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Giovani di Salice per il Partito Democratico

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Post N° 34

Post n°34 pubblicato il 25 Aprile 2007 da sgsal

25aprile

FestadellaLiberazione

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Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

L'indifferenza è il peso morto della storia. L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. E' la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l'intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perchè la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. La massa ignora, perchè non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch'io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?

Odio gli indifferenti anche per questo: perchè mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.

Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.

Antonio Gramsci

 
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Post N° 33

Post n°33 pubblicato il 18 Aprile 2007 da sgsal

::: AVVISO IMPORTANTE :::

Preghiamo tutti i visitatori di questo blog che continuano a scrivere messaggi su messaggi, alcuni dei quali firmati e propositivi, altri anonimi e di autoacclamazione (corrispondenti allo stesso indirizzo logico, ovvero alla stessa provenienza di rete internet) di evitare di utilizzare tali tatticismi di basso profilo e ritornare invece a confrontarsi apertamente sui temi politici che importano ai cittadini. Ricordiamo inoltre di NON lasciare messaggi offensivi e lesivi della dignità altrui. Grazie

 
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Post N° 32

Post n°32 pubblicato il 12 Aprile 2007 da sgsal

Cari amici visitatori...

è da lungo tempo che leggo con interesse questo blog, cercando spesso di evitare di rispondere agli attacchi frontali, ingiuriosi e ignobili che vengono rivolti alla Sinistra giovanile, organizzazione della quale faccio parte. Mi spiace osservare innanzitutto come sia stato fatto maluso di questo che voleva essere uno strumento di confronto e dibattito politico civile e sereno. Evidentemente la cultura dello scontro incivile, dell'offesa, dell'ingiuria che ha sempre inquinato la politica (e non solo la politica) salicese ha contaminato anche le nuove generazioni. Ammesso che di nuove generazioni si possa parlare per coloro che hanno sfogato i loro stati d'animo su questo blog. Comunque cercherò di dare delle giustificazioni valide e molto pacate alle affermazioni che fino a questo momento sono state fatte, evitando di essere travolto dalla foga di alcuni visitatori e pregando loro di provare a fare altrettanto.
Comincerò proprio con colui che si definisce un elettore deluso, avendo cura di rispettare lo stesso ordine espressivo di cui egli si è servito.
1) La Sg è stata esclusa dal tavolo delle trattative dell'unione in quanto in quella stessa assise vi erano componenti che ritenevano che la nostra organizzazione non potesse parteciparvi. Oggi invece, nella coalizione di centrosinistra DS DL PRC PDCI SA, la Sg è parte integrante al pari degli altri partiti. Le conclusioni le lascio ai gentili lettori. 2) La Sg ha promosso e sostenuto convintamente e PUBBLICAMENTE le primarie anche contro la linea del partito. Sostenendo la candidatura di De Mitri e riconoscendo dignità alla candidatura di Innocente. Ciò a parer mio denota una notevole autonomia politica. Non ha perciò subìto il volere di nessuno. 3) La Sg ha avallato la candidatura di Donato De Mitri, che a parere del visitatore deluso può sembrare scellerata, ma che in tempi molto recenti rappresentava la volontà di tutti i partiti, tranne uno, seduti al tavolo dell'UNIONE. Al pari della maggioranza dei partiti del centrosinistra riconosciamo in De Mitri la capacità e l'autorevolezza per amministrare e risollevare il nostro Paese. 4) Come si può sostenere che noi non abbiamo dato dignità alle altre componenti del centrosinistra se abbiamo scritto sulla stampa a sostegno delle primarie e quindi di TUTTE le forze della coalizione? Visto che è stato lei stesso, caro deluso, a riconoscere il nostro sostegno alle primarie mi permetta di dirle che cade in contraddizione. 5) La Sg saliva sul palco in un pubblico comizio nella quale si presentava alla cittadinanza l'area del centrosinistra che si riconosce in Donato De Mitri e nel quale lo stesso candidato esprimeva ancora segnali di apertura verso le altre forze politiche. Quindi è falso sostenere che "la Sg ha spaccato il centrosinistra"  6) Non trovo il legame tra il congresso dei Ds e la Sg e quindi le colpe imputate a quest'ultima. Comunque posso farle notare che l'attuale direttivo dei Ds è identico al primo con l'aggiunta di nuovi componenti. Ancora ai lettori le conclusioni. 7) La Sg non ha spalleggiato solo e faziosamente il proprio candidato. A testimonianza di ciò vi è un dibattito pubblico, imparziale, al quale parteciparono De Mitri e Innocente (persona che abbiamo avuto il piacere di conoscere e apprezzare, al contrario di quello che si dice in alcuni commenti) organizzato e moderato dalla stessa Sg. Spero che le mie spiegazioni siano state sufficientemente chiare a farle riconoscere, caro elettore deluso, che la sua piazzata violenta e denigratoria nei confronti della Sg si basa su motivazioni totalmente prive di fondamento.
Ma rispondo anche agli altri commenti. Se una forza politica, quale è la Sg, deve essere definita lecchina sol perchè sostiene il candidato De Mitri, molto banalmente potrei rispondere che ciascuno è lecchino del candidato che decide di sostenere, niente di più, niente di meno. L'autonomia della nostra organizzazione si evince proprio dal fatto che il segretario dei Ds si è firmato come tale, facendole notare che sta parlando per conto suo e del partito e non per conto della Sg. Mi spiace che lei non abbia notato invece che la Sg è stata in grado, negli anni in cui ha lavorato, di far emergere una nuova figura politica nel paese e che il partito dei Ds, nei fatti e non nelle parole, abbia preso atto di ciò proponendo e insediando un giovanissimo come segretario cittadino.
Infine faccio notare che i messaggi presenti in questo blog dove si utilizzano dei soprannomi non sono stati scritti dalla Sg, ma da visitatori che come il sig. deluso ed altri, non hanno avuto l'onestà intellettuale di porre una firma sotto le loro illazioni.
Ribadisco ancora a chi ci disegna come servi di qualcuno, che la Sg partecipa a pieno titolo alla coalizione di centrosinistra, portando il suo contributo di idee e progetti, nuovi e giovanili, al pari delle altre forze politiche e il tutto in un disteso clima di armonia, solidarietà e confronto civile. Allo stesso che asserisce "la sg condanna spudoratamente lo schieramento di INNOCENTE" pregherei di evitare di utilizzare in modo inappropriato la fantasia di cui è dotato. A quell'area che si riconosce nella candidatura di Rinaldo Innocente riconosciamo la piena dignità politica che gli spetta, rimandando il confronto tra noi, loro e tutti gli altri schieramenti sul palcoscenico politico. 
Un saluto a tutti i gentili visitatori.
Gabriele

 
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Emergenza di integralismo religioso!

Post n°31 pubblicato il 29 Marzo 2007 da sgsal

La Confederazione episcopale italiana diffonde una Nota pastorale sulle unioni di fatto
Linea intransigente sui Dico: "La legge avrebbe effetti deleteri sulla famiglia"

Cei: "Coppie gay, no alla legalizzazione
Politici cattolici non siate incoerenti"

ROMA - "La legalizzazione delle coppie di fatto è inaccettabile sul piano di principio, pericolosa sul piano sociale ed educativo e avrebbe effetti deleteri sulla famiglia". Così scrivono i vescovi nella nota pastorale sulla famiglia e sui Dico. Il primo atto ufficiale della Confederazione episcopale italiana, ricalca le parole pronunciate tre giorni fa dall'arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco alla sua prima riunione da neopresidente della Cei. E, dopo aver ribadito il no convinto a qualsiasi legislazione sulle coppie di fatto i vescovi intervengono pesantemente sui deputati e senatori cattolici: "Non si appellino al pluralismo e all'autonomia dei laici in politica". Un vero e proprio richiamo all'obbedienza.

No alle coppie omosessuali.
Intransigente lotta contro i Dico e contro la legalizzazione dell'unione di coppie omosessuali: "Un problema ancor più grave sarebbe rappresentato dalla legalizzazione delle unioni di persone dello stesso sesso, perchè, in questo caso, si negherebbe la differenza sessuale, che è insuperabile". Ciò non toglie, spiega la Nota della Cei, il rispetto che la Chiesa conferma verso la dignità di ogni persona, indipendentendemente dalla propria scelta sessuale, ma ricorda, scrivono i vescovi, "che il diritto non esiste allo scopo di dare forma giuridica a qualsiasi tipo di convivenza".

"Politici cattolici siate coerenti". I vescovi non dimenticano di parlare ai politici cattolici ai quali rinnovano l'invito a votare no ai Dico: "Nessun politico che si proclami cattolico può appellarsi al principio del pluralismo e dell'autonomia dei laici in politica, favorendo soluzioni che compromettano o che attenuino la salvaguardia delle esigenze etiche fondamentali per il bene comune della società. Sarebbe incoerente quel cristiano che sostenesse la legalizzazione delle unioni di fatto". Il parlamentare cattolico, prosegue la nota, ha il "dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro qualsiasi progetto di legge che possa dare un riconoscimento alle unioni gay".
Ratzinger ispiratore della Nota. La nota della Cei diffusa oggi richiama esplicitamente, per motivare la posizione espressa rispetto ai cattolici impegnati in politica, due documenti della Congregazione per la dottrina della fede del 2003 e del 2002, quando l'organismo vaticano era guidato da Joseph Ratzinger, futuro Papa. In particolare la condanna che il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere contro il riconoscimento legale delle unioni omosessuali, è contenuta nelle Considerazioni della Congregazione pubblicate nel giugno di quattro anni fa.Fonte: Repubblica - 28 marzo 2007

 
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Post N° 30

Post n°30 pubblicato il 08 Marzo 2007 da sgsal

- OTTO MARZO -

" G i o r n a t a   d e l l a   d  o n n a "

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in ricordo...

L'origine della festa dell'8 Marzo risale al 1908, quando un gruppo di operaie di una industria tessile di New York scioperò come forma di protesta contro le terribili condizioni in cui si trovavano a lavorare.
Lo sciopero proseguì per diverse giornate ma fu' proprio l'8 Marzo che la proprietà dell'azienda bloccò le uscite della fabbrica, impedendo alle operaie di uscire dalla stessa.
Un incendio ferì mortalmente 129 operaie, tra cui anche delle italiane, donne che cercavano semplicemente di migliorare la propria qualità del lavoro.
Tra di loro vi erano molte immigrate, tra cui anche delle donne italiane che, come le altre, cercavano di migliorare la loro condizione di vita.

L'8 marzo assunse col tempo un'importanza mondiale, diventando il simbolo delle vessazioni che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli e il punto di partenza per il riscatto della propria dignità.

L'8 Marzo è quindi il ricordo di quella triste giornata.
Non è una "festa" ma piuttosto una ricorrenza da riproporre ogni anno come segno indelebile di quanto accaduto il secolo scorso.

 
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Post N° 29

Post n°29 pubblicato il 16 Febbraio 2007 da sgsal

Chi l'avrebbe mai detto...

da "La gazzette di Lecce"

Salice/Dimissioni dopo soli 10 giorni

Imperiale rinuncia al posto in Consiglio

SALICE - Il neo-consigliere Giuseppe Imperiale ha deciso di rimanere gestore del campo sportivo comunale. Il suo mandato, durato solo dieci giorni, è finito ieri mattina, dopo la presentazione formale delle sue dimissioni. Imperiale ha deciso di risolvere così la sua incompatibilità, accertata dal consiglio comunale lo scorso 3 febbraio all’atto della surroga del dimissionario Tonino Rosato. In quella circostanza l’Assemblea sospese la procedura di convalida della nomina del subentrante, concedendogli dieci giorni di tempo per decidere se rimanere consigliere o presidente dell’Unione sportiva “Salice”. A questo punto il sindaco Cosimo Gravili dispone di ulteriori dieci giorni per convocare un nuovo consiglio comunale con all’ordine del giorno il definitivo esame delle condizioni di compatibilità di Imperiale. E’ del tutto ovvio che, acquisita ormai la rinuncia dell’interessato a rimanere in carica, l’Aula dovrà procedere alla nomina di un nuovo consigliere. Attualmente soltanto due sono i componenti della lista di Gravili ancora disponibili: i non eletti Giuseppe Giannotta e Giuseppe Cairo. Secondo l’ordine delle preferenze, nuovo consigliere dovrebbe essere Giannotta. Superata questa fase, il primo cittadino dovrà verificare, ancora una volta, l’esatta consistenza della sua maggioranza, soprattutto in vista dell’approvazione del bilancio di previsione del 2007, prevista entro il 31marzo.

( ros. fag. )

 
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Post N° 28

Post n°28 pubblicato il 10 Febbraio 2007 da sgsal

Le Foibe - 10 febbraio
GIORNATA DEL RICORDO

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C'è ancora troppo da sapere su una pagina della storia cui appare esserci una disinformazione generalizzata. Anche questa volta cercheremo di porre l'attenzione dei nostri visitatori su di una tragedia che deve servire a sensibilizzare la moralità collettiva, al fine di perseguire sempre, con costanza, con determinazione, come unico obbiettivo, quello della Pace. La storia ci insegna che la guerra ha sempre tirato fuori la parte peggiore dell'uomo, la storia ci insegna a non ripetere gli errori del passato. E' per questo che occorre non dimenticare.
Di seguito proponiamo delle brevi informazioni per capire cosa sono state le foibe.  Consigliamo ai nostri lettori un interessante sito internet  che tratta la vicenda in maniera molto approfondita e documentata:

http://digilander.libero.it/lefoibe/indexx.htm


L'uso delle foibe come occultamento di cadaveri durante e alla fine della seconda guerra mondiale avvenne in due periodi. Il primo, successivo all'8 settembre 1943, cioè all'Armistizio tra Italia e Alleati, si svolse in Istria e Dalmazia e uccise alcune centinaia d'italiani. Il secondo, successivo alla fine della guerra, si svolse principalmente a Trieste tra l'1 maggio e il 12 giugno 1945 e a Gorizia nello stesso periodo, con l'uccisione di diverse migliaia di persone, molte delle quali gettate vive nelle foibe. La foiba più conosciuta, anche perché nel 1992 è stata dichiarata monumento nazionale, è quella di Basovizza (a pochi chilometri da Trieste, una delle poche foibe restate in territorio italiano). Questi baratri venivano usati per l'occultamento di cadaveri con tre scopi: vendicarsi di nemici personali, magari per ottenere un immediato beneficio patrimoniale; dominare e terrorizzare la popolazione italiana delle zone contese; eliminare gli oppositori politici e i cittadini italiani che si opponevano alle politiche del maresciallo Tito. Inoltre nel periodo in esame le foibe vennero usate anche per "seppellire" i cadaveri degli scontri fra i combattenti e talvolta anche dei morti nei bombardamenti.

Negli anni '60 il sindaco di Trieste, Gianni Bartoli, sulla base dei dati dell'ufficio anagrafico, stilò un elenco di 4.122 scomparsi. Secondo il professor Spazzali il numero degli infoibati dovrebbe aggirarsi attorno ai 4.500/5000. Per il tenente colonnello inglese De Gaston, capo del Patriots Office (testimonianza riportata da Paolo Caccia Dominioni in "Alpino alla Macchia") "I soli infoibati furono circa 9.800, di cui oltre 4000 civili, donne e bambini compresi." Da un’indagine minuziosa del Centro studi adriatici raccolta in un albo pubblicato nel 1989 le vittime sono 10.137: 994 infoibate, 326 accertate ma non recuperate dalle profondità carsiche, 5.643 vittime presunte sulla base di segnalazioni locali o altre fonti, 3.174 morte nei campi di concentramento jugoslavi. Non solo fascisti: erano presi di mira tutti coloro che si opponevano al disegno dell'annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia, compresi molti antifascisti, membri del Cln che avevano fatto la Resistenza al fianco dei loro assassini. La "caccia al fascista", infatti, si esercitò, perfino con maggiore precisione, nei confronti di antifascisti, i componenti dei Comitati di Liberazione Nazionale di Trieste e di Gorizia, e gli esponenti della Resistenza liberaldemocratica e del movimento autonomistico di Fiume. Dunque, infoibati perché italiani. Lo sostiene anche lo storico Giovanni Berardelli: "La loro principale colpa era quella di essere, per la loro nazionalità, un ostacolo da rimuovere al programma di Tito di annessione del Friuli e della Venezia Giulia". Da cui l'odierna accusa di genocidio o di pulizia etnica.
"Le foibe - sintetizza il professor Spazzali - furono il prodotto di odii diversi: etnico, nazionale e ideologico. Furono la risoluzione brutale di un tentativo rivoluzionario di annessione territoriale. Chi non ci stava, veniva eliminato".

 
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Post N° 27

Post n°27 pubblicato il 10 Febbraio 2007 da sgsal

La politica e l'omosessualità dopo la legge
sulle unioni civili, da Togliatti a Berlusconi

Quella "malattia" innominabile
scomunicata da laici e cattolici

di FILIPPO CECCARELLI

E PERÒ: se ne sono fatti di passi avanti. Ancora alla metà degli Anni Novanta, ha raccontato l'allora ministro dell'Interno Maroni, le autorità di Pubblica sicurezza gli sottoponevano fascicoli riservati su personaggi sospetti con l'annotazione poliziesca della loro (presunta) omosessualità.

Era un pregiudizio antico, nei palazzi del potere, una "malattia" per lo più innominabile, come pure designata per allusioni che volevano essere eleganti, "tendenze socratiche e saffiche" secondo il direttore degli Affari Riservati Federico Umberto D'Amato, o cariche di disprezzo: "invertiti", "capovolti", o peggio.

Per decenni quella formidabile polizia dei costumi che erano i servizi segreti accumulò pile e pile di dossier sugli orientamenti sessuali "irregolari". Classica fonte di ricatti. In alcune occasioni arrivò addirittura, il Sifar, a utilizzare conclamate ed esuberanti persone omosessuali come l'attore Giò Stajano (oggi Maria Gioacchina), per incastrare dei potenti: nel caso specifico un generale di Stato Maggiore, in un albergo di Verona, durante un'esercitazione Nato.

Con questo crudele retroterra e mesto retrobottega, si accoglie il testo del governo sui "Dico", i pacs all'italiana. E sia detto per una volta senza sarcasmo. Con qualche innocente ribalderia si potrebbe dedicare la legge Bindi - che mesi orsono s'è trovata pure lei a dover fronteggiare con dignità quel pregiudizio dopo l'attacco di un deputato di An - ai tanti che non ne comprenderanno il senso. A Umberto Bossi, per esempio, che chiamò "Albertina" il sindaco di Milano Gabriele Albertini, ricevendone in cambio una pepatissima lezioncina. Al vicepresidente del Senato Fisichella, oggi margherito, che praticamente licenziò un collaboratore perché un'estate l'aveva visto in foto al Gay Village; e qui l'onore va al ministro Stefania Prestigiacomo che lo riassunse in 24 ore. E infine al ministro Tremaglia che magari in nome della maschia gioventù ebbe il cuore di mettere nero su bianco quella parola, quell'offesa: "culattoni".

Berlusconi è "giocoso" ed evoluto, e ci è sempre stato più attento. Fa le battutine, lui, o racconta barzellette. Ma se di colpo si allarga il tavolo della storia, per generazioni di italiani l'omosessualità è stata un incubo, un giogo, una gabbia di ferro, un baratro di misteri, paure, vergogne, sofferenze. Se non risolve tutto - e come potrebbe? - la legge Bindi-Pollastrini non solo purifica e in qualche modo riscatta tante vicende drammatiche. Ma aiuta a rileggerle, a capirle meglio.

E comunque. Le culture politiche del Novecento, quelle maggioritarie, erano tutte contro l'omosessualità. La radiazione di Pasolini dal Pci (1949, un caso delicato) si accompagna a una vera e propria bolla di scomunica dottrinaria sulle "deleterie influenze di certi correnti ideologiche e filosofiche dei vari Gide", che Togliatti in persona bollava come "pederasta". Per i cattolici era anche peggio: "peccato impuro contro natura", della specie che "grida vendetta al cospetto di Dio". In pratica, la scorciatoia per l'inferno. Ce n'erano anche lì di gay, figurarsi. Ma se ne stavano acquattati, trepidi, infelici, non di rado pieni di nevrosi, di tic. Essendo ancora saldi i confini tra pubblico e privato, al massimo se ne rideva. Del deputato monarchico che s'innamorava dei pugili (con scene pazzesche, poi). Del ministro e presidente immortalato con nome e cognome (riconoscibilissimi, mutuati com'erano dal mondo dei volatili) nei racconti di "pornopolitica" di Mino Pecorelli.

E a parte il Sifar (poi Sid, poi Sismi) c'era poi tutto un turbinio di gloriose leggende e sordide dicerie sugli autisti e i guardaspalle dei potenti mandarini dorotei, invero un po' misogeni, dal Veneto bianco all'Irpinia felix, passando ovviamente per la capitale.
Per ingannare il tempo, del resto, e farsi allegria gli andreottiani s'erano inventati un giochetto. O una specie di rito. Dopo pranzo, ancora a tavola, Franco Evangelisti pronunciava il nome di un nemico e Salvo Lima completava al volo il concetto: "Ricchia!". Cioè ricchione. Sono appena 15 anni fa.
Ma c'era poco da ridere. Nell'arco della Prima Repubblica, a pensarci bene, l'omosessualità o per meglio dire il sospetto di omosessualità ha finito per toccare le persone e le cose più sacre. La Religione: con le rivelazioni su Paolo VI di Peyrefitte. La Patria e la Dinastia: con quel plico di documenti compromettenti per il futuro Umberto II che il Duce si tenne stretto fino alla fine. Quindi pure la Resistenza, attraverso uno dei suoi uomini simbolo, Pietro Secchia, ebbe in sorte la sua parte di oscuri dubbi a sfondo gay; a parte le rabbiose e personalizzatissime strumentalizzazioni anti-Pci.

Su come tutto questo sia lentamente e precipitosamente cambiato è questione più complessa. Ma certo la legge sulle unioni civili, oltre ad alleviare colpe e dolori, per la prima volta certifica con la potenza della Norma qualcosa che assomiglia alla legittimità.

La riprova pare di coglierla in un certo, nuovo vittimismo sull'abbondanza di legami omosessuali rappresentati nella fiction televisiva della Rai; o nell'evocazione di una potente "lobby gay", severamente esercitatasi a livello europeo contro la concezione del peccato del professor Buttiglione, bocciato all'Ue.

Forse è un passaggio storico; forse si tratta solo di un adeguamento. Da decenni lo spazio gay si è dilatato nella società, tumultuosamente, sul piano dei modelli, degli spettacoli, dei comportamenti, dei consumi. Qualcosa che s'è visto, ma solo un po', nei vari coming-out, nel successo del Gay Pride, o nella meritoria attività di quella agenzia di comunicazione parlamentare di cui è titolare Franco Grillini. Come minimo, la travolgente vittoria di Nichi Vendola in Puglia e il vistoso ingresso di Vladimir Luxuria a Montecitorio depotenziano agguati e ingiurie. Ma come massimo, per una volta, la legge sui pacs all'italiana allarga l'orizzonte del possibile.

(10 febbraio 2007)

Fonte: Repubblica.it

 
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Post N° 26

Post n°26 pubblicato il 10 Febbraio 2007 da sgsal

Intervista al ministro della Famiglia: "stiamo dando diritti ai deboli, non alternative al matrimonio"
"Questa Chiesa così arroccata
non capisce una legge giusta"
"Bindi: Soffro ma ho imparato della Dc che la politica è laica"

di CONCITA DE GREGORIO

immagineROMA - Bussano. "Cosa c'è, un'altra scomunica?", domanda Rosy Bindi. No, questo è un mazzo di fiori: il biglietto porta la firma di un'attrice. Sollievo, breve pausa per un succo di frutta. Sul tavolo del salottino del ministro le notizie del giorno. In cima: il Papa "preoccupato". Lui personalmente, Benedetto XVI. Subito sotto l'agenzia di stampa dei vescovi, poi l'Osservatore romano, poi Radio vaticana: 'i Dico sono una minaccia per la società'. In coda Mastella.
"Radio vaticana ha solo trasmesso un commento di D'Agostino, il presidente dei giuristi cattolici..."

Ministro Bindi, possiamo anche minimizzare ma si tratta di un'offensiva formidabile e univoca, il Santo Padre in testa.
"Non voglio minimizzare. Cosa vuole che le dica? Ogni giorno ha la sua pena".

Cosa risponde al Papa?

"Non sono abituata a rivolgermi direttamente a Lui. Non nego che per me sia un momento di grande sofferenza. La maggiore è quella dell'incomprensione. Abbiamo scritto una legge giusta che tutela i più deboli, riconosce diritti alle persone discriminate e non crea nessuna figura giuridica che possa attentare alla famiglia. Non è negando diritti e doveri a chi è in difficoltà che si difende la famiglia. Soffro come credente prima che come politica".

Soffre del fatto che la Chiesa sia arroccata su posizioni distanti dal sentire comune persino di molti cattolici?

"E' così. Mi domando perché una Chiesa che assolve in confessionale e che vive accanto a chi ha bisogno poi invece nella sua parola appaia sempre giudicante. Questo crea una distanza. L'insegnamento cattolico dice un'altra cosa: parla di valore della giustizia, di pace, di libertà personale, di accoglienza appunto persino nell'errore. Di carità e di misericordia".

Viene in mente il funerale negato a Welby.

"Ecco: c'erano gli estremi per dire di no, la decisione era corretta. Proprio per questo sarebbe stato possibile dire di sì, in qualche forma: si sarebbero capiti meglio i motivi del no, sarebbe stata chiara la grandezza della Chiesa. La strada per comunicare la verità è la misericordia. La strada per cercarla è il dialogo".

Lei ha detto che il momento in cui ha capito di dover andare avanti da sola è coinciso col "non possumus" dei vescovi.
"Certo. Io ho parlato in questo mese con tutti: con le associazioni degli omosessuali, dei notai e degli avvocati..."

... con il segretario della Cei Betori, col ministro della famiglia della Santa Sede Trujillo...

"Con tutti, e assiduamente con il mio mondo di riferimento come è normale. Con Trujillo abbiamo avuto rapporti istituzionali fra ministri. Poi però quando il dialogo si interrompe unilateralmente resti da solo: sono momenti difficili in cui devi fare appello alla tua coscienza. Sto andando adesso alla messa in ricordo di Bachelet, un vero laico cristiano. Diceva: bisogna essere autenticamente figli della Chiesa e cittadini del proprio Stato".

Cosa le ha detto Prodi il giorno del 'non possumus'?

"Ci siamo detti andiamo avanti. Era molto sereno".

Non teme che essere 'scomunicata' dalle gerarchie possa accreditare altri, nel suo partito, come referenti del Vaticano?

"Un politico non deve sentirsi il referente di nessuno. Il mio riferimento è il Paese, certo anche il mondo cattolico che fa parte del popolo italiano. Mi sento un'erede della Dc: era un partito di cattolici ma un partito laico. E' lì che ho imparato".

Come va con Rutelli?

"Abbiamo avuto momenti di discussione animata giusto fino a ieri. Ora meglio. Abbiamo raggiunto uno scopo comune: non volevamo creare una figura giuridica alternativa al matrimonio. Questo è".

Da sinistra dicono: troppo poco. Il progetto iniziale prevedeva un registro delle convivenze, questo testo certifica quel che già esiste. Si va all'anagrafe e si mette una postilla: "convivenza affettiva".
"Non è affatto poco. Si assegnano diritti ai più deboli: pensi al convivente che non lavora, a quelle coppie in cui uno dei due non può o non vuole sposarsi, a due sorelle anziane, a una coppia di omosessuali a cui sinora nessun diritto e dovere era riconosciuto. A una zia e una nipote, ho qui una lettera, ecco: una zia e una nipote che vivono come madre e figlia da trent'anni".

Nove anni per attivare il diritto alla successione sono molti
.
"Sono un anno meno di un mutuo decennale. Si parla di trasferimento di beni in caso di morte".

Da destra dicono che così eredita il convivente e non i figli di un eventuale precedente matrimonio, che per attivare diritti bisogna assumersi responsabilità: sposarsi, insomma
.
"E' falso. I figli ereditano sempre la quota legittima. Tra l'altro se i nuovi conviventi si sposassero i figli precedenti erediterebbero di meno. E comunque c'è chi non può e non vuole sposarsi ma non per questo il legame può essere ignorato".

Lei farebbe un Dico?

"Con mia sorella, coi miei nipoti. Lo farei, ma io non ne ho bisogno. Le coppie omosessuali celebri e potenti non ne hanno. Dobbiamo uscire dall'ipocrisia: in questo paese chi se lo può permettere vive come vuole. E' chi non ha tutela che deve essere protetto".

Lei crede che l'offensiva della chiesa si trasformerà in una campagna paragonabile a quelle contro il divorzio e l'aborto, o anche solo all'opposizione di piazza a Zapatero?

"Io non sono Zapatero, come è del tutto evidente. Questa legge fa riferimento all'anagrafe istituita da Tambroni nella Dc degli anni Cinquanta. Mi auguro davvero che non ci siamo campagne, sarebbe anacronistico. Credo che nel dibattito parlamentare potremo dimostrare che diamo qualcosa a qualcuno senza togliere niente a nessuno".

La verità: quanto ha pesato la sfida del Partito democratico?

"Ha pesato. E' stata una prova di dialogo, di responsabilità politica e di laicità. Senza questi tre elementi il Partito democratico non si può fare".

Un lavoro di donne, ha detto anche.

"Sicuro. Gli uomini devono sempre marcare il territorio e segnare il 'più uno'. Chi vince chi perde, ha presente? Le donne meno: hanno in mente il risultato".

(10 febbraio 2007)

Fonte: Repubblica.it

 
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Post N° 25

Post n°25 pubblicato il 10 Febbraio 2007 da sgsal

La Santa Sede all'attacco del ddl sulle coppie di fatto. Benedetto XVI chiede
ai politici di non andare contro il diritto naturale. I vescovi: "Minacciata la società"
Dico, l'offensiva della Chiesa
Il Papa: "Sono preoccupato"

Radio Vaticana: "Scalfiscono l'istituto del matrimonio"

ROMA - Dopo le cautele l'affondo. La Chiesa reagisce in modo duro al disegno di legge sui diritti dei conviventi in un crescendo di allarmi e scatena una vera e propria offensiva mediatica. Il Papa si dice "preoccupato" e invita i politici "a tener conto del diritto naturale", Radiovaticana denuncia: "Scalfisce l'istituto del matrimonio" mentre i vescovi accusano: "Una minaccia per la società". E l'Osservatore Romano spara: "Ferita la famiglia".

Il primo a parlare, ricevendo l'ambasciatore della Colombia presso la Santa Sede Juan Gomez Martinez, è stato Benedetto XVI. "E' necessario - ha detto il Papa - appellarsi alla responsabilità dei laici presenti negli organi legislativi, nel governo e nell'amministrazione della giustizia, affinchè le leggi esprimano sempre i principi e i valori che sono conformi al diritto naturale e che promuovano l'autentico bene comune".

Il Papa non menziona il Ddl approvato dal consiglio dei Ministri ma le sue parole risultano chiare. Dopo aver ricordato l'importanza del lavoro della chiesa cattolica per la riconciliazione nazionale, la pace e la giustizia, il Papa ha poi manifestato la sua preoccupazione "per le leggi riguardanti questioni molto delicate come la trasmissione e la difesa della vita, la malattia, l'identità della famiglia e il rispetto del matrimonio".

Secondo Benedetto XVI, persistono, inoltre, "altri problemi nella società che attentano contro la dignità delle persone, l'unità della famiglia, un giusto sviluppo economico e un'appropriata qualità della vita". Tenendo conto di queste difficoltà, il Papa ha invitato, pertanto, "a continuare nello sforzo per conseguire la concordia e la crescita armonica della nazione". Queste aspirazioni, infatti, ha proseguito il pontefice, "si realizzano pienamente solo quando Dio è considerato il centro della vita e della storia umana".

Più esplicita è l'agenzia di stampa dei Vescovi. "I cosiddetti 'Dico' - scrive la Sir - appaiono destinati a produrre sul cruciale piano delle politiche sociali e di solidarietà problemi più gravi di quelli che si ci si ripromette di affrontare". "Il testo normativo a proposito dei "diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi" - prosegue il testo - definito e approvato dal consiglio dei Ministri di giovedì scorso e avviato, ora, verso l'iter parlamentare minaccia, infatti, di incidere pesantemente - per intenzioni palesi e per conseguenze prevedibili - sul futuro della nostra società nazionale sia dal punto di vista giuridico, sia a livello culturale e di costume sia, infine, nella concreta ricaduta sulla vita delle famiglie italiane".

Infine interviene anche Radio Vaticana. L'emittente della Santa Sede affida il commento a Francesco D'Agostino, presidente dei giuristi cattolici che dice: "Il Dico vuole istituzionalizzare le convivenze sessuate: per questo appare alternativo rispetto al matrimonio". "Si vuole - ha spiegato D'Agostino - regolare un particolare tipo di convivenze: questa è l'idea di fondo e la percepiamo nell'articolo uno perchè si parla di convivenze a base affettiva. E' un'espressione ambigua. La normale affettività familiare, ad esempio tra genitori e figli, è una cosa diversa". Secondo D'Agostino, "porre accanto al matrimonio un altro istituto introduce fortissimi elementi di squilibrio perchè le future coppie si porranno l'alternativa tra ricorrere al Dico o al Matrimonio". E questo, ha scandito, "scalfirà soprattutto il matrimonio civile, istituzione sociale che merita rispetto e tutela".

(9 febbraio 2007
)

Fonte: Repubblica.it

 
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