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fare cattleya

Post n°371 pubblicato il 24 Gennaio 2011 da nagel_a


Vi sono giochi linguistici che aprono orizzonti inusitati e segreti, la cui decifrazione sta in mano agli adepti, quasi che le parole rimestate in un crogiolo da alchimista divenissero pane per gli iniziati.

E le fantasie più fervide si dispiegano ovviamente tra le cornici delle esperienze più radicali e assolute. L'antico bilanciere che oscilla tra amore e morte. In questa danza che funambolica stringe in assedio le torri del significato, tentando l'espugnazione attraverso l'attribuzione del nome... ecco il trapezista che volteggia senza rete.

L'orchidea sembra essere nelle sue carnosità di velluto, il fiore evocatore della sensualità femminile. Musa ispiratrice di dolcezze d'alcova. Ma solo un genio come Proust poteva inventare un fare cattleya, per evocare le imprese compiute in quella stessa alcova!

 

 
 
 
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IL REGNO DEL SENSO PROFONDO

"Oltre alla realtà empirica e banale c'era l'ambito dell'immaginazione, costituito da quello stesso mondo percepibile grazie alla vista, al tatto e all'odorato, ma con in più le schiere infinite degli spiriti e delle ombre. [...] Allora non mi capacitavo del fatto che la maggioranza assoluta dell'umanità appartiene al regno del senso profondo non in virtù del proprio sapere - dono assai raro -  bensì della vita, della raggiante, viva sostanza, e che, dunque, accusarli di ignoranza era sciocco e assurdo. Invece di interrogatori, inquisizioni e tormenti, avrei dovuto osservarli e comprenderli. Osservarli con tenerezza e comprenderli con intelligenza"
A. Zagajewski - Due città

 

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