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« locura... | A camminare nel latte » |
Era un vals quello che ci accoglieva. Enormi foto alle pareti. Ballerini
famosi che ormai stanno più in Europa che in Argentina. Ma si vede che
qui sono di casa, enfant du pais. Chissà che feste quando tornano dai
loro viaggi ad insegnare al mondo asì se baila el tango.
Il parquet della pista è superbo, c’è chi dice sia il migliore di Buenos
Aires, lo costeggiamo rispettando le coppie che ballano, sembrano poche
ma è un effetto della grandezza della sala. Il nostro tavolo, è quadrato
come gli altri, una stoffa bordeaux lo copre interamente fino a terra.
In prima fila. Privilegio di chi arriva presto, anche senza avere
prenotato. Cambiamo le scarpe. Proverò il sandalo in cavallino appena comprato. Il tacco è altissimo.
Javier mentre cambia le sue:-Que zapatos! Le hai comprate da comme il faut!
- Belle vero!- e intanto stringevo la cinghietta,
-Sono bellissime, ma ti stancherai.
Una pareja di cinquantenni, camicia azzurra e pantaloni di taglio classico
antracite, lei con pantaloni di raso e uno scialle stranamente annodato a
sostenere a malapena il seno un po’ pesante. Sono piccoli di statura,
lui non arriverà a 1.60, lei forse 1.50. Lui ha le braccia e le gambe
enormi, i muscoli riempiono le maniche della camicia, la tela dei
pantaloni sulle cosce è stesa dai quadricipiti. Lei ha un sedere enorme,
una provincia argentina, e quei pantaloni sottolineano le forme
barocche. Eppure si muovono galleggiando sulle note. Armonici e
ipertrofici. Alla fine del brano lei sorride, lui ricambia. Cortina.
Tutti vanno a sedersi.
Intanto arrivano altre persone. Il brano jazz finisce e inizia una tanda di … le prime note… milonga!
Javier mi guarda, un cenno del capo. La pista è ad un passo è sufficiente
alzarci in piedi uno di fronte all’altro. Il suo braccio destro cinge la
mia vita. Il mio sinistro intorno alle sue spalle. La sua mano
sinistra, la il palmo aperto verso di me. L’invito a chiudere
l’abbraccio, a diventare un solo organismo per i prossimi tre minuti. E
come conduce, gioca con i tempi con il compas. Soluzioni nuove e
inconsuete senza esagerare, in poco spazio. Mi aveva raccontato che
aveva fatto danza moderna per molto tempo, poi aveva deciso di dedicarsi
a tango. Aveva chiesto ai maestri famosi e questi per prenderti tra i
loro eletti selezionavano con la scure. Un passo, una sequenza la
facevano vedere una sola volta se eri bravo a rifarla subito, bene.
Altrimenti c’erano altri maestri. Studiava ancora, anche danza classica
per sistemare i piedi, diceva lui. Mi sembrava di abbracciare un pezzo
di quella musica che stavo ascoltando.
Quando il brano finì ebbi la sensazione di un risveglio, lo guardai, mi guardò negli occhi, sorridemmo senza parole. Le note del brano successivo vibrarono dalle
membrane degli amplificatori fino ai nostri timpani. Allargai le bracci a
cercare l’abbraccio di Javier. Con un cenno discreto, mi suggerì di
attendere. Di ascoltare. Nessuno delle altre coppie aveva iniziato a
ballare, tutti ascoltavano, qualcuno scambiava un commento.
Poi trascorsa la prima frase musicale, le coppie si unirono nel loro
personale abbraccio. Anche noi e riprendemmo a ballare. Le scarpe davano
solo segnali positivi, aderenti, il tacco alto mi aiutava, mi sembrava
rendesse più facili quei piccoli movimenti dei piedi. Era una certezza
il tacco così alto un punto d’arrivo, un fulcro per tanti giochi con la
musica.
Inviato da: felipelcid
il 24/10/2014 alle 00:26
Inviato da: kız oyunları
il 27/02/2014 alle 19:30
Inviato da: felipelcid
il 11/04/2007 alle 17:06
Inviato da: ninabau
il 10/04/2007 alle 19:12
Inviato da: ninabau
il 19/03/2007 alle 16:51