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Padre Placido Cortese

Post n°20 pubblicato il 15 Giugno 2015 da senzaconfini2015
 

Il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella inserisce fra gli eroi della Resistenza il chersino martire Padre Placido Cortese.

Ecco il passo del "Presidente:

«Tanti eroi hanno donato la vita per la nostra libertà, dai "piccoli maestri" che hanno lasciato gli studi per salire in montagna, alle donne che hanno affrontato a testa alta il rischio più alto e la prigionia. A questi dobbiamo affiancare gli eroi quotidiani che salvarono vite, che diedero rifugio ad ebrei, che si prestarono a compiti di cura o di supporto.Come le sorelle Lidia, Liliana e Teresa Martini, padovane, che guidarono la fuga dai campi di concentramento di decine e decine di prigionieri alleati, prima dando loro il pane e un nascondiglio, poi instradandoli nottetempo verso la Svizzera, attraverso la rete costruita da padre Placido Cortese e da due latinisti di grande fama, Ezio Franceschini, dell'Università Cattolica, e Concetto Marchesi, in seguito rettore dell'Ateneo di Padova e deputato comunista. Senza questa dimensione popolare, senza questa fraterna collaborazione tra persone di idee politiche diverse, l'Italia avrebbe fatto molta più fatica a recuperare la dignità smarrita».

Ma chi era Padre Placido Cortese?
Padre Placido iniziò la sua vita col nome di Nicolò, il 7 marzo 1907, a Cherso, nel cui convento francescano iniziò pure la sua formazione religiosa, che si completò nei conventi di Camposanpiero, Padova e Roma. Ordinato sacerdote, dopo un breve incarico in una parrocchia di Milano, venne inviato nel convento di Sant'Antonio di Padova, dove gli fu affidato l'incarico di direttore del prestigioso periodico dell'Ordine dei Frati Minori Francescani "Il Messaggero di Sant'Antonio". Egli diede un nuovo e importante impulso al giornale per contenuto e veste tipografica, grazie al quale la sua tiratura aumentò notevolmente. Nel 1944, durante l'occupazione germanica di Padova, l'atmosfera in città era molto pesante perché i tedeschi coglievano ogni occasione per sfogare la loro rabbia contro i cittadini che, dopo l'armistizio dell'8 settembre e la rottura dell'alleanza dell'Italia con la Germania, sentivano nemici e traditori. Per le frequenti sparatorie ed altro la gente era terrorizzata. In questo clima, una delle vie della salvezza erano le parrocchie e molti parroci aprirono cantine, soffitte, ripostigli delle loro case per accogliere le persone in difficoltà. P. Placido, grazie alla conoscenza della lingua croata, fu incaricato dai superiori di assistere i prigionieri slavi rinchiusi nei campi di concentramento. Ma egli non si limitò a questo perché abbisognavano di aiuto anche gli ebrei e i soldati inglesi e americani finiti per qualche motivo nel territorio occupato dai tedeschi e che bisognava cercare di mettere in salvo in Svizzera. Egli divenne così il centro e il punto di riferimento di una rete clandestina di soccorso dei perseguitati dal regime nazista che impiegava persone di ogni età, sesso e ceto sociale in cui, per la reciproca sicurezza, tutto e tutti facevano capo esclusivamente a lui e gli altri non sapevano nulla uno dell'altro. Ma la Gestapo, la polizia segreta del Terzo Reich, era sempre all'erta e l'8 ottobre una persona si presentò nel convento francescano di Sant'Antonio chiedendo di lui al portinaio, che lo fece chiamare. Egli uscì e andò tranquillo verso i due uomini che l'attendevano vicino a un'automobile in sosta davanti all'edificio. Essi lo fecero salire in macchina... e di lui non si seppe più nulla. Nemmeno il suo corpo fu mai trovato. Si suppone che sia finito cremato alla risiera di San Sabba di Trieste. Nel 2002 l'arcivesco Bommarco, chersino e francescano come lui, ne avviò la causa di beatificazione. Durante il lungo iter della causa sono finalmente emerse le testimonianze di persone che lo sentirono, molto sofferente, nei sotterranei della sede della Gestapo di piazza Oberdan a Trieste. (maggiori informazioni si trovano nel periodico "Lussino", n. 24 del settembre 2007, pag.19).

 

 

 
 
 
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