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come sopravvivere in cucina (per single)

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Linda: "Ma tu ti cuoci solo cibi surgelati?" Allen: "Cuocerli? E chi li cuoce! Io neanche li scongelo. Li succhio come se fossero ghiaccioli!" (Woody Allen)

 

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Homo Singularis

Post n°16 pubblicato il 01 Gennaio 2014 da maddablog
 
Foto di maddablog

A condannare un uomo alla solitudine non sono i suoi nemici ma i suoi amici. (Milan Kundera)

Non è così sicuro che il progresso ci salverà: un futuro positivista sembra ineffabilmente perdersi tra le mille sfaccettature di una società sempre più immateriale.

Forse ridaremo gambe di titanio agli storpi, occhi digitali ai ciechi, cuori coltivati in laboratorio ai cardiopatici; l’aspettativa di vita si allungherà anche se nessuno ci potrà garantire né felicità personale, né serenità relazionale: probabilmente sostituiremo  bocca e orecchie con uno smartphone e forse saremo più attenti agli strumenti di comunicazione che al messaggio da comunicare.

L’umanità iperconnessa si sta già perdendo in un caleidoscopio di informazioni, disinformazioni, immagini, software e, ultime nate dall’avvento dell’i-phone e dei suoi fratelli, application (app per gli amici)  per ogni necessità e per tutti i gusti; che la loro utilità sia reale, indotta o effimera non è facile da stabilire.

Con ormai centinaia di migliaia di app, anche scalando un buon 20% per quelle non funzionanti o venute male, ci si può chiedere se davvero l’umanità, oltre a nutrirsi, dormire, fare l’amore e/o riprodursi, lavorare, parlare, ascoltare, vedere, amare, toccare, annusare e usare le papille gustative, abbia davvero bisogno di farsi “semplificare” la vita da questi minisoftware  pronti a dare risposta ad ogni esigenza: messaggiare, giocare, fotografare o modificare foto, dipingere, leggere libri, ascoltare la radio, consultare una cartina, telefonare gratis, tradurre una parola straniera, consultare un quotidiano, trovare il Nord, ottenere informazioni turistiche ed enogastronomiche, consultare ricette, trovare un indirizzo, contare le calorie che si consumano in un giorno, sapere quanti giorni mancano all’inizio della scuola o alla fine della propria vita, capire dove si è, da dove si è venuti e dove si sta andando, certo non ancora dal punto di vista filosofico, ma almeno da quello spaziale.

In tutto questo delirio tecnologico bisognerebbe comprendere se davvero la parabola che va dal telefono fisso al tablet possa considerarsi ascendente o discendente.  Non è che più sentiamo e meno ascoltiamo, più guardiamo e meno vediamo e più ci connettiamo con il mondo intero e più ci sentiamo soli? Il dubbio è legittimo: la solitudine digitale la sperimentiamo ogni giorno quando, mentre parliamo ad un amico, questo messaggia con qualcun altro.

I suoni emessi dai nostri apparecchi, che siano sms o chiamate, sono un canto irresistibile di sirena; se li sentiamo, e forse bisognerebbe condurre uno studio sociologico sul significato intrinseco delle varie suonerie,  se li sentiamo, dicevo, inevitabilmente allunghiamo la mano verso il cellulare, poco importa se siamo ad un matrimonio, ad un funerale o stiamo facendo l’amore.

Le nostre interazioni sociali vengono ormai  regolate dai “mi piace” di social network che più ci mettono in contatto con il mondo, più ci allontanano dai rapporti umani, tutti sono amici di tutti, basta cliccare ed accettare, ma non è detto che poi gli stessi amici che abbiamo su Facebook o Twitter, ci salutino, almeno con un cenno del capo, quando ci incrociano per strada.

 

 
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