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La bambina rapita( Prima indagine del commissario Berardi Capitolo due)

Post n°2539 pubblicato il 15 Gennaio 2020 da paperino61to

Riassunto: Il commissario Berardi racconta ai suoi colleghi Tirdi e Perino,la sua prima indagine, quando era solo un vice commissario. Una bambina viene rapita e la madre chiede aiuto al commissariato di Madonna di campagna. 

 

Un paio di giorni dopo, arriva in commissario la moglie di Siesi, che è spaventata a morte. In mano ha una lettera.

Il commissario la legge e poi me la porge. C’è scritto di non parlare con nessuno specialmente con la “madama” altrimenti la bimba sarebbe morta. Non vi erano richieste di soldi, la lettera si concludeva con un: “Ci faremo vivi noi”. Il tutto scritto a macchina.

La donna è disperata e tra una lacrima e l’altra cerca di dare delle risposte alle nostre domande.

“Suo marito l’ha letta?”.

“Si!”.

“Le ha detto qualcosa in merito a ciò che vorrebbe fare?”.

“Ha farfugliato che voleva andare da Lenzino, sapete chi è vero?”.

“Purtroppo si” risposi mentre Boscolo mi lanciava un occhiataccia.

“E’ il capo sezione dei fasci di Madonna di Campagna, secondo mio marito non si muove una foglia se lui non vuole…”.

“Signora, ma perché suo marito non viene qui? Crede che chi ha rapito vostra figlia non sappia che andate a chiedere aiuto ai fasci?”.

“Come vede commissario io sono venuta, mio marito non so perché non vuol venire, non mi da nessuna risposta in merito”.

“Berardi che dici di fare? Convochiamo il marito?”.

Guardo la donna e sul suo volto vedo dipinto la disperazione se dovessi rispondere di si.

“Meglio di no, commissario. Piuttosto è meglio andare a parlare con Lenzino, lei signora dovrebbe però farci sapere quando suo marito si recherà da questa persona. Andare prima servirebbe a nulla”.

Uscita la donna espongo una mia teoria a Boscolo: “Non ci sono richieste in denaro e secondo me non ci saranno, non mi chieda il perché ma ho questa sensazione. Abbiamo una coppia di genitori, la donna che chiede aiuto a noi e non il marito. Perché? Ha qualcosa da nascondere del suo passato? Oppure…oppure ha in mente qualcosa di losco ai danni della propria moglie?”.

Perino e Tirdi mi guardano e il loro sguardo sembra dire: non si fermi commissario, vada avanti a raccontare.

“Calma ragazzi, calma…la storia è ancora lunga” .

Boscolo mi guarda incredulo e domanda cosa indendo dire “ai danni della moglie”?.

“Non lo so commissario, sono sincero…trovo molto strano però che il Siesi non voglia saperne di chiedere il nostro aiuto”.

“Ha paura per la figlia e lo capisco, però capisco anche che chiedere aiuto a certa gente, vuole dire legarsi mani e piedi per sempre”.

Ogni riferimento ai fascisti è chiaro.

“E se mettessimo di mezzo la stampa?”.

“Sarebbe peggio, faremmo capire al marito della donna che noi sappiamo del rapimento…no, lasciamo perdere la stampa”.

“Allora non dobbiamo fare altro che aspettare”.

Veniamo a sapere che Siesi ha un colloquio con Lenzino, e il commissario Boscolo decide di andare a parlargli, ma dal colloquio non esce nulla di utile. Lenzino si impegna a fare ricerche ma dal suo sorriso falso si capisce che la questione non gli interessa.

“Berardi, cerchi di scoprire tutto quello che può sul padre della bambina”.

L’indomani mattina espongo a Boscolo ciò che ho scoperto.
“Carlo Siesi nato a Ceva il….i suoi genitori si trasferiscono a Torino il…suo padre fa vari lavori, fino a quando non decide di mettere su una fattoria, il figlio la eredita alla morte del padre. Sposa in data…la signorina Laura Milleri nella chiesa di Venaria. La bambina nasce un paio di anni dopo e il  parto avviene in casa”.

“Fino a qui nulla che può interessarci, c’è altro?”.

“Gli affari vanno bene a Siesi, fino a un paio di anni fa, poi ha una crisi, le mucche contraggono una malattia e le deve abbattere. La banca le nega un prestito, e dalle voci di persone che lo conoscono contrae un debito con un usuraio di nome Livio Ducco”.

“Sappiamo dove abita?”.

“Si, abita in via Pollenzo al borgo San Paolo. Ha un negozio di frutta e verdura, non ha dipendenti”.

“Per fare l’usuraio deve avere degli amici poco raccomandabili. Hai trovato qualcosa su di loro?”.

“Alla sera si reca in una piola, è cliente fisso da come mi ha detto il titolare. Si accompagna a Lucio Nistoli, ha un curriculum da fare invidia: rapine, estorsioni, aggressioni. E’ uscito dalle Nuove un paio di mesi fa”.

“Gli altri suoi amici saranno della stessa risma immagino?”.

“Secondo il locandiere si, sono clienti che pagano la consumazione ma non gli vanno a genio per nulla. Però non sa dire chi sono, secondo lui non abitano in zona”.

“Bene, Berardi, ottimo lavoro. Metti un agente alle costole di Nistoli e vediamo se si riesce a scoprire qualcosa  sul loro conto”.

Io nel frattempo mi reco da Ducco. Il suo è un piccolo negozio di frutta e verdura sito in via Caraglio. Aspetto che serva la signora.

“Buongiorno desidera?”.

“Buongiorno Ducco, sono il vice commissario Berardi, vorrei rivolgerle qualche domanda”.

L’uomo mi guarda con aria stupita e risponde che non capisce: “Io sono solo un verduriere che cosa vuole la polizia da me?”.

“Se tu sei solo un verduriere io sono il Papa. Ducco non prendermi per il naso, sai bene qual è la tua vera( calco su questa parola) professione”.

“Le giuro che non so di cosa stia parlando”.

Tiro fuori le manette e le faccio tintinnare, poi sorridendo chiedo se immagina come starebbero bene ai suoi polsi.

Ducco esce dal bancone e va verso la porta del negozio, la chiude e mi fa cenno di seguirlo, andiamo nel retro bottega.

“Cosa vuole sapere?”, la sua voce non è più melliflua come prima.

“Carlo Siesi”.

Prima di rispondere ci pensa un attimo e poi dice: “Si è venuto da me, aveva bisogno di soldi per la sua cascina. Non vedo nulla di male ad aiutare le persone”.

“Non mi dire che sei un benefattore dell’umanità, avrei delle difficoltà a crederci. Vai avanti, voglio sapere quanto gli hai prestato, tutto quello che lui ti ha detto…forza non ho tempo da perdere!”.

L’uomo finisce di raccontarmi, ma c’è poco che possa interessarmi, Siesi ha ancora un paio di rate da pagare.

“Questo è tutto, non c’è altro che possa dirle, lo giuro sulla tomba di mia madre”.

“Lascia stare quella santa donna, piuttosto spera che io creda alle tue parole…un’ultima cosa, non sai nulla di una bambina scomparsa?”.

Il volto dell’usuraio risponde in anticipo alle parole che gli escono dalla bocca : “Rapita una bambina? No, non so niente”.

“Bene, lo spero per te il rapimento di una bambina è una cosa che porta dritto alla galera senza uscirne più. Se senti qualcosa in merito avvisami…potrei anche essere disposto a chiudere un occhio sulla tua vera attività”.

Vista l’ora provo ad andare alla locanda dove i dipendenti di Siesi si ritrovano. Ordino da mangiare mentre li osservo. Parlano sottovoce, e vedo le loro occhiate rivolte verso la mia persona.

Sembra che tengano un concilio, uno di loro si avvicina e si siede al mio tavolo.

“Senta, abbiamo già detto che non sappiamo nulla, perché viene qui?”.

“Perché credo che stiate mentendo, quindi io verrò qui tutte le volte fino a quando uno di voi non mi dirà cosa sia successo alla bambina”.

“Quasi tutti noi abbiamo famiglia, lo capisce vero? Se parliamo, ammesso che sappiamo qualcosa, abbiamo paura che facciano del male ai nostri cari”.

“Secondo lei noi della polizia cosa ci stiamo a fare?”.

“Non capisce vero? Qui si tratta di qualcuno che fa più paura della madama”.

Detta questa frase si alza e torna dai suoi compagni.

Finisco di mangiare e nell’uscire mi soffermo davanti al loro tavolo: “Sbagliate a pensare che qualcuno sia al di sopra della legge, e ancor di più se qualcuno di noi è servile di fronte a certe persone. Io so che sapete della scomparsa di Martina, e so anche che c’è una madre in ansia, che teme per la vita di sua figlia. Signori, io farò tutto ciò che è in mio potere per trovarla, ricordatevelo!”.

In commissariato l’agente di turno mi sporge una busta con dentro una lettera: “Non immischiatevi”, è scritta a macchina.

Chiaro il riferimento all’indagine sulla bambina. Domando  all’agente chi gliela consegnata, mi risponde che non lo sa, l’ha trovata sotto l’uscio della porta al suo arrivo.

Vado dal commissario e consegno la lettera, appoggia la schiena alla poltrona, e dopo un paio di minuti in assoluto silenzio: “Continua le indagini Berardi, nessuno può dirci cosa fare”.

Poi continua domandandomi se ci sono novità, riferisco della mia visita all’usuraio.

“Quindi secondo te era sincero sulla bambina?”.

“Credo di si, rischierebbe troppo a mentire. Chi sa qualcosa di sicuro sono i dipendenti della fattoria, ma hanno paura a parlare”.

“Secondo te di chi hanno paura?”.

“Non ho idea, potrei dire Lenzino, ma potrei anche sbagliarmi”.

“Neanche a me piace quell’uomo, ma accusarlo senza prove…vedrò di parlare al questore di questa nostra indagine, come te non vede tanto di buon occhio questa persona”.

Il questore ci chiama dopo un paio di settimane, dalle sue indagini Lenzino dice la verità: ”Boscolo, la persona a cui ho domandato non mente, ci conosciamo da anni. Quindi escluderei l’ipotesi di un coinvolgimento nel rapimento della bambina da parte del vostro sospettato. Il problema sono i giornalisti, hanno un fiuto speciale per questo tipo di indagini, qualcuno sembra si stia già muovendo”.

“Lo so signor questore, qui per ora non trapela nulla, ma non metterei la mano sul fuoco per quanto riguarda gli uomini della cascina”.

Nel frattempo che si svolgeva questa conversazione io sono con un collega a cercare qualche capanno abbandonato dalle parti di via Lanzo che possa servire da rifugio. Chi ha portato via la bambina di sicuro non la lascia troppo tempo in questi casolari e soprattutto vicino al luogo del rapimento.

Un paio di ore dopo tornavano al commissariato con le pive nel sacco. In ufficio da Boscolo c’erano i coniugi Siesi, rimango stupito della presenza dell’uomo.

“Prego Berardi, rimani anche tu. Qui i presenti genitori della bambina rapita, ci chiedono espressamente di lasciar perdere le indagini. La piccola gli ha chiamati dalla casa della zia ( e calcò su questa parola) che si trova in Borgo Dora!”.

“Scusate ma come ci è andata vostra figlia da questa zia?” domando ai genitori.

La donna abbassa la testa per non rispondere, l’uomo invece risponde: “Venne a prenderla lei con la sua auto, voleva farle una sorpresa, poi si dimenticò di avvertirci. Questo è tutto, ci scusiamo per il disturbo arrecato e …”.

Non gli lascio finire la frase: “Questo non è tutto caro signore, il tutto è che state mentendo alla grande. Vi state rendendo complici dei rapitori”.

L’uomo trasale a queste parole e si alza indignato protestando ad alta voce per queste mie insinuazioni. Uscirono dall’ufficio sbattendo la porta senza prima aver posto una velata minaccia nei miei confronti.

“Berardi, santo iddio ma che ti è venuto in mente?”.

“Commissario non mi dica che crede a questa panzana della zia!!”.

“Affatto, ma a volte bisogna far buon viso a cattivo gioco come si suole dire. In ogni caso la nostra indagine va avanti, stai solo attento, credo che quell’uomo non minaccia invano”.

Rifletto sul consiglio del commissario e nel pomeriggio decido di andare alla cascina, mi scuso con il Siesi, adducendo che ci sentivamo presi in giro: “ Capisce anche lei, che abbiamo dovuto impiegare agenti e tempo quando potevano fare altro”.

“Capisco signor vice commissario, ma sa questa mia sorella a volte non si rende conto delle azioni che fa…sono io che mi devo scusare con lei e con il suo superiore. La prego venga, spero accetti questo dono, è una confezione di nebbiolo”.

Perfetto, dopo la minaccia velata ora vuole comprarmi pure con del buon vino. Rispondo che non è il caso e che sia io che Boscolo eravamo astemi.

Uscito dalla cascina respiro a pieni polmoni, mi sembrava di soffocare in quella stanza. Una stanza piena di bugie con un uomo che è l’emblema della falsità. Noto che alla fermata della corriera c’è una donna, è la moglie di Siesi.

Mi fa cenno di avvicinarmi, si guarda in giro per vedere se c’era qualcuno che poteva scorgerla, poi mi dice con voce rotta dalla lacrime: “La prego continui a cercare mia figlia, non esiste nessuna zia…la prego” poi scappa via.

 

(continua)

 

 
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