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Società dell'autonomia

Post n°169 pubblicato il 21 Ottobre 2007 da donnesudestbarese
 


I sondaggi di tutto il mondo parlano chiaro: le persone considerano l'autonomia come il bene più prezioso. Autonomia sul lavoro, nel tempo libero, nei rapporti con gli altri, nel modo di pensare, rispetto ai mezzi di comunicazione, in politica e anche in famiglia.


In parte questo è dovuto al fatto che le strutture tradizionali, la famiglia patriarcale, la chiesa, la politica dei partiti, l'idea di patria e la comunità locale hanno perso la loro capacità di integrazione. In una società della comunicazione l'idea che le cose siano sempre andate in un certo modo si diluisce nella molteplicità dei messaggi su cui le persone costruiscono le loro relazioni. Come se non bastasse, la crisi della tv tradizionale, che proponeva un'offerta ridotta di canali e programmi condivisi da tutti, ha reso più incerti i riferimenti culturali comuni.
La famiglia che si riuniva davanti alla tv rimaneva unita. Ma ora anche la famiglia che continua a riunirsi per la cena non lo fa intorno alla tv; perchè ognuno ha i suoi programmi e le sue preferenze, e quando il capotribù s'impossessa del telecomando rimane sempre l'alternativa di internet. Internet e la comunicazione mobile servono per costruirsi un'autonomia individuale. La comunicazione elettronica interattiva, globale/locale, contribuisce alla creazione di un nuovo modello di socialità, che i ricercatori definiscono individualismo in rete. Non è isolamento, ma capacità di costruire reti personali di relazioni, su internet e fuori da internet, con il cellulare e un contatto fisico diretto, mantenendo un rapporto a prescindere dal momento o dal luogo in cui ci si trova. È un sistema di comunicazione personalizzato che porta allo sviluppo della cultura che William Mitchell chiama l'Io++: tutto comincia con me e con l'espansione delle mie idee e dei miei desideri. E dato che tutti fanno lo stesso, non si resta isolati, ma si costruiscono reti in cui ognuno si relaziona con le cose o le persone di suo gradimento o di cui ha bisogno, come lavoro, clienti, informazioni, oggetti di consumo o musica e immagini da salvare sull'iPod e sui portatili. Come delle chiocciole informatizzate ci portiamo addosso la casa del nostro immaginario e le nostre reliquie, ridifinendo costantemente l'ambiente in cui ci muoviamo in base ai programmi mentali che nascono nel profondo di noi stessi.
Le conseguenze di una generalizzazione della cultura dell'autonomia - risultato del potere della tecnologia e della crisi delle istituzioni - sono straordinarie. Il primo effetto è ovviamente politico. Non è più possibile raccontare frottole alla gente, perchè nessuno ci crede, meno che mai se a raccontarlo sono i politici di professione. Nessuno è disposto a morire o a soffrire per la patria. A meno che non si tratti di una patria diversa da quella ufficiale, perchè in questo caso sarebbe una forma di autonomia. Ma ci sono conseguenze più profonde che si faranno sentire in ogni campo. Sicuramente nel mondo della comunicazione, in cui i giovani suddividono la loro attenzione tra i "cinque schermi" (tv, internet/computer/portatile, videogiochi, agenda elettronica e cellulare) costruendo il loro mondo mediatico secondo una combinazione personalizzata di messaggi e risposte.
Ma anche il mondo del lavoro, in cui la capacità autonoma di produzione, innovazione e gestione sta diventando il capitale principale delle aziende. Nel caso delle piccole e medie imprese, quello che conta è l'iniziativa individuale e la capacità di innovare. Ma anche le grandi aziende sempre più spesso cercano il "talento". Avere talento non equivale ad essere qualificati. Il talento comporta qualcosa di più, una scintilla d'innovazione, la capacità di gestire in autonomia i diversi progetti dell'impresa e di crearne di nuovi.
Il ruolo decisivo che ha assunto l'autonomia personale e professionale nell'impresa sta avendo conseguenze profonde sul mondo dell'educazione. La scuola oggi non può limitarsi a trasmettere conoscenze a cui tutti possono accedere cliccando su Wikipedia. Scuola e università hanno soprattutto il compito di contribuire a formare personalità autonome in grado di trovare ed elaborare le informazioni necessarie per qualsiasi progetto professionale, ma anche personalità con dei valori - pochi, ma saldi - per essere in grado di gestire i costanti e complessi cambiamenti degli stili di vita.
Forse la conseguenza più importante della cultura dell'autonomia riguarda i rapporti personali e la famiglia. Come gestire il rapporto tra autonomia e apprendimento, esplorazione del mondo e sicurezza affettiva di bambini che hanno da subito tutte le informazioni che vogliono e la capacità tecnologica di elaborarle autonomamente? Ragazzi che hanno pochi modelli di comportamento adulti intorno a sé, ma possono consolidare una cultura tra coetanei grazie al fatto che sono sempre "collegati"?
E infine, come riconciliare l'autonomia, intesa come un modello di comportamento che non obbedisce a leggi ma che accetta solo limiti, con la cooperazione richiesta dalla solidarietà tra individui della stessa specie, ora che ci troviamo probabilmente sulla strada dela nostra stessa estinzione?
Il regno della libertà ha come limite l'impero della necessità.

Manuel Castells, sociologo spagnolo, Internazionale n. 713/2007


Fresco di stampa:


Mariselda Tessarolo,
La comunicazione interpersonale, Laterza, 2007

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