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Post N° 51

Post n°51 pubblicato il 01 Novembre 2005 da unaqualunque_s

Nella casa al mare tua madre comincia a raccogliere le sue cose, l'estate è quasi finita.
Sono seduto in giardino, guardo il grande e il piccolo carro, la stella polare.
Mi raggiunge, ha un cardigan posato sulle spalle e un bicchiere in mano.
"Vuoi qualcosa da bere?"
Scuoto la testa.
"Cos'hai?" dice.
"Niente."
"Sei sicuro?"
L'autunno arriverà, il mare diventerà grigio, la sabbia sporca, il vento la farà volare, la casa sarà già chiusa.
Elsa sente nelle spalle quel piccolo assaggio di malinconia.
A letto si stringe a me, vuole fare l'amore.
"Vuoi già dormire?"
Non mi sposto, rimango dalla mia parte: "Ti dispiace?"
Le spiace.
Smette di baciarmi, ma resta a respirarmi addosso, con intenzione.
Il soffio carico del suo respiro mi allontana dal sonno.
"Scusami, sono stanchissimo..."
Mi volto, la sua faccia è ferro nel buio.
Il suo corpo fruscia sul lenzuolo e si allontana dal mio.
Ora mi dà la schiena.
Aspetto.
Non voglio che sia triste.
Allungo un braccio verso di lei, mi scaccia con un lieve moto della spalla.
"Dormiamo" dice.
L'indomani mi sveglio tardi.
Trovo Elsa in cucina, indossa la sua vestaglia di seta cruda.
"Ciao" dico.
"Ciao."
Mi preparo la macchinetta del caffè, la metto sul fuoco e, mentre aspetto che il caffè esca, mi siedo.
Mia moglie è alta, le sue spalle sono un trapezio perfetto, due linee oblique che corrono fino alla strettoia della vita.
Sta sistemando dei fiori dagli steli lunghi.
"Dove li hai presi?"
"Me li ha regalati Raffaella."
E' ancora arrabbiata, lo capisco da come muove le mani, gesti sbrigativi che hanno il solo intento di ignorarmi.
Da quanto tempo non le regalo dei fiori?, penso.
E forse anche lei sta facendo lo stesso pensiero.
Si è infilata i capelli dietro le orecchie.
E' contro la finestra, da dove penetra una luce vivida, appena soffocata dal cotone della tenda.
Le guardo il profilo, le sue labbra scolorite sono due bolle di carne burbera.
Ci sono molti pensieri per me in quelle labbra, forse contro di me.
Mi alzo, mi riempio una tazzina e bevo.
"Vuoi un pò di caffè?"
"No."
Mi servo un'altra tazzina e bevo anche quella.
Elsa si è tagliata.
Ha lasciato cadere le forbici sul tavolo e si è portata il dito ferito nella bocca.
Mi avvicino a lei.
"Non è niente" dice.
Ma io le prendo la mano e la spingo sotto il getto dell'acqua.
Acqua rosata del suo sangue scompare dentro il buco nero al centro dell'acquaio.
Le asciugo il dito nella mia maglietta, poi cerco il disinfettante e un cerotto nel pensile dei medicinali.
Tua madre mi lascia fare, le piace quando mi occupo di lei come medico.
Poi le bacio il collo.
Me lo ritrovo accanto, il suo collo, e lo bacio, lì dove scompare nella nuca invasa dai capelli.
E ci abbracciamo in cucina accanto ai fiori sparpagliati sul tavolo.
Quando esco dalla doccia, lei sta battendo a macchina in un angolo separato del salone.
Deve sbrigarsi, dice, perchè è rimasta indietro con il lavoro.
Non ha più voglia di bagni e sole.
Lascerà che la sua pelle scura scolorisca nell'inverno.
Non si è vestita, indossa ancora la vestaglia.
In basso quella seta cade sul pavimento e le lascia scoperte le gambe.
Ho messo sul piatto del giradischi la Patetica di Cajkovskij.
Le note invadono come una tempesta di cristalli il salone dove entra il sole, ho i piedi nudi e leggo.
Gli occhi di tua madre viaggiano sui tasti, ogni tanto tira via un foglio, lo accartoccia e lo butta nel cestino di vimini che ha accanto.
Ha una natura sdegnosa, altera negli intenti, nelle linee del corpo.
Non mi appartiene, non mi è mai appartenuta, ora ne sono certo.
Non siamo programmati per appartenerci, siamo programmati per vivere insieme, per condividere lo stesso bidet.
Mi guarda, abbandona la macchina da scrivere e si avvicina.
Si siede sul divano di fronte a me, una gamba piegata sotto le natiche, un piede scalzo che sfiora il pavimento.
Comincia a parlare, e le sue parole sono un accerchiamento ponderato.
Frasi generiche sul lavoro, su un collega al giornale che le ha fatto uno sgarbo, poi di punto in bianco: "E tu cosa hai fatto al congresso?".
E subito dopo mi chiede che c'era e chi non c'era, e sento che il cerchio si chiude mentre dice: "La stanza com'era?".
"Anonima."
Sorrido, non sono io quello in difficoltà, ma lei.
La lascio abbrustolire nei suoi pensieri, sono calmissimo, se ha qualcosa da chiedermi, lo faccia pure.
Coraggio, moglie, fatti avanti.
Se hai davvero bisogno di chiarezza questa volta te la sbrighi da sola, non sarò io ad aiutarti.
Non mi sento in colpa, non ci riesco.
Cajkovskij suona, e dentro la sua musica stamattina sulla mi sembra più così drammatico.
Elsa si sta accanendo su una ciocca di capelli che sembrano bianchi perchè il sole li bagna da dietro.
Si affanna in bilico tra la curiosità e il timore di soffrire.
Eppure, se ora mi chiedesse di farlo, sarei pronto a frantumare il presepio.
Ma la verità ha le ascelle sudate, non è adatta alla regalità di mia moglie.
Mi guarda in un modo che conosco, anche se solo adesso mi sembra di decifrare il sentimento imprigionato dentro quelle retine opache: lì c'è una mancanza, un arresto, un muro.
I suoi sono gli occhi di una stupida.
E' una scoperta esplosiva.
Dietro tanta apparente intelligenza si cela una patina di coriacea sordità, quasi un'assenza di coscienza: è la sua scappatoia al dolore.
Sono gli occhi che mette quando è in difficoltà, quelli con i quali finge di capirmi, mentre invece mi abbandona a me stesso.
Ora si alza, va verso la cucina, ha quasi raggiunto la porta.
La sua schiena dritta, i suoi magnifici capelli che sussultano nel passi.
Prendo la mira al centro del suo corpo e le lancio il coltello...
"Vuoi sapere se scopo con un'altra?"
Si volta: "Hai detto qualcosa?".
Cajkovskij copre.
Non ha sentito.
O forse si, per questo traballa un pò.
Quella sera faccimao l'amore.
E' tua madre che mi prende, non l'ho mai vista così ardita.
"Piano" sussurro ridacchiando, "piano."
Ma lei è più forte di me, ha un suo progetto.
Mi sta abbattendo addosso un carico di energie costipate, stanotte sono la sua presa a terra.
La sua è una farsa erotica, che deve aver assimilato in qualche lettura, o al cinema.
Stanotte ha deciso per la passione bruciante.
E io sono in mezzo, sbalestrato, un ronzino scaraventato in una gara al galoppo.
Ora è scivolata in basso, ansima sotto il mio ventre.
Non sono abituato a vederla così sottomessa.
Mi sento in colpa come se a causa mia lei acconsentisse a depravarsi.
Voglio andarmene, voglio scappare via da questo letto, invece rimango.
Ora sono eccitato, ho guardato la sua testa e ho pensato...
E quel pensiero mi ha eccitato.
Mi rovescio addosso al corpo di tua madre, lo maltratto.
La spingo ai piedi del letto e la prendo come una capra e mentre lo faccio mi chiedo cosa sto facendo.
Dopo era sotto di me come un uovo rotto, si era girata nel suo guscio frantumato e mi guardava con una nuova intenzione.
Sembrava felice e malvagia come una strega che è riuscita in un sortilegio.
Per la prima volta da quando l'avevo conosciuta, ho pensato che volevo lasciarla.

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Commenti al Post:
lorteyuw
lorteyuw il 24/03/09 alle 18:02 via WEB
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