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ruvidi, lisci, sudici, lindi, incisi di fughe importune, irregolari, inclinati, lignei, marmorei, ceramici, plastici, epossidici, improvvisati, professionali... tutti vanno bene se si ha voglia di ballare
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erano sudati e seri, composti, visi conosciuti. A più d'uno, il ventaglio emergeva dalla tasca posteriore dei pantaloni, pronto a creare frescura nella cortina. |
Post n°44 pubblicato il 18 Maggio 2012 da felipelcid
Gianfausto, guida alpina! Ogni volta che me lo dice mi viene da ridere, non ci posso fare niente. Mi sembra una contraddizione in termini una guida alpina in Sicilia, poi pensi che l'etna è alto 3300 metri e allora ti rendi conto che è giusto. E lo capisco ora ancora di più, ora che siamo in cordata. Pessima visibilità, dove non c'è manco un barlume di sentiero, sulle lave giovani, solo le piante pioniere che eravamo venuti a fotografare. Per queste piantine che sfidano la roccia ed il freddo, il caldo e il vento. E noi che un momento fa vedevamo il mare, ora siamo a camminare nel latte! Un attimo e sono arrivate le nuvole. Le previsioni dicevano che la perturbazione sarebbe arrivata dopo, in serata. Gianfausto appena ha visto che stava cambiando il tempo ha cominciato a dirsi di sbrigare, ma chi lo staccava Johan dalle foto a raffica, dalla misure, e poi c'era il sole. Appena è arrivata la nebbia, ha ordinato, sì quando succede qualcosa, diventa diretto: Vestitevi con quello che avete, felpe, giacca a vento, mettete questi Moschettoni alla cintura, collegate la corda. Dobbiamo arrivare al rifugio! Johan con suo inglese molto ducth, dice che ha la bussola e l'altimetro. fausto gli risponde seccamente che non serviranno a niente, con la perturbazione l'altimetro sbaglia di parecchio e non abbiamo punti di riferimento sui quali orientare la carta! Dobbiamo solo stare tranquilli, mantenere la calma e camminare stando attenti a dove si mettono i piedi. Procediamo, gianfausto davanti e io dietro a chiudere la fila dei ducth. Comincia a piovere, nevischio e acqua. Gelido. Camminiamo pianissimo, Gianfausto ci fa scendere di quota approssimativamente in direzione est. Dopo un'ora siamo zuppi e infreddoliti, Francisca batte i denti dal freddo, Jap ogni tanto la abbraccia. Camminiamo piano, un passo alla volta. Anche io sento freddo, e del rifugio nessuna traccia. - deve essere qui vicino, ma conviene continuare a muoversi- mi dice fausto Johan immediatamente chiede cosa ci stiamo dicendo. Allora riprediamo a parlare in inglese. Poi una debole schiarita e Francisca urla: There, there! -Minchia! Il rifugio! - fausto esplode- lo dicevo che eravamo vicini! Francisca subito parte ed incespica, cade trascinando con se Johan e il suo zaino pieno di tecnologia. gianfausto è furioso: Quiet! What are you doing- urla. Aspetta che si rialzino, solo qualche escoriazione e riprendiamo a camminare verso il rifugio. Il rifugio è aperto, entriamo tutti è in ordine nell'unica stanza, dei letti a castello, un vecchio armadio di legno da una parte, il camino e un armadio di lamiera dall'altra. Un tavolo e due panche al centro. Entriamo alla svelta intirizziti, ma molto più sereni, i volti di tutti si distendono. Fausto è già alle prese col camino mi fa:- digli di spogliarsi, di levarsi le cose bagnate, nell'armadio ci sono le coperte! Gli olandesi non si fanno problemi, ed in poco tempo siamo tutti avvolti dalla coperte, recuperate da chissà quale esercito a scaldarci intorno al camino. Abbiamo trasferito le nostre vivande nell'armadio di ferro: qualche panino, frutta, cioccolata, acqua. Gianfausto ci comunica che non è il caso di avventurarsi fuori con questo tempo, che resteremo nel rifugio e poi domani mattina si vedrà. Intanto avverto l'agriturismo che non andremo questa sera, il cellulare ci permette di raccontare che siamo al rifugio e non ci sono problemi, di non preoccuparsi, si tratta solo di aspettare che passi la perturbazione. Con la pasta e una latta di pelati organizziamo una cena estemporanea, i nostri olandesi sembrano divertiti dall'esperienza. Poi Johan estrae dallo zaino il notebook, dice che deve scaricare le foto. Certo che questo tipo segaligno, si porta dietro uno zaino imbottito di macchine fotografiche e obiettivi, macro e zoom, ma anche il portatile! -May I play some music? |
Era un vals quello che ci accoglieva. Enormi foto alle pareti. Ballerini famosi che ormai stanno più in Europa che in Argentina. Ma si vede che qui sono di casa, enfant du pais. Chissà che feste quando tornano dai loro viaggi ad insegnare al mondo asì se baila el tango. Il parquet della pista è superbo, c’è chi dice sia il migliore di Buenos Aires, lo costeggiamo rispettando le coppie che ballano, sembrano poche ma è un effetto della grandezza della sala. Il nostro tavolo, è quadrato come gli altri, una stoffa bordeaux lo copre interamente fino a terra. In prima fila. Privilegio di chi arriva presto, anche senza avere prenotato. Cambiamo le scarpe. Proverò il sandalo in cavallino appena comprato. Il tacco è altissimo. Javier mentre cambia le sue:-Que zapatos! Le hai comprate da comme il faut! - Belle vero!- e intanto stringevo la cinghietta, -Sono bellissime, ma ti stancherai. Una pareja di cinquantenni, camicia azzurra e pantaloni di taglio classico antracite, lei con pantaloni di raso e uno scialle stranamente annodato a sostenere a malapena il seno un po’ pesante. Sono piccoli di statura, lui non arriverà a 1.60, lei forse 1.50. Lui ha le braccia e le gambe enormi, i muscoli riempiono le maniche della camicia, la tela dei pantaloni sulle cosce è stesa dai quadricipiti. Lei ha un sedere enorme, una provincia argentina, e quei pantaloni sottolineano le forme barocche. Eppure si muovono galleggiando sulle note. Armonici e ipertrofici. Alla fine del brano lei sorride, lui ricambia. Cortina. Tutti vanno a sedersi. Intanto arrivano altre persone. Il brano jazz finisce e inizia una tanda di … le prime note… milonga! Javier mi guarda, un cenno del capo. La pista è ad un passo è sufficiente alzarci in piedi uno di fronte all’altro. Il suo braccio destro cinge la mia vita. Il mio sinistro intorno alle sue spalle. La sua mano sinistra, la il palmo aperto verso di me. L’invito a chiudere l’abbraccio, a diventare un solo organismo per i prossimi tre minuti. E come conduce, gioca con i tempi con il compas. Soluzioni nuove e inconsuete senza esagerare, in poco spazio. Mi aveva raccontato che aveva fatto danza moderna per molto tempo, poi aveva deciso di dedicarsi a tango. Aveva chiesto ai maestri famosi e questi per prenderti tra i loro eletti selezionavano con la scure. Un passo, una sequenza la facevano vedere una sola volta se eri bravo a rifarla subito, bene. Altrimenti c’erano altri maestri. Studiava ancora, anche danza classica per sistemare i piedi, diceva lui. Mi sembrava di abbracciare un pezzo di quella musica che stavo ascoltando. Quando il brano finì ebbi la sensazione di un risveglio, lo guardai, mi guardò negli occhi, sorridemmo senza parole. Le note del brano successivo vibrarono dalle membrane degli amplificatori fino ai nostri timpani. Allargai le bracci a cercare l’abbraccio di Javier. Con un cenno discreto, mi suggerì di attendere. Di ascoltare. Nessuno delle altre coppie aveva iniziato a ballare, tutti ascoltavano, qualcuno scambiava un commento. Poi trascorsa la prima frase musicale, le coppie si unirono nel loro personale abbraccio. Anche noi e riprendemmo a ballare. Le scarpe davano solo segnali positivi, aderenti, il tacco alto mi aiutava, mi sembrava rendesse più facili quei piccoli movimenti dei piedi. Era una certezza il tacco così alto un punto d’arrivo, un fulcro per tanti giochi con la musica. |
-Anna mi ha riferito di avere incontrato Lorena a Buenos Aires prima di maggio e che una sera in milonga un suo amico ha sentito- mi sforzavo di spiegare nei minimi dettagli quello che sapevo- Lorena minacciare di morte qualcuno e parlava in italiano. Inoltre tra alfio Zicchittella e Lorena pare ci fosse o ci fosse stata una storia- - e perchè dovrebbe interessarmi questa cosa?- Dalbino pareva, tutt'a un tratto, distratto, disattento. - come perchè? non ti pare ci possa essere connessione tra le minacce e la morte dell'uno e poi dell'altra? per di più i due si conoscevano e quindi sembrano esserci parecchi nessi.- gesticolavo in modo concitato e non avevo preso ancora il caffè. -sì ma con chi parlava questa Lorena? ma Anna l'ha sentita personalmente? quando è successa questa cosa di preciso? - e vabbè e io che ne so mica ero a Buenos Aires!- -Lo vedi anche tu sono supposizioni!- -Ma Dalbino? perchè non chiamiamo Anna forse ci può dire qualcosa in più, forse si ricorda altri dettagli? anzi la chiamo subito. - e cominciai a cercare il numero sulla rubrica del cellulare , squillava! - pronto Anna? - Ciao Emiliano! - Dove sei? - Sono a Torino per lavoro- -Quando torni?- -Questa sera, ma è successo qualcosa? -No, e che l'ispettore voleva sapere qualcosa in più sulla cosa che mi avevi raccontato l'altra sera! - se volete ci possiamo vedere questa sera, arrivo verso le dieci di questa sera e poi vorrei andare al "Cambalache" la milonga che inaugurano questa sera! vi va? -Mi sembra ottimo, aspetta che chiedo sono Dalbino- staccai il telefono dall'orecchio e mi rivolsi all'ispettore che sorseggiava l'ultima goccia densa di zucchero del suo caffè- e' a torino, torna questa sera dice se ci possiamo vedere alla milonga che inaugurano questa sera! - questa sera, questa sera- e guardava in alto- ok va bene- -Allora Anna per questa sera va benissimo, vuoi che veniamo a prenderti in aereoporto? -Oh, grazie sarebbe una gran cosa ho lasciato l'auto al parcheggio degli autobus, ormai qui in aereoporto è impossibile trovare un posto che non sia a pagamento, ok a questa sera! ti confermo quando ci imbarcano.- -Ciao- schiacciai il tasto con la cornetta rossa- Bene questa sera si va anche a ballare!- -Ah pure a ballare- non sembrava tanto convinto- dove è questo posto? -Ma possiamo andare insieme a prendere Anna all'aeroporto arriva alle dieci!- esclamai - dimmi dove ti passo a prendere! - no, no prendiamo la mia macchina ci vediamo davanti al commissariato alle nove e mezza- - ok allora ci vediamo dopo- e finalmente mi resi conto che il mio caffè era ancora nella tazzina ormai giacchiato. Il barista giovanissimo con i capelli freschi di barbiere e lo sopracciglia sagomate ad arte mi rimproverò:-Ma che sono tutte queste telefonate, ora in caffè agghiacciato come se lo beve? aspetti che glielo rifaccio e versò quello della tazzina in una bottiglia di vetro il cui collo largo emergeva dal pozzetto del ghiaccio. #XXXVII - Locura y Cambalache "'un c'è sciroccu senz'acqua, 'un c'è fimmina senza ciacca" e i proverbi ci prendono: lo scirocco che aveva generato quella cappa plumbea sulla città per tutto il giorno era mutato in pioggia. Una pioggia a goccioloni enormi carichi di sabbia impalpabile gialla. E pioveva, pioveva l'indomani l'acqua sarebbe evaporata e sarebbe rimasta la sabbia, nel frattemo prevaleva il luccichio delle luci sull'asfalto lucido, levigato. Dalbino mentre guidava pensava a tutta questa storia, un guazzabuglio di gente che si incontrava, si conosceva, si lasciava, si incontrava di nuovo. Era un microcosmo in cui tutti potevano conoscere tutti, e magari si salutavano senza chiamarsi per nome, perchè il nomi non li sapevano. Oramai aveva preso molte lezioni, ogni tanto gli sembrava di capire di acchiappare lo spirito del tango e poi pasticciava di nuovo, quanto ci sarebbe voluto per ballare tutto un tango senza intoppi, senza errori. Si distrasse e oltrepassò l'ingresso del commissariato dove aveva l'appuntamento con Roncisvalle, lo vide nello specchietto sbracciarsi. Svoltò subito a destra e ritornò dalla parallela. Una vecchia R5 gli era davanti, si muoveva a passo d'uomo, i vetri completamente appannati, all'interno si scorgeva la sagoma di un cappello di feltro. Gli venne in mente suo zio che si ostinava a guidare la sua vecchia auto malgrado avesse superato gli ottant'anni e si vantava di non avere mai avuto incidenti. E ci credo praticamente è fermo! squillò il telefono... - sì, Roncisvalle, sto tornando, resta lì arrivo- rispose laconicamente. La R5 girò a sinistra e finalmente alla traversa successiva arrivò davanti a commissariato. - Buona sera- fece Emiliano -Ciao- rispose- hai aspettato molto? sono dovuto andare a sbirgare una faccenda- -No, speriamo di non incontrare traffico quando piove si intasa tutto! Anna mi ha chiamato è partita in orario, dovrebbe arrivare alle 22.00- -Ma sì, ce la facciamo- ed afferrò il pacchetto delle sigarette. -Posso chiederti di non fumare?- -Che ti da fastidio?- -Te ne sarei grato il fumo mi fa proprio stare male, "casualmente" ho un cd di tango - Ovviamente, metti, metti- iniziò la musica. Dalbino guidava evitando i semafori, prendeva vie traverse, deviava i percorsi più battuti e in pochi minuti si trovò sulla circonvallazione. L'opel tigra tagliava le pozzanghere producendo archi di acqua che schizzavano il marciapiede, i tergiscristalli spazzavano l'acqua con difficoltà eppure Dalbino procedeva come si vedesse benissimo. # #DSC00996I nuovi episodi sono in corso di elaborazione, ma si sa che ballando è difficile scrivere contemporaneamente. Lettrice, lettore non resterai deluso dalle nuove rutilanti vicende di Eminiano Roncisvalle, dell'Ispettore D'Albino e della flessuosa Anna. #XXXVIII episodio - Un'altra milonga!
Non aveva smesso un attimo di diluviare, molte strade erano ormai allagate, erano di più i tombini che vomitavano acqua che quelli che la inghittivano. Roncisvalle aveva chiamato Anna un paio di volte, visto che il traffico era letteralmente impazzito e che sarebbero arrivati in ritardo. E comunque la voce femminile del gestore telefonico comunicava che l'utente non era raggiungibile, evidentemente non erano ancora atterati, evidentemente il maltempo aveva ritardato anche il traffico aereo. Finalmente arrivarono all'aereoporto erano le 22,45, Dalbino si fermò proprio davanti all'ingresso degli arrivi, e subito arrivò la pattuglia dela polizia municipale che sorvegliava con solerzia gli ingressi. Dalla punto con un lampeggiante troppo grande, fecero segno di abbassare il finestrino. Dalbino abbassò di uno spiraglio- sì?- -non potete stare qui! spostatevi!- - Stiamo solo un minuto!- rispose tranquillo - Vi doveve spostare subito!- - Ora, un minuto scende il mio amico e ci spostiamo!- -Io, scendo a vedere se è arrivata!- disse Roncisvalle mentre usciva rapidamente per guadagnare la tettoia dell'ingresso.
Il tabellone degli arrivi recitava numeri e nomi di città, codici e a destra le notizie a cui rivolgevano l'attenzione molti occhi. In corrispondenza del volo da torino si alternavano atterrato e landed. Un muro di persone chiudeva ogni varco alle porte della sala del ritiro bagagli. Famiglie intere rappresentate da tre generazioni attendevano i propri cari e sbirciavano ad ogni apertura delle porte scorrevoli alla ricerca dei volti conosciuti. Man mano che uscivano le persone erano prese d'assalto con baci e abbracci, bimbini piangenti e/o urlanti, oppure del tutto indifferenti. I vocianti e festosi capannelli si avviavano circondando il viaggiatore verso l'uscita. Anna riuscì a farsi largo tra quella folla e individuò Roncisvalle che invece, si guardava intorno e in punta di piedi gettava lo sguardo oltre il muro di persone. -Ciao Emiliano, è molto che aspetti? visto che ritardo!- - Oh! ciao! non ti avevo vista! - si scambiarono un bacio sulla guancia. - Siamo arrivati adesso, col diluvio questa città è un follia. Dai! dammi la valigia- - Ma no ha le ruote è leggera- - Carlo Dalbino ci aspetta fuori!- ... #- ha smesso di piovere!- esclamò emiliano, uscendo all'aperto. l'aria era umida e l'acqua in mille rivoli si dirigeva verso le basole ai piedi dei marciapiedi, a volte verso bacini improvvisati dalle imperfezioni dell'asfalto. Entrarono nell'auto dell'ispettore prontamente, della pattuglia della polizia municipale non c'era traccia. -fatto buon viaggio?- esordì Dalbino mettendo in moto l'auto. - oh, sì ormai ci sono abituata, prima per prendere l'aereo mi sembrava ci volesse una sorta di preparazione, ora mi sembra di prendere una sorta di autobus- rispose Anna- certo questa sera il viaggio col la perturbazione è stato meno confortevole del solito, si è ballato parecchio e si sono viste le solite scene di chi è meno abituato- -E di che scene si tratta?- incuriosito emiliano. - Una anziana signora accanto a me, forse per la prima volta in aereo, mormorava preghiere sgranando un rosario, e poi il solito liberatorio applauso all'atterraggio- -ah, sì l'applauso, quando si atterra in Sicilia lo si fa quasi sempre, è una tradizione- intervenne dalbino- non ci vedo niente di male, è una applauso al pilota che ha fatto bene il suo lavoro.
- secondo me è una sorta di liberazione, si festeggia l'arrivo sani e salvi!-
- Un'altra abitudine siciliana è quando si parte di riempire l'aereo di dolci... |
Inviato da: felipelcid
il 24/10/2014 alle 00:26
Inviato da: kız oyunları
il 27/02/2014 alle 19:30
Inviato da: felipelcid
il 11/04/2007 alle 17:06
Inviato da: ninabau
il 10/04/2007 alle 19:12
Inviato da: ninabau
il 19/03/2007 alle 16:51