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Isola Polvese: a Corciano il Consiglio comunale approva all'unanimità la sua non alienabilità

Post n°486 pubblicato il 24 Novembre 2014 da sd.corciano

 

La notizia è di quelle che ritornano circolarmente, forse per assuefare i cittadini e indurli alla rassegnazione!

Si torna a parlare di alienazione dei beni immobili, facenti parte del patrimonio più prestigioso, storico, artistico, culturale, ambientale e paesaggistico dell’Umbria: Villa Fidelia a Spello, Villa Redenta a Spoleto e Isola Polvese nel lago Trasimeno.

La storia recente dell'isola Polvese non è quella più comune che la fa derivare da un trasferimento dello Stato.

Come ben spiega il sindaco di Magione, Chiodini, “il suo acquisto nel 1973 [ da un privato, il conte Citterio] è stato un atto di grande significato civile e politico.

Come le famiglie contadine si liberavano dalla condizione mezzadrile, acquisendo una parte delle terre padronali, così gli enti locali e i cittadini del lago, con il ritorno alla giurisdizione pubblica dell’isola più grande del Trasimeno, riscattavano uno dei simboli del vecchio latifondo agrario, gestito a esclusivo uso di alcune ricche famiglie, che si alternavano nella proprietà dell’intero bene, al solo scopo di utilizzarlo come riserva di caccia per pochissimi eletti”.

Quindi, una scelta così fortemente e storicamente motivata non può perdonare lo strappo di una dismissione, che nell'urgenza è sempre e solo causata da una ragione contabile: rianimare le casse asfittiche dell’ente e rientrare nell’incombente e minaccioso Patto di Stabilità!                                                   Solo per la dismissione dell’Isola Polvese sono previsti 30 milioni e questo, forse, ha fatto perdere lucidità sia all’ex Presidente Guasticchi, che al suo successore Mismetti, inducendoli a non ricercare più decorose strade alternative.

La prima delibera "alienante" (la n. 97 del 17 marzo 2014, nella quale si approvava uno studio di fattibilità per l’affidamento in concessione a privati per 21 anni) è stata ritirata nel giugno successivo in seguito alle vivaci e persistenti reazioni suscitate dagli addetti ai lavori e dai cittadini più attenti.                               Quella attuale, al suo secondo giro, sta ottenendo lo stesso coraggioso e rigido rifiuto.

Il Consigliere di Sinistra ecologia libertà, Mario Taborchi, ha posto all’Ordine del giorno del Consiglio comunale di Corciano l’avversione alla decisione della Provincia di Perugia di inserire l’Isola Polvese tra i beni alienabili.

Il Consiglio all’unanimità ha votato a favore della sua cancellazione, testimoniando, così, nobilmente, che per i corcianesi vince prepotentemente l’attaccamento alla propria terra su ogni altra istanza di parte.

Una bella prova di sensibilità in momenti di aggregazioni spurie e personalistiche!

Vendere i cosiddetti “gioielli di famiglia”, i beni del patrimonio, accumulati nel tempo col sacrificio di intere generazioni, soluzione alla quale viene facile pensare in periodi di crisi, non risulta essere affatto la scelta migliore.

La svendita della res publica non è l’unica né la più immediata delle soluzioni al problema del debito pubblico. E, anzi, non è affatto detto che sia persino una soluzione.

Intanto, perché, come persino la Cassazione afferma, dopo un’ampia ricognizione costituzionale nel merito dei beni pubblici, il valore trascende quello puramente patrimoniale, si ispira alla centralità della persona e al bene dell’intera collettività, come gli articoli 2, 9, 42 della Costituzione attestano, sottolineando proprio il principio della necessità della tutela della personalità umana anche nell'ambito del "paesaggio".

Poi, perché la dismissione dei beni pubblici con finalità di risanamento del debito e sotto l'urgenza di ottenere immediata liquidità si ispira a criteri tra loro contrastanti, quello della massima “valorizzazione funzionale e ambientale” e l'altro della “semplificazione”, intesa come possibilità di alienazione, con l’intento, quindi, dichiarato di evitare che i beni siano svenduti da parte degli enti locali in stato di dissesto.

Il rischio di una svendita è più probabile, che possibile, quando la mancanza di liquidità spinge a dover cedere velocemente un bene, le entrate saranno verosimilmente inferiori rispetto al valore reale.

Inoltre, ci sarà anche la perdita della sua utilità sociale, perché, proprio per la mancanza diffusa di liquidità, il bene andrà nelle mani di chi i soldi li ha e opererà uno sfruttamento solamente per un vantaggio economico privato, non certo di condivisione solidale pubblica!

L’alienazione deve, quindi essere l’ultima ratio e può essere legittimamente motivata solo quando non si può assolutamente utilizzare il bene a vantaggio della collettività, scelta che deve avvenire con la partecipazione e su proposta dei cittadini tutti, seguendo la normativa che prevede esplicitamente questa presenza di supporto a una decisisone così impegnativa.

In fine, ma non per rilevanza, la cessione del patrimonio pubblico si traduce spesso in una perdita.

I soldi guadagnati non producono ricadute evidenti sulla comunità, vengono destinati solamente al risanamento del debito pubblico, difficilmente per finanziare il lavoro, il welfare, la scuola, una crescita sostenibile, per ridurre le imposte o per finanziare la ripresa economica.

La grande operazione della dismissione di beni di così rilevante valore finisce per essere un vero e proprio assurdo economico, perché, necessariamente, è solo una soluzione temporanea al problema del debito, il quale ritornerà alla ribalta in piena forza tra pochi mesi o tra qualche anno, quando non ci saranno più beni pubblici da porre sul mercato e allora saremo chiamati tutti finalmente a compiere quello sforzo inventivo, esperto, alternativo che solo una corretta volontà di gestione amministrativa sostenibile, misurata e inclusiva può mettere in campo.

Ma per i professionisti del “rimando”, questo non è ancora quel tempo|

Sta a noi, cittadini singoli, organizzati, rappresentanti nelle istituzioni locali, alzare la testa, tenerla dritta e farlo diventare sin da oggi “quel tempo”!.

Sel Circolo di Corciano

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La povertà in Italia
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Nel 2011 la povertà relativa coinvolge
l’
11,1% 
delle famiglie, quella assoluta 
il 5,2%
Periodo di riferimento: Anno 2011
Diffuso il: martedì 17 luglio 2012

Povertà relativa è difficoltà nella
fruizione di beni e servizi in rapporto 
al livello economico medio dell'ambiente 
o della nazione.

Povertà assoluta è indisponibilità dei 
livelli minimi di sostentamento umano, 
riguardo ai beni essenziali come acqua, 
cibo, indumenti e abitazione.

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Fonte: BiDiMedia
Ixè per Agorà
28 novembre 2014 

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  • (anche se Ford non fu il primo a usare la catena di montaggio, 
  • il suo successo diede avvio all'era della produzione di massa)
 


  

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