Creato da: TATOMATO il 06/04/2006
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Il Viaggio ha Inizio

Post n°1 pubblicato il 06 Aprile 2006 da TATOMATO

Il mio viaggio ha inizio, senza una meta apparente, ma con la voglia di trovare nuvole di serenità.
Viaggio nel mio cuore, di ciò che conservo dentro. Viaggio alla ricerca di lei, di quell'amore che m'è stato levato...strappato di dosso senza sapere perchè.
Viaggio a misurare il dolore, a ricordare bagliori di felicità, a leggermi dentro le righe lasciate da chi oggi forse legge le mie.

Coraggio...la strada da fare è ancora lunga...

 
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Passato e Futuro

Post n°2 pubblicato il 05 Maggio 2006 da TATOMATO

"...no, non rimpiangere mai non illuderti mai certe cose non tornano più, e non pensarci di più tu non pensarci anche se son le cose che hai amato di più e che restano lì....."

Uscire da una storia è come aprire la porta od esserci portati a farlo, per accedere ad una stanza che contrariamente a quella che si lascia alle spalle non è affatto illuminata...

Si può sognare, o smetterla di farlo. Si trascorrono giornate intere a guardarsi le tasche, a capire se ti è rimasto qualcosa dentro da portare con te come fosse una brezza che soffia alle spalle, o se il primo cestino che scorgi al buio verrà presto riempito.

Non sai a che sperare. Non sai SE sperare. Voglia di urlare tanta quanto l'incapacità di dire qualcosa...
Ricordi il tuo ultimo sorriso come fosse la prima comunione, qualcosa che sai essere esistito ma che non tornerà più.

Poi qualcuno laggiù accende una candela. Non vedi chi è : gli occhi che oramai si erano abituati al buio si fanno a fessura e non riescono a guardare quella luce semplice eppure fastidiosa.

Un incontro nemmeno così previsto. Contromano come la mia manovra in macchina. Non scendo nemmeno, ma sale lei...
Ha il sorriso degli angeli. Sorride sempre, a volte per niente. Forse imbarazzo...o voglia di farmi sapere che le piacevo. Piaceva anche a me, ma all'inizio non mi sentivo ancora nè carne nè pesce. Nessuna curiosità, nessuna voglia di raccontare chi fossi.
Si cena in un locale semivuoto. Una cameriera svampita e strana (ma forse ero strano io) ci porta da bere e poi da mangiare. Mi fissa...deve concentrarsi per capire a chi servire una cosa e a chi l'altra.
Lei intanto sorride ancora. Aveva capito cose che non potevo capire io. La serata prende una piega che avevo quasi dimenticato. Passiamo da casa mia, guardiamo un film, poi i nostri occhi a dirci quanto le labbra si facessero vicine... bacio da guiness...una carezza a scremare via la mia apatia, un capogiro da sentirsi nuovamente vivi e poi tutto il resto. Non sapevo perchè il calore del suo corpo mi apparisse così diverso quando, finita la danza, la tenevo stretta a me.

La riaccompagnai a casa. Salutandoci non dicemmo nulla di ciò che sarebbe stato domani.
Tornai indietro con la mente pesantemente vuota, le braccia leggere come piombo e il suo profumo seduto accanto a me.

Ci ritrovammo ancora...e poi ancora...

Il non sentirci per qualunque ragione cominciava a pesare, a creare dispiaceri all'inizio indecifrabili, poi sempre più chiari :

C'eravamo innamorati...

Riuscii a trovare l'interruttore della luce e ad accenderlo, a guardare al futuro con occhi nuovi...carichi di esperienza ma ottimisti come un fanciullo incoscente.

Serenità, aspettami...sto arrivando


 
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Visibile e invisibile

Post n°3 pubblicato il 09 Maggio 2006 da TATOMATO

"...da qui cominciano i ricordi, e tu vai via senza saperlo, ti viene fuori un ciao che sembra quasi di 'so già che starò male', da qui fotografo ricordi..."

Ci frequentammo praticamente ogni giorno. Qualche volta andavo da lei, altre volte veniva da me. Spesso i week end li dedicava all'attività dei suoi genitori, partiva il venerdì e tornava il lunedì, ma la cosa non pesava perchè ci restava il resto della settimana.

A pesare finì invece, col tempo, il fatto che per i suoi io non dovevo ancora esistere.
Mentalità un po' all'antica, che non permetteva loro di accettare con tranquillità che la figlia potesse coltivare degli affetti. No. Prima c'era la laurea da conseguire, nessuna distrazione ammessa.
Lei a modo suo si ribellava a questo. Fuori dalla portata dei loro sguardi si fumava le sue sigarette, beveva qualche alcoolico da compagnia quando si usciva, e faceva l'amore anche se i suoi la sapevano ancora vergine.

Le nostre telefonate quando era via erano poco più che clandestine. Nessuna parolina dolce detta se c'era qualcuno nei suoi paraggi che potesse ascoltare. Ma la cosa durava poco : un fine settimana si ed uno no.

Quando frequentava le lezioni all'università abitava con una sua amica che presto frequentò anche lei un ragazzo. Decisero di convivere. Fu allora che lei venne a stare praticamente in pianta stabile da me, pur continuando a pagare affitto e consumi dall'amica, perchè per i suoi lei continuava ad abitare lì.
Ce l'avevo tutti i giorni e tutte le ore con me. Era bellissimo viverla. Io lavoravo, lei studiava...ma quando tornavo a casa c'era lei ad aspettarmi. Sembravamo una famiglia esattamente come marito e moglie.

Ma si sa : la scuola non dura tutto l'anno. Venne la prima estate, forse quella più terribile. Lei tornò dai suoi, c'era la stagione estiva. Da giugno ai primi di settembre. All'inizio riuscii ad andare da lei un paio di volte finchè i suoi erano in ferie, ma una volta tornati non potemmo più vederci per il resto dell'estate. Ci sentivamo tutte le sere, ma rimanevo invisibile.

Sopportare...resistere...credere...sperare... Da quella sorta di convivenza alla lontananza forzata. Le proposi di vederci di nascosto se proprio era troppo presto che i suoi sapessero di me. No, lei non si poteva muovere da lì nemmeno con una scusa qualunque, nemmeno con una delle tante bugie che avevo sentito dire da lei "a fin di bene" quando era da me e i suoi la chiamavano convinti che si trovasse nella sua stanza a casa dell'amica.

Anche il mio passato era indigesto ai suoi. Più volte affrontai questa questione chiedendole se per lei fosse stato un problema, e lei mi assicurò sempre che per lei non lo era. Anche se ero stato sposato, anche se il mio cammino mi aveva portato due figli a lei non importava: con me stava bene, si diceva innamorata.

Pesava...pesava tanto passare dall'averla tutti i giorni a non vederla per niente. Cosa si poteva fare? Forse metterci qualcosa di davvero profondo nelle nostre telefonate, dirci "mi manchi", dirci "vorrei essere lì con te", dirci "ti amo"...in sostanza fare in modo che qualcosa bilanciasse il vuoto dell'assenza.
Incisi un nastro-lettera dove misi tutto me stesso per farle sentire che ero vicino. Ci fu la mia voce, alcune canzoni che le cantai una delle quali scrissi appositamente per lei, una poesia che mi uscì dal cuore e che misi in musica. Registrai a sua insaputa una nostra telefonata e la feci partecipare a quella che voleva essere un modo di esserci, un modo di essere visibile nell'invisibilità. E gliela mandai. Non so quante volte l'ascoltò quella cassetta. Forse una solamente o più volte. So che mi ringraziò ma non ne parlò più.

L'aspettai fino al giorno in cui tornò, e tutto fu come ce lo ricordavamo.

 
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L'immagine di un sogno

Post n°4 pubblicato il 11 Maggio 2006 da TATOMATO

"...solo ieri c'era lei nella vita mia, solo ieri c'era un sole che metteva allegria, e io mai credevo proprio che mai, mai più andasse via..."

Il suo ritorno segnò un altro bel periodo assieme, fatto di quotidianità e di consapevolezza che c'era la possibilità di andare avanti.
Parlammo molto del futuro, di come sarebbe potuto essere. Quella sorta di palestra sociale ci dava l'indicazione che avremmo potuto coesistere per lungo tempo : andavamo d'accordo, ci trovavamo in molte cose. Mi apprezzava per il mio modo di essere, per i complimenti che le facevo, per il valore che le davo.

Più volte la definii il mio "mondo complementare". Lei era tutto ciò che a me mancava e viceversa. Ma per il resto tutto rimaneva fermo nella bolla di sapone della sua dipendenza, sia economica che psicologica. La sua educazione, almeno così diceva, non le permetteva di affrontare alcune questioni, specialmente con i suoi genitori.

Si diceva come una che "non si rompe tanto le scatole" di fronte ad alcuni problemi. Take it easy...quella sorta di suo motto a volte tradito dai comportamenti. Come poteva una persona che dichiarava andarle bene l'educazione ricevuta violare alcune regole quando non era con i suoi genitori?

Sentii in cuor mio di volerla aiutare. Cominciai a darle tanti consigli che non la danneggiassero. Non poteva certo invertire le cose in un batter d'occhio, ma avrebbe potuto tagliare il cordone ombelicale piano piano. Avrebbe potuto raccontare della mia esistenza, poi magari conquistare quel pizzico di indipendenza facendo capire loro che a me ci teneva, che con me stava bene e che desiderava vedermi e frequentarmi.

Lei pur dandomi ragione ostentava perplessità. Sembrava proprio che affrontare i suoi sarebbe stata la cosa più difficile del mondo. Io mi chiedevo che tipi fossero...perchè tutta questa resistenza. Ma cercai di darle tempo.

Venne il periodo festivo di Natale. Stagione invernale che la portò nuovamente lontana e clandestina fino a metà gennaio. Nel frattempo nulla fu affrontato. I discorsi che sentiva fare in casa, anche se generici e non direttamente attinenti la scoraggiavano. Io pensai che forse lei si facesse più problemi del dovuto, forse era un blocco unicamente suo.
Ma la questione principale girava attorno al fatto che l'obbiettivo "laurea" era l'unico che avrebbe potuto dare il via a qualunque altra cosa. Si parlava della possibilità che dopo la laurea lei trovasse un lavoro dalle mie parti e col tempo avremmo convissuto.

La invitai a cercare un modo di non trascorrere l'estate futura allo stesso modo della precedente, ma lei rimandava....rimandava sempre......"ci penserò...."... i domani che non vennero mai, come quando le chiedevo di dimostrarmi di tenerci a me quando si era lontani...
Tutto sommato l'idea di quello che avremmo potuto essere in futuro era abbastanza chiara. Caricai nuovamente le spalle di pazienza, e la portai avanti per un bene in comune.

 
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La svolta

Post n°5 pubblicato il 12 Maggio 2006 da TATOMATO

"...Ti vorrei, ti vorrei come sempre ti vorrei notte farà,mi penserai ma tu che ne sai dei sogni quelli son miei, non li vendo..."

Ben presto arrivò l'estate successiva. Quel gioco di rimandare sempre tutto, di aggirare i problemi accatastandoli laggiù in fondo al sentiero fece si che alla vigilia della sua partenza per la nuova stagione estiva nulla fosse stato pensato sul da farsi, e si prospettò un'estate simile alla precedente.
Fu allora che presi io l'iniziativa e la convinsi che non avremmo potuto trascorrere altri tre mesi come i trascorsi periodi di lontananza. Per prima conobbi sua zia, poi suo fratello, e alla fine i suoi genitori. Portai dei fiori a sua madre.

Rimasero tutti ben impressionati, sebbene sorpresi del suo silenzio. Evitammo ogni menzione al mio passato per non incorrere a problemi che, se innescati, ci avrebbero dato del filo da torcere. Su questo le diedi ragione. In effetti la mentalità non si prestava a questo, e mantenere il quieto vivere era necessario. Comunque si dimostrarono cordiali e fui ben accetto. Mi complimentai per l'ottima cucina.
Ancora ricordo il suo lungo messaggio che mi scrisse quando ero sulla via del ritorno. "Fosse stato per me non ti avrei fatto venire, ma avevi ragione tu forse ero io a farmi troppi problemi. Questo ci darà modo di iniziare qualcosa di più bello assieme, alla luce del sole....". Mi scrisse che mi amava e che era contenta di come fossero andate le cose.

E sembrò davvero così. Di tanto in tanto andai a trovarla durante l'estate, se non altro ci si poteva vedere. Certo lei era lì che lavorava. Non mi tirai indietro e mi prestai anch'io a dare una mano. Questo incrementò oltretutto la loro fiducia nei miei confronti. All'occorrenza preparavo consumazioni ed avevo accesso alla cassa. Dove potevo, per come sapevo, cercavo di darmi da fare. Alla sera finito il lavoro uscivamo, anche se a mezzanotte arrivava la telefonata del padre che si informava se stessimo rientrando o no. Se poi decideva di chiudere per andarsene a letto, a letto tutti, ovviamente ognuno nel suo.

Mancavano pochi esami alla sua laurea e non era più previsto che frequentasse lezioni. Questo fece si che lei non scendesse più in città finita l'estate. Le chiesi come avremmo fatto a vederci, e lei mi disse che sarebbe scesa qualche volta.
E lo fece, ma mai per me solamente. La mia comparsa nella sua famiglia non bastò a far si che lei potesse (o volesse) scendere da me per il desiderio di vedermi e basta. Se scendeva c'erano sempre delle con-cause : la scuola per fare o registrare esami, gli acquisti, la parrucchiera, il dentista. Ma per me, esclusivamente per me, mai. Il giorno del mio compleanno lei non aveva altri motivi per scendere, e per farlo dovette quasi litigare con sua madre che pretendeva io salissi da loro a festeggiare. La cosa non mi passò inosservata, dal momento che quando decidevo io di salire da lei lo facevo anche se avevo appena terminato il turno di notte e rinunciavo a delle ore di sonno per farmi quei 100 chilometri che mi separavano da lei.

Successe inoltre che da quella volta non passammo più anche una sola notte assieme.

Non ci rimaneva che attendere la sua laurea.

 
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Il mio cuore è volato a Praga

Post n°6 pubblicato il 16 Maggio 2006 da TATOMATO

"...Dici che ti muovi sul tuo territorio, ma quando ci penso non capisco come tu possa farlo. ti senti male, sei a pezzi e vedo il dolore riflesso nei tuoi occhi che dice “tutti stanno cambiando e non so perchè”. C’è così poco tempo, cerca di capire che io sto tentando di agire in modo da rimanere in gioco, cerco di restare sveglio e di ricordare il mio nome, ma tutti stanno cambiando e io non mi sento così..."

Giunse il periodo di lontananza forse più importante, quello atteso del suo stage universitario all'estero. Andò a Praga, dove per quasi tre mesi prese in affitto un appartamento. Ci trovammo al centro commerciale non lontano da casa mia, suo padre l'aveva portata lì prima di raggiungere l'aereoporto, per completare gli ultimissimi acquisti. Io le avevo già preso un dizionario tascabile Italiano-ceco, una guida alla città con la pianta e dei baci Perugina da portare con se.

Dopo alcuni giorni l'avrei raggiunta, e la cosa fu quasi provvidenziale dato che all'inizio si trovò male, spaesata, e non riusciva a trovare alcune cose che le servivano. I generi da supermercato non erano reperibili con la stessa logica italiana.
Presi un aereo, il primo in vita mia, la raggiunsi e conobbi le nostre ultime notti assieme, dato che da allora non ce ne furono più.

L'accompagnavo tutti i giorni in ufficio durante i 10 giorni di permanenza, poi facevo un giro in cerca delle cose che le servivano. Una caffettiera, alcune pentole...tutto ciò che le potesse essere utile. Poi tornavo a casa e mettevo in ordine, in modo che lei tornando (ma l'andavo a prendere) trovasse tutto a posto. Ero felice di essere lì, di aver riesumato il mio inglese per farmi capire in giro per la città, ma soprattutto di averla con me.

Pensai che dopo la mia partenza sarebbe rimasta poco più di due mesi da sola, lontana da me...ma...lontana anche dai suoi, e da ciò che potevano essere le loro influenze. Decisi allora, in una delle mattinate nelle quali era in ufficio, di acquistare un quaderno con la copertina rigida e le pagine bianche, una penna ed una grossa candela profumata, senza dirle nulla. Quando tornai in Italia trascorsi diverse notti a scrivere con quella penna, su quel quaderno e a lume di quella candela un libro-lettera che chiamai "Il Mio Cuore è Volato a Praga". Alcune pagine in fondo le riservai per ricavarne una sede dove racchiudere un sacchetto pieno di cotone imbevuto del profumo che acquistai a Praga, e in fondo ci misi un CD, creato in pochi giorni, con sette canzoni che incisi tra quelle più ricorrenti durante le mie serate alla tastiera, e che chiamai "Cantare Aspettandoti".

Quel quaderno tornò a Praga con un pacco celere internazionale che le arrivò dopo tre giorni. Mi scrisse, per ringraziarmi, la sua più bella email d'amore tra quelle che ogni giorno mi scriveva ad indicarmi che forse cominciava a capire quanto importante fosse stare insieme.

Quel periodo fu così, come un romanzo uscito dalla penna di uno scrittore famoso. E sentivo davvero di amarla con tutto me stesso...

 
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Aspettando il futuro

Post n°7 pubblicato il 21 Maggio 2006 da TATOMATO

"...più celeste sembri già...ora che riemergo dall'oscurità...raggio di sole puoi far luce su noi. Scoprirò la verità, e un amore che non da tranquillità...raggio di sole puoi far luce su noi...profumo di te che sei così vicina ormai...profumo di te che mi darai qualche cosa che può far male...e tu che vivi in me nemmeno lo sai...e tu che vivi in me nemmeno lo sai...E non so come mai sei tu, oh se davvero m'amerai di più..."

Pochi giorni prima del suo rientro da Praga trovò anche il modo di scrivere una mail ai suoi genitori, raccontando loro il suo desiderio di trascorrere un paio di giorni con me prima che iniziasse la stagione lavorativa invernale. Mi inviò copia della loro risposta. L'accusarono di averli messi di fronte al fatto compiuto circa la mia presenza a Praga, e le dissero che dopo due mesi di distanza doveva rientrare a casa, disapprovando così qualunque intento.

E così fu. Il 18 dicembre l'aspettai all'aereoporto dove potei riabbracciarla. Ancora una volta il suo entusiasmo fu al di sotto delle mie aspettative, ma oramai ci avevo fatto l'abitudine. Passammo qualche ora assieme e poi la portai a casa, con una certa amarezza.

Ma era oramai una questione di tempo. Presto avrebbe conseguito la laurea e poi, come tante volte ci eravamo detti, avremmo potuto pensare ad una vita assieme più da vicino, con la possibilità di potersi svincolare da un contesto famigliare troppo limitativo.
Passò ancora un po' di tempo, ma accadde qualcosa di molto diverso.

Lei si legò a quella sorta di abitudine a non avermi lì. La cosa divenne consuetudine, come se desse adito al proverbio "lontano dagli occhi, lontano dal cuore". Non sapeva comprendere il bisogno di ricevere un segnale, piccole dimostrazioni che c'eravamo ancora e che nonostante tutto l'intenzione di andare avanti c'era.
Cercai sempre di lasciare questo alla sua spontaneità, alla libertà di esprimersi. Ma venne il momento che mi trovai costretto a farle notare queste cose, fino quasi a chiederle qualche frase...qualche messaggio che mi parlasse del suo cuore. Lei ci provava ma erano messaggi ciclici, sempre gli stessi, e sembrava non le mancassi in modo significativo.

Ne parlai con una sua amica, quella presso cui abitava durante gli studi. Anche secondo lei mancavano delle dimostrazioni efficaci. Una volta mi confidò di una accesissima discussione che ebbe con i genitori circa la mia presenza a Praga, e per il fatto che quindi apparisse evidente che la sua verginità era oramai compromessa, anche se non fu certo per "mano mia", visto che già non lo era. Ciò che mi dispiacque di più fu che più volte, sospettoso dell'influenza diretta o indiretta dei suoi, le avevo chiesto se fossero mai venuti in discorso, e lei aveva sempre negato. Saperlo per tempo mi avrebbe dato modo di atteggiarmi con maggior comprensione.

Ma la pazienza continuava a non mancarmi, e la fiducia su un futuro assieme, per quanto duramente provata da quella sua politica di rinvio ad affrontare qualsiasi problema, continuava a sopravvivere piena di speranze.

La sessione di marzo, per la sua laurea, le svanì per una manciata di giorni. Tutto fu rimandato a luglio. Nel frattempo mi prodigai in discorsi, fatti e rifatti, sull'importanza di raggiungere piano piano un'indipendenza psicologica che le permettesse di far valere i suoi desideri, la sua volontà di operare determinate scelte. Ma rimaneva per lo più ancorata lì, ferma sulla linea di partenza...lasciandomi alla stazione di un treno che, non essendo partito, non sarebbe nemmeno arrivato.

 
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Il buio all'orizzonte

Post n°8 pubblicato il 22 Maggio 2006 da TATOMATO

" ...Ma come posso farti andare via, farti andare via senza lasciar traccia quando sono qui a condividere ogni respiro con te...Tu sei l'unica che mi ha conosciuto davvero...Ma come puoi andartene da me quando tutto ciò che posso fare è guardarti che te ne vai? Perchè noi abbiamo condiviso le risa e il dolore, persino le lacrime...Tu sei l'unica che mi ha conosciuto davvero... "

Una nuova estate era oramai alle porte, così come la scadenza della presentazione della sua tesi. Capitava più spesso da me, dato che doveva discuterne col suo tutor e la tesi doveva essere rilegata. C'erano comunque sempre dei motivi paralleli per scendere. Io non ero mai un valido motivo a se stante.

Non mancò molto a che lei pronunciasse quelle parole che furono la prima fucilata vera al mio cuore. Le differenze tra il suo modo di comportarsi quando eravamo a tu per tu e quando invece eravamo distanti, crebbero. Tutti i discorsi fatti, tutte le intenzioni sussurrate tra le lenzuola, tutti i propositi esternati, tutta la pazienza avuta, tutte le volte che strinsi i denti, tutti gli attimi trascorsi a tenere a bada il dolore di distanze incomprensibili, si mescolarono in una nebbia indefinita e nemica di ogni orientamento.

"Non sono più sicura di amarti"...l'eco si diffuse come lo sparo di un fucile nel canyon che mi crollava addosso. Avevo atteso qualcosa che a un passo da me stava cambiando direzione.
"Cosa ti ho fatto ?....", "Nulla, non c'è un motivo..."....è dunque scritto nel mio destino ? E' qualcosa che in ogni caso, comunque vadano le cose, fa da epilogo ad ogni mio frammento di vita ?

Mi diceva che forse era solo un momento di stanca, e che le sarebbe passato. Stanca? Stanca di cosa ? Di fare a modo suo ? Già, perchè giusto questo era avvenuto...
Cercai di capire cosa fosse successo. Lei diceva che erano tante piccole cose...i figli, il fatto che con me non si divertisse un granchè, l'età... -ma come ?- pensavo -la mia età l'ha sempre saputa...quante volte avevo sollevato io la questione dei figli e tutte le volte mi aveva risposto che non c'erano problemi, ma che anzi le mie esperienze passate m'avevano reso quello che ero...e poi come poteva metterla sul 'divertimento' se non potevamo mai andare da nessuna parte, mai nessuna gita nessuna piccola vacanza perchè era contrario alle regole dei suoi...-

Mi dannavo, mi chiedevo come fosse possibile. Le chiesi di dare valore a tutto quello che c'era stato di bello, di ritrovare i nostri momenti migliori. Lei affermava di non riuscirci, almeno non del tutto. Mi diceva che non dovevo insistere...ma ero a corto di energie e la preoccupazione mi aggrediva sempre più. "Dammi modo di stare tranquillo...rassicurami un po'...". Nulla.

Fu come parlare sottovoce alla sua abitudine. Nulla andava affrontato, nulla andava risolto, tutto andava rimandato. Troppa fatica risolvere un problema...
Continuò a fare di testa sua, e io le feci osservare che forse la distanza andava annullata, e che provabilmente avremmo dovuto ritrovare i nostri giorni migliori stando un po' assieme, piuttosto che continuare a stare lontani. Una volta andai da lei senza neppure avvisarla. L'andai a prendere fuori dalla piscina che frequentava. Passammo la serata assieme e alla fine mi disse che avevo fatto bene a venire, e che vederci ci faceva bene. Ma allora ? perchè non cercarci di più ? Nulla. Non reagì. Stava vincendo quella sua condizione di inerme attitudine a mollare tutto piuttosto che combattere.

Vidi da lontano il buio avanzare lento e inesorabile verso di me. E laggiù, verso l'orizzonte ebbi il presagio di non vederne la fine.


 
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Sipario

Post n°9 pubblicato il 26 Maggio 2006 da TATOMATO

"...io mi nascosi in te poi ti ho nascosto da tutti e tutti per non farmi più trovare, e adesso che torniamo ognuno al proprio posto, liberi finalmente e non saper che fare...non ti lasciai un motivo né una colpa, ti ho fatto male per non farlo alla tua vita, tu eri in piedi contro il cielo e io così dolente mi levai imputato alzatevi ..."

Forse lei sperò che fossi io a sollevarla dall'incombenza di chiudere il sipario su tutto quello che fu. In realtà stringevo i denti, nell'inerme attesa che l'onda distruttrice arrivasse e mi portasse via senza che riuscissi ad ottenere anche un solo motivo plausibile, degno di esistere così com'erano esistite le speranze.

Già, le speranze che divennero illusioni. Illusione che una persona così votata all'egoismo potesse dare, potesse comprendere l'importanza ed il valore di ciò che le sue mani non seppero trattenere, che potesse anche solo pensare a ciò che riceveva come un tesoro autentico da non lasciarsi sfuggire, che potesse accorgersi del mondo, quello che, crudele, è sempre pronto ad attenderti dietro la porta, che oggi sembra dare sorrisi e domani semina rimpianti. Giovane donna che oggi pensa di giocare a fare quella ragazzina che non fui io ad impedirle di essere, ma i suoi stessi limiti.

Mi disse di non amarmi più. Le parole si fecero frecce che mi entrarono dappertutto.
Amare. Come iniziò quell'amore? E come finì....? Possono ancora una volta le parole "per sempre" assomigliare alle offerte dei negozi che fingono di non arrotondare un prezzo per vendere ?
300 macigni, uno al giorno. Mi schiacciarono sempre più a terra. Dieci mesi senza che la mia anima potesse udire ancora una volta quelle due parole che transitarono in quella casa, al telefono, nella mia macchina, nelle vie di Praga, nelle sue mail, nei suoi messaggi, nelle mie canzoni, nei miei scritti...

Una scia spaventosa di dolore e di appelli che non attecchirono mai, su quella sorta di sua aridità e nella sua convinzione che la coscienza fosse intatta, quando forse la sua mania distruttiva ha in realtà spazzato via anche quella.

Respirai piccoli frammenti di storia quando venne ancora a trovarmi, e ancora ci trovammo a farlo, brevi istanti di tregua prima di vederla sparire nuovamente, lontana e più dura a restituirmi echi di parole brevi sul fatto che ci stava provando, ma senza nemmeno sapere da che parte cominciare, dimenticandosi di me e basta.

Domani andrà meglio....domani andrà meglio....andrà meglio, in uno di quei suoi "domani..." che non vennero mai.

 
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Buona Vita a te

Post n°10 pubblicato il 27 Maggio 2006 da TATOMATO
Foto di TATOMATO

"...quando la speranza che per ultima muore, lascerà la mia stanza e la sete d'amore, e il mio ultimo sospiro a levarmi dal cuore, verità del mio arrivo, sulla scia di un dolore...vorrei ci fossi tu a tenere ancora la mia mano, prima di saperti a me lontano, dirti piano piano Buona Vita a Te...a te...a te...."

Oggi sono qui a contemplare il silenzio. Attorno a me l'odore delle acacie mi restituisce l'antico sapore della solitudine. Il tempo passa senza un senso apparente. Oggi sono qui a curare ciò che mi è stato regalato. I suoi sguardi ogni tanto mi trapassano la mente con lievi raggi di malinconia.
Non vuole più nemmeno sapere come sto, cosa faccio, cosa sono oggi le mie giornate, come consumo la sua eredità.

Raccolgo il mio dolore, tutto ciò che mi resta...lo consegno a lui affinchè continui la sua guerra di perchè senza risposte.
E cerco parole di perdono per lei, la sua età così giovane che non le ha permesso di capire oggi ciò che il domani le farà comprendere.

"Buona vita a te, amore mio, a te che te ne vai sul tuo cammino. Chi ti proteggerà? Chi ti starà accanto ? Chi ti comprenderà ? Chi ti darà qualcosa ? Chi avrà la mia stessa pazienza ? Chi sarà chiamato e vorrà rispettarti ? Chi ti darà consigli senza egoismi ? Chi ti darà de profundis la vera libertà ?"

Ti auguro ogni bene, tutto ciò che vorrai. Chissà se ricorderai ciò che vivemmo o anche solo le mie parole.
Esco da questa scena con la mano sul petto, ad aspettare che l'ultimo battito si faccia eco e il mio ultimo respiro si spenga nel sospiro. Non sentirò la sua voce chiedermi il perchè.

Adesso mi metterò disteso a riscaldare gli zigomi, prima di proseguire un viaggio senza ancora una meta, come fossi il disegno scarabocchiato su un foglio, nel rosso di un sole che dipinge lo spettacolo immenso del suo tramontare.


 
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