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appunti sul pensiero politico

 

 

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Pietro Verri, Primi elementi per somministrare al popolo delle nozioni tendenti alla pubblica felicità (1791-92).

Post n°19 pubblicato il 11 Novembre 2012 da rss55mrz

L’Italia geme nell’inerzia sotto il peso della falsa politica e della superstizione: Ella è l’oggetto del disprezzo dell’Europa. Questo Catechismo è scritto per gettare i semi di una conversione.

Dal dialogo primo

 

 

La rivoluzione è un cambiamento rapido ed essenziale nella forma del governo, la può fare il popolo; mentre la ribellione è l’opposizione della forza di alcuni contro la massa preponderante. La rivoluzione di un Principe porta d’ordinario alla tirannia, la rivoluzione del popolo alla libertà . La prima ha come motivo l’ambizione, la seconda l’insopportabilità dei mali.

Per quale motivo il popolo per secoli ha tollerato i governi viziosi? Per più motivi: per i pericoli che sgomentano; per l’inerzia naturale dell’uomo; per l’accorgimento col quale i governi sanno temperare i mali, isolare gli uomini e divertirli.

La rivoluzione non succede mai sintanto che i mali d’un cattivo governo non pesino più dei pericoli della fatica e dell’inquietudine.

Secondo questi principi, quanto più un popolo sarà pigro, tanto più un governo potrà crescere impunemente i sui mali? Giusto, inoltre quanto più un popolo è alieno dall’esaminare gli oggetti pubblici, tanto meno resta sensibile agli insulti di chi lo governa. L’animo non si sdegna contro l’ingiustizia e la prepotenza se non quando ha chiare idee dei propri diritti. Una nazione illuminata conosce la propria dignità e guarda con sdegno chi osa insultarla.

Perché i governi viziosi isolano gli uomini? Questa è l’arte più antica e comune del dispotismo d’introdurre una reciproca diffidenza fra gli uomini … in modo tale che non comunicando tra loro non abbiano idee chiare dei loro diritti, né sentimento ben formato della giustizia.

Perché il divertimento contribuisce ad allontanare le rivoluzioni? Il governo favorisce ogni genere di spettacoli proprio perché divertono dal pensare ai mali pubblici, e gli uomini giungono persino ad amare un governo cattivo quando questi protegge simili spettacoli.

Con quale mezzo in una nazione si propagano i lumi sulla natura della società? Per mezzo di buoni libri. Un governo cattivo proibirà la lettura dei buoni libri. Si favorirà invece la lettura e la moltiplicazione dei libri che servono per distrarre il popolo: i libri che allontanano l’uomo dal pensare e lo fissano alla semplice corteccia delle cose, sono sempre stati favoriti dai cattivi governi. L’architettura, la pittura, la musica, la molle poesia, tutte le graziose frivolità sono ottimi passatempi per tenere gli uomini nell’infanzia. Ma gli uomini e i libri che addestrano la ragione umana devono essere sempre mal veduti da un governo arbitrario.

Ai giorni nostri però abbiamo visto che Federico II e Caterina II proteggere e favorire i filosofi. La vanità di essere lodati da quegli autori, che saranno letti anche nel secolo a venire, li ha indotti a simulare benevolenza, ma la maschera è caduta ben presto. Diderot dovette assai in fretta partire da Pietroburgo; D’Alambert col pretesto dell’aria dopo poche settimane abbandonò la corte di Federico e Voltaire già aveva deciso di ritirarsi. I dispotici capiscono che la sicurezza loro dipende dalla ignoranza del popolo; e l’orgoglio di governa sempre rimane offeso da chi abbia una esistenza sua propria indipendente.

Quali semi si dovrebbero gettare nel popolo per disporlo col tempo a riformare il cattivo governo? In Francia si è scritto molto sul diritto. I Francesi dicono: gli uomini sono nati con diritti uguali, i quali sono la libertà, la sicurezza, la proprietà, e la resistenza all’oppressione. Ma riflettendo su come l’uomo nasca debole e dipendente e bisognoso di soccorso, proviamo molta difficoltà nel persuaderci che nasca libero, tanto più che la libertà non si trova nello stato della selvaggia indipendenza, ma è figlia di una buona costituzione civile; quindi sembra che l’uomo non possa considerarsi nato libero, né avente col nascere un diritto alla libertà; né alla proprietà.

Questi incerti principi si potrebbero sostituire con altri più evidenti e popolari; ne basterebbero quattro: primo, quelli che governano sono una piccola parte della nazione; secondo, la nazione è l tutto; terzo, ogni distinzione che non abbia per oggetto la pubblica utilità è un abuso e una usurpazione; quarto, allora che gli uomini sono insultati e che il governo toglie la proprietà e la tranquillità, che i sudditi non godono della sicurezza, quando non la ragione del bene pubblico ma il capriccio, la prepotenza, l’orgoglio e i vizi personali regolano la società, la resistenza è giusta e la rivoluzione è un beneficio insigne.     

Il primo passo verso una riforma è quello di fare che gli uomini governati conoscano finalmente che essi realmente sono i più forti e che la loro spensieratezza li rende soggiogati alla furberia di chi è più debole di loro. Da ciò si vede che il cattivo governo ha bisogno che la nazione sia viziosa e ignorante, e che deve temere i lumi e la virtù. Dovunque vedi un governo dispotico, qui sia certo che la nazione non ha virtù. Non vi può essere governo dispotico se non là dove ogni cittadino indifferente per il male altrui non conosca che gli interessi privati; né vi può essere Patria, che vuol dire una sociale cospirazione al ben essere di tutti.

Il primo passo per guidare una nazione schiava allo stato di libertà credo che sarebbe far nascere un principio d’onore, un infamia allo spionaggio, un pubblico ribrezzo al tradimento, un senso morale, insomma un culto pubblico di virtù. Frattanto l’oggetto dei filosofi dovrebbe attenersi a dilatare le virtù, a insinuare il ribrezzo per le azioni basse… e se anche nella letteratura venisse mostrata agli uomini la bellezza della virtù, lentamente nascerebbe una generazione migliore.

Ma la religione non ci insegna di essere sudditi ai nostri superiori e che ogni podestà viene da Dio? La nazione è più del governo, esso deve essere suddito della nazione che gli è superiore. Ogni podestà viene da Dio, ma la prima forza e podestà Dio le ha collocate nella nazione.

Se ogni azione che non abbia per oggetto la pubblica utilità è un abuso, è una usurpazione, pare però che offenda i privati diritti di molti. Che diritto ha un uomo di lagnarsi se un altro uomo si chiama nobile, conte, marchese, ecc, che male fanno alla nazione se i discendenti di chi abbia fatto delle azioni generose e utili conservano il nome? Precisiamo, io chiamo abusiva quella distinzione che si arroga un cittadino, senza che la società intera ne tragga utilità. In quel paese dove la nobiltà  sia veramente il premio delle nobili azioni, ella sarà da conservarsi. Ma la nobiltà fa danno quando rende animata l’avidità del denaro, la cabala, la bassezza, l’adulazione, e offre sempre il premio di ottenere con esse una distinzione. Bisogna che non possa essere distinto se non colui che con la persona, con l’esempio, con i suoi lumi si è fatto conoscere uomo di merito. Oggidì l’uomo più virtuoso, che non abbia natali e titoli, è calpestato dal fasto dei grandi titolati, pieni di vizi e di bassezze e d’ignoranza. Sgomberate le illusioni, aprite un campo libero alla ragione e vedrete comparire la felicità pubblica. I filosofi devono gettare i semi, il temo li svilupperà. I filosofi devono con il ridicolo, con la ragione, con il Teatro (ne è un esempio Goldoni), nei libri abbattere la chimera della nobiltà, e distruggerla, come hanno fatto delle streghe e dei maghi.

La rivoluzione però pota con se enormi disordini, come può dirsi un beneficio insigne? Vero, ogni rivoluzione è sempre accompagnata da gravi disordini, perché nel momento in cui il popolo rompe ogni riguardo, e si sottrae al governo, non vi è forza che lo moderi e l’anarchia si presenta. Ma quando il cattivo governo, soffocando i germi delle virtù, degrada le nazioni, e riduce gli uomini a dover arrossire in faccia all’Europa colta della propria patria, basta una sola scintilla di onore per sentire che una rivoluzione sarà un bene insigne, e produrrà un uovo ordine di cose, promovendo la pubblica felicità. Il tumulto, la sedizione, il furore popolare sono pubbliche disgrazie, se producono la sostituzione di un dispotismo con un altro … bisogna che da questi mali ne nasca una Costituzione. Quindi, un uomo virtuoso e illuminato, sotto un governo cattivo, deve per quanto in suo potere gettare i semi per la riforma, e lavorare acciocché gli uomini sentano la loro forza, e si prepari quindi la massa del popolo ad essere degna d’aspirare alla libertà.

E che dire di quei cittadini indolenti che sono insensibili ai mali altrui, che guardano con occhio eguale la bassezza e la generosità, se pure anche non chiamano accorgimento la prima e pazzia la seconda, uomini onorati volgarmente come prudenti? Dico che sono i veri cadaveri del corpo politico, e sono senza avvedersene i più forti nemici del bene pubblico; il loro stato di morte morale corrompe con l’esempio della pacatezza e uniformità ogni virtù civile.

Come mai questi uomini cauti, pacati, sono universalmente giudicati uomini dabbene e proposti per imitazione alla gioventù? Questo è un sintomo di una nazione corrotta e schiava. La virtù vuole che siamo giusti, e non lo è colui che considera con occhio eguale le generose azioni e le vili; che mostra rispetto a chi ha potere e trascura il merito disarmato. Questa massa di uomini volgarmente prudenti è l’argine che impedisce nella nazione l‘espansione della virtù e i progressi della ragione. Se gli usurpatori, i prepotenti leggessero sul viso dei cittadini il loro ribrezzo; se quella vivissima indifferenza che si è innalzata con il nome di prudenza non adulasse continuamente la malvagità e non avvilisse il merito, i pubblici nemici sarebbero di meno.

Anime incallite sotto il giogo della schiavitù, uomini giacenti nel letargo della abiezione, svegliatevi, mirate la virtù, la verità, la felicità pubblica; cessate di seminare con l’esempio vostro quei funesti papaveri prudenziali, che perpetuano il sonno obbrobrioso del vostro paese.     

 

 
 
 
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