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teatrando... forse

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intermezzo sull'AMORE

Post n°55 pubblicato il 22 Dicembre 2008 da teatron78
 

RACCONTO BREVE

........MA NON TROPPO

Lui si fa chiamare teatron, perché ama il teatro e la poesia con i quali gli piace impegnare il suo tempo libero; anche se, questo hobby, pensare delle figure del mondo, è, in fondo, strettamente legato al suo mestiere: lui è un detective privato, ma non alla Marlowe, ama dire, bensì alla Harper, il detective impersonato da Paul Newman.

In uno dei suoi viaggi in treno, sul quale gli piace viaggiare mimetizzandosi fra la fauna umana per meglio osservarla, come al solito alla ricerca di indizi per il caso del momento, una notte piovosa d’autunno, mentre sonnecchiava, lasciando che i pensieri fluissero liberi nella sua mente giocando a coglierne di nascosto, non “visto” da essi (pensieri), il concatenamento causale, che pur c’è dietro l’apparente casualità, avvertì, dapprima distrattamente, che qualcuno, nella nebbiosa luce azzurrognola  della meccanica   estranea   maleodorosa   notte di treno, si era seduto defilato nei sedili di fronte a lui nello scompartimento vuoto, vicino alla porta.

Dapprima continuò con il suo gioco delle notti solitarie ma, per necessità, al fine, non poté fare a meno di sentire forzatamente la presenza, invadente del tuo spazio, di un’altra persona che condivide con te un luogo vuoto e semibuio. Così, dapprima malvolentieri perché ormai ritiratosi nel suo gioco solitario notturno, cominciò a sbirciare l’altra persona. Una donna. Allora si riaccese in lui l’altro gioco, la passione di osservare le persone ed immaginare la loro vita, come il protagonista pirandelliano de “L’uomo dal fiore in bocca”.

Non era facile osservare così, in diagonale; sembrava, apparentemente, non alta e dal corpo rotondo, mediterraneo. Cosa ormai inconsueta, portava un foulard in testa che finiva con la legatura a fascia intorno al collo al modo di Grace Kelly in tanti suoi films o di Ingrid Bergman; forse per la notte fredda di pioggia. Probabilmente non l’aveva tolto perché il suo viaggio, sul treno locale, doveva essere breve; e forse anche perché voleva sentirsi protetta, nella notte, da sguardi indiscreti. Non era facile scorgere il suo volto così, di profilo nel buio, ma doveva essere anch’esso rotondo mediterraneo. I suoi capelli, sotto il foulard? Forse, adesso, erano biondi lisci da parrucchiere, ma lui li immaginò ondulati, tendenti al mosso, forse ricci, ma non eccessivamente… e scuri, così come il colore dei suoi occhi, pensò.

Una donna dal carattere forte, sicuro per viaggiare da sola nella notte fredda e piovosa con… come dire… una tranquillità leggiera e gentile che la estraniava dalla vita notturna delle stazioni, popolata da solitari disperati o, al meglio, di viandanti costretti per necessità che cercano di attraversarla senza farsi coinvolgere da essa, dalla sua melanconia struggente.

Eppure lei c’era, non la sfuggiva, ma non era la sua notte. La viveva però, forse perché la vita ce l’aveva condotta, questo era ora il suo destino, ed il destino che ti capita è il tuo, non puoi farci niente; questo lei lo sapeva, ma non ne aveva paura. Sapeva che la vita è fatta così, ti chiama a vivere luoghi che mai avresti voluto, ma, in questi, essa ti conduce. Ed allora…

Ed allora… forse era nella notte, ma in fondo tutto questo mondo di oggi è notte, per cercare un’anima con cui condividersi; ma, non è forse questo il fine della vita, puranco biologico, se non vogliamo dire ideale? E se questo mondo di oggi è solo notte, essa è  il solo luogo dove puoi cercare, se non una meta, almeno un porto al tuo viaggio dove lenire la tua brama di ricerca alla mancanza che senti nel cuore.

Questi pensieri accesero in teatron un empatia verso la donna. Gli apparve improvviso alla mente  che medesimi erano i motivi che spingevano lui nella notte; e la sentì amica, amica di viaggio.

Anzi, come al solito portato per natura ad immaginare, pensò una complicità affettuosa con lei; pensò che anche lei stava pensando le stesse cose di lui. Pensò che i piccoli gesti di ognuno fossero messaggi per l’altro.

Ed ecco che lei, nello sfogliare la rivista che aveva preso in mano la piegò a metà di modo che, la pagina non letta, apparisse sul retro visibile a chi sta davanti; non solo... fece in modo che, anche per meglio leggere nelle nebbia azzurrognola dello scompartimento, il fascio di luce trasversale del corridoio illuminasse la rivista.

Allora teatron volle istintivamente compiere un gesto di complicità per mostrare che, quella persona che per lei era avvolta nella nebbia azzurrognola dello scompartimento, aveva afferrato l’affettuosa complicità; e si spostò col corpo verso il poggia braccio in mezzo al sedile, più proteso verso di lei. Così potè guardare le pagine che, via via, lei sfogliava verso il retro. Che strano pensò? Erano foto sportive di rugby ed arti marziali. Ciò accese la sua curiosità di detective: come mai una donna si soffermava a guardare foto di sport che, già, gli uomini seguono poco; figuriamoci per una donna che doveva avere la sua stessa età: sulla cinquantina! Considerato che, per le donne della sua generazione, lo sport, anche attivo, era qualcosa di molto poco interessante se non per guardare i bei ragazzi. Ma il suo vizio di detective ne fu solo più stimolato.

Azzardò: forse, da ragazza, ha frequentato ambienti di estrema destra; a quei tempi e a quell’età tutti frequentavamo un ambiente: estrema destra, estrema sinistra o, qualcuno, i gruppi parrocchiali. Ma, come sempre accade quando si pensa così di notte, la mente, che fa sempre il suo mestiere: legare per analogia ricordi, divagò su un sentiero adiacente: flash di quei momenti, volti di amici, situazioni, amori e… le canzoni… “Canzone per un amica” “La Locomotiva” “Auschwitz”di Guccini, “… in the wind” di Bob Dylan; “La canzone del maggio” di De Andrè; il film e la canzone “Fragole e sangue” “Malcom X” “Martin Luther King” “Cassius Clay alias Mohammed Alì”… il mio sogno dell’America, pensò teatron… Jack Kerouac “On the Road”… ma anche il sentimento… “Non è Francesca” “Acqua azzurra” “Emozioni” Lucio Battisti… De Gregori… poi i sogni infranti dalla realtà… “Un giorno credi” di Bennato.

Chissà se lei aveva nei ricordi del cuore le stesse canzoni, gli stessi films….? Forse sì, perché il sentire e le canzoni erano le stesse, la voglia di cambiare il mondo era la stessa… Poi…. Poi… che angoscia gli anni di piombo, dopo l’illusorio sogno della fantasia al potere la crudezza della stupidità arrogante e violenta degli uomini…

La disco music portò una ventata di leggerezza che alleviò il peso dei nostri cuori… che bello era ballare leggeri con Barry Withe e Dionne Warwick  e sognare e dimenticare… Sì! pensò, sicuramente anche lei sognava con Barry e Dionne… Probabilmente anche adesso alleggerirà il suo cuore dalla jungla della vita e sognerà con il film “Il matrimonio del mio migliore amico”… chissà, forse anche con il serial televisivo “Ally Macbeel” l’avvocatessa sognatrice il cui capo pensa le sue cause con la musica di Barry Withe… chissà se gli piacerà il serial “Sex and City” …nahhhh…  qualcosa forse… ma la nostra generazioni aveva sogni più profondi… ha vissuto e vive la realtà con altre prospettive… le prospettive del tramonto.

Allora ritornò al presente, a ciò da cui i ricordi erano partiti: al rugby e alle arti marziali.

Sì! A quel tempo quelli erano sport che, secondo i cliché di appartenenza erano di estrema destra.

Che bei sport, però! Pensò teatron, non corrotti dalla stupidità del mondo del calcio; sport che insegnano e ti forgiano alla lotta, ma,  con grande senso di lealtà e rispetto per l’avversario.

Poi lui, nel corso della vita, si era appassionato alla medicina cinese, alla sua profonda tradizione, allo yin yang, al tai chi ciuan: la danza cosmica dell’armonia che attrae le forze benefiche dell’universo e respinge quelle malefiche, danza da cui è scaturita la box cinese origine di tutte le arti marziali. 

Quindi Lei doveva essere una donna molto combattiva e leale, con le doti degli antichi cavalieri della tavola rotonda alla ricerca del Santo Graal, non un amazzone, le amazzoni sono altro, ma donna con tutta la sua femminilità e la forza della terra.

Gli venne in mente il cavaliere donna di Italo Calvino, del Cavaliere inesistente: una donna d’altri tempi nel mondo moderno, pronta a combattere per i valori tradizionali della verità in un mondo che li ha dimenticati riducendo tutto allo stereotipo della donna oggetto o menager, cioè la donna uomo. Lei voleva essere donna nella metallica notte delle stazioni, ed era destinata a combattere una guerra, forse, senza speranza contro la cecità di questo mondo moderno.

Pensò allora a Camilla, la vergine guerriera dell’Eneide, probabilmente già prefigurazione della solitudine di una vera donna nel mondo moderno, in quel tramonto del mondo antico distrutto con Troia dal subdolo Ulisse, da non confondere con l’Ulisse dell’Odissea, egli stesso protagonista del viaggio di ritorno verso il paradiso perduto oltre il tramonto.

Sì, pensò, Camilla è il suo nome.

Ma mentre pensava questo la vide raccogliere le sue cose ed uscire di fretta; il treno s’era fermato ad una stazione locale.

Colto di sorpresa avrebbe voluto correrle dietro, dirle tutto quello che aveva pensato di lei, perché sentiva che lei aveva sentito. La vide passare sotto il finestrino, illuminata dalle nebbiose luci della stazione, e, mentre il treno ripartiva, la vide girarsi verso di lui, i loro sguardi s’incontrarono… e lei si attardò per un istante infinito negli occhi di lui… come per dire… sì, grazie per avermi ricordato…

Stordito e ancora confuso da quello che era successo, incerto nel credere se lei aveva veramente sentito o era frutto della sua fantasia di pensatore, come succede in questi casi, scese anche lui dopo alcune fermate alla stazioncina che dava sul mare.

Era l’alba; una di quelle albe rare in cui soffia il vento di grecale e spazza via l’umidità della pioggia e le sue brume, e, nitido all’orizzonte, il bagliore del rosso sole  apriva la dritta linea del celeste mare mattutino su di un cielo terso. Allora sentì il suo cuore... come dire... arioso, libero, come non mai dalle passioni.

Tornò a casa. Già sua moglie, come al solito, era in piedi a sbrigare, fra l’uno e l’altro dei suoi tanti lavori, le mille faccende di case. Ancora una volta, l’ennesima, si chiese dove trovasse tanta energia e costanza, cosa così difficile per lui colto spesso da momenti di stanchezza e confusione mentale.

Pensò alla vita familiare, così densa d’impegni e responsabilità, a come ci fosse poco tempo per parlare con sua moglie. Sebbene lui fosse uno che pensava e rimuginava sempre sulla natura umana, sia per il suo lavoro che per il suo passatempo, il teatro, non condivideva con sua moglie tutti quei pensieri. Perché? Che strano! Pensò; dava per scontato che sua moglie li conoscesse.

Certo, lei lo conosceva bene, come lui conosceva lei, si amavano; ma, la vita di oggi, è così frenetica, una corsa contro il tempo; ma contro il tempo che scandisce cosa? Gli balzò prepotentemente nella mente questa domanda. Non è un tempo che scorre verso una meta da raggiungere... gli apparve chiaro...ma è un tempo simile ad un drago che divora la vita, la fagocita, ed allora ti affanni per non essere divorato inseguendo solo piccole illusioni dettate dalle tue meschine passioni e dimentichi l’esistenza di uno scopo, di una meta. Sì! una vita senza scopo a rincorrere le mille immagini illusorie partorite dalla tua mente sotto il giogo del nostro egoismo e delle sue passioni. Questo ti fa dimenticare che tu non sei più solo nella vita, ma hai una famiglia, moglie, figli, e questi non sono gli altri, ma sono te stesso, sono carne della tua carne, e tua moglie è l’altra tua metà. Quindi, se dimentichi loro nelle tue illusorie passioni, dimentichi una parte di te stesso, ma non una piccola e remota parte, una grande parte.

Allora teatron ricordò... ricordò che i ricordi che aveva rivissuto quella notte sul treno, erano momenti di vita che aveva vissuto e condiviso con quella che ora era sua moglie; e desiderò che i suoi figli, ormai ragazzi, non facessero i suoi stessi sbagli, o, meglio, perché gli sbagli fanno parte della vita, che cogliessero subito lo scopo della vita in modo che la loro vita non fosse divorata dal drago del tempo. Ma come fare?

Ecco, pensò, lo scopo della vita è l’Amore, e l’Amore non è passione, la passione ne è solo l’inizio, poi l’amore va scoperto, costruito giorno per giorno. Ma, lui, sapeva amare? Si chiese. Sapeva cos’era l’amore? Pensò. l’amore dev’essere quella forza che lega, indissolubilmente, tutte quelle parti che, via via, diventano parte di te durante la tua esistenza, e tu, in quanto marito e padre, devi essere il centro di questa unità, che trae a sé tutte le altre parti infondendo fiducia e sicurezza, che possono solo scaturire dalla visione dello scopo della vita.

Sì! Capì che lui aveva il difficile compito di indicare, alle altre parti di sé, lo scopo ultimo della vita: il ritorno alla casa del padre.

 

Fine.

 

 

 

 

 
 
 
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