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MALATTIA FLAGELLO DEL PASSATO LA TUBERCOLOSI

Post n°68 pubblicato il 03 Dicembre 2020 da vito.marino01

MALATTIA FLAGELLO DEL PASSATO: LA TUBERCOLOSI

Nel lontano passato e fino agli anni '50 del secolo scorso, la denutrizione provocata dalla povertà e il focolaio d’infezione per mancanza d’igiene procurava il diffondersi di malattie molto gravi, di spaventose pandemie, che a volte dimezzavano addirittura la popolazione colpita. Le epidemie, che a volte diventavano pandemie si verificavano in media ogni 20 anni. Tuttavia la popolazione aumentava lo stesso in barba alle continue guerre e a questi “castichi di Dio”, per come erano considerate allora le epidemie.

In tempi recenti la scienza medica si vantava di avere sconfitto tante malattie con la prevenzione, l'giene, e con le medicine e vaccini di ultima istituzione. Si pensava addirittura che nessuna pandemia avrebbe più colpito l'umanità.

Una delle malattie più pericolose del passato fu la “Tubercolosi” (o tisi o TBC), con alta percentuale di mortalità, specialmente infantile, che arrivava anche al 90%.

E' giusto ricordare che in quegli anni la popolazione appartenente alle classi sociali più povere vivevano in tuguri composti da una sola stanza, senza luce, senz'acqua potabile, e in coabitazione con gli animali domestici, come l'asino, la capretta o il maialetto e le galline.

A favorire il diffondersi della malattia, determinante fu la tassa sulle porte e finestre, applicata nel 1861 assieme a moltissimi altri bazzelli, dai Savoia; per cui, per evitare di pagare quella tassa, si cominciarono ad avere abitazioni con la sola apertura d’ingresso, senza possibilità di scambio d’aria. La tubercolosi fino al 1950 circa mieteva numerose vittime specialmente fra i poveri. Una conferma la troviamo Sul n.1 del “Risveglio” del 24 aprile del 1909 sull’articolo “Cronaca” : - <<Giorni addietro una povera donna è morta di TBC al n.117 del Corso Garibaldi. Anche da noi poco o niente si fa contro la diffusione di questo terribile flagello>>. Sul n. 9 del “Nuovo Risveglio” del 20/8/1911, G. Bonagiuso ci da una chiara documentazione sulla gravità della malattia di allora: <<La tubercolosi, specialmente sotto forma polmonare, si diffonde ovunque spaventosamente. La sua marcia insidiosa non allarma come la guerra, la carestia, il colera, la peste e altri morbi epidemici; la sua strage non impressiona, eppure è più grande dei morbi già citati messi insieme. Le statistiche della Germania provano che ivi i casi di TBC aumentano di circa un milione l’anno. In Italia non si spende un soldo per i poveri tisici, lasciati morire miseramente. Anche a Castelvetrano abbiamo oltre 100 tubercolosi. Per bocca di un assessore abbiamo appreso che in un sol giorno furono denunciati sette casi di decessi per tubercolosi>>.

Un articolo del giornale “L’Ora” del 8/5/1900 a firma Colajanni riporta gli esiti di un congresso svoltosi a Napoli al quale hanno fatto parte illustri cultori delle scienze mediche, provenienti da ogni parte d’Europa. Nel convegno, il dott. Rossi Doria e il prof. De Giovanni dell’Università di Padova misero in evidenza che: <<La tubercolosi è la malattia dei poveri e dei lavoratori e che è semplicemente vano ogni sforzo per combatterla se non è accompagnato dal rilevamento delle condizioni economiche che, a sua volta, non può essere serio e duraturo, se non è accompagnato dalla libertà politica>>. Nello stesso congresso si citò che <<a Napoli, città di 500.000 abitanti, nel 1873 ci furono 1216 morti, nel 1895 aumentarono a 1894, e solo nel 1899 scesero a 1642 morti>>.

Come provvedimento a questo scempio, si vietò, per ragioni d’igiene, di allevare animali nella stessa stanza d’abitazione o di lasciarli liberi per le strade o piazze. Purtroppo, gli animali domestici, specialmente i maiali, erano un piccolo tesoro per quella povera gente e questo provvedimento aggravò la già triste situazione. Ricordo che nel 1950 presso tutte le scuole si fece una campagna antitubercolare, con conferenze, temi in classe, e regalando a tutti gli scolari un “segnalibro della salute” con il riporto del decalogo, cioè delle dieci norme da rispettare contro detta malattia.

VITO MARINO

 

 
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