Un blog creato da felipelcid il 16/10/2006

Sin Miedo

blog ad alto tenore tanguero

 
 
 
 
 
 

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« locura...A camminare nel latte »

salon cunning

Post n°43 pubblicato il 30 Marzo 2012 da felipelcid
 

Era un vals quello che ci accoglieva. Enormi foto alle pareti. Ballerini

famosi che ormai stanno più in Europa che in Argentina. Ma si vede che

qui sono di casa, enfant du pais. Chissà che feste quando tornano dai

loro viaggi ad insegnare al mondo asì se baila el tango.

Il parquet della pista è superbo, c’è chi dice sia il migliore di Buenos

Aires, lo costeggiamo rispettando le coppie che ballano, sembrano poche

ma è un effetto della grandezza della sala. Il nostro tavolo, è quadrato

 come gli altri, una stoffa bordeaux lo copre interamente fino a terra.

In prima fila. Privilegio di chi arriva presto, anche senza avere

prenotato. Cambiamo le scarpe. Proverò il sandalo in cavallino appena comprato. Il tacco è altissimo.

Javier mentre cambia le sue:-Que zapatos! Le hai comprate da comme il faut!

- Belle vero!- e intanto stringevo la cinghietta,

-Sono bellissime, ma ti stancherai.

Una pareja  di cinquantenni, camicia azzurra e pantaloni di taglio classico

antracite, lei con pantaloni di raso e uno scialle stranamente annodato a

 sostenere a malapena il seno un po’ pesante. Sono piccoli di statura,

lui non arriverà a 1.60, lei forse 1.50. Lui ha le braccia e le gambe

enormi, i muscoli riempiono le maniche della camicia, la tela dei

pantaloni sulle cosce è stesa dai quadricipiti. Lei ha un sedere enorme,

 una provincia argentina, e quei pantaloni sottolineano le forme

barocche. Eppure si muovono galleggiando sulle note. Armonici e

ipertrofici. Alla fine del brano lei sorride, lui ricambia. Cortina.

Tutti vanno a sedersi.

Intanto arrivano altre persone. Il brano jazz finisce e inizia una tanda di … le prime note… milonga!

Javier mi guarda, un cenno del capo. La pista è ad un passo è sufficiente

alzarci in piedi uno di fronte all’altro. Il suo braccio destro cinge la

 mia vita. Il mio sinistro intorno alle sue spalle. La sua mano

sinistra, la il palmo aperto verso di me. L’invito a chiudere

l’abbraccio, a diventare un solo organismo per i prossimi tre minuti. E

come conduce, gioca con i tempi con il compas. Soluzioni nuove e

inconsuete senza esagerare, in poco spazio. Mi aveva raccontato che

aveva fatto danza moderna per molto tempo, poi aveva deciso di dedicarsi

 a tango. Aveva chiesto ai maestri famosi e questi per prenderti tra i

loro eletti selezionavano con la scure. Un passo, una sequenza la

facevano vedere una sola volta se eri bravo a rifarla subito, bene.

Altrimenti c’erano altri maestri. Studiava ancora, anche danza classica

per sistemare i piedi, diceva lui. Mi sembrava di abbracciare un pezzo

di quella musica che stavo ascoltando.

Quando il brano finì ebbi la sensazione di un risveglio, lo guardai, mi guardò negli occhi, sorridemmo senza parole. Le note del brano successivo vibrarono dalle

membrane degli amplificatori fino ai nostri timpani. Allargai le bracci a

 cercare l’abbraccio di Javier. Con un cenno discreto, mi suggerì di

attendere. Di ascoltare. Nessuno delle altre coppie aveva iniziato a

ballare, tutti ascoltavano, qualcuno scambiava un commento.

Poi trascorsa la prima frase musicale, le coppie si unirono nel loro

personale abbraccio. Anche noi e riprendemmo a ballare. Le scarpe davano

 solo segnali positivi, aderenti, il tacco alto mi aiutava, mi sembrava

rendesse più facili quei piccoli movimenti dei piedi. Era una certezza

il tacco così alto un punto d’arrivo, un fulcro per tanti giochi con la

musica.

 
 
 
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