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« LA PAROLA, LA BALATA LIS...LA SENIA DI CASTELVETRANO »

LU MMITU E L'ARTARU DI SAN GIUSEPPE NELLA VALLE DEL BELICE

Post n°20 pubblicato il 14 Marzo 2014 da vito.marino01

LUMMITU E L’ARTARU DI SAN GIUSEPPI. NELLA VALLE DEL BELICE 

Lefeste religiose, nei tempi passati rappresentavano l'unico divertimentopopolare esistente; infatti, si viveva sempre nell'attesa di esse, per vestirsiper bene, per far notare in paese alla gente che la figliola, ormai cresciuta,era pronta al matrimonio, per fare una ricca mangiata, per godersi glispettacoli di piazza, ma principalmente per pura fede religiosa.

Oggi,molte di queste feste vanno scomparendo o sono poco seguite della popolazione;la vita moderna offre tanti svaghi, divertimenti, luoghi d’incontri fragiovani, mentre la fede in Dio lascia a desiderare.

Perfortuna, in molti paesi, alcune manifestazioni religiose sono state rilanciate,con l'aiuto di Enti Pubblici, a scopi culturali e folcloristici.

Ladevozione del popolo per tutta la Sacra Famiglia e per San Giuseppe in particolare,è stata sempre sentita.

ASalemi ed in altri paesi della Valle del Belìce la tradizione è in pienosviluppo incoraggiata dagli Enti Locali.

IlPatriarca incominciò a venerarsi come ricorrenza nel 1479 sotto il Papa SistoIV, che lo inserì nel calendario per il giorno 19 marzo. Nella Valle del Belìcela devozione per San Giuseppe inizia nel XVIII secolo.

Perquanto riguarda Castelvetrano, la Sua festa, con tutta la manifestazione del "votu, mmitu,tavulata e altare”, era scomparsa del tutto per alcuni decenni, a decorrere dalterremoto del 1968; oggi è riemerso anche per interessamento delle autoritàcomunali.

 Da una donna anziana ho appreso, ma ne hoavuta conferma da altre fonti, che ad iniziare dal 1° mercoledì dopo l'Epifaniae fino alla ricorrenza, si festeggiava il Santo in chiesa con "li mercurisulenni" e "li mercuri vasci". I primi, finanziati con i soldiraccolti fra i fedeli, con funzioni più solenni; i secondi, celebratigratuitamente dalla chiesa, erano meno appariscenti. In quelle occasioni sicantava "lu viaggiu di San Giuseppi" con accompagnamento d’organo eviolino e si recitava "lu rusariu di San Giuseppi".

Allafine della funzione, avveniva lo sparo dei “mascuna” (mortaretti),“tammurinata” e “scampaniata”, tre manifestazioni che hanno da sempreaccompagnato le principali feste religiose. Si tratta d’espressioni esterioribarocche che fanno da contorno alle ricorrenze festive religiose, molto sentitedalla popolazione. In merito un proverbio antico dice: -“Nun c’è festa senzaparrinu e mancu senza tammurinu”-. 

Sela memoria non m'inganna, il festeggiamento si effettuava nei giorni 17, 18 e19 Marzo. Nei giorni 17 e 18 la gente portava fiori in chiesa al Santo, cheveniva posto su un altare molto in alto con una scalinata piena di candeleaccese. La chiesa era “apparata” (addobbata) con lunghi drappi colorati ornaticon fregi e angeli dorati. “L’apparaturi”, era “don Pippinu Vajana”. Per iprimi due giorni nella Via V. Emanuele (la strata di la cursa) si assistevaalle corse dei “giannetti” (cavalli da corsa).

Giorno19 alle ore 17 iniziava la processione del Santo per le vie della città. Allaprocessione partecipavano i “fratelli” della confraternita dei falegnami ebottai, che portavano delle aste sormontate dalla figura di San Giuseppe,vestiti tutti di bianco con saio, cappuccio e visiera. C’erano sempre “livirgineddi”, bambini vestiti da angeli che portavano i “gigli bianchi di SanGiuseppe”. Il corteo era preceduto dai “tammurinara” e seguiti dalla bandamusicale. Alcuni fedeli, che avevano fatto promessa al Santo per riceveregrazie, camminavano a piedi scalzi e portavano i ceri accesi in mano. Il Santoveniva posto sul carro trionfale ornato di fiori e piante verdi. Rientrando laprocessione, verso la mezzanotte si sparava “lu iocu di focu” (i giochid’artificio). 

Purtroppo,dopo il terremoto del ’68, questa cerimonia andò in disuso. Infatti, la chiesa,che fu danneggiata in minima parte dal terremoto la notte del 15 gennaio 1968, dopoalcuni mesi di transennamento, l’amministrazione comunale di allora pensò benedi demolire chiesa e convento annesso e così risparmiare tempo per le pratichedi ricostruzione. 

Perquanto riguarda “lu votu, l’artaru di San Giuseppi e la tavulata”, cercherò quidi seguito di dare una descrizione e una spiegazione. 

"Luvotu" (il voto) rappresenta la promessa di una festa in onore del Santo,fatta per una grazia richiesta e ricevuta.

Quandoero bambino, a Castelvetrano la mattina del 19, vedevo passare in processione"don Mariddu lu tammurinaru", che si dava da fare a percuotere ilgrosso tamburo per attirare l'attenzione della gente; al suo seguito c'era"la Sacra Famiglia"con: San Giuseppe (un vecchietto con una tunica bianca ed un lungo bastone conil giglio fiorito), la Madonna(una ragazza con una lunga veste celeste) e Gesù (un bambino vestito dibianco). Completavano il gruppo alcune verginelle (delle bambine vestite dibianco con il giglio in mano), seguite dai fedeli (San Giuseppe è statovenerato anche come protettore delle ragazze nubili e degli orfani).

Questocorteo, dopo avere girato per alcune strade del paese, si dirigeva verso lachiesa del Santo, per una funzione religiosa e terminava alla casa di chi avevafatto il voto.

Lìera già pronto "l'artaru" e "la tavulata" con le pietanze giàpronte, ma, per rispettare il cerimoniale, la porta si trovava chiusa, pertanto“San Giuseppe” bussava alla porta e dall’altra parte era chiesto: ”cu è, soccuvuliti?”.

Larisposta era: - “Su tri poviri piddirini, chi addumannanu arrisettu”. La scenasi doveva ripetere tre volte; alla terza volta la porta si apriva al grido di“Viva Gesù Giuseppi e Maria”. 

 Questa "Sacra Famiglia", invitataalla tavulata, una volta era scelta fra le persone più bisognose, a cui mancavaaddirittura il pane per sfamarsi, oggi è scelta fra volontari per allietare lafesta. 

Amezzogiorno in punto, dopo che il prete aveva dato la benedizione, si servivail pranzo in una stanza adiacente all'altare, in una tavola lunga coperta d’unatovaglia bianca, mentre fuori si sparavano "li mascuna".

Sultavolo del banchetto, accanto a ciascuno dei “Santi” invitati, sono posti trepani di diversa forma. Davanti a “San Giuseppe” è posto un pane a forma dibastone, simbolo della saggezza; davanti alla “Madonna” un pane a forma dipalma, simbolo della pace. Infine davanti al “Bambino Gesù” è posto un pane aforma di sole, simbolo della Signoria di Cristo sull’universo. La primapietanza del banchetto è rappresentata dall’arancia, seguono gli assaggi diun’infinità di pietanze (si parla di 101), come la “Pasta di San Giuseppe”,frittelle varie di verdure, ortaggi efrutta di stagione, pesci, uova (niente carne perché è periodo di quaresima);infine ci sono i dolci di tutte le varietà in uso nel paese come pignulati,minnulati, sfinci, cannola, cassateddi, cassati, dolci a base di ricotta, nonchè molti altri a base di pasta dimandorla. Durante il pranzo gli “invitati” non devono toccare il cibo, mavengono serviti in bocca da chi ha fatto il voto, come atto di umiltà epenitenza.

Servitoil pranzo, si scioglie il voto, ma davanti all'altare, si continuano per unadiecina di giorni, le preghiere e i canti dedicati a San Giuseppe; i numerosifedeli, che vanno a fare "lu visitu", ricevono come dono "panuzzi"artisticamente lavorati, e dolci.

L'altare,frutto di vera fede religiosa dedicata al Patriarca, rappresenta anche un verocapolavoro d'arte popolare. Per la sua costruzione e per la preparazione dellepietanze, specialmente dei "panuzzi", occorrono decine di giorni dilavoro e vi partecipano tutti i vicini di casa.

L'altareconsiste in alcuni ripiani, di solito tre, a forma di gradinata, coperti da unatovaglia bianca e, come ornamento, il pane di frumento nelle forme e figure piùdisparate, che rappresentano dei simboli della tradizione cristiana. In cimaagli scalini è posta un’immagine della “Sacra Famiglia”.Altre forme sono; lasfera, con la scritta J.H.S. (Jesus Hominum Salvator), la scala, la croce, lacorona di spine e i chiodi, che rappresentano la passione di Cristo. “La serrae lu marteddu”, i ferri del mestiere del Patriarca; i cuori indicano l’amorefra i membri della Sacra Famiglia. Inoltre, ci sono le figure di colomba,aquila, pavone, fiore, foglia, sacra famiglia, calice, stella, ecc. "Lipanuzza" sono dei panini in miniatura lavorati da fare invidia ai miglioriceramisti di Capodi­monte. 

Perla Sicilia diuna volta, il grano rappresentava tutta la ricchezza di una famiglia; silavorava un intero anno, per portare a casa la provvista per il prossimo anno,pertanto era l'alimento direi unico per sopravvivere. Mia madre ci rimproveravaanche aspramente se noi ragazzi ne facevamo perdere qualche pezzetto; se ne cadevaun tozzo per terra si puliva, si baciava e si rimetteva a tavola. "Il paneè benedetto dal Signore e Lui si offende se lo trattiamo male" ci diceva.C'erano contadini poveri senza lavoro "li iurnateri" che a volte siaccontentavano di qualche chilo di pane per il lavoro di un’intera giornata.

Ilpane dell’altare, assieme ai rametti di mirto, alloro, ulivo, palma, nonchéagrumi e fiori, rappresentano un'offerta di ringraziamento a Dio per i prodottidella terra, un auspicio di buon raccolto, simbolo di ricchezza, benessere eprosperità, ornamento e opera d'arte, momento di riconoscimento comunitario, in cui si affermano valori umanie cristiani.

Un’altraconsuetudine rimasta inalterata nel tempo, in tutte le famiglie è quella di prepararee mangiare, il giorno della ricorrenza del santo, “lu tianu di San Giuseppi”.Il condimento è preparato con le verdure di stagione, cucinate in tutte lemaniere, più uva passa, pinoli, sarde fresche. In un tegame si dispone lapasta, il condimento e abbondante salsa di pomodoro; sopra si dispone unostrato di mollica e mandorle “atturratati” (abbrustoliti) e il tutto va afinire nel forno per la cottura finale.

Unavolta questa pietanza si sistemava in un tegame di terracotta, si metteva sulla“furnacella” o sulla “tannura” con il carbone acceso e dell’altro carbone accesosi sistemava su un apposito coperchio, sempre di terracotta (focu sutta e focusupra); oppure si infornava nel forno a legna, immancabile in quasi tutte lecase.

VITOMARINO 

 

 

 
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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
giovanni il 17/06/16 alle 05:26 via WEB
Veramente complimenti.Sono lo scrittore Giovanni Sciàra e questo sentire mi è molto congeniale.Bisognerebbe scrivere di queste cose e ricercarle nella memoria popolare di modo ché non vengano perdute
(Rispondi)
 
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