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Post N° 149

Post n°149 pubblicato il 04 Febbraio 2008 da eleperci
 

Successo travolgente per il Cyrano portato in scena dal tenorissimo iberico

Alla Scala trionfa Domingo e rinasce Franco Alfano

di Elena Percivaldi

Dieci minuti di applausi, pioggia di "bravo" e ovazioni a non finire. Così Milano ha accolto Placido Domingo che l’altra sera, alla Scala, ha fatto il suo "Grande ritorno". Vi mancava da cinque anni, dopo l’Otello che inaugurò l’ultima stagione prima della riapertura dopo i restauri. E vi ha portato trionfalmente il Cyrano de Bergerac di Franco Alfano, opera quasi sconosciuta (debutto a Roma nel '36, pochissime riprese, pochissime incisioni) ma alla quale ha saputo restituire, complice un cast di grande livello, una nuova vita.

Diciamola tutto. La musica di Alfano non è certo brutta. Ma l'opera non è nemmeno questo gran capolavoro. Il trionfo assoluto, al Piermarini come altrove, va quindi a nostro avviso in gran parte, se non del tutto, attribuito al carisma del tenore iberico , che ha incarnato un Cyrano a tutto tondo, intriso di prodondissimo afflato lirico ma anche di impressionante vigoria fisica, impegnato in svariati duelli da stroncare il fiato. Questo a 68 anni suonati. E scusate se è poco. Sulla resa vocale preferiamo, con umiltà, tacere, sussurrando appena che abbiamo ascoltato quasi immutato lo smalto e il timbro dei suoi tempi migliori. D'accordo, non è una novità per nessuno. E allora diremo che ciò che ha davvero impressionato è la maestria col quale il suo Cyrano, nient'affatto imbarazzato dall'imponente (anche se non grottesco) naso, ha fatto vibrare tutte le corde delle emozioni, brillare tutto lo spettro dei colori del sentimento più nobile, dalla sfrenata esaltazione alla più profonda depressione, efficacemente sintetizzati nei formidabili sei modi differenti con cui sussurra "ah" nello scoprire che l'amata Roxane in verità non è invaghita di lui ma del bel Christian.

Sul podio la bacchetta di Patrick Fournillier ha dominato una partitura come detto non nota, non facile, non cantabile ma ricca di spunti melodici, in bilico tra lo slancio lirico di Puccini e gli impressionismi di Debussy. Perfettamente a suo agio in una musica più francese - lui che si è prodigato con le opere meno note di Auber e Massenet - che italiana, toccante nei momenti più alti del testo (la scena del coro dei cadetti, la scena del balcone, tutto l'ultimo atto e in particolare la morte di Cyrano), travolgente nei finali in fortissimo, la direzione del maestro è di quelle che lasciano il segno e sono il miglior biglietto da visita possibile per reinserire in repertorio lavori che ne sono usciti da tempo immemore o forse non vi sono mai entrati.  

Sondra Radvanovsky ha dato vita ad una Roxane spavalda e sbarazzina, molto intensa e di grande presenza scenica. Vocalmente rotonda, così piena nel registro centrale quanto sicura e vibrante negli acuti, è stata in una parola splendida. Convincenti anche gli altri ruoli, dal Christian di German Villar al Carbon di Simone Alberghini, dal De Guiche di Pietro Spagnoli al Le Bret di Claudio Sgura. Come al solito superlative le voci del coro diretto da Bruno Casoni. Belle le ormai collaudate scene di Peter J. Davidson, anche se forse era un poco spoglia la scena del balcone: suggestivi invece la torre e il campo dell'assedio di Arras dell'atto terzo, adattissimi all'evocazione nostalgica della patria da parte dei cadetti ormai allo stremo delle forze.

Efficaci i costumi (d’epoca) di Anita Y. Yavich, mentre più da blockbuster di cappa e spada che da teatro lirico - ma il sospetto è che ciò sia voluto - è la regia di Francesca Zambello, che ha concepito questo Cyrano come un kolossal da portare, dopo il Met, Londra e Milano, in tournée per tutto il mondo. Con questi interpreti, c’è da scommetterci, sbancherà ovunque.

PUBBLICATO SU CLASSICAONLINE:
http://www.classicaonline.com/

 

Repliche 5, 9, 12 e 15 febbraio.

 
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IL MIO ULTIMO LIBRO

E' uscito il mio nuovo libro. Si tratta dell'edizione, con traduzione, testo latino a fronte, commento e ampia introduzione, della "Navigatio sancti Brendani", testo anonimo del X secolo composto con molta probabilità da un monaco irlandese e che narra la peripezie di san Brandano e dei suoi monaci alla ricerca della "Terra repromissionis sanctorum", la terra promessa dei santi.
Un classico assoluto della letteratura medievale. Prefazione di Franco Cardini.

Anonimo del X secolo
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A cura di Elena Percivaldi
Prefazione di Franco Cardini
Ed. Il Cerchio, Rimini
pp. 224, euro 18


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NE PARLANO:

GR2 (RAI RADIO 2): INTERVISTA (9 gennaio 2008, ore 19.30) Dal minuto 20' 14''
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ASSOCIAZIONE CULTURALE ITALIA MEDIEVALE
http://medioevo.leonardo.it/blog/la_navigazione_di_san_brandano.html

IL SECOLO D'ITALIA 12 dicembre 2008 p. 8 - SEGNALAZIONE
http://www.alleanzanazionale.it/public/SecoloDItalia/2008/12-dicembre/081214.pdf

IL SECOLO D'ITALIA  01 gennaio 2009 p.8 - RECENSIONE
http://www.alleanzanazionale.it/public/SecoloDItalia/2009/01-gennaio/090110.pdf

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http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=23436

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1 novembre, Europa tra sacro e profano

1 novembre, Europa tra sacro e profano. Ne hanno parlato al microfono di Giulia Fossà: Elena Percivaldi, giornalista e studiosa di storia antica e medievale; Flavio Zanonato, sindaco di Padova; Marino Niola, Professore di Antropologia Culturale all'Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa di Napoli; Sonia Oranges, giornalista de 'Il Riformista'; Alberto Bobbio, capo della redazione romana di 'Famiglia Cristiana'; Ennio Remondino, corrispondente Rai in Turchia. La corrispondenza di Alessandro Feroldi sulle politiche dell'immigrazione a Pordenone.

ASCOLTA: http://www.radio.rai.it/radio1/nudoecrudo/view.cfm?Q_EV_ID=230636

 

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I MIEI LIBRI / 1

ELENA PERCIVALDI, "I Celti. Una civiltà europea", 2003, Giunti (Firenze), pagine 192, euro 16.50

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I MIEI LIBRI / 2

ELENA PERCIVALDI, I Celti. Un popolo e una civiltà d'Europa, 2005, Giunti, pagine 190, euro 14.50

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Il libro è il PRIMO saggio COMPLETO in italiano sull'argomento.

L'alfabeto ogamico è un originalissimo modo di scrivere che fu inventato presumibilmente intorno al IV secolo d.C. Il nome "ogam" è stato collegato a quello di un personaggio chiamato Ogme o Ogmios: per i Celti il dio della sapienza. Nella tradizione irlandese del Lebor Gàbala (Libro delle invasioni), Ogma è un guerriero appartenente alle tribù della dea Danu (Tuatha Dé Danann). Un testo noto come Auraicept na n-éces (Il Manuale del Letterato), che contiene un trattato sull'alfabeto ogam, dice: "al tempo di Bres, figlio di Elatha e re d'Irlanda (...) Ogma, un uomo molto dotato per il linguaggio e la poesia, inventò l'Ogham.”

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Volti, cerimonie rituali, frammenti di vita in seno ai templi delineano attraverso la fotografia i segni del ritratto di un mondo in cui le difficoltà morali, il fervore spirituale e la profondità d’animo vanno di pari passo con la gentilezza, l’allegria e l’immensa generosità.  Le suggestive immagini in bianco e nero, fortemente spirituali, della prima parte del volume si contrappongono alle intense fotografie a colori dedicate alla realtà di tutti i giorni (centri commerciali, prostitute) pubblicate nella seconda parte. Il libro è introdotto da un accorato messaggio di pace del Dalai Lama che pone l’accento sulla grande forza d’animo con cui il popolo tibetano affronta continuamente ardue prove nel tentativo di continuare a perpetuare l’affermazione delle proprie idee e della propria spiritualità.

 

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