Creato da sinistracologno il 18/02/2007
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«Studiato in tutto il mondo, tu sei stato quasi dimenticato in Italia. Forse oggi anche la sinistra italiana non ama più il pensiero, forse anch'essa è salita sul carro della cultura intesa come esibizione e spettacolo»  - [GIULIANO GRAMSCI - lettera al padre Antonio Gramsci]

 

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IL CASO MORO

16 marzo: alle ore 9,15 un commando di brigatisti rossi (composto secondo le risultanze dei processi, da nove persone più una vedetta) tendono un agguato in via Mario Fani ad Aldo Moro, Presidente del Consiglio nazionale della DC, mentre va a Montecitorio per il dibattito sulla fiducia al 4° governo Andreotti, il primo governo con il sostegno del Pci. In pochi secondi i brigatisti uccidono i due carabinieri che accompagnano Moro e i tre poliziotti dell'auto di scorta. L'on. Moro viene caricato a forza su una fiat 132 blu. Poco dopo, le Brigate Rosse rivendicano l'azione con una telefonata all'Ansa...

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Post N° 90

Post n°90 pubblicato il 19 Maggio 2008 da sinistracologno

 

Fuoco sui campi rom

Né la pioggia del fine settimana, né i pompieri

sono bastati a spegnere i roghi propagati

dai miei concittadini artificieri

nei campi rom. Fiamme e molotov

sulle donne, sui bambini,

sugli uomini fatti diventare agnelli

delle nostre paure reali

o immaginarie.

Assalti incancellabili,

atti inqualificabili per sempre

sull’altare del male

 

Il mio Paese ha storia fascista

e razzista. Non smette di averla,

pure quando sbandiera democrazia,

rispetto dei diritti umani, cortesia.

Al primo appuntamento con l’ignoto,

la reazione è quella nota e violenta

del caricare i fucili.

 

Secondo  politici di destra e di sinistra

la ciurma imbestialita andrebbe capita

perché esasperata. Invece è soltanto esaltata

dalle loro parole, liberata 

nella peggiore vigliaccheria

dello sport nazionale: italiana, brava gente

pronta a scaricare pallottole

su deboli e inermi.

 

Cari concittadini, non vi riconosco

mentre siete lupi, iene

del mio bosco.

DONATO SALZARULO

19 maggio 2008

 
 
 

Post N° 89

Post n°89 pubblicato il 19 Maggio 2008 da sinistracologno

…E NON C’ERA RIMASTO NESSUNO A PROTESTARE…

 

Prima di tutti vennero a prendere gli zingari, e fui contento perche' rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perche' mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere i comunisti, ed io non dissi niente perche' non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare.

Bertold Brecht

 

 

E’ di qualche giorno fa la notizia di un nuovo patto per la 'Città sicura' a Milano, stipulato tra Maroni e la Moratti. Un patto incentrato sostanzialmente sui campi nomadi e che prevede il conferimento di poteri straordinari ad un commissario, cioè al prefetto ( ed è già cominciata la guerra tra comune e provincia: dove li mettiamo se li spostiamo da Milano? E Penati rilancia: “Basta campi rom!”).

L’ennesimo provvedimento che dietro alla facciata della “sicurezza/legalità” nasconde solo un sordido razzismo strisciante. De Corato, colto da entusiasmo incontenibile, ha già stilato una lista di 29 sgomberi da effettuare nei prossimi giorni.

A Milano dal 2003 all’ottobre 2007 sono stati effettuati 340 interventi di sgombero in aree dismesse e insediamenti abusivi, quasi tutti riguardanti gruppi Rom.

 

Stiamo assistendo da qualche mese ad un dibattito segnato dall’emotività, dalla generalizzazione e dal razzismo antiziganista che non fa altro che accrescere la paura e la  scarsa informazione rispetto al tema Rom. Spinti dall’onda mediatica ma, più gravemente, anche dall’onda istituzionale, in tutta la penisola si verificano episodi violenti, squadristi e razzisti, contro rom e romeni, colpevoli di ritrovarsi al centro di una martellante campagna allarmistica di stampa e istituzioni.

A partire dagli episodi di Opera dell’anno scorso dove, non dimentichiamolo, la crociata xenofoba era stata guidata proprio dall’aula del consiglio comunale, fino ai roghi di Ponticelli e al lancio di molotov la settimana scorsa a Novara.

La politica sta reclutando l’odio tra le sue fila, ne sta facendo una risorsa per assicurarsi quella dose di consenso che deriva dalla paura. La paura come merce, come mercato: per capirlo basterebbe sovrapporre la mappa degli sgomberi milanesi di campi abusivi a quella dei grandi progetti immobiliari e speculativi.

Il potere conferito al prefetto qualche giorno fa è tristemente pericoloso in quanto discrezionale e in parte svincolato da controllo giurisdizionale.

 

Come comunisti abbiamo il compito sempre più difficile e sempre più gravoso di smascherare la montagna di dati confusi e di menzogne che ogni giorno viene propinata ( ancora oggi il vicesindaco De Corato si permette di denunciare le associazioni che lavorano nei campi e che “non denunciano i reati degli zingari che vendono neonati”; forse De Corato, prima di spararle così grosse, dovrebbe farsi un giro tra i container e fare la conta di quante famiglie rom fanno fatica a sfamare i propri di figli).

Per cominciare: in Italia il 90% dei rom ( circa 150.000, di cui solo 50.000 romeni e 70.000 ITALIANI) è costituito da sedentari; il mondo rom non può e non deve essere più letto a partire dalla categoria del nomadismo!!!!

A Milano i Rom si trovano costretti in insediamenti regolari o meno per mancanza di alternative abitative, non per elezione!

Parte di essi lavora, ma naturalmente in nero: e non per vocazione all’irregolarità, come cercano di dimostrare i media, ma per costrizione, in un mercato del lavoro che, come sappiamo, conserva ampie, amplissime, sacche di illegalità, sino al caporalato (a Milano e nell’edilizia più che altrove).

Il proliferare delle baraccopoli chiama in causa la POLITICA SULLA CASA, prima che quella sull’ordine pubblico. E’ importante pensare al superamento dei campi rom che di fatto sanciscono l’esistenza di un abitare “inferiorizzato” e una condizione di cittadinanza “separata”. Consideriamo che questi sono luoghi in cui spesso mancano le basi per una vita dignitosa (fogne, acqua, elettricità) e dove spesso si muore delle malattie più banali, a soli pochi passi dalle nostre abitazioni.  Nessuno deve essere ghettizzato sulla base della sua provenienza e della sua condizione sociale.

Basta menzogne, basta xenofobia e disinformazione!

 

Anna Cavallari

 
 
 

BORSELLINO PARLA DI BERLUSCONI, DELL'UTRI E MANGANO

Post n°88 pubblicato il 15 Maggio 2008 da sinistracologno

Fonte: http://digilander.libero.it /inmemoria/ borsellino_parla_di_mangano.htm

Questa è una piccola parte dell'intervista rilasciata nella sua casa di Palermo dal giudice Paolo Borsellino il 21/5/1992 (due giorni prima della strage di Capaci in cui morì Giovanni Falcone) a Fabrizio Calvì e Jean Pierre Moscardò, due giornalisti francesi che stavano realizzando un documentario sugli affari della mafia in Europa.

Parti di questa intervista sono state proposte in tv il 16 marzo 2001 dalla trasmissione "Il Raggio Verde" di Michele Santoro e da "Terra" settimanale di approfondimento del tg5 il 24 marzo 2001.

Ne riporto domande e risposte. Vittorio Mangano (profilo tratto da "Terra" del tg5), fatto assumere da Marcello Dell'Utri come fattore ("stalliere") nella villa di Silvio Berlusconi di Arcore (Milano) ed imprenditore già famoso in Francia per l'avventura dell'emittente televisiva "La Cinq". E' morto il 23/7/2000, gli erano stati concessi gli arresti domiciliari a causa delle sue precarie condizioni di salute, aveva 58 anni.

--------------------------------------------------

Borsellino:

Vittorio Mangano l'ho conosciuto anche in un periodo antecedente al maxi-processo e precisamente negli anni fra il 1975 e il 1980, ricordo di aver istruito un procedimento che riguardava delle estorsioni fatte a carico di talune cliniche private palermitane.
(sospensione per una telefonata ricevuta) Vittorio Mangano fu indicato sia da Buscetta che da Contorno come "uomo d'onore" appartenente a Cosa Nostra.

Giornalista:

"Uomo d'onore" di che famiglia?

Borsellino:

Uomo d'onore della famiglia di Pippo Calò, cioè del....di quel personaggio capo della famiglia di Porta Nuova, famiglia alla quale originariamente faceva parte lo stesso Buscetta. Si accertò che Vittorio Mangano, ma questo già risultava dal procedimento precedente che avevo istruito io e risultava altresì dal....da un procedimento cosiddetto procedimento Spatola, che Falcone aveva istruito negli anni immediatamente precedenti al maxi-processo, che Vittorio Mangano risiedeva abitualmente a Milano, città da dove, come risultò da numerose intercettazioni telefoniche, costituiva un terminale del traffico di droga che....dei traffici di droga che conducevano le famiglie palermitane.

Giornalista:

E questo Mangano Vittorio faceva traffico di droga a Milano?

Borsellino:

Il Mangano di droga....eh....Vittorio Mangano, se ci vogliamo limitare a quelle che furono le emergenze probatorie più importanti, risulta l'interlocutore di una telefonata intercorsa fra Milano e Palermo, nel corso della quale lui, conversando con altro personaggio delle famiglie mafiose palermitane, preannuncia o tratta l'arrivo di una partita di eroina chiamata alternativamente secondo il linguaggio convenzionale che si usa nelle intercettazioni telefoniche come "magliette" o "cavalli".

Giornalista:

Comunque lei in quanto esperto, lei può dire che quando Mangano parla di "cavalli" al telefono vuol dire droga?

Borsellino:

Sì, tra l'altro questa tesi dei "cavalli" che vogliono dire droga, è una tesi che fu asseverata alla nostra ordinanza istruttoria e che poi fu accolta al dibattimento, tant'è che Mangano fu condannato al dibattimento del maxi-processo per traffico di droga.

Giornalista:

Dell'Utri non c'entra in questa storia?

Borsellino:

Dell'Utri non è stato imputato del maxi-processo per quanto io ne ricordi, so che esistono indagini che lo riguardano e che riguardano insieme Mangano.

Giornalista:

A Palermo?

Borsellino:

Si, credo che ci sia un'indagine che attualmente è a Palermo con il vecchio rito processuale nelle mani del giudice istruttore, ma non ne conosco i particolari.

Giornalista:

Marcello Dell'Utri o Alberto Dell'Utri?

Borsellino:

Non ne conosco i particolari, (consulta delle carte, che aveva dinanzi sulla scrivania) potrei consultare avendo preso qualche appunto, cioè si parla di....Dell'Utri Marcello e Alberto, entrambi.

Giornalista:

I fratelli?

Borsellino:

Sì.

Giornalista:

Quelli della Publitalia?

Borsellino:

Sì.

Giornalista

Mangano era un "pesce pilota"?

Borsellino:

Sì, guardi....le posso dire che era uno di quei personaggi che ecco....erano i ponti, le teste di ponte dell'organizzazione mafiosa nel Nord-Italia.

Giornalista:

Si è detto che ha lavorato per Berlusconi ?

Borsellino:

(lungo sospiro) Non le saprei dire in proposito o...anche se....dico....debbo far presente che....come magistrato ho una certa ritrosia a dire le cose di cui non sono certo, poiché ci sono....so che ci sono addirittura ancora delle indagini in corso in proposito, per le quali....non conosco addirittura quali degli atti siano ormai conosciuti, ostensibili e quali debbono rimanere segreti. Questa vicenda che riguarderebbe suoi rapporti con Berlusconi, è una vicenda che la ricordi o non la ricordi, comunque è una vicenda che non mi appartiene, non sono io il magistrato che se ne occupa quindi non mi sento autorizzato a dirle nulla.

Giornalista:

C'è un'inchiesta ancora aperta?

Borsellino:

So che c'è un'inchiesta ancora aperta.

Giornalista:

Su Mangano e Berlusconi a Palermo?

Borsellino:

Sì.

 
 
 

Post N° 87

Post n°87 pubblicato il 12 Maggio 2008 da sinistracologno

SCHIFANI E LE SUE AMICIZIE MAFIOSE...

Marco Travaglio è abituato a finire nei guai. Accade che sabato sera Fazio invita a Che tempo che fa il giornalista presenza fissa di Anno zero. E Travaglio cita le amicizie mafiose del neo presidente del Senato Renato Schifani. Apriti o cielo.

«Una volta avevamo De Gasperi, Einaudi, De Nicola, Merzagora, Parri, Pertini, Nenni, Fanfani - racconta Travaglio - uno passa tutta la trafila e poi vede Schifani e dice: "C'è un elemento di originalità". Seconda carica dello stato Schifani: mi domando chi sarà quello dopo, la muffa probabilmente, il lombrico. Dalla muffa si ricava la penicillina tra l'altro, era un esempio sbagliato». Dopo aver detto che: «I politici comandano sulla televisione… intanto stanno cercando di far fuori
Anno Zero mettendo insieme Commissione di vigilanza, Cda e Autority, tre organismi che tappano la libertà d'informazione», arriva il momento clou: «…è chiaro che se il clima politico induce a un rapporto di distensione tra l'opposizione e la maggioranza, e Schifani ha avuto amicizie con dei mafiosi, non si scrive che Schifani ha avuto amicizie con dei mafiosi, perché non lo vuole né la destra né la sinistra… ma io devo fare il giornalista, devo raccontarlo…».

A Fazio non basta dissociarsi in diretta tv con quanto detto dal suo ospite. Non gli basta ripetere come un disco rotto per tutto il corso dell’intervista: «Tanto non saremo mai d'accordo e neanche ci voglio provare», «Ma lascia stare», «Mi tocca dissociarmi sempre con te, non sono d'accordo su niente». Ormai si è scatenato il polverone. Il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri minaccia immediatamente azioni giudiziarie e "conseguenze di tipo politico": «Ancora una volta - scrive in una nota - il cosiddetto servizio pubblico della Rai viene messo a disposizione, senza contraddittorio, dalla condotta diffamatoria di Marco Travaglio». «Un problema che investe anche i vertici della Rai e in particolare il direttore generale il cui mandato per fortuna cessa tra venti giorni per la scadenza di legge». «Di Fabio Fazio, megafono della calunnia, non vale nemmeno la pena parlare», coclude.

«Mi dissocio dalle affermazioni di Marco Travaglio - corre ai ripari il direttore di Rai Tre Paolo Ruffini. Sorvoliamo sull’affermazione del ministro Matteoli che parla di "vergognosa imboscata".
«Ho solo citato un fatto scritto già nel mio libro e in quello di Lirio Abbate, giornalista dell'Ansa minacciato dalla mafia, e cioè che Schifani ha avuto rapporti con persone poi condannate per mafia - spiega da parte sua Travaglio - o hanno il coraggio di dire che Lirio Abbate è un mascalzone e un mentitore, oppure si deve avere il coraggio di prendere nota di ciò che scrive sulla seconda carica dello Stato, e di chiedere alla seconda carica dello Stato di spiegare i rapporti con quei "signori" che sono stati poi condannati per mafia… Ma oggi nemmeno alla sinistra interessa prendere atto di queste cose… è un dramma».

Giusto per non smentirlo anche il Pd accorre in difesa di Schifani.

fonte: libero.it

 
 
 

Post N° 86

Post n°86 pubblicato il 10 Maggio 2008 da sinistracologno

Vita di Hans Globke

di Alessio Arena

Come contributo alla memoria storica, di seguito verranno descritte le note biografiche del braccio destro di Konrad Adenauer, padre della Repubblica Federale di Germania (BRD-Germania Ovest), sorta sui territori occupati dagli anglo-americani e dai francesi alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Si tratta di Hans Globke, estensore delle leggi di Norimberga, la legislazione nazista sulla razza. Il suo ruolo nella BRD e nella CDU chiarisce quali spazi venivano concessi ai criminali nazisti nella Germania "libera e democratica" che sotto l'egida degli americani, riciclava e promuoveva i rifiuti umani del Reich, mentre metteva al bando e perseguitava i comunisti. Il tutto mentre nella DDR si susseguivano le campagne per combattere e sradicare la mentalità fascista tra il popolo.


Vita di Hans Globke

Nacque a Düsseldorf il 10 settembre 1898 e studiò legge a Bonn e Koln. Nel 1929 era consigliere del Ministro degli Interni di Prussia. Militò prima del 1933 nel Partito Cattolico di Centro.
Una volta arrivato il nazismo al potere Globke - pur non aderendo mai al Partito Nazista - divenne uno strumento per la politica di discriminazione e disumanizzazione degli ebrei. In questo senso collaborò alla redazione delle Leggi di Norimberga del 1935, Divenne famoso per un commentario sulle leggi discriminatorie scritto insieme a Wilhelm Stuckart e per la sua partecipazione alla redazione della Legge sulla Cittadinanza Tedesca e della Legge per la protezione del sangue e dell'onore tedesco.
Fu il responsabile della legge che obbligò tutti gli ebrei ad aggiungere "Israel" e le ebree "Sara" al proprio nome.
Studiò i provvedimenti legislativi che resero legalmente possibile l'espropriazione dei beni degli ebrei inviati ai campi di concentramento a favore dello Stato.
Lavorò a stretto contatto con Himmler per l'applicazione delle leggi di Norimberga a tutta l'Europa occupata dai nazisti.
Alla fine della guerra venne arrestato ma rilasciato perché ritenuto soltanto un "servitore dello Stato".
Nell'allora Germania Ovest venne eletto deputato al Parlamento nelle file del Partito Cristiano Democratico (CDU) nel 1953 addirittura Segretario di Stato nella Cancelleria di Adenauer.
Benché presentasse diverse volte le sue dimissioni a seguito delle polemiche sul suo passato venne sempre difeso dal Cancelliere Konrad Adenauer, che riteneva fondata l'autodifesa di Globke.
Secondo Globke infatti la sua opera sotto il regime nazista contribuì a mitigare leggi più repressive richieste da Hitler.
Si ritirò a vita privata in Svizzera

 
 
 
 
 

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