Bruxelles, 13 Agosto 2005
E' curioso e drammatico al tempo stesso assistere al traffico di carne umana che ogni anno si svolge sulla Nostra Terra: puntualmente, all'arrivo della bella stagione, riprendono gli sbarchi di clandestini a Lampedusa nella sostanziale impotenza dello Stato italiano. Nello stesso tempo, migliaia e migliaia di nostri giovani, non clandestini, non su mezzi di fortuna, né con le valigie di cartone, prendono il largo dall'Isola del Sole per non tornare mai più.
E' vero che gran parte dell'immigrazione clandestina non è destinata alla Sicilia, ma all'Italia, anzi all'Unione Europea di Schengen, ma sta di fatto che il primo impatto è su di noi che, oltre ai quotidiani problemi che ci affliggono da paese "povero" (il danno), dobbiamo subire un disagio tipico da paese ricco (la beffa).
Possiamo certo esprimere intanto solidarietà morale con questi disperati, offrir loro un pasto caldo e un materasso per qualche giorno, ma ...poi ?
E' davvero un problema nostro?
Se non è un problema nostro non parliamone più: avremmo solo il disagio del "transito". Ma in tal caso l'Italia, come primo destinatario di questi flussi, ma anche l'Unione, dovrebbero sopportare il costo del trasferimento dei clandestini sul Continente, oltre che quello della loro prima accoglienza, del rimpatrio, della repressione, etc.
Qualora, invece, l'Italia avesse pensato che Lampedusa, o la Sicilia tutta, si debbano trasformare in un grande centro di prima accoglienza, cioè in un grande campo di concentramento dove confinare extracomunitari veri (gli altri) ed extracomunitari di fatto (noi) ce lo dicano chiaramente e noi ci regoleremo di conseguenza.
Se, al contrario, è "anche" un nostro problema, la Regione (che tante volte ci è piaciuto definire Stato Regionale in base al suo Statuto di amplissima autonomia) deve fare qualcosa. Fermo restando che il problema va combattuto alla radice con interventi di carattere economico, con accordi, etc. l'emergenza però resta tale e va affrontata.
A nostro parere l'illegalità intanto va repressa, anche per dare un segnale chiaro ai trafficanti di uomini, e poi si parli d'altro. Chi in questi casi sbandiera la xenofobia o non capisce o fa finta di non capire... La Sicilia è un modello d'integrazione fra popoli da sempre.
Gli immigrati da noi sono persino più devoti di noi dei nostri santi patroni e parlano in siciliano: c'è chi ha detto persino, con qualche esagerazione forse, che sono una vera e propria "terza" Sicilia, oltre a quella dei Siciliani che vivono in Sicilia ed a quelli della "diaspora".
Ma qui il problema è diverso. L'illegalità, la clandestinità, con l'accoglienza non c'entrano nulla: creano solo caos, invivibilità, ingiustizie, schiavitù...
Per questo bisogna rispondere con il "pugno di ferro": ritorsioni contro i paesi di provenienza, rimpatri forzati ed a strettissimo "giro di posta", indagini e rimpatri di clandestini dispersi per il territorio, pene esemplari contro i trafficanti (carcere duro e simili).
La Sicilia faccia in prima persona (nella qualità di amministratrice nell'Isola della Polizia di Stato) e promuova nelle sedi opportune tali azioni e si dia al mondo il messaggio che essa è terra dove la legge è rispettata e con cui non conviene scherzare. Dopo, in regime di legalità, parleremo di accoglienza, di integrazione, di flussi migratori, e di tutto quello che vogliamo.
Se questi provvedimenti susciteranno l'irritazione di qualche anima bella del Continente potremo sempre organizzare spedizioni di immigrati e "girarli" subito da Lampedusa a Villa S. Giovanni, e vedrete come anche nell'Italia a statuto ordinario le nostre idee diverranno popolari. Una cosa è certa, non ci stiamo a trasformare etnicamente la Sicilia attraverso un continuo travaso in cui, senza alcun ordine, entra chiunque, mentre, con grande dolore, emigrano quelli che in questa Terra hanno radici millenarie.
L'ALTRA SICILIA