Creato da lama.77 il 02/02/2009

Sentieri di Pietra

resoconti di escursioni di trekking e speleologiche

 

Oddeu la Pasqua

Come ormai da tradizione la Pasqua e la Pasquetta sono i giorni governati dal detto "Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi" e quindi... io e S. facciamo armi e bagagli e via per una nuova avventura! Il percorso prescelto pur toccando alcuni luoghi già visti li raggiunge per vie …inaspettate! Dal ponte di Sa Barva su fino alla base di monte Oddeu, risalita delle pareti con l'ausilio di un fantomatico cavo d'acciaio, quindi Donanigoro, Su Sercone e, per finire, rientro sul sentiero classico di Donanigoro. Le previsioni meteo son infauste ma decidiamo comunque di tentare, che saranno mai 2 gocce d'acqua? Partenza Sabato mattina e, dopo il rito propiziatorio della colazione a Dorgali, finalmente con la benevolenza dei Numi tutelari del luogo, scendiamo nella valle di Oddoene. Il cielo minaccia pioggia e Noè ci avvisa che son rimasti solo 2 biglietti di traversata in poltrona per la crociera "Arca", ma neanche questo ci demoralizza. Preparati gli zaini affrontiamo la salita che ci porterà (si spera) alla base di Monte Oddeu. Pur senza essere particolarmente difficile l'ascesa si rivela un po’ lunga e faticosa, fortuna che il paesaggio ci ripaga ampiamente di qualsiasi sforzo. Nel bosco di lecci che attraversiamo vediamo numerosi alberi plurisecolari mentre qualche muflone sfugge agilmente al nostro passaggio. Purtroppo il cielo nuvoloso non è l'ideale per fare foto e gli scorci che cogliamo con le digitali non rendono minimamente la grandiosità della vallata sottostante. Arrivati alla base delle pareti cerchiamo il cavo d'acciaio la cui ricerca ci prende un po’ di tempo. La gioia che proviamo quando infine lo troviamo è però raffreddata dalle prime gocce di pioggia: il cielo si è infine deciso a seguire quanto indicato dalle previsioni. Io son un po' indecisa se proseguire la salita (calcare reso viscido dalla pioggia + una salita su un cavo d'acciaio sconosciuto = titolo sul giornale "sedicenti escursionisti precipitano da Monte Oddeu, sconosciute le cause del suicidio"). Fortunatamente i miei timori risultano esagerati. La parete è attrezzata alla perfezione con materiale nuovo e la salita è meno difficoltosa del previsto ( ancora una volta mi rammarico di non poter fare foto migliori). In meno di mezz'ora sbuchiamo a Campo Donanigoro, la pioggia è aumentata ma ormai il peggio è superato. A salutare il nostro passaggio ci sono solo delle piccole ma resistenti vacchette sarde, i mufloni dando prova di un Q.I. superiore al loro (ma anche al nostro se è per quello) sono al riparo e non si fanno vedere. Attraversiamo la piana e intercettiamo il sentiero che ci porterà a vedere la gigantesca dolina di Su Sercone. L'espressione “tipo tana di un gigantesco formicaleone” rende forse l'idea ma è decisamente dispregiativa di quello che è un ampio sprofondamento del terreno causato da un altrettanto enorme cavità carsica che ha inghiottito lentamente ma inesorabilmente ciò che stava sopra...e il formicaleone sul fondo deve avere ancora fame, come testimoniano le pareti verticali e instabili soggette a crolli improvvisi che circondano il punto d'assorbimento! Ma il tempo è tiranno e decidiamo che è giunta l'ora di tornare. Il sentiero del ritorno è ben segnato e il cammino agevole, ma nonostante non ci concediamo che una brevissima pausa per mangiare qualcosa, arriviamo alla valle di Doloverre che è quasi buio e scala ‘e Surtana la facciamo al buio. Con un ultimo sforzo guadiamo il flumineddu, ed ecco due catarifrangenti che occhieggiano al nostro arrivo, è la polo che ci accoglie ansiosa (ci scommetto) di sapere com'è andato questo trekking sotto la pioggia!

Monte Oddeu  Ferrata di Monte Oddeu  Panoramica sul Flumineddu  Un tratto della ferrata  Su Sercone

 
 
 

Gorroppu Adventure

Post n°5 pubblicato il 28 Marzo 2009 da lama.77
 

L'idea iniziale era di fare due trek distinti ma, vista la possibilità di unirli io ed S. decidiamo di prendere l'offerta 2x1 e compattarli in una due giorni! l'anello così creato prevedeva: Scala e Surtana, Donianigoro, Sa Giuntura e per finire ritorno da Gorroppu. Purtroppo come a dimostrazione che siamo in marzo il tempo si è dimostrato inclemente e l'alba di sabato si apre con una bella nevicata, che fare? viste le non proprio eccellenti condizioni meteo ci consoliamo con buon cappuccino e una pasta al bar Sa Merula a Dorgali, mentre Babbo Natale fuorviato dagli sbalzi climatici cerca di trovare un parcheggio per la slitta... Dopo una sbirciata alle previsioni alle tele decidiamo di tentare l'impresa il pomeriggio (giammai cederemo!!). Arrivati al ponte di Sa Barva e organizzati gli zaini guadiamo il Flumineddu (del ponte di Sa Barva, già da qualche anno è rimasto solo il nome) e ci addentriamo nella Sardegna selvaggia. Visto l'orario di partenza decidiamo di pernottare al cuile di Tziu Rafaele a Campu Donianigoro, dove arriviamo in tempo per fare legna e sistemarci per la notte. Come sempre la notte dentro il Cuile si rivela spettacolare ma anche molto fredda. Il mattino successivo si alza con cielo semi coperto ma almeno senza piogge e noi, dopo una rinfrancante colazione, ripartiamo. Anche questa volta Donianigoro si rivela una delizia per gli occhi di un naturalista, mentre attraversiamo il pianoro avvistiamo diversi piccoli gruppi di mufloni. La zona che attraversiamo è nuova per noi e stiamo attentissimi a seguire il percorso che ci siamo segnati sulla carta. Purtroppo, quando arriviamo in vista di Gorroppu inizio ad avere problemi al ginocchio e l'andatura subisce un forte rallentamento (praticamente stavo deambulando come gamba di legno). Mentre scendiamo verso Sa Giuntura ecco che incontriamo un gruppetto di persone e tra queste c'è Aldo Nieddu, l'autore dei libri "Andalas e Camminos" e "Terre Selvagge", proprio lui, in carne ossa e bastoncini da trekking! dopo questo incontro inaspettato affrontiamo la parte più impegnativa del percorso, ovvero la gola di Gorroppu. Il primo tratto, vista la presenza di alcuni laghetti è da fare saltellando su alcune rocce inclinate e attaccandosi, dove  c’è, ad un cavo d'acciaio. Viste le condizioni del mio ginocchio optiamo per "la variante" , curiosamente poco conosciuta, che permette di aggirare la ferrata e di fare tutta la gola senza corde.... e capiamo anche il perché è poco conosciuta! Il primo tratto è una salita in pietraia dove anche i mufloni prendono l'ascensore (il mio ginocchio inizia a fare qualche rimostranza sulla scelta), successivamente c'è da fare un arrampicata in libera (i mufloni nel mentre ci fanno un filmino da inviare ad "ultimo minuto") di qualche metro, infilarsi in una stretta coduletta e scender su pietraia e parete semi verticale fino al fondo. Ma non è finita qui! Fatto qualche metro ecco di nuovo un laghetto e siamo di nuovo costretti ad aggiralo salendo sulle pareti (i mufloni ci osservano sgranocchiando pop corn, mai hanno avuto uno spettacolo del genere). Peccato che poi per scendere troviamo solo pareti verticali e visto che non abbiamo una corda ci tocca disarrampicare (il mio ginocchio a questo punto sta scrivendo una denuncia da mandare al suo sindacato). Dopo una breve ma adrenalinica discesa, torniamo sul fondo e non ci resta che fare...tutto il resto del Canyon. Nonostante le difficoltà fisiche non posso che ammirare quella meraviglia della natura che è Gorroppu, le pareti alte e i massi enormi e levigati dall'acqua che ne coprono il fondo contribuiscono a dare un senso crescente di piccolezza, sembra un sentiero fatto per giganti. Arriviamo all'uscita dalla gola al crepuscolo e dobbiamo affrontare il lungo sentiero fino alle macchine al buio. Quando arriviamo in prossimità del parcheggio della  macchina (il cui punto esatto inizialmente ci sfugge, tanto che viviamo un ulteriore scossa adrenalinica) sono sfinita, ma soddisfatta e quindi anche questa volta missione compiuta!

Nevicata a Dorgali  Valle del Lanaitto  Verso il rifugio  Rito matutino  Branco di mufloni tratto finale della goladi Gorroppu

 
 
 

Armi a Su Guanu

Post n°4 pubblicato il 17 Marzo 2009 da lama.77
 

PippiDomenica, prima giornata di Marzo non è stata una domenica come le altre. Il fine settimana si preannunciava come uno di quelli fatti apposta per recuperare le ore di sonno perse...il fine settimana prima!Tuttavia, perché sprecare una domenica a letto quando la si può più proficuamente impiegare a strisciare nel fango o a fare lotta libera con i cespugli di lentischio? Un veloce scambio di messaggi con S.C. e decidiamo di buttarci (o sarebbe più giusto scaraventarci) nell'impresa di entrare in grotta da sole, cioè senza i membri più esperti del gruppo a vegliare sulla nostra incolumità... Non era la prima volta che tentavamo l'impresa e, memori dei "precedenti", optiamo per una grotta dove siamo già state e con l'entrata sulla strada: Su Guanu di Oliena. Come da manuale ci procuriamo il materiale necessario all'escursione: fotocopia del rilievo (successivamente dimenticata in macchina, sempre come da manuale), corde e materiale d'armo. Partiamo la mattina alle 07:30, ehm, ritardo a parte intendo. Il viaggio in macchina procede tranquillo nonostante vi siano state alcune (?) incertezza ai bivi.  Arrivate all'incrocio con la strada per Su Gologone svoltiamo a destra e iniziamo la ricerca, che si sarebbe protratta fino a Martedì (momento in cui sarebbero finite le provviste) se l'entrate non fosse stata segnata da un cartello. Distribuito il materiale nei due sacchi speleo e percorriamo i 30 metri che ci separano dall'entrata pronte ad "aggredire" la grotta. La cavità carsica di Su Guanu è una simpatica spelonca il cui fondo è raggiungibile scendendo per un dislivello di circa 50 di metri suddivisi in 4 pozzi. Appena entrate ecco il primo baratro, che mi produce una sensazione di perplessità del tipo: "ma davvero sarebbe stato uno spreco passare la domenica a letto?". Ma ormai siamo lì e quindi comincio ad armare sempre come da manuale: scegliere il primo armo, placchetta, moschettone, corda, scegliere il secondo armo, placchetta moschettone, corda. Tempo di realizzazione del tutto 2 ore e mezza (per capirci normalmente tutta Su Guanu si arma in circa un paio d'ore).  Sinceramente non capisco proprio come ci sia voluto così tanto, sarà stata colpa del nodo savoia che è stato sciolto e rifatto almeno una 20 di volte prima di farlo perfetto o del nodo coniglio che nonostante gli sforzi per realizzarlo bene aveva sempre e comunque l'aspetto di Hello kitty...finito l'armo arriva il momento di calarsi ("ci si vede dopo eh, in bocca al lupo, ehm..."). Terminata la calata (della quale non so perché ma non conservo dei ricordi nitidi) è il turno del secondo pozzo e di S.C. di armare. Anche questo secondo armo viene affrontato con la dovuta ponderazione, e finalmente possiamo camminare un po’. Nonostante l'assenza del rilievo riusciamo ad orientarci facilmente nella lunga galleria priva di rami laterali e arriviamo alla penultima verticale. E' di nuovo il mio turno, ormai mi sento più tranquilla sulle mie capacita e lo affronto più rilassata...almeno fino al momento in cui, dopo aver fatto il primo armo, mi sporgo per armare sul vuoto, scoprendo che gli spit devi averli piantati qualche giocatore di basket! Cerco di aggirare il problema sfruttando un altro punto d'attacco più alla mia altezza che però non mi convince. Per farla breve alla fine dell'operato la corda era attaccata di nuovo su tre punti e ricomincio la discesa. Il pozzo si presenta un po’ più lungo del previsto ma riusciamo comunque ad arrivare sul fondo senza giuntare le corde. Siamo arrivate al fiume sotterraneo, una delle zone della grotta che trovo, in generale, più interessanti e spettacolari. L'acqua scorre formando un torrente che qua e la si allarga a colmare laghi cristallini circondati da colate, stalattiti e stalagmiti, sembra proprio di trovarsi in un altro pianeta o in un posto uscito da qualche libro. Purtroppo ci rendiamo conto da subito che la prosecuzione non è più possibile perché le recenti e abbondanti piogge hanno riempito il resto della grotta e salvo optare per un bagnetto nell'acqua gelida non possiamo andare oltre. Il ritorno con relativo disarmo si rivela molto più veloce e tempo un oretta e mezza siamo fuori, a bere una tazza di brodo caldo e a progettare la prossima uscita.Pippi

 
 
 

Carnevale ad Ottana

22 Febbraio, domenica di carnevale e occasione di fare qualcosa di diverso dal solito: andare a vedere un carnevale tradizionale! In Sardegna non si può dire che manchi la scelta: dalle sfilate coi carri di Tempio alle maschere grottesche di Mamoiada il panorama è davvero ampio e variegato. Dopo una breve ma intensa consulta la scelta, per quest'anno, ricade su Ottana , patria dei Boes e dei Merdules. Vista la bella giornata e visto l'orario di inizio della sfilata (15:30) decidiamo di fare un giro, durante la mattinata, in quel del Meilogu.

La prima tappa è al convento di San Pietro di Sorres alla ricerca di una piccola grotta che si trova nei pressi del convento. Purtroppo la ricerca si rivela infruttuosa e decidiamo di spostarci alla tappa successiva, ovvero il centro abitato di Rebeccu. Questo piccolo villaggio nei pressi di Bonorva è stato reso famoso dai giornali che l'hanno descritto come paesino fantasma e ultimo centro abitato che avesse conservato l'antica architettura medievale. Appena arrivati notiamo gli "effetti" di questa pubblicità: una parte delle case è stata ristrutturata non proprio in stile medievale e il luogo tanto fantasma non sembra più... Ci consoliamo con una visita alle ultime abitazioni che ancora conservano l'antico splendore(?).

Quando lasciamo il luogo è ormai ora di prendere posto ad Ottana, una breve visita a Santa Sabina per mangiare un panino e via prossima tappa il carnevale! Quando arriviamo alla nostra meta c'è già aria di festa (meno male se no mi sarebbe venuta il dubbio di aver sbagliato giorno!), e tra la folla si vedono già dei bambini mascherati. La sfilata tradizionale inizia un ora dopo il previsto,ma l'attesa è ampiamente ripagata. Secondo me i Boes sono tra le maschere di carnevale più belle e imponenti, assolutamente da vedere almeno una volta da chi vive in Sardegna. Tra il suono dei campanacci e la pantomima della bestia/forze della Natura (i Boes) tenuta a freno dal pastore/uomo (i Merdules), l'atmosfera è elettrizzante. Quando ce ne andiamo è il crepuscolo, la giornata è stata decisamente piena e nonostante la ressa degli spettatori qualche bella foto della sfilata è riuscita.

Mandorli in fiore a Rebeccu  Uno dei momenti della sfilata  Su ballu tundu

 

 
 
 

Trek a Punta Giradili

Post n°2 pubblicato il 27 Febbraio 2009 da lama.77
 

La mattina del 18 gennaio non è come le altre mattine, e a ricordarmelo è un fastidiosissimo sasso che mi tormenta il fianco quando mi rigiro nel sacco a pelo. Quando esco dalla tenda l'ambiente esterno è sui toni del grigio ed è fradicio di umidità notturna, il cielo è nuvoloso ma le previsioni hanno detto che non dovrebbe piovere. Io G. e D. ci alziamo e ci prepariamo, loro andranno ad arrampicare a Punta Giradili mentre io girellerò nei dintorni. Nella speranza di fare qualche bella foto li accompagno per un tratto passando per quella che sembra una vecchia carrareccia dei carbonai. Purtroppo la posizione del sole e la foschia del giorno permettono di scattare al massimo qualche chiaro scuro alla splendida guglia di "Sa Pedra Longa".

Arrivati alla base delle pareti di arrampicata ci separiamo, e io risalgo fino al Cuile Despiggios dove abbiamo lasciato la macchina e da dove inizierà il mio trek, destinazione punta Giradili passando per le creste che dominano questo tratto di costa. Mi addentro nella macchia seguendo un sentiero che diventa poi l'ennesima carrareccia, ogni volta che ne vedo una non posso che pensare alle persone che l'hanno costruita, pietra su pietra senza altri mezzi se non le proprie braccia, altro che lavori forzati! Anche se sono sola la possibilità di perdermi è bassa, basta salire su un altura qualsiasi ed ecco che si vedono strade...non si può certo definire molto selvaggia la zona! Dopo una breve salita arrivo in vista delle creste calcaree, le foto da premio pulitzer sono assicurate, mi affaccio sul baratro e...bianco! Ma non quello della foschia che magari rende meno vividi i colori degli oggetti ma che almeno ti permette di vederli, no no, proprio quel Bianco con la B maiuscola che ti consente di vedere un unica cosa, il Bianco per l'appunto. Sfumata la possibilità di fare foto riprendo le marcia, e fortunatamente trovo un tratto sgombro dalla nebbia,nel quale mi precipito per fare qualche rapida foto, non erano quelle che speravo, ma meglio di niente.

Il luogo è molto tranquillo, a parte le onnipresenti capre non c'è nessun altro. Ancora un oretta di cammino ed ecco la mia meta il monte Ginnirco, salire sulla cima non è difficile anche se di sentieri neanche l'ombra (o forse sono io che non ne ho trovati? mah!) quando arriva nel punto più alto è ancora presto per intraprendere la via del ritorno, e quindi decido di salire su un altra cima poco distante sulla quale si intravede un sorta di piramidina di sassi in stile cima alpina (la prima cosa che ho pensato vedendola è stata al cartone di Heidi). La salita per raggiungere la cima si rivela più ripida del previsto ma comunque facile. Ancora qualche foto ed è ora di tornare indietro, persino le capre (delle quali non si avvertono più i campanacci) devono avere capito che è tardi e se ne sono tornate all'ovile.

Durante la strada del rientro trovo qua e la i segni delle attività pastorali che un tempo si svolgevano da queste parti, recinti, case e rifugi ormai in decadenza e semi coperti dalla vegetazione. La foschia si è alzata ma ormai non c'è più abbastanza luce per fare delle belle foto, non mi resta che confidare nel tramonto! Alla macchina mi ricongiungo con G. e D. e a questo punto, come in ogni escursione che si rispetti, è il momento di sbranare, minestrina di pollo liofilizzata e kraffen al cartoccio... un giorno o l'alto apro un ristorante specialità della casa "il menù dell'escursionista".

Mattinata nel baunese  Finalmente un po' di cielo!  Oh-la-la-ih-uuu   Ultima foto prima del rientro

 
 
 
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