivata, avrebbe pagato a caro prezzo le sue malefatte.

Lo seguìì e poco prima che arrivasse a casa sua, lo colpìì alle spalle con il calcio del fucile, cascò per terra senza nemmeno emettere un gemito, lo caricai a spalle e lo portai sotto il comune. Dopo averlo legato e imbavagliato salìì sul balcone del municipio e feci scendere la corda, poi svegliai il bastardo. Rimase di sasso nel vedermi , pensava fossi morto, gli risi in faccia. Dai suoni che emetteva di certo stava chiedendo pietà, tirai fuori il coltello, aveva lo sguardo terrorizzato. Senza dire una parola , sferrai un colpo deciso in mezzo alle sue gambe, si guardò e poi guardò me come a domandarsi il perché, presi il cappio della corda e glielo misi al  collo, poi lo tirai su.

Sgambettava il bastardo , mentre il suo sangue colava a più non posso e quando vidi che le  gambe non si mossero più ero sicuro della sua  morte,  ora toccava all’altro. Nessuno mi vide recarmi al podere di Villeto, scavalcai il muro di cinta. Il tipo era nella sala con il prefetto , il parroco e due signore che non conoscevo.  Aspettai di sapere se la servitù c’era,  ma non vidi nessuno, allora entrai.

Rimasero stupiti e sbalorditi, anche loro pensarono che fossi morto, grave errore vero mon ami ? , le signore , dissi , non hanno da aver paura ma loro e (indicai quei tre) ne hanno ben donde.

Feci inginocchiare il Villeto e puntai la canna del fucile verso il suo viso,poi dissi : “ Caro padrone del cazzo, come mai tremi ? Però sai una cosa ? Che se sparo non soffriresti troppo , non ho ragione forse ? .

Il bastardo cercò di rispondere ma tremava e farfugliava parole senza senso, il prefetto e il parroco cercavano di farmi desistere, e allora domandai : “ Avete fatto un ‘ inchiesta ? Avete cercato i colpevoli ? Padre , le ha dato l’estrema unzione ? Chinarono entrambi la  testa , avevo avuto la loro risposta.

Presi il coltello e con gesto rapido andati alle spalle di Villeto e con un colpo secco le recisi la giugulare,ma non tanto deciso in modo che soffrisse le pene dell’inferno mentre crepava, poi mi voltai verso gli altri due, e sparai a bruciapelo , mandandoli all’inferno all’istante.

Ovviamente non potevo rimanere a Canale, i fascisti me l’avrebbero fatta pagare molto cara , quindi uscito dalla casa,  presi un cavallo dal maneggio e  velocemente andai verso le  strade dei campi e , senza dormire ne mangiare  arrivai a Ventimiglia, di li andai in Francia, a Tolosa, feci la firma per la Legione straniera e arrivai qui , questa è la mia storia.

 
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