W. SHAKESPEARE - RE LEAR IV
così noi siamo per gli dei,
ci uccidono per gioco."
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Post n°467 pubblicato il 25 Novembre 2011 da nagel_a
A volte si riaprono scatole chiuse da molto tempo. Scatole conservate in attesa che il contenuto smettesse di pungere, che potesse suscitare la tenerezza del ricordo. Sono un incomprensibile miscuglio di sensibilità e indifferenza: mi sottraggo a ciò che non mi piace sia scritto nella mia storia passata. Lascio scorrere quel che crede di toccarmi e nascondo quel che mi ha plasmata. E ora, finalmente senza ferire, si scoperchia la dolcezza nostalgica per quell'io ingenuo che armandosi e credendo nella sua corazza, si scopriva invece nudo e fragile. Affiora un'inaspettata indulgenza anche per colui che avrebbe dovuto condurre il gioco e che invece imparava, forse, solo a conoscere se stesso, incapace di andare oltre il puro intuito di me. Ripongo la scatola... ormai non servono più sigilli.
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IL REGNO DEL SENSO PROFONDO
"Oltre alla realtà empirica e banale c'era l'ambito dell'immaginazione, costituito da quello stesso mondo percepibile grazie alla vista, al tatto e all'odorato, ma con in più le schiere infinite degli spiriti e delle ombre. [...] Allora non mi capacitavo del fatto che la maggioranza assoluta dell'umanità appartiene al regno del senso profondo non in virtù del proprio sapere - dono assai raro - bensì della vita, della raggiante, viva sostanza, e che, dunque, accusarli di ignoranza era sciocco e assurdo. Invece di interrogatori, inquisizioni e tormenti, avrei dovuto osservarli e comprenderli. Osservarli con tenerezza e comprenderli con intelligenza"
A. Zagajewski - Due città
Un post diverso. Mi stupisci, Nagelina. Piacevolmente.
Né rivincita, né riscatto da sé stessi, né consapevolezze redentrici o genitrici di “diffidenze preventive”. Semplicemente l’accettazione della propria e dell‘altrui umanità; delle paure, dei fallimenti, delle debolezze; dei limiti non più visti come anomalie epuratrici di sogni, ma come qualcosa che è semplicemente umano e fa parte dell’amore anche quando porta dolore.
Il modo in cui hai scritto, ma soprattutto quello in cui hai risposto ad alcuni commenti, mi danno l’idea che tu non abbia solo compreso con lo scandaglio della ratio ciò che c’è dietro agli alibi e alle ragioni, ma che l’abbia sentito. Proprio come si sentono la gioia o il dolore.
Certo, non salva dal soffrire, però trovo che sia segno di una certa “maturità sentimentale” questa inconsueta simpatia per il “diavolo”.