San Francesco di Assisi

fratello Sole e Sorella Luna

Altissimu, onnipotente bon Signore, Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione. Ad Te solo, Altissimo, se konfano, et nullu homo ène dignu te mentovare. Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature, spetialmente messor lo frate Sole, lo qual è iorno, et allumeni noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significatione. Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle. Laudato si', mi' Signore, per frate Vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento. Laudato si', mi' Signore, per sor Aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. Laudato si', mi Signore, per frate Focu, per lo quale ennallumini la nocte: ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte. Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba. Laudato si', mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore et sostengono infirmitate et tribulatione. Beati quelli ke 'l sosterranno in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati. Laudato si' mi Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po' skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male. Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate. (Cantico delle creature di San Francesco d'Assisi)

 

SINDONE

 

La figura di Goffredo de Charny, signore di Lirey, in Champagne, sembra uscire direttamente da un racconto cavalleresco. È tra le mani di questo eroico cavaliere che la Sacra Sindone fa ufficialmente la sua apparizione in Francia. Dopo una vita di avventure improntate ai più alti ideali della cavalleria medievale (ed intorno alle quali il nostro scriverà un libro di buon successo, sorta di manuale del perfetto Chevalier), nel 1355 viene incaricato dal re di portare il suo stendardo di battaglia.
È un grande riconoscimento, e il cavaliere non lo disonora: l'anno successivo muore eroicamente nella battaglia di Poitiers, nella strenua difesa dell'Orifiamma, la lingua di tessuto rosso fiammante simbolo del potere supremo e dell'onore di Francia. Come sia giunta, la Sacra Sindone, all'eroico vessillifero di Francia, rimane un mistero. Vediamo le ipotesi che sono state fatte in proposito. La Sacra Sindone potrebbe essere stato un bene di famiglia pervenuto a Goffredo tramite matrimonio o amicizia. Stretti legami collegano Goffredo ai discendenti di Otto de la Roche, feudatario francese e primo duca di Atene, ai tempi in cui proprio ad Atene della Sacra Sindone abbiamo avuto l’ultima segnalazione. La Sacra Sindone avrebbe potuto fare parte dei tesori di famiglia; Goffredo di Charny sposò una diretta discendente di Otto, che avrebbe potuto portargli la reliquia in dote,e fu grande amico di Gautier IV de Brienne, conestabile di Francia e fedele compagno d’armi, anche lui caduto a Poitiers. Se anche non fosse stata materialmente in loro possesso, Gautier IV de Brienne o la stessa consorte potrebbero aver rivelato all'indomito cavaliere il nascondiglio della Sacra Sindone in Oriente: questo spiegherebbe il rapido viaggio di Goffredo oltremare, fino a Smirne nel 1345, ufficialmente compiuto al seguito del Delfino. Ecco il possibile anello mancante della catena che, da Atene, porta il sudario direttamente nelle mani di un cavaliere francese del Trecento. La "pista templare" sostiene che la Sacra Sindone fosse stata affidata a Goffredo durante un periodo di prigionia in Inghilterra, nel castello di Goodrich. Qui essa sarebbe stata portata da quei Cavalieri Templari che scamparono ai roghi e alle carceri di Francia. In contrasto con i fitti misteri dei secoli precedenti, la storia "europea" del Sacro Tessuto, dopo la riapparizione in mano ai de Charny, è sufficientemente documentata: nel 1453 la reliquia viene ceduta da Margherita, ultima erede degli Charny, al duca Ludovico di Savoia. Le travagliate vicende del ducato dei Savoia porteranno in seguito la Sacra Sindone, a più riprese, da Chambéry, in Piemonte, in altre città della Francia e dell'Alta Italia, fino alla traslazione definitiva nella città di Torino nel 1578. La Sacra Sindone, di proprietà di Casa Savoia per oltre mezzo secolo, è stata assegnata, in un lascito testamentario del capo della Casata ed ultimo Re d'Italia S.A.R. Umberto II di Savoia, al Sommo Pontefice. Il re in esilio è morto a Ginevra nel 1983, anno dal quale la Sacra Sindone è divenuta, dunque, di proprietà pontificia.

 

IN FEDE

 

ANTICA SEDE

 

Nel  1102, il Re di Gerusalemme Baldovino II, concesse hai cavalieri di Cristo la custodia del Tempio di Salomone e la residenza nel  monastero fortificato di Nostra Signora di Sion situato a finaco al Tempio, con il passare degli anni il numero dei cavalieri aumentò, cosicchè dovettero trasferirsi a pochi metri, andando ad occupare tutta l'area di quella che era la spianata del Tempio di Salomone, ossia l'area fra la Moschea della Roccia e la Moschea di Al-Aqsaa. A questo punto il loro nome fu cambiato in "Ordine dei Cavalieri di Cristo a Cavalieri del Tempio di Gerusalemme". 

 

 

GOFFREDO DI BUGLIONE

BALDOVINO I

 

templari in Terrasanta

 

 

  


 

 

 

Il Krak dei cavalieri , così chiamato, imponente ancor oggi nonostante i millenni, sorge su un colle di 750 metri , conquistato nel 1109 da Tancredi di Antiochia; fu ceduto in seguito all’ordini cavallereschi. È un castello quasi senza fine, robusto; solo lo spessore della prima cerchia di mura è di 24 metri, la seconda cerchia domina la prima ed infine vi è un robusto mastio che controlla tutte e due; in pratica compongono il krak tre castelli costruiti uno sull’altro ed indipendenti tra loro. Il Krak era considerato il castello più grande tra le tante fortezze -forse il più bello del mondo-, nella valle della Becaa. Il suo nome in arabo significa dunque fortezza, “Karak”, cardine della difesa del porto di Tripoli e della valle d Becaa, inserito come un anello in una collana tra le cui maglie splendevano i castelli della Santa Milizia Templare.
 La fortezza KARAK come la chiamavano gli arabi-. KARAK è un palindromo, cioè una parola che si legge uguale sia da Occidente, sinistra a destra, che da Oriente, destra a sinistra. In sumero significa ‘anima (KA) Sole (sia RA che AR)’. KAR è la ‘forza dell’anima’ [Il nome Carlo ß KAR LU ‘soggetto forza’ comprova].

 

templari lungo la via Francigena

 
La presenza dei Templari in Italia riguardava tanto le regioni settentrionali (ad esempio lungo la via Francigena, una delle arterie principali lungo le quali i pellegrini dalla Francia giungevano a Roma), quanto nelle regioni meridionali e, tra queste, un sicuro ruolo di preminenza fu svolto dalla Puglia per la posizione strategica occupata da questa regione da sempre crocevia tra Occidente ed Oriente. La causa dell'espansione dei Templari in Italia è da ricondurre a due motivazioni principali: la viabilità terrestre e la possibilità di adoperare i porti, in modo speciale quelli della costa pugliese (Manfredonia, Barletta, Trani, Molfetta, Bari, Brindisi), per l'imbarco verso la Terra Santa dei pellegrini e dei Crociati ed il loro rientro, nonché per la spedizione di vettovagliamento e derrate alimentari alle guarnigioni templari in Outremer. L'espansione dell'Ordine (tra la seconda metà del XII secolo sino alla fine del XIII secolo) avveniva secondo una logica ben precisa tendente a privilegiare in primo luogo le località costiere per poi procedere verso l'entroterra. Secondo una stima approssimata per difetto, in Italia erano presenti almeno 150 insediamenti appartenenti all'Ordine del Tempio, di questi meno di un terzo si trovavano nella parte meridionale della penisola.
La maggiore concentrazione di domus templari, molto probabilmente, era nella terra di Puglia ove, tra l'altro, avevano diverse sedi. Gli insediamenti dei Templari erano chiamati in Italia "precettorie" o "mansioni" a seconda della loro importanza, mentre in Francia prendevano il nome di "Commanderies". Anche in Puglia l'espansione sul territorio delle case templari seguì la dinamica sopra esposta: dagli avamposti sul mar Adriatico i Templari cominciarono a penetrare all'interno del territorio pugliese e, in particolare, nelle fertili pianure della Capitanata nell'entroterra garganico e della Murgia in Terra di Bari.I Cavalieri Templari sovente alloggiavano in chiese minori, oratori, cappelle dipendenti da episcopi o cattedrali o in monasteri cui spesso erano annessi ospizi per l'accoglienza dei pellegrini. Grazie all'intervento dei pontefici il Tempio riusciva ad ottenere in concessione perpetua o temporanea immobili appartenenti ad Enti ecclesiastici dietro pagamento di un censo annuo. A volte erano gli stessi Templari a costruire delle chiese, anche se in Italia tale attività sembra essere alquanto ridotta. Ma è soprattutto alle donazioni e ai lasciti dei benefattori che il patrimonio templare vide una rapida crescita sia nelle città che nelle campagne. Le domus templari italiane raramente erano isolate e sovente facevano parte di ecclesiae, con le quali finivano per confondersi. Le domus erano anche costituite nell'ambito delle mansiones, composte nella forma più elementare da un ricovero per i viaggiatori ed una stalla per i cavalli. Le domus-mansiones erano collocate nei centri di transito o confluenza delle principali correnti di traffici e pellegrinaggi che percorrevano l'Italia. La funzione assistenziale era altresì svolta con le domus con annessi degli hospitales.

 

Templari in Puglia

Castel del Monte

All'interno del cortile c'era una vasca ottagonale monolitica che serviva per contenere l'acqua; sotto il cortile vi era una cisterna grandissima. Su cinque delle otto torri c'erano cinque cisterne pensili collocate proprio su quelle torri dove c’erano i servizi igienici. Le cisterne raccoglievano l’acqua e quando erano troppo piene c’era un troppo pieno che scaricava fuori. Il terrazzo del castello è fatto a dorso d’asino: l’acqua che scorreva verso l’esterno riempiva queste cisterne, l’acqua che scorreva verso l’interno riempiva la cisterna situata sotto. Ciò dimostrerebbe che Castel del Monte non è un castello di difesa ma un edificio costruito come un Tempio.Fedeico II, Ordina la costruzione del castello nel gennaio del 1240 e muore nel 1250: c'erano dieci anni di tempo per terminare la costruzione del castello. Alla costruzione del castello hanno lavorato maestranze altamente qualificate come dimostrato dalla costruzione architettonica che è un gioiello di matematica. Le pareti del piano superiore erano tutte rivestite di marmi preziosi che sono stati rubati assieme a sculture e bassorilievi. In quel momento storico particolare in Puglia vi era una presenza molto massiccia dei Cavalieri Templari, i monaci guerrieri i quali erano padroni di tutta la Puglia come dimostrano le numerose testimonianze dal Foggiano al Leccese. La Puglia era una delle dieci province dei Cavalieri Templari disseminate dal centro Europa fino al medio Oriente e in più la Puglia a quel tempo era la cerniera tra oriente e occidente.

 

RE RUGGERO II

Jolly Roger". La tradizione vuole che questo vessillo venisse utilizzato anche a bordo delle navi dei "Poveri Soldati di Cristo e del Tempio di Salomone", come i Templari erano conosciuti originariamente. I Templari combattevano le loro battaglie anche in mare, abbordando ed affondando le navi nemiche: di qui l'analogia coi Pirati e l'adozione della bandiera col teschio e le ossa, la bandiera usata da  re Ruggero II di Sicilia (1095-1154). Ruggero era un famoso Templare e di una flotta di seguaci dell'Ordine si separò in quattro unità indipendenti, quindi era una eredità, e le sue ossa incrociate rappresentavano un chiaro riferimento al logo templare della croce rossa con le estremità ingrossate.sempre legata ai Cavalieri Templari. La notte del 13 Ottobre 1307, prima dell'arresto di massa, in gran segreto, 18 galee templari navigarono lungo la Senna e presero il mare, dirette a La Rochelle, dov'era pronta una flotta templare. I Templari, segretamente avvertiti del tranello teso nei loro confronti dal Re Filippo il bello di Francia, avevano portato in salvo il loro Tesoro e le reliquie più preziose. Le loro vele erano state annerite con del catrame per non essere visti nella notte. Durante il viaggio in mare, i Templari superstiti si riunirono in consiglio per decidere sotto quale segno avrebbero navigato, non potendo più utilizzare la classica croce rossa in quanto ormai bandita. Al termine, fu decisa l'adozione dell'antico simbolo di pericolo, il teschio con le tibie incrociate, con il fondo mutato in nero in riferimento al colore delle vele.

 

 

Portogallo tomar

ORDINE SUPREMO del CRISTO

 E’ il più prestigioso fra gli Ordini Equestri Pontifici, riservato solo ai Sovrani ed ai Capi di Stato, di fede cattolica, che si siano resi particolarmente benemeriti verso la Santa Sede. L’ Ordine venne creato da Dionigi I re del Portogallo ( 1279 - 1325) e dedicato a Cristo, riunendo in tale Ordine tutti i cavalieri del Tempio ( templari ) . Alla nuova istituzione rimase la stessa regola dei Templari, quella Cistercense, come parimenti identici restarono il mantello e la croce patente di rosso, con la sola aggiunta di una piccola croce latina di bianco, caricata sulla prima, in cuore. L’Ordine ebbe l’approvazione del Sommo Pontefice Giovanni XXII il 14 marzo 1319, riservando lo stesso Papa anche alla Santa Sede, oltre che ai Sovrani portoghesi, la facoltà di conferire tale ambitissima distinzione cavalleresca. L’Ordine, con la destinazione di tutti i beni dei cavalieri del Tempio presenti in Portogallo e con lo scopo di difendere il Regno d’Algarve contro gl’infedeli scrisse, nella penisola iberica stupende pagine di eroismo e di gloria, nella dura e sanguinosa lotta contro i Mori. La sede originaria dell’istituzione cavalleresca era situata a Castro Marino, nell’Algarvia ed in seguito venne invece spostata a Tomar, nel vecchio convento dei templari, ribattezzato Monastero del Cristo, per meglio respingere gli assalti dei Mori. Il Sommo Pontefice Eugenio IV ( 1431 - 1455 )

 
Creato da: knighttemplar il 18/05/2008
RICERCHE STORICHE

 

 
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La Terra Idruntina, Abbazia di San Nicola di Casole

Post n°158 pubblicato il 06 Maggio 2013 da knighttemplar


L’opera nel complesso racconta la storia dell’Uomo da Adamo ad Eva modellato sulla storia della salvezza. IlTessellatum è come una monografia illustrata del mondo. Il pavimento è rivestito da tessere policromiche in calcare su sfondo grigio contornate di nero e marrone. L’anatomia descrittiva partendo dall’abside riporta Bisanzio quale capitale dell’Oriente a cui fa seguito una serie di tondi in cui vengono raffigurati gli animali fantastici.
Continuando in questo senso ritroviamo l’immagine di Re Artù in groppa al caprone, il gatto di Lasanna e vicino Caino e Abele: Caino trattiene nelle mani il bastone che colpisce Abele il quale si piega su stesso per il dolore.
Proseguendo vengono visti i tondi con all’interno i mesi dell’anno, contornati dai segni geometrici e cifre arabe nelle quali si riportano le fatiche dell’uomo nel corso delle stagioni per poi giungere alla preparazione dell’Arca di Noè con il diluvio universale, in cui gli uomini sono mangiati dai pesci.
A seguito di quanto appena descritto ecco comparire il ramoscello d’ulivo quale emblema di pace il tutto seguito da brevi frasi latine che custodiscono il passaggio da una scena all’altra da cui emergono le descrizioni di Pantaleone.
L’interpretazione del mosaico è rivolto a quanti possiedono la conoscenza del Bestiario Latino, del Phisiologus e persino dei Vangeli Apocrifi. Lungo il maestoso percorso del tronco i fedeli devono raggiungere quella luce dell’iniziazione tra i racconti dell’Antico Testamento, dei Vangeli e del ciclo di Re Artù. Nel suo insieme compaiono tre lunghe iscrizioni latine che di seguito riporto: - una risulta posta ai piedi dell'altare maggiore e recita: "Anno ab Incarnatione Domini Nostri Iesu Christi MCLXIII Indictione XI Regnante Feliciter Domino Nostro Willelmo Rege Magnifico et Triumphatore Humilis Servus Christi Jonatas";
- una seconda è posta a metà della navata centrale e recita: "Anno ab Incarnatione Domini Nostri Iesu Christi MCLXV Inditione XIII Regnante Domino Nostro Willelmo Rege Magnifico Humilis Servus Iesu Christi Jonatas Idruntinus Archiepiscopus iussit hoc opus fieri per manus Pantaleonis Presbiteri";
- l'ultima è posta all'ingresso della Cattedrale e porta la seguente iscrizione: "Ex Jonathas Donis per dexteram Pantaleonis hoc opus insigne est superans impendia digne".

Il simbolismo del mosaico, acquisito nel tempo, assume l’importanza di vere opere d’arte il cui valore artistico rispecchia il valore economico,tanto da divenire oggetto di controllo dei vertici imperiali. La diffusione nel medioevo di quest’arte suscitò, nel cistercense San Bernardo, una denuncia di “horror Vacui” nella quale nel 1124 scrisse: “…e non finiamo con il non riverire neppure le immagini dei santi di cui brulica il pavimento stesso, che si pesta con in piedi? Spesso si sputa nella bocca di un angelo, spesso la figura di qualche santo calpestato dai piedi di chi passa. Perchè dipingi ciò che devi calpestare”. Il mosaico resta senza ombra di dubbio la più intensa testimonianza della cultura trasmessa dai monaci basiliani nella magnificenza rappresentativa dell’albero della vita nella tradizione ebraico-cristiana. La gnosi del suo linguaggio racchiude un messaggio per l’Uomo Universale il quale interagisce con il Divino in una dimensione talmudica.
Il Talmud (
תלמוד) (che significa insegnamento, studio, discussione dalla radice ebraica "lmd") è uno dei testi sacri dell'Ebraismo: diversamente dalla Torah, il Talmud è riconosciuto solo dall'Ebraismo, che lo considera come la Torah orale, rivelata sul Sinai a Mosè e trasmessa a voce, di generazione in generazione, fino alla conquista romana. Il Talmud fu fissato per iscritto solo quando, con la distruzione del Secondo Tempio, gli ebrei temettero che le basi religiose di Israele potessero sparire. Il Talmud consiste in una raccolta di discussioni avvenute tra i sapienti (hakhamim) e i maestri (rabbanim) circa i significati e le applicazioni dei passi della Torah scritta, e si articola in due livelli:
• la Mishnah (o ripetizione) raccoglie le discussioni dei maestri più antichi (giungendo fino al II secolo);
• la Ghemarah (o completamento), stilata tra il II e il V secolo, fornisce un commento analitico della Mishnah.
L’opus insigne del mosaico idruntino, come lo definisce lo stesso Pantaleone, si concretizza nel comprendere il messaggio cosmopolita della sapienza globale dell’Abbazia basiliana in cui la storia dell’uomo con i suoi miti e i misteri confluisce in una tradizione unitaria. Questo pavimento medioevale intarsiato nella cattedrale è una raccolta fitta di episodi staccati uno dall’altro nel suo “terribile” peccato d’orgoglio, rappresentato dalla Torre di Babele e da Alessandro Grande,seduto tra due grifoni colpevoli di aver osato troppo. La conclusione di tutto ciò richiama i tratti delle Sacre Scritture, delle scene mitologiche e della vita quotidiana. Il monaco Pantaleone realizzò nella direzione del mosaico il ponte occidentale verso l’oriente. Il periodo era rappresentato in questo territorio dalla presenza di colte comunità ebraiche che in altre parti d’Europa subivano le repressioni cristiane, mentre nella terra idruntina la tensione fu molto più blanda, condizione che diede la rinascita del pensiero non solo esoterico, ma anche gnostico. Infatti tra il XII e XIII secolo la dottrina del Sephirote dell’Albero della Vita, unitamente alla nascente Cabala ebraica, riceveranno una meditazione approfondita. La funzione mistico-alchemica pone sugli studi dell’esoterismo cristiano gnostico la domanda religiosa dell’origine del bene e del male: “Come mai da un Dio buono e creatore del mondo si è generato il male?”. In maniera emblematica la risposta deve essere vista nell’unità dello studio dell’uomo allo studio del mondo collegato allo studio del cielo all’armonia col creato. Il mosaico si snoda in cinque aree distinte. La simbologia del numero 5 rappresenta l’Uomo ovvero la testa con il corpo e le due braccia e le due gambe,che assume la forma di croce quando le gambe vengono chiuse, ed il cuore del Cristo diviene il fulcro del centro dei quattro punti. A seguito della visione totalitaria del mosaico, lo schema che si compone nella mente mostrerebbe tre alberi,due collocati nel transetto (navata che incrocia quella centrale perpendicolarmente) e un terzo di doppie dimensioni nella navata centrale. Dunque il cuore del Cristo è occupato da sedici cerchi 4x4 nella cosmogenesi, e la testa del Cristo è il semicerchio ove le metafore simboliche si estendono fino a Giona mangiato dal Pesce che rappresenta la resurrezione. Tra gli elementi che custodiscono un chiaro indizio del significato gnostico vi è la raffigurazione dei patriarchi, nell’albero del transetto sinistro, infatti secondo la simbologia degli gnostici, il lato sinistro è il lato del male rappresentato da Lucifero. La Cabala sintetizza il percorso sapienziale che l'uomo deve compiere per giungere a Dio. Essa ha un legame stretto con gli alberi del paradiso raffigurati nell'opera musiva, privata, come appare nel mosaico, delle Sefirot connesse al ramo centrale, sostituito dal grande albero,che rappresenta l'albero del bene e del male. Le Sefirot laterali, non mediate dalle due Sefirot della Consapevolezza e della Meditazione (la Bellezza e la Conoscenza), divengono strumento di perdizione, di eterna scissione ed eterna oscillazione tra il bene ed il male. Lungo il percorso dal presbiterio verso la porta della chiesa e da un lato viene il problema dell'uomo (la lettura destra e sinistra del mosaico) dall'altro rivela anche la soluzione: il grande albero al centro che è il percorso della conoscenza (Gnosi). Quindi al termine della conoscenza si giunge alla soglia dell'uscita dalla Chiesa Ufficiale, arrivando alla mediazione equilibrata della conoscenza del bene e del male e quindi alla giusta comprensione armonica degli opposti, giungendo a quello che la Cabala chiama Regno, che Gesù segnala come mèta ai sui discepoli e che è il cuore ed il senso stesso della conoscenza (fonte Sabato Scala). Il legame stretto che emerge tra la letteratura gnostica, scoperta nel 45 a Nag Hammadi (in particolare il Vangelo di Filippo), il fatto che l'Abbazia di Casole fosse un'accademia talmudica, i limpidi riferimenti alla Cabala, la leggenda che vuole ricchissimo il materiale documentale in possesso dell'Abbazia, induce a ipotizzare che Pantaleone fosse entrato in possesso dei testi che solo oggi possiamo visionare. Io sono la via (l'albero, il tronco, la via attraverso cui si arriva a Dio), la verità(l'asse che media tra gli estremi della cabala), la vita (l'albero della vita) dal Vangelo di Giovanni.

Il Sacco della Città Idruntina da parte degli Ottomani

Oggi per Impero ottomano si intende l'impero fondato dai Turchi ottomani, probabilmente già nel 1299, in continuità con il Sultanato selgiuchide di Rum. Il nome deriva da quello del fondatore di fatto della dinastia regnante, Osman I. Erede per molti aspetti dell'Impero bizantino (il Sultano, per esempio, portava il titolo di Cesare dei Romani), i cui ultimi brandelli vennero spazzati dagli Ottomani nel 1453, l'impero turco durò sino al 1923, quando nacque l'odierna Repubblica di Turchia.

La congiunzione tra l’Oriente e l’Occidente,come nel medioevo, anche oggi è il porto della Città idruntina, per la sua importanza strategica divenne, in quel frangente storico, mèta degli attacchi dell’espansione araba, come il terribile eccidio del 1480 che la storia annovera tra i suoi più terribili orrori. Maometto II (in ottomano: محمد ثانى, Mehmet II, detto ﺍلفاتح, Fātiḥ, "Il Conquistatore"; turco moderno: Fatih Sultan Mehmet; Edirne, 29 marzo 1432 – Scutari, 3 maggio 1481) fu il settimo sultano dell'Impero ottomano. Nato nella già greco-bizantina Adrianopoli divenuta Edirne dopo la presa da parte degli Ottomani (1365) e terza capitale del loro impero dopo Amasya e Bursa, il giovane destinato a diventare Maometto II era figlio del sultano Murat II e di una donna molto probabilmente cristiana (forse addirittura italiana ). Il 29 maggio 1453 a due anni della sua salita al trono mise fine all’Impero Romano d’Oriente con un enorme spiegamento di forze, usando i più grandi cannoni allora esistenti al mondo e addirittura trasportando decine di navi sulla terra, trascinate a forza di braccia dagli schiavi dal Bosforo fino al Corno d'oro scavalcando le erte alture di Galata, per aggirare la celebre catena che bloccava l'imboccatura del Corno d'oro dal Mar di Marmara. Inenarrabili furono le violenze operate dalla soldataglia turca sui cittadini. Presa la città, Maometto II ne fece la nuova capitale dell'Impero Ottomano con il definitivo nome di İstanbul, cancellando la denominazione di Costantinopoli.
L’idea espansionista del Sultano mirava anche alla conquista dell’Italia grazie alla potenza navale e all’esercito che rappresentava per l’intera Europa una seria minaccia, una vera potenza d’artiglieria che faceva tremare ogni resistenza che gli si opponeva. Nel maggio del 1480 una flotta ottomana faceva rotta per attaccare l’Isola di Rodi, in suo soccorso si mosse Ferrante di Napoli. Nello stesso frangente,il Sultano Maometto II dal porto di Valona, fece salpare una seconda flotta che nella sua strategia bellica prevedeva l’attacco di Napoli e non di Rodi, condizione che fu tramutata nel dirigersi verso Brindisi per alcuni pretesti contro i principi di Taranto. Al comando della predetta flotta vi era Gedik Ahmed Pasha che fu uno dei primi insegnanti e stratega della navigazione turca. La flotta disponeva da 70 a 100 navi che potevano trasportare tra i 18000 ai 100000 uomini con ulteriori 90 galee e 40 galeotte per un totale di 150 imbarcazioni. Il 27 luglio del 1480 mentre attraversavano il canale d’Otranto, a notte fonda, a causa di una portentosa tramontana si ritrovarono innanzi alle mura della Città di Otranto che si presentava mal fortificata e con circa 6000 abitanti. Il periodo evoca anche il conflitto turco-veneto che si era concluso dopo lunghe guerre con una pace tra gli stessi rendendo la Serenissima neutra, pur avendo l’ambizione di conquistare il meridione d’Italia, dominata di Ferdinando di Napoli. Gli ottomani erano a conoscenza che le truppe pontificie, unitamente all’armate aragonesi, erano in guerra contro i fiorentini, per cui non avrebbero potuto rafforzare le difese otrantine. Il 28 luglio, dello stesso, anno 16.000 uomini sbarcarono presso la Baia dei Turchi impiantando la loro base di artiglieria.

Baia dei Turchi


Il 29 luglio, il Pasha inviò una delegazione nella città idruntina offrendo pace per la resa in cambio concedeva salva la vita, ma la risposta fu respinta e la popolazione si ritirò nel castello al comando del capitano Zurlo. In risposta, l’artiglieria turca catapultò una mole di palle di granito arrecando un notevole indebolimento della già precaria situazione difensiva della città. La resistenza opposta dalla esigua guarnigione otrantina, permise il ritiro momentaneo dei turchi. La potenza strategica della forza ottomana fu incisiva per 15 giorni di assedio fino a quando non riuscirono a sfondare definitamene la cinta otrantina permettendo il loro passaggio nella città.
Il sacco della città si tramutò in un massacro incredibile di uomini, donne e bambini mentre i superstiti si portavano in Cattedrale per pregare unitamente al vescovo Stefano Agricoli. L’impeto della potenza ottomana fece irruzione con i cavalli all’interno della Cattedrale e portandosi verso il religioso gli imposero di convertirsi all’Islam, poiché Maometto (Islam) era l’unica fede da abbracciare, la sua risposta fu: "Sono un pastore a cui indegnamente è affidato questo popolo di Cristo", a tale risposta gli fu mozzata la testa con un colpo di scimitarra successivamente infilzata su una picca e portata in giro tra le mura di Otranto. La Cattedrale fu ridotta al lastrico divenendo la stalla dei cavalli turchi. Il 14 agosto Pasha diede ordine di legare i superstiti a due a due facendoli trascinare sul Colle della Minerva imponendogli la conversione alla fede islamica in cambio della vita, ma tra gli ottocento otrantini parlò per tutti Antonio Pezzulla, il quale disse: "Se fino ad oggi abbiamo lottato per la nostra Patria ora innanzi non ci resta che combattere per la nostra fede cristiana…" la scimitarra ottomana non esitò nel decapitare Pezzulla, detto Primaldo perché fu il primo a patire per fede. I racconti dell’epoca riportano che il corpo di Primaldo pur decapitato non volle cadere a terra fino a quando non fu sacrificato l’ultimo martire.

Il Turco nel corso delle macabre esecuzioni costringeva con forza i parenti ad assistere all’orda vandalica dei propri congiunti. Il secondo comandante della guarnigione Francesco Largo venne segato vivo. Il Pasha, che non accettava l’idea che nessuno si convertisse in cambio della vita, volle egli stesso riproporre la stessa scelta, ma solo venti di loro decisero di accettare la fede islamica. Il fatto più eclatante fu che lo stesso carnefice Barlabei, che sulla pietra della Minerva decapitava gli otrantini, si convertì al cristianesimo proprio per la fede e la serenità con cui morivano i martiri, venendo a sua volta impalato per la scelta fatta.
Papa Sisto IV notiziato dei gravi avvenimenti emanò la bolla papale “Non Solum Italiane”, con la quale invitava i Principi Italiani a frenare l’espansione turca nel meridione che nel frattempo giunse a Lecce, Nardò fino al Gargano. La gloriosa Abbazia di Casole fu annientata e distrutta, ed i preziosissimi testi furono messi alle fiamme. Il massacro di Otranto suscitò molto clamore tra i cristiani per l’efferatezza distribuita dai turchi alla popolazione otrantina,tanto da proporre il cauto trasferimento del papa ad Avignone. Lorenzo il Magnifico, integerrimo nemico del pontefice e del re di Napoli, fece sarcasticamente fondere una medaglia in memoria della vittoria turca. Venezia non rispose per motivi prettamente d’interesse e di dominio sul mediterraneo orientale, poiché con i turchi aveva stretto un trattato di concordanza e di pace. Bologna inviò solo una trirema. Il pontefice determinò un’alleanza con Genova e Firenze, il re d’Ungheria i duchi di Milano e Ferrara.
Il cardinale Savelli su incarico del Papa Sisto IV si recò a Genova per noleggiare ulteriori 20 unità navali, ricevendone 74 secondo Pastor e 24 secondo Giustiniani.
Il 30 giugno del 1481 la flotta si radunò alla foce del Tevere, ove a conclusione del concistoro, venne nominato Paolo Fregoso (Paolo di Campofregoso o Paolo Fregoso (Genova, 1427 – 22 marzo 1498) fu arcivescovo e cardinale dell'arcidiocesi di Genova e doge della Repubblica di Genova per quattro mandati. Viene ricordato per aver istituito a Genova la festa di precetto della Decollazione di San Giovanni Battista e l'istituzione ligure del Monte di Pietà grazie alla collaborazione con il beato Angelo da Chivasso), già doge, pirata ed infine cardinale, quale ammiraglio pontificio per la missione verso Otranto. Il 4 luglio salpò da Civitavecchia e a Napoli si congiunse con la flotta reale comandata da Galeazzo Caracciolo ulteriormente rafforzata dalle galee portoghesi e napoletane, mentre via terra Alfonso di Calabria si accampò nel castello di Roca a pochi chilometri a nord di Otranto. Intanto i militi crociati pianificavano la liberazione tattica della città, il turco Pasha fu richiamato in Patria e rinchiuso in carcere e dopo qualche anno trovò la morte.
Dopo il congiungimento delle armate nella penisola idruntina, venivano progettati i preparativi dal maestro e ingegnere militare Ciro Ciri del Ducato di Urbino, per cintare la città per mare e per terra. Lo scenario ebbe un improvviso travolgimento per la morte di Maometto II (3 maggio 1481) ed in Turchia era scoppiata la rivolta tra i figli del sultano per la successione al trono. Il 23 agosto le truppe cristiane attaccarono i turchi assediati nella città con una difesa molto ridotta, resistendo alle milizie cristiane con uno strascico di moltissime perdite per entrambi i blocchi. Sternatia fu il quartier generale delle truppe aragonesi di Napoli al comando di Alfonso d’Aragona, futuro re di Napoli, e di Giulio Antonio Acquaviva, duca di Atri e conte di Giulianova e Conversano. Quest’ultimo il 7 febbraio 1481 effettuò un’uscita di perlustrazione con un gruppo di dodici uomini, ma nelle vicinanze di Serrano cadde in un’imboscata tesa dai Turchi. Il suo corpo decapitato rimase in arcione sul suo cavallo che lo riportò indietro, al castello di Sternatia.

Il 10 settembre del 1481 la Città di Otranto fu riconquistata e riconsegnata al duca Alfonso di Calabria, ridotta ad un cumulo di macerie, mentre i turchi via mare si allontanavano per raggiungere Valona. Il Caracciolo voleva proseguire all’annientamento della flotta turca, come stabilito nel documento papale, ormeggiata nel porto albanese, ma Fregoso optò nel rimanere al presidio di Otranto. In seno alla sua forza navale scoppiarono delle dispute per la spartizione del bottino, condizione che fu drammaticamente peggiorata per il diffondersi dei primi casi di peste. A nulla valsero gli appelli pontifici, rivolti al Fregoso, nel continuare l’attacco alla flotta turca, poiché aveva fretta di rientrare a Genova per recuperare il potere dogatale.
Alfonso d’Aragona commissionò a Ciro Ciri la fortificazione delle mura delle Città Otrantina ancora oggi visibili. Le due torri ubicate all’entrata della stessa portano il suo nome e la terza denominata Duchesca in onore di sua moglie.
I fatti risalenti al XV secolo rievocano nella moderna narrazione il supplizio degli ottocento martiri otrantini che cambiarono le sorti dell’Italia impedendo con la vita la diffusione del dominio turco nelle altre regioni centro-settentrionali dell’Italia medioevale.
I loro resti sono venerati, unitamente alla pietra su cui furono decapitati dalla scimitarra turca, nell’abside della Cattedrale della Città di Otranto. Sul Colle della Minerva in loro memoria fu eretta la Chiesa di Santa Maria dei Martiri.
Il loro martirio indusse l’autorità ecclesiastica ad aprire il processo canonico per il riconoscimento ufficiale del culto della Chiesa (richiesta di reliquie, Messa in loro memoria, festa il 14 agosto, preghiere speciali),
Il processo iniziato nel 1539 dall'Arcivescovo di Otranto Pietro Antonio de Capua, si concluse il 14 dicembre 1771 con il decreto del Papa Clemente XIV, dichiarando Beati i Martiri di Otranto che 12 Maggio 2013 verranno resi Santi.

 
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BRAY

 

 

Sceau (SIGILLO) de la baronnie de Bray

La baronnie de Bray s'étend le long d'axes stratégiques comme la Seine, la voie romaine de Sens à Meaux qui permet de passer le pont en marquant le c'ur de la châtellenie de la vallée de l'Oreuse, la limite du comté de Champagne et l'Yonne. Ses barons Henri le Libéral, comte de Champagne, puis Jacques, duc de Savoie, gèrent les territoires autour de dix places principales : Passy, Montigny, Bazoches, Les Ormes, Dontilly, la Villeneuve-du-Comte, Égligny, Vin-neuf, Courlon et Bray-sur-Seine.

 

 

CENNI STORICI SUL MIO CASATO BRAY

 Il casato BRAY-BRAI, cognome sembra essere derivante dal francese (e prima da quello, Celtico). Il nome proviene da diversi periodi storici nei paesi d'Europa. Contea Wicklow, l'Irlanda, vicino a Brayhead. Nelle annotazioni antiche il nome era Bree, preso dal vecchio bri o brigh irlandese, una collina. Questa parola è simile nelle vecchie lingue gaeliche e celtiche; In Inghilterra il nome è trovato applicato alle parrocchie in contee Devon e Berks. Molti città e distretti in Francia impiegano il Bray o certa forma del nome, come: Bray-sur-Somme, Bray-sur-Seine, Bre-Cotes-du-Nord, Bray-La-Campagne, Bray-Calvados e paga de Bray. Ci sono parecchi posti chiamati BRAY in Europa, la città Bray in Inghilterra è in Berkshire sul fiume di Tamigi vicino a Windsor, Bray in Irlanda è sul sud del litorale appena di Dublino in contea Wicklow e ci è un distretto chiamato paga de Bray vicino a Rouen e ad un villaggio Bray vicino a Parigi in Francia in Lilla."La gente normanna„ dal Re", condizioni il nome deriva da un posto denominato Bray vicino ad Evreux, Normandia; Milo de Brai 1064 era signore di Montlhéry a partire dal 1095 sua moglie era Lithuise figlia di Stephes conte di Blois e di Adela della Normandia, figlia di William il conquistatore ed il suo figlio dello stesso nome Milo II de Brai 1118 signore di Montlhéry e di Braye, visconte di Troyes 1096,  il figlio maggiore Trousseau de Brai, signore di Monthléry  sua figlia Elizabeth di Montlhéry nel 1103 sposò Philip, Conte di Mantes, figlio di Philip I della Francia e di Bertrada de Momtfort, parteciparono alla 1^ crociata nel 1096. Nel  1066, sir Guillaume de Brai, successivamente in inglese William de Bray e sir Thomas de Bray, parteciparono alla conquista dell'Inghilterra a fianco del Duca di Normandia William. Sul rotolo nell'abbazia i nomi di coloro che hanno partecipato alla battaglia di  hastings. Al Servizio dei Re d'Inghlilterra dal (1066 - 1485): In un villaggio vicino Berkshire Bray vi è una chiesa del XII secolo costruita da Bray, in cornovaglia. sir Richard Bray cavaliere della giarrettiera e Consigliere al servio di Henry VI e della sua moglie Joan Troughton. Nel Concistoro del 22 maggio 1262 fù nominato Cardinale Guillaume de Bray da Papa Urbano IV . Il casato si stabilì in Puglia in Gravina e nel salento. Nominis reliquiae supersunt planissime, Bibracte Galliae etiam nunc in Bray contrahitur, et non procul hinc Caesar Tamisim cum suis transmisit ...",

 

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Papa Benedictus XVI

Joseph Ratzinger


Il Santo Padre con il Vescovo di Ugento (LE) Mons. VITO DE GRISANTIS in occasione della visita a Santa Maria di Leuca (LE) "de finibus terrae"14 Giugno 2008


 

SIGILLUM MILITUM

 

A Troyes Francia nel 1127, i Cavalieri Templari adottarono il motto: "Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", ossia "Non a noi, Signore, non a noi, ma al Tuo nome da gloria". E’ facile immaginare come un simile motto potesse accendere gli animi.
San Bernardo da Chiaravalle inoltre trasmise ai cavalieri la devozione a Maria e il grande rispetto per la donna, la Regola infatti cita: "Maria presiedette al principio del nostro Ordine

 

INVESTITURE

 

Nel medioevo il cavaliere veniva istruito nell’uso delle armi; egli era sottoposto a studi che ingentilivano gli animi e di ordine morale. Altre caratteristiche della cavalleria erano: cortesia, difesa della giustizia, appoggio alla debolezza, omaggio alla bellezza, idealizzazione dell’amore come mezzo di elevazione morale. L’incontro con il soprannaturale, secondo le credenze d’epoca, avrebbe completato l’iniziazione del cavaliere.

Iniziazione cavalleresca
La vestizione - com’era chiamata l’iniziazione cavalleresca - era considerata già alla fine del XI -XII secolo con la fondazione degli Ordini un "ottavo sacramento". Il candidato vi si preparava con una notte di veglia in armi nella cappella di famiglia, inginocchiato davanti all’altare. Veniva poi purificato con un bagno rituale, confessato e comunicato. Seguiva una messa solenne, al termine della quale avveniva la vestizione vera e propria, che consisteva nella consegna da parte del sacerdote della spada consacrata, degli speroni, dello scudo, della lancia e delle varie parti dell’armatura, che appunto il giovane indossava.
La cerimonia si concludeva infine con l’accollata o palmata, cioè con un colpo inferto col palmo della mano dal padrino sulla nuca del neofita, o anche di piatto con la spada sulla spalla. Era consuetudine che il colpo fosse di una certa forza, tanto da far vacillare il ricevente.
 
Bisognava alimentare tra i cavalieri rapporti di solidarietà, lealtà, fratellanza, oltre che naturalmente di fedeltà incondizionata. Non importava che la compagnia fosse numerosa; importava che fossero saldi i legami al suo interno e che ne facessero parte, soprattutto, quei pochi vassalli davvero in grado - per valore, potere, prestigio personale - di controllare tutti gli altri.

 

 

RE CRISTIANI

 

 

CATTEDRALI GOTICHE

 

I Cavalieri Templari, si ritiene avessero rinvenuto documenti relativi alle "LEGGI DIVINE DEI NUMERI,DEI PESI E DELLE MISURE" sotto le rovine del Tempio di Salomone a Gerusalemme e li avrebbero forniti ai costruttori di cattedrali.

Le cattedrali gotiche sono dei veri e propri libri di pietra, per tramandare straordinarie conoscenze che solo poche persone iniziate a simboli ed a codici particolari, avrebbero potuto comprendere. Infatti la grandiosità, l'imponenza e tutta una serie di misteri non risolti hanno fatto diffondere attorno alle cattedrali gotiche numerose leggende legate a figure ed oggetti leggendari della storia del Cristianesimo, dai Cavalieri Templari al Santo Graal.

Furono costruite improvvisamente in Europa, intorno al 1128 (cattedrale di Sens), proprio dopo il ritorno dei Cavalieri Templari dalla Terrasanta, con una maestria costruttiva tecnica e architettonica completamente diversa dalle precedenti chiese romaniche. Una dopo l'altra, sorsero le cattedrali di Evreux, di Rouen, di Reims, di Amiens, di Bayeux, di Parigi, fino ad arrivare al trionfo della cattedrale di Chartres. I piani di costruzione e tutti progetti originali di esecuzione di queste cattedrali non sono mai stati trovati. Le opere murarie erano fatte con una maestria eccezionale. Per i tecnici, come gli architetti, ad esempio, possiamo vedere come i contrafforti esterni esercitano una spinta sulle pareti laterali della navata, e così facendo il peso, anziché gravare verso il basso, viene come spinto verso l'alto, e tutta la struttura appare proiettata verso il cielo. Le Cattedrali inoltre sono tutte poste allo stesso modo: con l’abside rivolto verso est (cioè verso la luce), sono tutte dedicate a Notre Dame, cioè alla Vergine Maria e se unite insieme formano esattamente la costellazione della Vergine.

Inoltre vennero costruite su luoghi già considerati sacri al culto della "Grande Madre", ritenuto il culto unitario più diffuso prima del Cristianesimo; molti di questi luoghi inoltre sono dei veri e propri nodi di correnti terrestri, ovvero punti in cui l'energia terrestre è molto forte (grandi allineamenti di megaliti). Hanno pianta a croce latina: la croce "é il geroglifico alchemico del crogiuolo" (Fulcanelli), ed è nel crogiuolo che la materia prima necessaria per la Grande Opera alchemica muore, per poi rinascere trasformata in un qualcosa di più elevato.

Sono adornate da un gran numero di statue o bassorilievi raffiguranti figure altamente simboliche e simboli magici ed esoterici, che poco hanno a che vedere con la loro funzione di chiese cristiane ed hanno un particolare orientamento in modo che il fedele, entrando nell'edificio sacro, cammini verso l'Oriente, ovvero verso la Palestina, luogo di nascita del Cristianesimo.

Ciascuna cattedrale è dotata di una cripta in cui secondo alcune tradizioni sarebbero nascosti degli oggetti sacri molto importanti (ad esempio si dice che in una delle cripte della Cattedrale di Chartres sia custodita l'Arca dell'Alleanza, e che quando questa cripta sarà scoperta la cattedrale crollerà al suolo). Ma le cripte sono legate ad un altro elemento molto misterioso: le "Vergini Nere", statue o bassorilievi, che raffigurano appunto la vergine Maria, con la particolarità della carnagione scura.

 

Francia Parigi

 

 

Notre Dame

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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