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« Dipinti e letteratura gi...Mono no aware e periodo Heian »

L'assassinio di Asanuma Inejiro

Post n°9 pubblicato il 10 Febbraio 2008 da sentierodisole
 

Il 12 ottobre del 1960 un attivista di destra, di diciasette anni, Otoya Yamaguchi, uccise con un Wakizaki (pugnale giapponese) il capo del partito socialista Asanuma Inejiro mentre stava tenendo una conferenza alla Hibiya public Hall.
Un mese dopo Otoya si tolse la vita impiccandosi in cella.
La fotografia di Yasahui Nagao vinse il premio Pulitzer.
Il romanzo di Oe Kenzaburo "Il figlio dell'imperatore" racconta gli ultimi anni di vita di Otoya Yamaguchi e l'autore ha svolto un intenso lavoro di ricerca prima di scrivere il romanzo.
Questo romanzo di divide in due parti: nella prima parte si narra di come il diciasettenne Otoya decise di aderire al movimento di estrema destra Kodoha.
Nella seconda parte si parla invece dell'assassinio del leader Asanuma. La pubblicazione di questa seconda parte è stata per molti anni vietata in Giappone.

Chi era Asanuma Inejiro? Nakamura TAkafusa, uno dei più grandi economisti e storici del Giappone lo definisce così:
"Asanuma was very much a man of the people. He had lived frugally for many years with his wife in a one-room apartment in the working-class Tokyo district of Fukugawa, and he would invite newspaper reporters home to share sakè and Kusaya (a pungent snack of dried fish) from his home island of Miyake. As a pubblic speaker, he had the ability to fire up the masses with his loud and gravelly voice, and he was valued as a capable mediator by his fellow politicians. A good-hearted man, he was also prone to errors of judgement from time to time, such as the occasion during a visit to China in 1959 when he agreed to a joint statement describing "U.S. imperialism" as "the enemy of Sino-Japanese cooperation". But whatever his strenghts and weakness, he was the pubblic face of the JSP (Japanese socialist Party), and he was sorely missed.
Dunque Asanuma era un uomo del popolo, una persona che aveva vissuto per molti anni, insieme alla moglie in un appartamento di una sola stanza nel quartiere della working class del distretto Fukugawa di Tokyo.
Nel suo appartamento invitata spesso i giornalisti e offriva loro del sake e del Kusaya (uno snack a base di pesce e dal sapore forte) che proveniva da Miyake, l'isola dove era nato.

Un pensiero nuovo è iniziato da queste parole e finisce per tornare sulle stesse, il cerchio della rivelazione si chiude, percepisco una voce gentile, dolce e splendida,

nell'esaltazione della felicità suprema: «A rischio della vita tu ammazzerai quanti avvelenano il Giappone, questa è lealtà, lealtà priva di egoismo, ti sei sbarazzato

dell' egoismo e del tuo corpo, ti sei dedicato alla vera lealtà conquistando la suprema felicità, l'unione con gli dei.» Soddisfatto e tranquillo mi addormento...

Arrivati a Tokyo ci affrettiamo verso il quartiere generale, devo parlare della rivelazione ad Anzai Shigeru, ma mentre eravamo a Hiroshima ha lasciato il partito. Sakakibara ha tenuto un discorso speciale nella palestra, per aiutare i ragazzi a superare lo shock. Non ha parlato direttamente delle dimissioni di Anzai, il discorso era incentrato sul suicidio collettivo di quattordici giovani cadetti di destra che il mattino del 25 agosto dell' anno 20 dell'era Showa (1) avevano compiuto harakiri seguendo il rituale tradizionale.

Di fronte alla sconfitta i patrioti prostrati dal dolore si scusarono davanti all'Imperatore e tra la ribellione e la morte scelsero di uccidersi tutti insieme, uno di loro durante l'ultimo banchetto recitò i versi di Matsumoto

Keido, uno dei fondatori del Gruppo di Lealtà all'Imperatore (2): «Vento tra i pini della vetta continua a narrare al mondo che mi sono dato la morte per l'Imperatore», poi tutti insieme firmarono un'ultima lettera: «Puri e con lo spirito consacrato all'Imperatore noi quindici sudditi giuriamo di proteggere per l'eternità il Palazzo imperiale», all' alba si uccisero in un angolo della piazza d'armi di Yoyogi accanto al luogo noto come il boschetto dei diciannove olmi, nessuno sopravvisse, secondo la lettera dopo le abluzioni rituali si sedettero in cerchio sul prato dov'era spuntata la prima erba d'autunno, si denudarono la spalla e avvolsero la spada in un telo bianco:

«Il Maestro

"Ormai la decisione è stata presa, avete altro da dire?"

gli altri insieme

"Ancora una preghiera, Maestro"

il Maestro

"Nel giorno in cui le anime dei morti si palesano, gli spiriti giovani si riuniscono e si recano al tempio per pregare affinché la discendenza Imperiale goda di lunga vita e prosperità "

gli altri insieme

"Lunga vita e prosperità"

il Maestro

"Bene"

Compiremo tutti insieme seppuku e la testa ci verrà tagliata solo dopo che ci saremo squarciati il ventre.»

E proprio come avevano lasciato scritto si diedero la morte con il suicidio rituale e divennero spiriti patrioti, dopo l'autopsia un procuratore dichiarò: «Un suicidio collettivo tanto dignitoso non s'era mai visto, né prima né dopo la guerra, e credo che resterà anche l'unico.» Il luogo del suicidio e la piazza d'armi di Yoyogi sono diventati il quartiere degli alloggi chiamati Washington Heights destinati agli ufficiali dell'esercito di occupazione, lì dove hanno compiuto seppuku sono state sepolte in profondità pietre di più di cento chili in attesa di giorni più propizi.

«È stato un vero e proprio suicidio rituale, all'inizio dovevano essere in quindici, ma uno di loro era uno sporco vigliacco» dice Sakakibara con le pupille sgranate. Poi grida su tutte le furie: «Proprio quello del gruppo a cui era stato affidato il compito di tagliare le teste, proprio lui ha rinunciato all'ultimo momento senza dire niente prima, quattordici eroi puri come l'acqua, privi di ogni minima emozione o esitazione. Quel bastardo schifoso topo di fogna sarà in qualche angolo del Giappone, tremante per l'infamia, se ne starà nascosto a osservare e voi, anche voi volete diventare dei topi di fogna come lui? Dei quattordici cadetti il più giovane aveva diciassette anni, era un seventeen come te.»

Nell'ultima parte del discorso Sakakibara si è rivolto esclusivamente a me, perché tutti mi sapevano molto amico di Anzai. Non credevo che Anzai fosse scappato per la paura come quel topo di fogna, ma mi aveva molto impressionato il suicidio rituale di quel diciassettenne di destra. Ero stato raggiunto da una seconda rivelazione, avevo gli occhi pieni di lacrime.

Sakakibara ha intuito i miei sentimenti e senza badare agli altri mi fissa con severità, mi insegue sulla scala della commozione e mi spinge all'apice: «Ho visto l'ultimo scritto che il seventeen patriota ha tracciato con l'inchiostro su un rotolo, lo portava in tasca, era tutto macchiato di sangue e mi si è spezzato il cuore, sono scoppiato a piangere, che ragazzo straordinario, soffocavo dalle lacrime, me lo ricordo ancora, cominciava così: Mi rivolgo a voi Amaterasu Omikami, per l'imbarazzo e la vergogna sono sull' orlo delle lacrime, guardando il Palazzo dove si trova l'Imperatore non riesco a frenare il pianto, non ci sono parole che un giovane come me possa pronunciare in questo momento, non posso che guardare Sua Altezza e piangere, splendido vero? Un seventeen, un genio, un vero genio, il genio della destra, i sudditi traditori che disprezzano gli dei, che hanno dimenticato lesegue un passo in cui si raccomanda a noi patrioti ancora vivi con tutta l'innocenza di un ragazzo: Credo fermamente che un giorno si arriverà alla restaurazione del potere imperiale, facendo scorrere il mio sangue con modestia e rispetto, prego per la prosperità di Sua Maestà !'Imperatore, e ancora nella poesia scritta in punto di morte: Cancellando il mio corpo vorrei diventare uno spirito protettore dell'Imperatore;

la firma recita Un filo d'erba che sta a significare persona umile, se fosse vissuto più a lungo sarebbe diventato almeno ministro. Nella confusione del dopoguerra c'è di che vacillare, ma allora come mai un seventeen riesce a dire «credo fermamente»? Perché è un giovane patriota che sta per compiere il suicidio rituale a gridare queste parole, perché è stato sostenuto dalla fede negli dei. Ancora un verso della sua poesia: Mi isolo nell'afflizione, doloroso è per me guardare il Palazzo imperiale immerso nel verde.

Non resisto più, grido e singhiozzo, non ho capito niente di quest'ultima splendida lettera zeppa di termini cinesi, ma comincio a sentire la voce della pura disperazione giovanile che come un fragile filo d'erba di un pallido verde acqua spunta tra rocce imponenti; sono triste da morire, quasi dovessi ululare spalanco la gola e piango, poi ai guaiti subentra l'entusiasmo, ripenso tutto dal punto di vista del dolore eroico: «Sì, quel seventeen aveva il privilegio della fede, grazie al suo valoroso suicidio ne ha dato prova, la fede era la sua missione, ecco perché si è ucciso. Anch'io sono un seventeen come lui, anch'io posso costruire da solo il tempio della destra ove si preghi per me e la fortezza della destra per proteggermi, la fede, l'azione, il suicidio, sono un giovane che ha in sé il vero spirito della destra, posso diventare anch'io un altro figlio dell'Imperatore!» Mi lascio trasportare dalle lacrime e dall' onda della rivelazione, l'onda della felicità suprema...

1 - 25 agosto 1945, a dieci giorni di distanza dal discorso dell'Imperatore trasmesso via radio su diffusione nazionale. Hirohito comunicava ai suoi sudditi la resa del Giappone e negava la dimensione sacrale e divina della famiglia imperiale.

2 - Tenchiigumi, gruppo fondato da Yoshimura Torataro e da Matsumoto Keido. Alla fine del periodo Edo si adoperava per destituire lo shogunato Tokugawa in favore della restaurazione del potere imperiale.

 

preghiere dei veri sudditi dell'Imperatore, tutto questo giorno dopo giorno ha offeso Sua Maestà, ecco la ragione di quel Suo discorso drammatico e sconvolgente, a questo punto resta altro da aggiungere?;

 
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