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LA PAROLA, LA BALATA LISCIA E LI BACARATI

Post n°19 pubblicato il 09 Marzo 2014 da vito.marino01

LA PALORA, LA BALATA LISCIA E LI BACARATI

“Luvoi pi li corna e l’omu pi la palora” (il bue si prende per le corna, l’uomoper la parola). Così diceva un antico proverbio!

Unavolta, prima di concludere un affare, compratore e venditore dialogavano per unbel po’, anche animatamente; a volte per rompere la differenza fra lereciproche richieste, chi aveva più interesse a concludere l’affare, sidimostrava più elastico dicendo più o meno: “Né pi mia né pi tia, rumpemu la differenzae ‘un ni parlamu cchiù”. Quindi, se riuscivano a mettersi d’accordo, persigillare il contratto verbale concluso, proferivano: “affari fattu, cca lamanu”, seguito da una vigorosa strettadi mano. L’impegno preso sulla parola data, era rispettato ed aveva più valoredi un atto scritto dal notaio. Su chi eccezionalmente non manteneva l’impegnopreso, pesava un gran disonore.

Purtroppoun altro proverbio diceva: “Masculi assai, ma omini picca”, poiché “Li mala paatura” (i cattivi pagatori)c’erano anche allora.

Quandoero ragazzo c’era una poesia popolare, indirizzata ai cattivi pagatori, chediceva: -

Fadebiti, fa debiti = Fai debiti, fai debiti

nunti ni ncarricà; = non ti preoccupare;

cudebiti o senza debiti  = con debiti o senza debiti

‘ngalera ‘un si ci và. = in galera non ci si va.

Lapoesia calza a pennello anche ai giorni nostri, per le leggi molto permissive.

Unproverbio siciliano dice: “cu tarda a paari nun è malu paaturi”, ma chi non pagacompletamente un debito merita una condanna esemplare. 

Cosìla pensavano i nostri antenati; infatti, con le norme giuridiche in vigore nelMedioevo, chi non onorava i propri debiti era condannato alla pena infamantedella "culacchiata": il condannato, dopo la sentenza da parte deltribunale, era condotto nella pubblica piazza dove c’erano molti curiosi adaspettare; qui, in pratica nudo, veniva sbattuto con forza con il sedere pertre volte sulla così detta "pietra del vituperio" e costretto ogni voltaa giurare solennemente di estinguere l'impegno di debito preso verso ilcreditore.

Questalegge era in vigore anche in Sicilia nei secoli XVII, XVIII, e parte del XIX;in merito un detto popolare siciliano dice: "Va duna lu culu a labalata" o, abbreviato: "Va duna lu culu". Un altro diceva:"Va duna lu culu e po’ dici chi caristi", cioè: vai a dare il sedere(sulla balata) e poi vai a dire che ti sei fatto male cadendo.

Inogni paese, sulla pubblica piazza c'era sempre una grossa "balata"adibita a quell'uso; si dice che, essendo stata usata molto spesso (i cattivipagatori sono stati sempre numerosi), questa pietra fosse diventata liscia.

Ricordobenissimo che a Castelvetrano, in Piazza Matteotti, a fianco del monumento aicaduti, c'era una lapide appesa al muro con la scritta: "cantone dellabalata liscia". In seguito, per lavori di restauro all'edificio, la lapideè scomparsa. Il Prof. Centonze, nostro illustre concittadino, in un suo scrittochiarisce che detta lapide si trovava all'angolo fra la Via V.Emanuele e la Via V.Gioberti. IlFerrigno cita la Via Gioberti come ex Via Agate, che a sua volta si chiamava ViaBalata Liscia. 

Aricordo mio e dei miei coetanei, in quella zona non c'è stata mai una pietracosì grossa, ma un mio conoscente ottantenne mi ha riferito che suo padreparlava di un grosso masso posto nella prossimità della lapide, dove i ragazziandavano a giocare lasciandosi scivolare.

Dire“palle o balle” oggi significa enunciare grosse bugie. Il Siciliano antico siesprimeva in altri termini: la “bacarata” era la bugia semplice e “bacarataorva” la grossa bugia.  

Perballa s’intende un insieme di merci raccolte e avvolte, spesso pressate, peressere trasportate più facilmente.

NelMedioevo era in uso far portare una balla pesante sulle spalle di un condannatoper esporlo, per come avveniva per la “balata liscia”, alla pubblica derisione.Il reo, infatti, con quel carico si faceva sfilare per le strade del paese, inmodo che tutti lo potessero vedere.

Dalloscherno - derisione (della balla sulle spalle), si sarebbe passato allo scherzoverbale, cioè alla bugia.

 VITO MARINO

 
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