Creato da stefania.landolfi il 16/12/2008

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La libera circolazione

Post n°1 pubblicato il 18 Dicembre 2008 da stefania.landolfi

Web - Siamo lontani, lontanissimi, da una retromarcia delle multinazionali della musica rispetto alla "libera circolazione" di materiali musicali in rete, come avviene attraverso i sistemi di scambio-file peer-to-peer (P2P) tutti i giorni. Ma per la prima volta nei giorni scorsi la RIAA, l'associazione dei produttori americani, ha tirato fuori nuovi argomenti parlando proprio del P2P.

Hilary Rosen, ormai notissima chairman della potente associazione dei discografici, stratega della fine di Napster e autrice della conversione industriale di mp3.com, è intervenuta davanti ad un pubblico di sviluppatori e programmatori alla conferenza sul P2P della O'Reilly per dire: "Il problema non è se il peer-to-peer o qualsiasi altra tecnologia sia buona o cattiva. Il problema è come la gente la usa, se la usa nel rispetto per quello che producono gli artisti allo stesso modo di come noi in questo settore rispettiamo quello che creano gli sviluppatori software di questa audience o le imprese del settore".

Rosen, che in passato aveva parlato del peer-to-peer come un pericolo per le attività industriali, sembra ora dirigersi in una nuova direzione. Pensando al futuro della musica online, Rosen ha parlato del difficile processo per portare in rete la legalità della musica e ha messo in evidenza le difficoltà nel creare un modello di business che possa funzionare: "Ma molti progressi sono stati fatti e molti altri se ne faranno.

Secondo Rosen il problema dell'uso non legale del peer-to-peer è un problema che tocca l'intera comunità degli utenti e degli sviluppatori ma se si risolve, la "porta è aperta" per un mercato aperto nel quale tutti possano competere nel rispetto del valore dei contenuti.

Nel momento in cui i sistemi di file-sharing alternativi a Napster, perlopiù quelli basati sulle tecnologie FastTrack, arrivano a consentire ai propri utenti di scambiare un numero di file musicali superiore a quanto Napster abbia mai consentito di fare, la nuova strategia del direttore della RIAA è risaltata in modo molto chiaro, nel tentativo di spingere gli sviluppatori del peer-to-peer ad avvicinarsi all'industria della musica. Nell'ottica dello sviluppo di questo "mercato aperto" Rosen si è chiesta. "Il peer-to-peer sarà parte di questo processo? Vi unirete a noi in un mercato legittimo? Proteggerete l'incentivo a creare? Fornirete alle creazioni degli artisti lo stesso rispetto che merita il vostro lavoro?".

Le significative aperture della RIAA e l'invito agli sviluppatori di "cambiare rotta" arrivano a pochi giorni da un importante annuncio di EMI, una delle grandi case della musica, che sembrerebbe segnalare una effettiva evoluzione della visione del P2P da parte dell'industria.

Hilary Rosen inventa una nuova rotta e si appella agli sviluppatori del P2P proprio mentre EMI pensa a Gnutella e affini. Segnali che, forse, qualcosa si sta muovendo nelle strategie delle majors. Il Pentagono, intanto...

Sul nuovo Comma 1 bis si è detto di tutto, ma è presto per gridare al miracolo come alcuni stanno facendo in questo giorni.

Non tanto per le nuove libertà che più o meno concederebbe, piuttosto perché mancando sia la definizione di “degradazione” sia quella di “uso didattico e scientifico“, si ha per le mani quello che Gaber chiamerebbe un gabbiano ipotetico, col quale si rischia di schiantarsi contro dei comignoli in cemento armato. Il solo fatto che l’industria discografica abbia plaudito al nuovo comma è un segno sintomatico.

Secondo Andrea Monti, intervistato da Alessandro Longo su Repubblica.it, il nuovo testo permetterebbe addirittura lo scambio peer to peer di mp3 coperti da diritto d’autore, purché “degradati” e con scopo “didattico o scientifico”. Monti giustifica ciò dicendo 1. che la divulgazione didattica è un diritto costituzionale e perciò chiunque può praticarla; 2. che gli mp3 sono per loro natura degradati e perciò liberamente scambiabili. Che la didattica sia un diritto di tutti è palese, ma la legge afferma anche chiaramente che con un successivo decreto saranno stabiliti dei precisi limiti (non sul “chi la fa”, ma eventualmente sul “come” e sul “cosa è”). Non solo, la segreteria del capo dello stato interpellato sulla vicenda, non ha ravvisato problemi di costituzionalità (poi c’è sempre la Corte Costituzionale…). Anche su cosa sia la “degradazione” ci sono varie opinioni, quella di Monti è una delle tante, e comunque doverla verificare in tribunale non sarebbe troppo piacevole.

Perciò ogni annuncio dato prima d’avere una definizione precisa della situazione è velleitario, soprattutto perché rischia d’istigare a commettere illeciti che possono ancora tranquillamente essere valutati come tali: se una qualsiasi azienda ci denunciasse per violazione del diritto d’autore, ha tre gradi di giudizio per dimostrare che abbiamo torto, una vasta giurisprudenza a favore, e un nutrito numero di colossi economici alle spalle. Qualcosa di molto simile al peggiore girone di Dante.

Non solo: annunciare con clamore fatti dubbi è un sostanzialmente un errore, poiché ora tutte le corporazioni interessate saranno (anche comprensibilmente) sul chi vive, e faranno pressioni sul ministero affinché il decreto attuativo contenga una definizione eccessivamente restrittiva della legge. Perdendo anche quegli aspetti innovativi che si prospettavano. Se poi, come afferma il presidente FIMI Enzo Mazza nell’intervista a Repubblica, “la legge non ci preoccupa perché sappiamo già come sarà il decreto che fisserà i paletti”, siamo davvero a cavallo (pure in Zambia sarebbe stata imposta un’immediata smentita, e sarebbe scoppiato un caso mediatico. Ma siamo in Italia).

Altra questione: come si farà a circoscrivere la diffusione delle musiche e delle immagini degradate al solo ambito didattico e scientifico? Non esiste un’internet per scienziati. Che nel decreto attuativo si finirà per parlare di sistemi DRM, abbonamenti, o cose simili? Tutto è possibile, anche perché non sappiamo quale ministro eleggerà il prossimo governo e quali saranno i suoi orientamenti politici.

Quindi, prima di cominciare a diffondere discografie “degradate” di Vasco Rossi, Jovanotti e compagnia bella mossi da alti scopi “scientifici” è meglio rifletterci almeno un paio di volte. Vero è che la terminologia utilizzata nel comma 1 bis è molto più vicina a quella di una canzone di Tricarico che a quella di una legge dello stato italiano, e si presta alle più esotiche interpretazioni (sia estremamente aperte, sia, pure, sostanzialmente invariate). Ma il problema è proprio questo, e non va sottovalutato.

 
 
 
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