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« Mono no aware e periodo HeianFoto Giapponesi »

La casa delle belle addormentate

Post n°11 pubblicato il 17 Febbraio 2008 da sentierodisole
 

Il vecchio Eguchi pensava che non sarebbe mai più tornato nella casa delle « belle addormentate ». Per lo meno, la prima volta che vi aveva passato la notte, non credeva di avere alcuna voglia di tornare. E lo stesso era accaduto al mattino, quando se n'era andato.

Circa quindici giorni dopo, Eguchi ricevette una telefonata e una voce gli chiese se non desiderasse ritornare alla casa, quella sera stessa. Sembrava la voce di quella donna sulla quarantina, che per telefono suonava ancora più fredda e bisbigliante, come proveniente da un luogo segreto.

« Se usciste adesso, verso che ora ritenete di poter giungere? ».

« Poco dopo le nove, penso ».

« Troppo presto, ci troveremmo in difficoltà. La vostra compagna non c'è, e quand'anche ci fosse, non dormirebbe ancora... ».

Il vecchio rimase senza parole.

« Faremo in modo che dorma per le undici. Verso quell'ora, saremo ad attendervi ».

Il modo di parlare della donna era lento, ma il cuore del vecchio si fece più rapido.

« Dunque a quell'ora» disse con voce secca.

Eguchi avrebbe voluto rispondere, non proprio sul serio, celiando un poco, che non era necessario che la ragazza dormisse, che avrebbe avuto piacere di vederla sveglia l'avrebbe voluto dire, ma le parole gli s'incepparono in fondo alla gola. Si sarebbe, " Scontrato con la regola segreta di quella casa. Quanto più strana era la regola, tanto più rigorosamente la si doveva osservare. Se la si fosse infranta una sola volta, la casa sarebbe diventata uno degli innumerevoli postriboli. La triste preghiera dei vecchi e i sogni tentatori sarebbero scomparsi. Quando gli era stato detto per telefono che alle nove era troppo presto e che avrebbero fatto dormire la ragazza per le undici, il cuore di Eguchi aveva improvvisamente avuto un brivido di ardente tentazione, qualcosa che lui stesso non avrebbe mai immaginato. Era forse lo stupore di venir strappato alla realtà quotidiana? O forse dipendeva dalle ragazze dormienti, dal sonno senza fine.

L'aver deciso dopo un mezzo mese di tornare in quella casa in cui aveva pensato di non metter più piede, troppo presto o troppo tardi che fosse per il vecchio Eguchi, dimostrava comunque che non per forza di volontà aveva fino ad allora resistito alla tentazione. Piuttosto, non aveva voluto cercare nuovamente quel triste piacere senile, lui che non era vecchio quanto gli altri frequentatori della casa. Tuttavia quella prima notte non gli aveva lasciato un brutto ricordo. Pur essendo stata evidentemente una debolezza, doveva riconoscere che nei suoi sessantasette anni di vita non aveva mai trascorso con una donna una notte altrettanto innocente. La stessa cosa era accaduta al mattino, al momento del risveglio. Il sonnifero doveva aver fatto il suo effetto, e si era alzato alle otto, più tardi del solito. Il vecchio non aveva minimamente toccato la ragazza. Nel giovane calore e nel delicato odore di lei, il suo era stato un dolce risveglio di fanciullo.

La ragazza dormiva voltata dalla sua parte, con il capo leggermente reclinato in avanti: sul collo morbido e sottile si delineava così una ruga, quasi impercettibile. I lunghi capelli erano sparsi sul cuscino. Il vecchio Eguchi aveva levato gli occhi sul volto della ragazza, dalle labbra alle ciglia e alle sopracciglia di lei, e non ebbe dubbi che si trattasse di una vergine. Le ciglia e le sopracciglia erano troppo vicine agli occhi presbiti di Eguchi perché potesse distinguerle filo per filo. La carnagione di lei, sulla quale non scorgeva alcuna peluria sottile, era soffusa di splendore. Sul viso e sul collo non c'era traccia di nei. Il vecchio, dimenticando l'incubo e il resto,

si sentì irresistibilmente spinto ad amare la ragazza e nella sua mente affiorò l'illusione che anche lei lo amasse. Appoggiò una mano sul suo seno e lo racchiuse delicatamente nel palmo. Gli balenò la sensazione che fosse il seno della madre prima di essere incinta di lui. Il vecchio ritrasse la mano, ma quella sensazione gli attraversò il braccio, fino alla spalla.

Altro brano di Banana Yoshimoto

L'amico di prima, che era stato il suo ultimo ragazzo, mi aveva chiesto se Shiori era morta 'per colpa del lavoro'. Avevo risposto che non lo sapevo, ma nello stesso tempo in fondo al cuore avevo pensato che forse, sebbene in modo indiretto, era dvvero così.

Shiori era stata completamente assorbita, posseduta, da quel lavoro. Era perfino arrivata a lasciare questo appartamento. Era un lavoro che nessun altro avrebbe potuto fare come lei: in un certo senso si potrebbe dire che avesse una vera vocazione. Aveva cominciato, grazie alla presentazione di un amico, come intrattenitrice in un locale, e lì era stata 'scoperta' da un cliente. Era un sistema di incontri clandestini, o per meglio dire un' attività di prostituzione un po' eccentrica. Il suo lavoro consisteva nel semplice dormire accanto a un cliente. Quando me ne parlò la prima volta rimasi di stucco.

Nello stesso edificio dove era il suo appartamento, al piano di sotto ne aveva un altro per il lavoro, fornitole dal suo capo, e come ho già spiegato in questo appartamento c'era un grandissimo letto matrimoniale, ideale per conciliare il sonno. Una volta ebbi anch'io modo di vederlo. Sembrava di stare in un albergo, o meglio ancora all'estero. Era una vera stanza da letto all' occidentàle, come ne avevo viste solo al cinema. Era lì che alcune volte alla settimana Shiori dormiva con i clienti fino al mattino.

"Cosa? Non fai l'amore con loro?" chiesi.

Fu la notte in cui Shiori, che era sempre più presa dal suo lavoro, mi annunciò che avrebbe lasciato l'appartamento per prenderne uno nello stesso edificio dove lavorava.

"Ma no, scherzi? Le persone che vogliono fare quello vanno nei posti adatti," rispose semplicemente, sorridendo.

"Certo che ce ne sono di lavori strani... Il che significa che c'è richiesta, immagino," dissi.

Non riuscii a convincerla a restare, e in più cominciai a rendermi conto, seppure confusamente, che Shiori stava diventando schiava di quello strano lavoro.

"Mi mancherai," aggiunsi.

"Il mio è un appartamento come tutti gli altri. Vieni a trovarmi," disse Shiori.

Dato che non aveva ancora cominciato a preparare la sua roba, non riuscivo bene a rendermi conto che lei, che per me faceva ormai parte della casa, sarebbe andata via. Sedute come sempre sul pavimento, restammo sveglie fino a tardi a guardare un po' distrattamente dei video-clip musicali, commentando le canzoni che ci piacevano e criticando i 'look'. Quando ero con Shiori avevo sempre la sensazione che la percezione del tempo fosse sottilmente alterata. Forse perché in quel viso dai lineamenti delicati, gli occhi sottili come due pallidi spicchi di luna apparivano sempre un po' sfocati.

Quando spegnevamo la luce, il braccio bianco di Shiori, che sporgeva dal futon steso sul pavimento accanto al mio letto, risaltava nitido alla luce della luna. Anche al buio le nostre chiacchiere andavano avanti all'infinito. Se ricordo bene era una cosa che capitava spesso. Quella notte Shiori mi parlò del suo lavoro molto più del solito. Ascoltavo la sua voce sottile scorrere nel buio come una musica.

"Sai, devo restare sveglia tutta la notte. Metti che a un certo punto l'uomo che dorme accanto a me dovesse aprire gli occhi, e io fossi lì che dormo come un sasso il mio lavoro non avrebbe più significato. Non sarebbe un comportamento da professionista, capisci? L'altra persona non deve nel modo più assoluto sentirsi sola. Quelli che vengono da me, naturalmente presentati da qualcuno, sono sempre persone di una certa posizione, ma tutte particolarmente sensibili, con qualche ferita dentro. Persone talmente stressate da non riuscire nemmeno ad accorgersi di esserlo. Perciò, quasi senza eccezioni, durante la notte si svegliano. E in quel momento è importante che nella penombra io sia pronta a offrire un sorriso, e magari un bicchiere di acqua fredda. Se invece vogliono un caffè, vado subito in cucina a prepararlo e glielo porto a letto. E allora di solito si rilassano e riprendono a dormire tranquillamente. Penso che tutte le persone desiderino solo dormire accanto a qualcuno. Tra i clienti ci sono anche donne, e stranieri. Purtroppo però io non sono abbastanza brava, quindi a volte mi capita di addormentarmi. E sai, a dormire accanto a delle persone così stressate, regolando il mio respiro su quello del loro sonno, forse finisco con l'assorbire tutto il buio che hanno dentro. A volte, mentre mi dico che non mi devo addormentare, mi capita di appisolarmi leggermente e di fare dei sogni paurosi, surreali. Sogno di essere a bordo di una nave che sta affondando, di perdere delle monete che avevo raccolto, o sogno il buio che entra dalla finestra e mi soffoca... Mi sveglio col cuore in gola, spaventata. Sì, ho proprio paura. E guardando la persona che dorme accanto a me, penso: Ma certo, quello che ho appena visto è il suo paesaggio mentale. E se penso a che visione desolata, dolorosa, brutale, quella persona porta dentro... ho paura."

Nel chiarore lunare Shiori guardava verso l'alto. Il bianco degli occhi brillava leggermente. "Questo è il paesaggio della mente di Shiori," pensai, ma non so perché non riuscii a dirlo. Però ne ero certa. Tanto certa da aver voglia di piangere.

 

 
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naventae
naventae il 08/06/08 alle 16:57 via WEB
Ciao Sentierodisole...mi farebbe piacere sapere da dove hai tratto questo brano della Yoshimoto...non ho mai letto un suo libro e vorrei rimediare...Volevo chiederti poi se hai la tua libreria personale su Anobii e, nel caso, qual è il tuo nick... Grazie! Dona
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