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Messaggi del 12/04/2016

 

Omicidio al Museo ( terzo capitolo)

Post n°2078 pubblicato il 12 Aprile 2016 da paperino61to

                 

Il signor Gastaldo arrivò dopo mezz’oretta che erano usciti Colombo e Musso, scusandosi per il ritardo. Anche lui era sulla sessantina, capelli radi tendenti a una calvizia imperante e occhi nascosti dietro a spesse lenti.

“ Nessun problema signor Gastaldo, devo fare anche a lei le stesse domande che ho fatto ai signori Colombo e Musso riguar…”non riesco a finire la frase che si alza dalla sedia urlando che lui con quei due “ mercenari” non vuole niente a che fare.

“ Si segga, la prego…le domande vertono sul nuovo direttore del museo egizio. E’ stato fatto oggetto di minacce, e purtroppo c’è anche un omicidio. Vorrei sapere se i fatti sono in qualche modo legati tra di loro”.

“ Chiedo venia commissario, ma al solo sentir nominare quei due il sangue mi va al cervello. Non sto a spiegarle il motivo di tanta acredine, ma mi creda, meglio starne alla larga...sono dei…furfanti della peggiore risma”. Il suo volto era rosso di collera.

“ Bene, per ora non mi interessano le sue beghe con quei signori…per ora, sia chiaro. Mi dica piuttosto lei cosa ne pensa di Ferrari come nuovo direttore? “.

Ci pensa un attimo e poi dice:” Nulla da dire, se il povero Schiapparelli l’ha scelto è perché era convinto delle sue qualità. Certamente, e lo dico sinceramente, avrei preferito essere io al suo posto, ma tant’è…non per questo sia chiaro porto dei rancori verso Farina…anzi quando capita ci vediamo e discutiamo sui reperti archeologici provenienti dall’Egitto”.

“ Lei ha mai avuto sentore di qualche minaccia o di qualcuno che potesse minacciare il direttore?”.

“No, ma non mi stupirei c’entrassero quei due, come ho detto sono furfanti…provi a domandare a Desio…immagino sia stato convocato anche lui”.

“ Purtroppo no…mi hanno detto che è in Sudan per una spedizione” risposi.

“ Non lo sapevo, è da un paio  d’anni che non ho più sue notizie. In ogni caso quando tornerà a Torino, provi a domandargli cosa ha dovuto subire da….da quei due”.

“ Ne prenderò nota, un’ultima cosa: chi si avvantaggerebbe delle dimissioni di Farina? So che a decidere sarà una commissione governativa”.

“ Vero, deciderà questa commissione….bella domanda commissario, provi a vedere tra gli amici di Colombo e Musso, ne scoprirà delle belle”.

“ Grazie signor Gastaldo, è tutto e se avrò bisogno ancora di lei la chiamerò”.

        

Stavo riflettendo su quanto mi aveva detto, in sintesi ognuno di questi pretendenti aveva dei buoni motivi per fare si che il mio amico si dimettesse con le buone o con le cattive. Nel frattempo Tirdi entrava nell’ufficio con un signore, era Giancarlo Panero, l’ultimo dei canditati al posto di direttore.

“ Buongiorno, signor Panero si accomodi. Mi scuso per averla fatta venire fin qui, ma ho bisogno di rivolgerle alcune domande”.

“ Nessun disturbo signor commissario, Giulio…Farina, mi ha detto di cosa si trattatava…siamo amici dai tempi dell’università e abbiamo anche  lavorato un anno insieme in Egitto”.

“ Allora potrà dirmi se lei ha avuto sentore di minacce verso il nostro amico comune?”.

Si accese una sigaretta e dopo aver aspirato lentamente la prima boccata rispose di no, non aveva percepito nulla.

“ Con la moglie che rapporti ha?”.

“ Di amicizia, una sua cugina è una lontana parente mia…si potrebbe dire che siamo in qualche modo cugini”.

“ Capisco, quindi lei non ha avuto sentore ne tantomeno hanno parlato con lei di queste minacce. Mi dica, a chi gioverebbe se Giulio si dimettesse?”.

“ Domanda meravigliosa…a me no di certo, avevo presentato domanda solo perché Farina ci teneva…io amo l’aria aperta e non la puzza di un ufficio”.

Capivo benissimo: “ Scartando lei chi, chi può essere questo sostituto del signor Farina? Qualcuno sicuramente ci guadagnerebbe o sbaglio?”.

“ Diciamo, a mio modesto parere, un certo Gastaldo avrebbe di che guadagnarci…”.

Rimasi stupito da questa affermazione, poi domando cosa ne pensa di Colombo e Musso.

“ Due splendidi furfanti vestiti da gentiluomini…meglio stare alla larga, mi creda”.

  

Verso mezzogiorno, mi faccio accompagnare alla villa di Farina, la sua residenza è a ridosso della collina torinese, la Basilica di Superga svetta imperiosa alle loro spalle. Una domestica mi fa accomodare in salotto, noto che la stanza è piena di statue e dipinti egiziani.

“ Ciao Berardi, benvenuto, siediti pure, vuoi qualcosa da bere? “ mi domanda Giulio.

“ No, grazie, sono venuto a vedere la missiva che hai ricevuto e domandarti notizie di un certo Leo Pratici”.

Lui si avvia verso la scrivania e tira fuori dal cassetto la missiva. Leggo il contenuto e vedo il famoso sigillo. Mi spiega chi è il dio Anubi e come la sua setta segreta a quei tempi fosse da temere.

“ Credi sia uno scherzo? In ogni caso è qualcuno che si intende di storia egiziana”.

“ Concordo con lei signor Berardi…solo mio marito è …diciamo testone da non volerlo ammettere”.

Chi parlava era la moglie di Farina. Una donna che non passava inosservata, di una bellezza che incarnava il fascino nordico, capelli biondo platino, occhi azzurri, un volto meraviglioso, il tutto avvolto in un vestito color rosa pesca. Però quello che mi colpì ancor di più era un anello a forma di aquila di color verde infilato al dito.

“ Sono Eleonora, commissario Berardi, mio marito mi ha parlato tantissimo di lei, e ammetto che qualche volta ho seguito sul giornale le sue inchieste”.

“ La ringrazio signora, troppo gentile, svolgo solo il mio dovere nulla di più. Lei ha appena detto che Giulio è….testone…in che senso? Non crede che ci sia qualche suo collega a volere le dimissioni ?”.

La donna si sedette e con un gesto mi indicò la sedia innanzi a lei.

“ Non so se ha conosciuto gli altri pretendenti al titolo di direttore, ma se come penso io li ha incontrati, si sarà fatto un’idea. Ebbene si, sono convinta che ci sia uno di loro dietro a tutto ciò”.

           

Quando uscii dalla villa erano quasi le due del pomeriggio, l’unica certezza che avevo è che concordavo in tutto e per tutto con la moglie di Giulio: uno dei pretendenti alla poltrona del museo era nascosto dietro a queste minacce. Mangiai un boccone in una piola in corso Casale, poi presi un taxi e mi feci portare all’Egizio.

Farina mi aveva accennato che Leo Pratici era alle dipendenze ancora prima di lui.  Sembrava un ottimo lavoratore, sovente si fermava anche oltre l’orario di lavoro, di più non sapeva dirmi.

Era arrivato il momento di scoprire cosa avesse da nascondere questo signore. Domandai a un addetto presente nella sala:” Vada in fondo a quel corridoio, poi scenda la scala e troverà il signor Pratici nello scantinato”.

Pratici era intento a mettere a posto delle casse. Sobbalzò nel vedermi.

“ Cosa vuole? Chi è lei? Qui è vietato l’ingresso ai turisti” .

“ Buongiorno signor Pratici, sono il commissario Berardi…ci siamo visti l’altro giorno ricorda? Sono venuto a porle altre domande, e  perché sono convinto che lei abbia risposte da darmi”.

L’uomo posò la cassa che aveva in mano e guardandomi con aria di sfida rispose che non aveva nulla da dire e tantomeno sapeva della vittima.

“ Strano, perché non solo alcuni suoi colleghi l’hanno vista( calcai la voce sul verbo ) in compagnia della vittima, ma anche il direttore Farina ha notato che parecchie volte quel signore era in sua compagnia, compreso anche il giorno prima che morisse”.

Pratici iniziò a balbettare, le sue mani denotavano il nervosismo che lo stava assalendo.

“ Signor Pratici, mi permetta un consiglio, dica la verità…mi creda, è meglio per lei!”.

“No…non…so nulla commissario…la prego…lei non sa…io…no…non so nulla”.

Dicendo questa frase si avviò verso la scala. Aveva paura, ma di chi? Uscii dal museo, Pratici stava andando nel bar accanto. Decisi di seguirlo.

( Continua)

 
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