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Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 01 Agosto 2005 da unaqualunque_s
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Allora ha scordato il suo ruolo cruento, ti ha guardato il viso come una donna qualunque.
Ha frugato i tuoi lineamenti tumefatti, nella speranza di allontanare lo sgomento di quel pensiero.
Ma tu mi somigli, e Ada non ha potuto non accorgersene.
L'infermiera ti stava rasando la testa, i tuoi capelli cadevano sul pavimento.
Ada ha mosso un braccio verso quella caduta di ciocche castane.
"Piano, fai piano" ha sussurrato.
Ha camminato verso la rianimazione, verso il neurochirurgo di guardia.
"La ragazza, quella che hanno portato..."
"Sei senza maschera, usciamo."
Hanno lasciato quel luogo asettico dove i parenti non sono ammessi, dove i malati giacciono nudi accanto al soffio del loro respiro artificiale e insieme sono tornati nella stanza dove l'infermiera ti stava preparando.
Il neurochirurgo ha guardato nel monitor il tracciato dell'elettrocardiogramma e della pressione sanguigna.
"E' ipotesa" ha detto, "avete escluso lesioni toraciche o addominali?"
Poi ti ha guardata, di sfuggita.
Ti ha spalancato le palpebre con un moto rapido delle dita.
"Allora?" ha detto Ada.
"Sono pronti in sala operatoria?" ha chiesto lui all'infermiera.
"Stanno preparando."
Ada ha insistito: "Non ti sembra che gli somigli?".
Il neurochirurgo s'è voltato e ha sollevato il radiogramma della TAC verso la luce che entrava dalla finestra: "L'ematoma è esteso tra cervello e dura madre...".
Ada ha stretto le mani l'una dentro l'altra, ha alzato il tono della voce: "Gli somiglia, vero?".
"...Potrebbe essere anche intradurale."
Fuori pioveva.
Ada ha attraversato il tratto di impiantito esterno che separa il pronto soccorso dal padiglione di medicina generale, le braccia conserte strette nella casacca a mezza manica, i passi silenziosi dentro gli zoccoli di gomma verde.
Non ha preso l'ascensore per salire in chirurgia, è salita a piedi.
Aveva bisogno di muoversi, di fare qualcosa.
La conosco da venticinque anni.
Prima di sposarmi, per un breve periodo, le ho fatto una corte troppo in bilico tra il gioco e la sincerità.
Ha spalancato la porta.
Nel salotto dei medici c'era un infermiere che stava portando via le tazze del caffè.
Ha preso dai contenitori una cuffia e uan mascherina, se li è infilati in fretta, poi è entrata.
Devo averla vista dopo un pò, quando ho mosso lo sguardo verso la ferrista per passarle le klemmer.
Ho pensato che era strano vederla lì, lei è fissa in rianimazione e ci incontriamo di rado, il più delle volte al bar nel sottosuolo.
Ma non le ho prestato particolare attenzione, non le ho nemmeno fatto cenno di saluto con la testa, ho sganciato un'altra klemmer e l'ho passata.
Ada ha aspettato che le mie mani non fossero sul campo operatorio.
"Professore, deve venire" ha sussurrato.
la ferrista stava scartando l'ago lanceolato dal suo involucro sterile, ho sentito il rumore della carta plastificata che si strappava mentre giravo lo sguardo dentro quello di Ada.
Mi era vicinissima, e non me n'ero accorto.
Ho trovato due occhi di donna nudi, senza trucco, vibranti dentro un luccichio.
Prima di passare in rianimazione è stata una delle migliori anestesiste dell'ospedale. ha soffiato il protossido d'azoto dentro molti miei pazienti.
L'ho vista immota di emozioni anche nei momenti più gravi e l'ho sempre stimata per questo, perchè so quanta fatica le è costata sotterrare se stessa dentro la sua casacca verde.
"Dopo" ho detto.
"No, è urgente, professore, la prego."
Il tono della sua voce era alterato da una strana autorità.
Credo di non aver pensato a nulla, ma le mie mani si sono fatte pesanti.
La ferrista mi porgeva il partaghi.
Non ho mai lasciato un intervento prima di ultimarlo.
Ho stretto la mano e mi sono accorto che l'impulso era arrivato in ritardo.
Mi apprestavo a ricucire la fascia muscolare dell'addome.
Ho fatto un passo per staccarmi dal paziente e ho urtato contro qualcuno alle mie spalle.
"Finisci tu" ho detto al mio assistente.
La ferrista gli ha pasato il portaghi.
Ho sentito il rumore del ferro che sbatteva sella mano inguainata, un suono sordo che è risalito nelle mie orecchie amplificato.
Tutti i presenti hanno sfiorato Ada con lo sguardo.

 
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