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Post n°468 pubblicato il 27 Novembre 2011 da nagel_a


Il comandante spinse pensieroso lo sguardo lungo le fila degli uomini che con i rossi cimieri incendiavano il pendio di quella collina che a sera avrebbe perso ogni sua amenità d'erba tenera e fiori azzurri. Non serviva più che ne contasse le lance e gli scudi, sapeva come il loro numero fosse esiguo. Troppo pochi contro l'esercito nemico che avanzava. Erano così impavidi e giovani e belli nel loro orgoglio, nel loro coraggio, nell'assenza di dubbi e domande. Dovevano essere di quella pasta gli eroi. Senza titubanze, senza remore a incrinare l'azione, senza le sbavature di una coscienza, nella convinzione di un'innata giustizia.
E si chiese se lui poteva esserne il capo di un simile esercito, il condottiero inutilmente saggio dalla lunga vista (perchè vedeva già la collina ricoperta dai corpi inermi e dagli uccelli e dai cani). Si sentiva schiacciare da una responsabilità che non aveva scelto, che non gli competeva. Un'investitura impietosa.

Uno squillo lontano vibrò nell'aria, il cavallo ebbe un scarto e il comandante serrò il volto in una maschera inespressiva.
"Soldati, oggi il cielo ci guarda e si schiera dalla nostra parte, la parte dei giusti. Voglio che il clangore delle vostre armi salga oltre le nuvole e che la terra sotto i vostri piedi conosca il sangue dei nostri nemici. Uomini oggi facciamo la storia e incidiamo col ferro i nostri nomi sulle lastre della memoria! Soldati, seguitemi, ciechi alla ragione e insensibili alla sorte."

 

 
 
 
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IL REGNO DEL SENSO PROFONDO

"Oltre alla realtà empirica e banale c'era l'ambito dell'immaginazione, costituito da quello stesso mondo percepibile grazie alla vista, al tatto e all'odorato, ma con in più le schiere infinite degli spiriti e delle ombre. [...] Allora non mi capacitavo del fatto che la maggioranza assoluta dell'umanità appartiene al regno del senso profondo non in virtù del proprio sapere - dono assai raro -  bensì della vita, della raggiante, viva sostanza, e che, dunque, accusarli di ignoranza era sciocco e assurdo. Invece di interrogatori, inquisizioni e tormenti, avrei dovuto osservarli e comprenderli. Osservarli con tenerezza e comprenderli con intelligenza"
A. Zagajewski - Due città

 

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