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Un blog creato da darker_than_night il 16/12/2008

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cosi' come il ghiaccio sulla strada,anche l'anima più pura si sporca

 
 

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« la tintoria. »

la tintoria II

Post n°40 pubblicato il 14 Febbraio 2009 da darker_than_night

Non poteva credere ai suoi occhi.
Se mai erano i suoi.
Riusciva vederli entrambi come se galleggiasse sopra le di loro.
Lo stava scopando:
E lei era la donna della tintoria, quella che per mesi aveva spiato furtivamente ogni volta che passava di corsa davanti la sua vetrina, il suo mezzobusto personale, che spuntava fuori dal bancone, e sempre indaffarato a consegnare scontrini e ritirare vestiti o viceversa ritirare scontrini e consegnare vestiti.
Gli girava la testa, forse era il forte odore della trielina o dei smacchianti, ma era impossibile, pensò, perchè quello che sentiva era solo il bouquet della sua pelle e del suo sesso bagnato.
Tutto era iniziato con una camicia macchiata di caffè. Non si macchiava mai, per questo non era mai uscito ad entrare nella tintoria, ma oggi -proprio il giorno di una riunione importante con i capoccioni della sua azienda- quel cretino del cameriere gli aveva versato un'intera tazzina di ristretto addosso.
Nonostante stesse chiudendo per la pausa pomeridiana, la donna acconsentì ad un intervento d'urgenza e dopo avergli dato un camice, troppo stretto per lei e per il suo petto muscoloso, erano rimasti quasi nudi:
Lei -senza pudore o vergogna- in reggiseno e gonna, lui con il suo camice e il profumo addosso sulla pelle.


II)
“Ehi non restare imbambolato! Io non ho ancora preso il caffè, sei capace a caricare una moka?”
“Si certo”
“Bravo è tutto dentro quell’armadietto su datti da fare che ho quasi finito”
Erano anni che non toccava una macchina del caffè. Da quando aveva finito l’università e iniziato a lavorare prendeva caffè solamente al bar, ma il caffè è come la bicicletta non si scorda mai.
Per non guardarla iniziò a girare per il retrobottega osservando i vestiti nelle lavatrici che giravano, il carrello dei vestiti appesi, e le tavole da stiro:
dietro una di queste c’era lei, che con forza premeva il ferro sulla sua camicia, e il suo seno costretto nel reggipetto che dondolava leggermente sfasato con il movimento del braccio.
“Ehi cosa guardi?”
“Ehm…’nsomma…”
“Ah bravo! Io lavoro e tu mi guardi il seno, devo farti pagare un’extra per lo spettacolino”, gli disse ridendo.
“E sarebbero soldi spesi bene… ad esser sincero ero rapito dall’aureola intorno ai capezzoli.”
“Eh lo so… è un po’ troppo grande, ma con un seno enorme come il mio che ci posso fare? Mi mancano le maniche e il collo ed ho finito… intanto dai metti il caffè nelle tazzine”
“Si… quanto zucchero?”
“Uno grazie”
Le porse la tazzina sognando di essere al posto di quel caffè e di poter mordere quelle labbra.
“Cosa guardi ora?”
“Nulla… giuro!”
“ Non ti credo!” e nel dire questo qualche goccia di caffè scivolo giù fino al bordo del pizzo.
“Ecco ora ti sei sporcata anche tu, dai toglietelo che te lo lavo” rise.
Lei no…
“Scusami era una battuta sciocca.” Cercò di scusarsi.
“Non credo…”
Aveva cambiato tono di voce, sembrava sfidarlo mentre con una mano faceva scivolare le spalline.
“Sei ancora curioso?”
Gli si avvicinò di colpo premendo il suo seno sul suo petto.
Si senti avvampare, forse per il calore della sua pelle o forse perché al solo tocco dei suoi capezzoli senti il sangue scorrergli bollente per tutto il corpo.
“Sembra che tra noi ci siano due cuscini vero?”
“Si…”
Lo stringeva sempre più forte a se mentre lo stuzzicava con una gamba in mezzo alle sue…
“Non hai detto che me lo lavavi tu?”
Cedette.
Prese a baciarle le labbra il collo, le spalle, a morderle la pelle del seno che le offriva senza pudore.
Seguì l’aroma del caffè che lentamente si spandeva.
Alcune gocce si erano incastonate tra i merletti del pizzo e le aspirò con ferocia, erano un ostacolo tra le sue labbra e ed il suo corpo, così come lo era la stoffa che tirata al massimo non gli permetteva di andare oltre.
Allungò una mano dietro la sua schiena e fece saltare il gancetto sulla fascia... un’esplosione.
Erano proprio come se l’era immaginate: marmoree con dei turgidi bottoncini avvolti dall’aureola che adesso grazie a sui baci si era leggermente increspata.
“Basta!”
“Eh!?!”
“Fermati!”
“Mah… io credevo”
“Credevi cosa? Di guidare tu il gioco? Non oggi…”
Lo spintonò all’improvviso e si ritrovò, disteso sui dei sacchi di vestiti ancora da lavare, incredulo per quella reazione.




Continuerà....
(sempre forse) 

 
 
 
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