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Post n°1 pubblicato il 18 Dicembre 2008 da stefania.landolfi
Web - Siamo lontani, lontanissimi, da una retromarcia delle multinazionali della musica rispetto alla "libera circolazione" di materiali musicali in rete, come avviene attraverso i sistemi di scambio-file peer-to-peer (P2P) tutti i giorni. Ma per la prima volta nei giorni scorsi la RIAA, l'associazione dei produttori americani, ha tirato fuori nuovi argomenti parlando proprio del P2P. Secondo Rosen il problema dell'uso non legale del peer-to-peer è un problema che tocca l'intera comunità degli utenti e degli sviluppatori ma se si risolve, la "porta è aperta" per un mercato aperto nel quale tutti possano competere nel rispetto del valore dei contenuti. Hilary Rosen inventa una nuova rotta e si appella agli sviluppatori del P2P proprio mentre EMI pensa a Gnutella e affini. Segnali che, forse, qualcosa si sta muovendo nelle strategie delle majors. Il Pentagono, intanto... Sul nuovo Comma 1 bis si è detto di tutto, ma è presto per gridare al miracolo come alcuni stanno facendo in questo giorni. Non tanto per le nuove libertà che più o meno concederebbe, piuttosto perché mancando sia la definizione di “degradazione” sia quella di “uso didattico e scientifico“, si ha per le mani quello che Gaber chiamerebbe un gabbiano ipotetico, col quale si rischia di schiantarsi contro dei comignoli in cemento armato. Il solo fatto che l’industria discografica abbia plaudito al nuovo comma è un segno sintomatico. Secondo Andrea Monti, intervistato da Alessandro Longo su Repubblica.it, il nuovo testo permetterebbe addirittura lo scambio peer to peer di mp3 coperti da diritto d’autore, purché “degradati” e con scopo “didattico o scientifico”. Monti giustifica ciò dicendo 1. che la divulgazione didattica è un diritto costituzionale e perciò chiunque può praticarla; 2. che gli mp3 sono per loro natura degradati e perciò liberamente scambiabili. Che la didattica sia un diritto di tutti è palese, ma la legge afferma anche chiaramente che con un successivo decreto saranno stabiliti dei precisi limiti (non sul “chi la fa”, ma eventualmente sul “come” e sul “cosa è”). Non solo, la segreteria del capo dello stato interpellato sulla vicenda, non ha ravvisato problemi di costituzionalità (poi c’è sempre la Corte Costituzionale…). Anche su cosa sia la “degradazione” ci sono varie opinioni, quella di Monti è una delle tante, e comunque doverla verificare in tribunale non sarebbe troppo piacevole. Perciò ogni annuncio dato prima d’avere una definizione precisa della situazione è velleitario, soprattutto perché rischia d’istigare a commettere illeciti che possono ancora tranquillamente essere valutati come tali: se una qualsiasi azienda ci denunciasse per violazione del diritto d’autore, ha tre gradi di giudizio per dimostrare che abbiamo torto, una vasta giurisprudenza a favore, e un nutrito numero di colossi economici alle spalle. Qualcosa di molto simile al peggiore girone di Dante. Non solo: annunciare con clamore fatti dubbi è un sostanzialmente un errore, poiché ora tutte le corporazioni interessate saranno (anche comprensibilmente) sul chi vive, e faranno pressioni sul ministero affinché il decreto attuativo contenga una definizione eccessivamente restrittiva della legge. Perdendo anche quegli aspetti innovativi che si prospettavano. Se poi, come afferma il presidente FIMI Enzo Mazza nell’intervista a Repubblica, “la legge non ci preoccupa perché sappiamo già come sarà il decreto che fisserà i paletti”, siamo davvero a cavallo (pure in Zambia sarebbe stata imposta un’immediata smentita, e sarebbe scoppiato un caso mediatico. Ma siamo in Italia). Altra questione: come si farà a circoscrivere la diffusione delle musiche e delle immagini degradate al solo ambito didattico e scientifico? Non esiste un’internet per scienziati. Che nel decreto attuativo si finirà per parlare di sistemi DRM, abbonamenti, o cose simili? Tutto è possibile, anche perché non sappiamo quale ministro eleggerà il prossimo governo e quali saranno i suoi orientamenti politici. Quindi, prima di cominciare a diffondere discografie “degradate” di Vasco Rossi, Jovanotti e compagnia bella mossi da alti scopi “scientifici” è meglio rifletterci almeno un paio di volte. Vero è che la terminologia utilizzata nel comma 1 bis è molto più vicina a quella di una canzone di Tricarico che a quella di una legge dello stato italiano, e si presta alle più esotiche interpretazioni (sia estremamente aperte, sia, pure, sostanzialmente invariate). Ma il problema è proprio questo, e non va sottovalutato. |
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