W. SHAKESPEARE - RE LEAR IV
così noi siamo per gli dei,
ci uccidono per gioco."
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Post n°372 pubblicato il 25 Gennaio 2011 da nagel_a
Mi ha sempre affascinata il processo magico attraverso il quale dai nervi scoperti, dal palpitare del sangue e dall'aggrumarsi di neuroni, nascano pensieri, sentimenti, emozioni. E' una trasformazione alchemica che dalla materialità della carne, trae aeree dinamiche. Forse dobbiamo avere dentro di noi una scintilla di ogni evento abiti l'universo, se possiamo sentirci parte delle cose più diverse anche solo per un'intuita assonanza, per una frammentaria possessione. Accade di fronte a un mare in burrasca o sotto un cielo nero infinito di stelle, quando quella sensazione di immenso maestoso si dipana nel labirinto del ventre. Di questo si dovrebbe nutrire quell'immateriale che solo ci allontana dal vegetare. Banale scontatezza che pure è trascurata. Mi chiedo perchè quando il bagaglio cui attingere per crescere è così vasto, ci si scorni invece sul nozionismo e sul sapere inutile. Forse per creare un popolo di persone che si accontenta e si ciba dei feuilleton nelle ville del potere e dei bassifondi della dignità umana.
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IL REGNO DEL SENSO PROFONDO
"Oltre alla realtà empirica e banale c'era l'ambito dell'immaginazione, costituito da quello stesso mondo percepibile grazie alla vista, al tatto e all'odorato, ma con in più le schiere infinite degli spiriti e delle ombre. [...] Allora non mi capacitavo del fatto che la maggioranza assoluta dell'umanità appartiene al regno del senso profondo non in virtù del proprio sapere - dono assai raro - bensì della vita, della raggiante, viva sostanza, e che, dunque, accusarli di ignoranza era sciocco e assurdo. Invece di interrogatori, inquisizioni e tormenti, avrei dovuto osservarli e comprenderli. Osservarli con tenerezza e comprenderli con intelligenza"
A. Zagajewski - Due città
Io stavo lì, appollaiato e inerme
dietro l’ombra del mondo
sanguinante, sopra il mare in burrasca.
C’erano uomini e storie
sotto un cielo nero, infinito di stelle
e gridavo, sommesso, nel suo ventre.
Non ho rinunciato a nulla, né rinuncerò,
col mio spirito a misurare il peso delle parole
il senso della mia esistenza...e la tua
come tenera radice di incantata bellezza.
E’ così che bruisce il sangue, mentre forza
i piedi che affondano nel centro della pietra
d’una Terra sepolta sotto il peso dell’infinito.
Amami, chiese una stella; ed io stavo lì,
appollaiato, dietro l’ombra del mondo,
sgomento, nella bellezza che cede e salva.
Grazie. Ricambio con una poesia [fresca di serata :)]. Blue.chips
Completamente incantata. E zittita. Di un silenzio di sogno.