Creato da maddablog il 23/12/2012
come sopravvivere in cucina (per single)

Dice il Saggio

Linda: "Ma tu ti cuoci solo cibi surgelati?" Allen: "Cuocerli? E chi li cuoce! Io neanche li scongelo. Li succhio come se fossero ghiaccioli!" (Woody Allen)

 

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Toc... Toc...

Post n°1 pubblicato il 23 Dicembre 2012 da maddablog

mi presento con quello che so (forse) fare meglio?

scrivere?.... ok ecco un racconto giusto per SINGLE

IL CARRELLO DEGLI ALTRI


Mi è sempre piaciuto sbirciare dentro i carrelli degli altri al supermercato: è un po’ come guardare attraverso le finestre illuminate nelle calde notti estive. Sono arrivato ad affinare la mia tecnica fino ad indovinare i pensieri di chi, distrattamente, si muove tra gli scaffali, scegliendo, soppesando, riponendo la merce al suo posto o mettendola dentro l’argenteo cestello senza pensarci una seconda volta. Quelli che proprio non capisco sono i casi di abbandono: mi dispiace vedere un vasetto di cioccolata tra la pasta o una scatoletta di fagioli in mezzo ai detersivi. Allora capita che, mosso a pietà, raccolgo il prodotto e lo porto via con me, per ristabilire quel senso di ordine ed equilibrio che riesco a trovare solamente nell’armonia degli articoli della stessa natura, divisi unicamente dalla marca e dal prezzo. L’uomo è ciò che mangia, ma anche ciò che compra. Ecco, il mio carrello fa trapelare la mia sobrietà: un po’ di verdura e di frutta, certo la pasta non manca mai, poi il latte, il caffé, un sugo di quelli preparati, perché non sono un gran cuoco e anche se avessi tempo non avrei la fantasia sufficiente per cucinare in modo dignitoso.

Il tutto in quantità rigidamente single: un etto di prosciutto, una fettina di formaggio, due yogurt. Mi sentirei a disagio vedendo il trascolorare degli affettati nel mio frigorifero, se non riuscissi a consumarli nel tempo convenuto, o la leggera peluria verdognola sul formaggio quando giunge la sua ora. Perciò la mia dose personale segue la regola del q.b.: quanto basta.

Quando sono particolarmente euforico mi concedo una buona bottiglia di vino, preferisco i veneti bianchi e secchi che ti rimangono attaccati alla lingua al primo sorso e, se la bottiglia rimane a metà, trovo in ogni caso un certo gusto nel tagliuzzare il tappo di sughero alla base e nell’incastrarlo ancora con forza, sperando di ritrovare, la volta dopo, l’aroma del primo bicchiere.

Purtroppo non capita mai, è come se il vino si offendesse del riguardo che ho e mi offrisse, poi, la fotografia in bianco e nero di se stesso. Credo sia per questo che ormai sempre più raramente le bottiglie che compro rimangono a metà.

Anche se la mia spesa si risolve in due o tre cose al massimo, mi commuove scoprire l’opulenza dei carrelli strapieni del fine settimana. Sono sospinti, di solito, da coppie che così riformulano ogni volta il loro voto: mangeremo finché morte non ci separi.

Trovo vagamente folkloristico, invece, lo stazionare in macchina di certi mariti fuori dal parcheggio del supermercato. La sigaretta in bocca, in attesa che la leonessa riporti la preda, alcuni non si alzano nemmeno dal posto di guida per aiutare la loro donna che arranca, muovendo una montagna di scatolame, lattine, surgelati, carta igienica: a questi nuovi califfi basta un semplice clic da dentro l’auto per aprire il bagagliaio.

Il mese che più mi dà soddisfazione è dicembre, niente più restrizione di orari nelle grandi cattedrali del Sacro Alimento, ai margini delle città in festa: anche la domenica diventa una nuova elettrizzante esperienza o, perlomeno, io non mi costringo più a guardare la mia faccia riflessa nel televisore di casa.

A dicembre mi aggiro, facendomi largo a forza di sorrisi, in mezzo alle luci colorate, agli alberi luccicanti, a tutto quell’oro e quell’argento, dentro quella società perfetta che si sposta al ritmo delle proprie compere.

Di domenica si ha tutto il tempo di godere del moderno rito della spesa di famiglia. Anche le coppiette, occhi negli occhi, si giurano amore eterno davanti al reparto elettro-domestici.

Ma i bambini sono quelli che mi emozionano di più, a cavalcioni del carrello, in una posizione di assoluto potere, reclamano o sbavano. Alcuni emettono trilli così acuti da far vergognare Aretha Franklin. I più subdoli afferrano qualsiasi cosa gli capiti a portata di mano tra le corsie, non parlano, piagnucolano solo un po’ davanti alle casse, se la mamma non è d’accordo sulle loro scelte. Giocano la carta della pietà e generalmente vincono, con la complicità del “ Oh! Poverino!” della commessa di turno. Sono loro il nostro futuro.

C’è posto per tutti nella grande festa pagana, anche per i vecchi. Se ne stanno seduti quieti sulle panchine disposte nella navata centrale, troppo stanchi per percorrere le distanze sempre più lunghe dei megamagazzini. Guardano. Ricordano.

Non si riconoscono più, ma porgono sorrisi sdentati alle belle ragazze che passano, facendo colare il cono con una sola pallina di gelato al limone.


Cassa max. 10 pezzi: è la mia! A malincuore appoggio la mia spesa sul nero rullo che va. Prendo sempre due sportine di plastica: una per le cose da mettere in frigo, l’altra per il resto. Così i cubetti di spinaci surgelati terranno fresco il latte ed il formaggio ed i biscotti faranno compagnia al pacco di spaghetti. Mi manda un po’ in ansia il detersivo per i piatti e la sensibile commessa sembra aver avvertito la mia preoccupazione: il mio tic all’occhio destro si accentua molto in questi momenti. Gentilmente mi porge un sacchetto di carta

- Così non lo mette con il cibo…- sono queste le cose che mi scaldano il cuore.

- 14 euro e 88 – C’è fila, ma non metto lì una banconota da 10 e una da 5, anche se le vedo all’interno del mio portafoglio. Mi piace tenere la mente allenata e conto 4 euro e 90 centesimi, poi, piano, tiro fuori il biglietto rosa da 10 e aspetto la monetina di resto.

- Grazie e arrivederci!- Arrivederci, certo, mi piacerebbe prolungare la conversazione, ma dietro a me una signora grassa sbuffa. Sul rullo corrono già una confezione di dentifricio ed un pacchetto di lamette.

– I soliti poco organizzanti degli acquisti last-minute!- penso e mi allontano lanciandole un’occhiata di disprezzo.

 

 
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