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Messaggi del 13/01/2020

 

La bambina rapita( Prima indagine del commissario Berardi Primo capitolo)

Post n°2538 pubblicato il 13 Gennaio 2020 da paperino61to

 

 

E’ una tipica giornata autunnale, cielo terso e grigio, con un venticello freddo che arriva dalle montagne; le foglie cadono posandosi sui marciapiedi della città.

In ufficio sono immerso nelle scartoffie, per fortuna Tirdi mi da una mano anche perchè ammetto la mia avversità nel compilare la parte burocratica.

La porta dell’ufficio si apre e Perino entra con un vassoio.

“Sono andato al bar ed ho pensato che avreste avuto bisogno di una tazza di caffè, spero di non aver fatto male”.

“Affatto, ti ringrazio anche a nome del tuo collega. Prendiamoci una pausa Tirdi, c’è lo meritiamo”.

Dalla tasca del cappotto di Perino spunta un foglio di giornale e gli domando cosa sia.

“Questa la riguarda commissario, l’ho trovato in un negozio di cianfrusaglie, è una pagina delle Stampa del 19…”.

Dicendo così mi consegna la pagina. E’ ingiallita dal tempo, l’inchiostro si è schiarito, ma il titolo si legge ancora benissimo: “ La bambina ritrovata” e l’articolo incomincia con un: “Grazie al vice commissario Berardi…”.

I miei due colleghi si guardano stupiti, e la domanda è all’unisono: “Commissario, non ci ha mai parlato di questo caso”.

Li invito a sedersi, riguardo la pagina e inizio a leggere ciò che il giornalista ha scritto. Dopo un paio di minuti poso sul tavolo la pagina: “In effetti riguarda un caso di quando ero giovane, appena entrato in polizia, si può dire la mia prima indagine”.

“Non ci tenga sulle spine commissario, vada avanti…e per le scartoffie sono sicuro che anche Perino ci darà una mano per recuperare il tempo dopo averla ascoltata”.

“Dal commissariato di Borgaro ero stato trasferito a quello di via Lanzo, in zona di Madonna di Campagna. Un piccolo commissariato, eravamo cinque poliziotti compreso il commissario Boscolo. L’avete conosciuto?”.

La risposta è negativa.

“Una grande persona, un brav’uomo. Devo a lui il mio modo di pensare, di agire nelle indagini, è stato per me come un secondo padre. Onestamente devo dire che anche i colleghi mi hanno dimostrato subito simpatia, forse perché ero il più piccolo della compagnia”.

“Come una mascotte” esclama Perino.

“Esatto! Passano un paio di mesi dal mio arrivo e un giorno in commissariato entra una donna che poteva avere  trent’anni o poco più con il volto rigato dal pianto, Boscolo la fa accomodare nello stanzino che fungeva anche da ufficio…”.

“Prego signora, si accomodi, in cosa possiamo esserle utile? Berardi hai voglia di preparare del tè per la signora? Lo gradisce?”.

La donna fa cenno di si con il capo, poi con voce flebile sussurra le sue scuse.
“Mi chiamo Laura Siesi, mio marito possiede la cascina situata in via Alba, ha presente dove si trova?”.

“Si signora. Cosa è successo di grave per farla venire qui da noi?”.

“Hanno rapito nostra figlia!”.

Al sentire queste parole lascio cadere il vassoio con la tazza e la teiera. Rosso di vergogna domando scusa  e raccolgo la roba andata in frantumi. Sto per uscire quando il commissario mi intima di restare.

“Quattro orecchie sentono meglio di due, Berardi, ricordalo. Prego signora faremo preparare dell’altro tè, intanto vada avanti nel suo racconto”.

“Martina, questo è il nome di nostra figlia, è una bambina di cinque anni. Noi, commissario non siamo ricchi, certo non siamo neanche poveri, ma non tanto da sequestrare Martina”. Le lacrime della donna non erano più trattenute e scendevano copiose.

“Suo marito ha mai ricevuto minacce? Ha dei nemici?”.

“No, mai minacce, nemici? Non credo anche se a volte ha avuto discussioni con chi ci fornisce il materiale, specialmente quando alzano il prezzo della merce senza motivo…ma mai andando oltre a una schermaglia dialettica che si risolve con una stretta di mano”:

“Quando vi siete accorti della sua scomparsa?”.

“Stamattina, quando sono salita nella sua camera, l’ho trovata vuota, il letto sfatto e la finestra aperta”.

“Non poteva essere uno scherzo della bambina?” domando alla donna.

“No! Martina è ancora piccola per certi tipi di scherzo…commissario la prego ci aiuti a ritrovare mia figlia”.

Boscolo rispose di stare tranquilla: “Ritroveremo vostra figlia…un’ultima cosa, perché  vostro marito non è venuto con lei?”.

Osservo la donna mentre risponde, le sue mani stringono nervose il fazzoletto, poi risponde :” Ho preferito non dirglielo che sarei venuta da voi, dovesse…dovesse arrivare una richiesta di soldi…lei capisce cosa voglio dire vero?”.

“Si, capisco, ma è sbagliato pagare, non si ha mai la sicurezza che i delinquenti mantengono la parola data. Comunque manderò il mio vice a fare una visita alla vostra cascina, una scusa la troveremo…stia tranquilla, suo marito non verrà a sapere che lei è stata qui. Vorrei che lei mi facesse una promessa, se vi arriva una lettera per il riscatto venga subito qui, d’accordo?”.

Uscita la donna, Balocco ordina a me e a Giarrusso di andare immediatamente alla cascina: “Inventati qualcosa Berardi, ma mi raccomando non dire che la moglie è stata qui. Se hanno rapito la piccola rischiamo la sua incolumità e l’indagine…vai ora”.

La signora la vedo salire su un auto e dirigersi dalla parte opposta da dove si trova la cascina. Aspettiamo una decina di minuti poi partiamo a nostra volta.  La cascina in via Alba è l’unica in zona, abbraccia diversi metri quadri, e sulla destra si intravedeno i campi coltivati.

Lasciamo l’auto sul ciglio della strada ed entriamo nel cortile, un paio di dipendenti ci guardano con aria sospetta, nonostante la divisa di Gianrusso.

“Buongiorno dovrei parlare con il proprietario”.

“Lo trovate alla stalla, da quella parte” .

Nella stalla vi era un gruppetto di persone intente a discutere intensamente, si bloccano solo al nostro arrivo.

“Sono il vice commissario Berardi,  avrei bisogno di parlare con il signor Siesi”.

Un uomo piccolo e tarchiato si stacca dal gruppo.

“Sono io, cosa volete?” domanda con arroganza.

“Porre alcune domande, preferibilmente da solo se non è troppo disturbo per lei”.

“Lo è…arrivederci!” e si gira per tornare dalle altre persone presenti.

“Gianrusso, che si fa in questi casi? Tu sei più pratico di me, se non sbaglio, ma potrei anche errare, di solito si mettono le manette e si porta il tizio recalcitrante in commissariato, giusto?”.

“Si, la prassi è questa…guarda caso ho giusto un paio di manette” e dicendo queste parole le sfila dalla cintura.

L’uomo capisce che non stiamo scherzando e sorridendo ci rivolge le sue scuse: “Dovete avere pazienza, questi ultimi tempi sono stati piuttosto burrascosi, non potete immaginare quanto sia difficile mandare avanti una cascina”.

Domando se hanno visto o avuto sentore di persone sospette che si aggirano attorno alla cascina o in zona. L’uomo impallidisce e balbettando risponde di no, che non sa ha visto nessuno.

“In commissariato ci è arrivata una segnalazione, per questo siamo venuti, ma se lei garantisce…” accentuo il lei, per vedere se conferma la reazione alla domanda di prima. Ed è così, le parole che escono dalla sua bocca sono flebili.

“Ora…signori se non vi spiace avrei da fare…scusatami ancora per prima e buona giornata” .

Siesi si allontana, sembra invecchiato di colpo, cammina a passo lento, sembra quasi barcollante.

“Vieni Gianrusso, proviamo a sentire qualche dipendente”.

Solo un paio rispondono alle mie domande, e tutti quanti concordano nel dire che non hanno notato nulla di strano. Gli altri invece preferiscono tacere o dire che sono impegnati nel lavoro.

Torno in commissariato e riferisco a Boscolo la conversazione avuta con il proprietario della cascina e la mia sensazione in merito.

“Credi che stesse mentendo?” mi domanda il commissario.

“Non posso esserne sicuro, ma qualcosa dentro di me dice di si”.

“Come ci comportiamo? Un rapimento di una bambina non è una cosa da poco, dovrei chiedere rinforzi alla questura”.

“Posso provare ad andare alla piola dove vanno i dipendenti e vedere se qualcuno dietro a un bicchiere di vino è più loquace. Inoltre se non arriva una richiesta di soldi per la piccola, che rapimento è?”.

Verso le sei di sera vado alla piola dove sono sicuro di trovare qualche dipendente e infatti è così, attorno a un tavolo ne conto cinque ma nessuno di loro ha risposto alle mie domande in cascina.

“Buona sera signori, mi fa piacere vedervi ma soprattutto sentirvi così loquaci”.

Una smorfia compare sul loro volto, uno di loro tenta di alzarsi e andare via, ma lo blocco dicendo che non è il caso di scappare :”Non mordo mica sapete? Che bevete? Nebbiolo o Barbera? Io preferisco il secondo e se per voi non è un disturbo mi siederei qui ad ascoltarvi…locandiere, un bicchiere di barbera anche per me grazie…voi volete qualcosa?”.

“Cosa vuole da noi? Non abbiamo fatto nulla…ci spacchiamo le ossa tutto il giorno…”.

Un brusio di assenso conferma quello che ha detto l’uomo.

Sorseggio lentamente il vino: “Ottimo, devo fare i complimenti al locandiere prima che me ne vada. Signori, la questione è semplice, ho l’impressione che voi sappiate qualcosa, e non bisogno di dire quale sia la questione in merito”.

“Non sappiamo nulla delle persone che state cercando, lo giuriamo sulle nostre famiglie”.

“Neanche di bambine scomparse?” .

La domanda colpisce come uno schiaffo i presenti.

Si guardano l’uno con l’altro e qualcuno volge lo sguardo all’uscita.

“Sto aspettando la risposta signori…come vedete sono venuto solo, non con dei colleghi. Questo vuol dire che la conversazione rimane tra me e voi”.

“Senta, se noi parliamo o se qualcuno di noi parla, andiamo di mezzo tutti…capisce quello che voglio dire?”.

“Si, ma non pensate che se non parlate sia peggio? Una bambina…chissà perché mi viene da dire bambina, potrebbe essere in pericolo, e i loro genitori disperati”.

“Ora dobbiamo andare, domani ci alziamo presto, arrivederci”.

Dicendo così gli uomini si alzano dal tavolo, non posso obbligarli ne a fermarsi ne tanto meno a parlare. Una cosa è sicura queste persone hanno paura a riferire ciò che sanno. Torno in commissariato piuttosto sconsolato.

“Allora Berardi novità?”.

“Nessuna commissario, sono stati abbottonati, ma sono convinto che sanno molto di più di quello che dicono”.

“Li convoco qui, voglio vedere se non parlano…”

“Commissario, mi permetta, non crede che sia peggio? La moglie di Siesi ci ha chiesto espressamente di non far trapelare al marito che lei è venuta a denunciare il fatto”.

Boscolo si accende la pipa, dopo un paio di boccate mi ordina di controllare la cascina, ma prima di andare all’ufficio postale di zona dove il direttore è un suo amico, e domandare se sono arrivate lettere per Siesi.

L’indomani mattina ordino a  Gianrusso  ed a un collega di andare ad appostarsi vicino alla cascina, e se vedono il proprietario uscire di seguirlo. Io invece vado alla posta.

Anche qui però è un buco nell’acqua, lettere destinate alla cascina non ce ne sono. Rimaniamo d’accordo che se ne arrivano deve chiamarci immediatamente.

“Ragazzi se permette gradirei un sorso d’acqua…a parlare così tanto mi è venuto sete…Perino hai voglia di ordinare delle birre e da mangiare?”.

Dopo un paio di minuti arrivava il garzone del bar, con l’aggiunta di un bel po’ di panini.

Perino alza le spalle e dice: “Commissario a lei verrà sete, ma me ad ascoltare mi viene fame”.

“Bene, allora ero rimasto…si al colloquio con il direttore di posta”.

Nel frattempo Gianrusso aveva notato una sua vecchia conoscenza aggirarsi furtivo intorno alla cascina, per poi entrare. Dopo una mezz’ora abbondante questa persona esce, i due colleghi lo seguono a distanza e quando lo vedono dirigersi verso via Venaria lo bloccano.

Gianrusso gli pone alcune domande senza entrare troppo nel merito del perché fosse entrato nella cascina, ma le risposte sono palesemente evasive e false.

“Vai pure Bertolo, ma stai attento a quello che fai!”.

(Continua)

 

 
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