Creato da nagel_a il 27/12/2008

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Il ballo

Post n°442 pubblicato il 05 Settembre 2011 da nagel_a




Nella sala lo sfarzo delle luci abbagliava e all'ingresso si era costretti a socchiudere le palpebre. Una difesa istintiva al tenero spettro della retina. Dopo la luce si percepiva un profumo violento che aggrediva le narici, gli effluvi dei fiori recisi disseminati in grandi vasi di cristallo sui tavolini bassi e le essenze esalate dalle scollature degli abiti da sera femminili. Un brusio di fondo frustrava la pretesa di protagonismo della piccola orchestra, ma non fermava il volteggiare delle coppie che si erano decise ad aprire le danze. Era un baluginare di organza e colori pastello, un caleidoscopio di grandi corolle di stoffa dai pistilli di pelle candida.

Le grandi vetrate aperte come maglie larghe di una grossa rete, lasciavano sgusciare la festa fino al terrazzo e giù dalla scalinata fino al buio più discreto del giardino.
Le ombre degli alberi sussurravano man mano che ci si allontanava dal frastuno della casa. Come un mondo sommerso alla ricerca di un fuggevole contatto. Una selva di satiri e fauni tesi a rapire nuove ninfe.
Qualche ospite cercava un po' di refrigerio per i sensi in quell'oasi scura e mormorante. Verso il fiume la notte tornava pudica e densa, umida e nascosta, protettiva e pericolosa. La donna si avvicinò lenta alla sponda, al suadente richiamo dell'acqua. Uno sciabordio da ninnananna, che cullava la sua tristezza.
Gli alberi sulla riva piegavano i rami a dissetarne le foglie ed ella protese la mano a quella carezza chinandosi. Era così dolce la corrente, così vellutato il calore, così gonfio d'infelicità il suo cuore. Lasciò scivolare lo sguardo lungo la riva, sulla lieve iridescenza delle onde. Versò l'ultimo pensiero alla sala da ballo, a lei così estranea, a lei così distante e si lasciò trascinare in basso, in quella fonda broda scura della sua coscienza, nel limo affamato e pietoso.  "... incosciente della sua sciagura o come una creatura d'altro regno e familiare con quell'elemento"*.

* W. Shakespeare, Amleto

 

 

 
 
 
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IL REGNO DEL SENSO PROFONDO

"Oltre alla realtà empirica e banale c'era l'ambito dell'immaginazione, costituito da quello stesso mondo percepibile grazie alla vista, al tatto e all'odorato, ma con in più le schiere infinite degli spiriti e delle ombre. [...] Allora non mi capacitavo del fatto che la maggioranza assoluta dell'umanità appartiene al regno del senso profondo non in virtù del proprio sapere - dono assai raro -  bensì della vita, della raggiante, viva sostanza, e che, dunque, accusarli di ignoranza era sciocco e assurdo. Invece di interrogatori, inquisizioni e tormenti, avrei dovuto osservarli e comprenderli. Osservarli con tenerezza e comprenderli con intelligenza"
A. Zagajewski - Due città

 

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