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come sopravvivere in cucina (per single)

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Linda: "Ma tu ti cuoci solo cibi surgelati?" Allen: "Cuocerli? E chi li cuoce! Io neanche li scongelo. Li succhio come se fossero ghiaccioli!" (Woody Allen)

 

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« L'arte di assemblareFenomenologia del Cibo »

L'arte di assemblare (parte seconda)

Post n°13 pubblicato il 11 Marzo 2013 da maddablog
 
Foto di maddablog

 

L’impastare, di per sé, avrebbe avuto anche un certo fascino, affondare le mani dentro a quella melma bianchiccia che mano a mano diventa più dura e giallina, mi dava un brivido inconfessato.

Solo più tardi riconobbi questa mia sensazione come una delle mie prime pulsioni erotiche.

Fu un flash repentino alla vista di una scena di “Ghost”, che mi fece recuperare tutta la farina e le uova rimosse, mentre un’insensata voglia di cappelletti mi assaliva. Per intenderci la scena era quella in cui Demi Moore e Patrick Swayze confondono dita e anime nella creta, aggredendo di eros puro un vaso mai finito.

Ma non divaghiamo, la fatica veniva dopo: tirare una sfoglia enorme. Mia nonna andava a 12 uova a botta, quando la mia apertura alare di allora mi premetteva un raggio di azione minimo.

- Tan se mia buna, verda sat fè (1) , alla fine mi scocciavo e frignavo, mia nonna finiva il lavoro sporco e tirava la sfoglia sottile sottile, lanciandomi un pezzo di impasto per farmi star zitta

– …ma verda te Signur, sa go semper da tribuler! (2) -

Quello era il mio momento magico e la fine della mia tortura, insomma potevo plasmare la pasta come pareva a me e, soprattutto, senza doverla tirare sottile, sottile. Facevo nascere pupazzetti, faccette buffe, mini ciopini (3) di pane, ero l’artefice in stato embrionale di quello che sarei diventata dopo: una terrorista della cucina tradizionale.

Devo a queste vessazioni infantili, infatti, la mia avversione per la pasta fatta a mano ed il mio amore sviscerato per i surgelati ed i cibi pronti, se vivessi ai tempi dell’antica Roma, sul mio domestico altarino dei lari farebbe bella mostra di sé, insieme a tutti gli altri antenati, esclusa ovviamente mia nonna, un bastoncino di pesce impanato e congelato e l’altare avrebbe la forma di un microonde.

 

 

Non bisogna pensare che manchi la fantasia anche nel mondo ghiacciato del cibo sotto zero. Mi considero ormai abbastanza scafata da anni di sinlgetudine culinaria e la competenza che ho acquisito verte principalmente sull’assemblaggio:

Antipasto di vol au vent precotti riempiti di gamberetti e mayonnaise

Risotto al tartufo rigorosamente liofilizzato (in cucina non ammetto razzismi di sorta, anche il liofilizzato è una minoranza da difendere)

Quiche di Pasta sfoglia ovviamente pronta, riempita da una qualsiasi busta di verdure grigliate.

Insalata di pollo (direttamente dalla rosticceria), disossato e sposato a funghi misti (in vasetto)

Tiramisù  con crema (tra i dessert di qualsiasi marca si nascondono insperate prelibatezze) su letto di millefoglie solamente da estratte dal cellophane.

Su un’unica cosa rimango nella tradizione più integralista: la scelta dei vini, che devono essere rigorosamente bianchi e secchi.

 

 

 


  (1) (N.d.T.): non sei capace, guarda cosa fai.

 

(2) (N.d.T.): ma pensa te oh Signore, se devo sempre tribolare!

 

(3) (N.d.T.): coppiette di pane.

 

 

 
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