San Francesco di Assisi

fratello Sole e Sorella Luna

Altissimu, onnipotente bon Signore, Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione. Ad Te solo, Altissimo, se konfano, et nullu homo ène dignu te mentovare. Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature, spetialmente messor lo frate Sole, lo qual è iorno, et allumeni noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significatione. Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle. Laudato si', mi' Signore, per frate Vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento. Laudato si', mi' Signore, per sor Aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. Laudato si', mi Signore, per frate Focu, per lo quale ennallumini la nocte: ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte. Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba. Laudato si', mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore et sostengono infirmitate et tribulatione. Beati quelli ke 'l sosterranno in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati. Laudato si' mi Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po' skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male. Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate. (Cantico delle creature di San Francesco d'Assisi)

 

SINDONE

 

La figura di Goffredo de Charny, signore di Lirey, in Champagne, sembra uscire direttamente da un racconto cavalleresco. È tra le mani di questo eroico cavaliere che la Sacra Sindone fa ufficialmente la sua apparizione in Francia. Dopo una vita di avventure improntate ai più alti ideali della cavalleria medievale (ed intorno alle quali il nostro scriverà un libro di buon successo, sorta di manuale del perfetto Chevalier), nel 1355 viene incaricato dal re di portare il suo stendardo di battaglia.
È un grande riconoscimento, e il cavaliere non lo disonora: l'anno successivo muore eroicamente nella battaglia di Poitiers, nella strenua difesa dell'Orifiamma, la lingua di tessuto rosso fiammante simbolo del potere supremo e dell'onore di Francia. Come sia giunta, la Sacra Sindone, all'eroico vessillifero di Francia, rimane un mistero. Vediamo le ipotesi che sono state fatte in proposito. La Sacra Sindone potrebbe essere stato un bene di famiglia pervenuto a Goffredo tramite matrimonio o amicizia. Stretti legami collegano Goffredo ai discendenti di Otto de la Roche, feudatario francese e primo duca di Atene, ai tempi in cui proprio ad Atene della Sacra Sindone abbiamo avuto l’ultima segnalazione. La Sacra Sindone avrebbe potuto fare parte dei tesori di famiglia; Goffredo di Charny sposò una diretta discendente di Otto, che avrebbe potuto portargli la reliquia in dote,e fu grande amico di Gautier IV de Brienne, conestabile di Francia e fedele compagno d’armi, anche lui caduto a Poitiers. Se anche non fosse stata materialmente in loro possesso, Gautier IV de Brienne o la stessa consorte potrebbero aver rivelato all'indomito cavaliere il nascondiglio della Sacra Sindone in Oriente: questo spiegherebbe il rapido viaggio di Goffredo oltremare, fino a Smirne nel 1345, ufficialmente compiuto al seguito del Delfino. Ecco il possibile anello mancante della catena che, da Atene, porta il sudario direttamente nelle mani di un cavaliere francese del Trecento. La "pista templare" sostiene che la Sacra Sindone fosse stata affidata a Goffredo durante un periodo di prigionia in Inghilterra, nel castello di Goodrich. Qui essa sarebbe stata portata da quei Cavalieri Templari che scamparono ai roghi e alle carceri di Francia. In contrasto con i fitti misteri dei secoli precedenti, la storia "europea" del Sacro Tessuto, dopo la riapparizione in mano ai de Charny, è sufficientemente documentata: nel 1453 la reliquia viene ceduta da Margherita, ultima erede degli Charny, al duca Ludovico di Savoia. Le travagliate vicende del ducato dei Savoia porteranno in seguito la Sacra Sindone, a più riprese, da Chambéry, in Piemonte, in altre città della Francia e dell'Alta Italia, fino alla traslazione definitiva nella città di Torino nel 1578. La Sacra Sindone, di proprietà di Casa Savoia per oltre mezzo secolo, è stata assegnata, in un lascito testamentario del capo della Casata ed ultimo Re d'Italia S.A.R. Umberto II di Savoia, al Sommo Pontefice. Il re in esilio è morto a Ginevra nel 1983, anno dal quale la Sacra Sindone è divenuta, dunque, di proprietà pontificia.

 

IN FEDE

 

ANTICA SEDE

 

Nel  1102, il Re di Gerusalemme Baldovino II, concesse hai cavalieri di Cristo la custodia del Tempio di Salomone e la residenza nel  monastero fortificato di Nostra Signora di Sion situato a finaco al Tempio, con il passare degli anni il numero dei cavalieri aumentò, cosicchè dovettero trasferirsi a pochi metri, andando ad occupare tutta l'area di quella che era la spianata del Tempio di Salomone, ossia l'area fra la Moschea della Roccia e la Moschea di Al-Aqsaa. A questo punto il loro nome fu cambiato in "Ordine dei Cavalieri di Cristo a Cavalieri del Tempio di Gerusalemme". 

 

 

GOFFREDO DI BUGLIONE

BALDOVINO I

 

templari in Terrasanta

 

 

  


 

 

 

Il Krak dei cavalieri , così chiamato, imponente ancor oggi nonostante i millenni, sorge su un colle di 750 metri , conquistato nel 1109 da Tancredi di Antiochia; fu ceduto in seguito all’ordini cavallereschi. È un castello quasi senza fine, robusto; solo lo spessore della prima cerchia di mura è di 24 metri, la seconda cerchia domina la prima ed infine vi è un robusto mastio che controlla tutte e due; in pratica compongono il krak tre castelli costruiti uno sull’altro ed indipendenti tra loro. Il Krak era considerato il castello più grande tra le tante fortezze -forse il più bello del mondo-, nella valle della Becaa. Il suo nome in arabo significa dunque fortezza, “Karak”, cardine della difesa del porto di Tripoli e della valle d Becaa, inserito come un anello in una collana tra le cui maglie splendevano i castelli della Santa Milizia Templare.
 La fortezza KARAK come la chiamavano gli arabi-. KARAK è un palindromo, cioè una parola che si legge uguale sia da Occidente, sinistra a destra, che da Oriente, destra a sinistra. In sumero significa ‘anima (KA) Sole (sia RA che AR)’. KAR è la ‘forza dell’anima’ [Il nome Carlo ß KAR LU ‘soggetto forza’ comprova].

 

templari lungo la via Francigena

 
La presenza dei Templari in Italia riguardava tanto le regioni settentrionali (ad esempio lungo la via Francigena, una delle arterie principali lungo le quali i pellegrini dalla Francia giungevano a Roma), quanto nelle regioni meridionali e, tra queste, un sicuro ruolo di preminenza fu svolto dalla Puglia per la posizione strategica occupata da questa regione da sempre crocevia tra Occidente ed Oriente. La causa dell'espansione dei Templari in Italia è da ricondurre a due motivazioni principali: la viabilità terrestre e la possibilità di adoperare i porti, in modo speciale quelli della costa pugliese (Manfredonia, Barletta, Trani, Molfetta, Bari, Brindisi), per l'imbarco verso la Terra Santa dei pellegrini e dei Crociati ed il loro rientro, nonché per la spedizione di vettovagliamento e derrate alimentari alle guarnigioni templari in Outremer. L'espansione dell'Ordine (tra la seconda metà del XII secolo sino alla fine del XIII secolo) avveniva secondo una logica ben precisa tendente a privilegiare in primo luogo le località costiere per poi procedere verso l'entroterra. Secondo una stima approssimata per difetto, in Italia erano presenti almeno 150 insediamenti appartenenti all'Ordine del Tempio, di questi meno di un terzo si trovavano nella parte meridionale della penisola.
La maggiore concentrazione di domus templari, molto probabilmente, era nella terra di Puglia ove, tra l'altro, avevano diverse sedi. Gli insediamenti dei Templari erano chiamati in Italia "precettorie" o "mansioni" a seconda della loro importanza, mentre in Francia prendevano il nome di "Commanderies". Anche in Puglia l'espansione sul territorio delle case templari seguì la dinamica sopra esposta: dagli avamposti sul mar Adriatico i Templari cominciarono a penetrare all'interno del territorio pugliese e, in particolare, nelle fertili pianure della Capitanata nell'entroterra garganico e della Murgia in Terra di Bari.I Cavalieri Templari sovente alloggiavano in chiese minori, oratori, cappelle dipendenti da episcopi o cattedrali o in monasteri cui spesso erano annessi ospizi per l'accoglienza dei pellegrini. Grazie all'intervento dei pontefici il Tempio riusciva ad ottenere in concessione perpetua o temporanea immobili appartenenti ad Enti ecclesiastici dietro pagamento di un censo annuo. A volte erano gli stessi Templari a costruire delle chiese, anche se in Italia tale attività sembra essere alquanto ridotta. Ma è soprattutto alle donazioni e ai lasciti dei benefattori che il patrimonio templare vide una rapida crescita sia nelle città che nelle campagne. Le domus templari italiane raramente erano isolate e sovente facevano parte di ecclesiae, con le quali finivano per confondersi. Le domus erano anche costituite nell'ambito delle mansiones, composte nella forma più elementare da un ricovero per i viaggiatori ed una stalla per i cavalli. Le domus-mansiones erano collocate nei centri di transito o confluenza delle principali correnti di traffici e pellegrinaggi che percorrevano l'Italia. La funzione assistenziale era altresì svolta con le domus con annessi degli hospitales.

 

Templari in Puglia

Castel del Monte

All'interno del cortile c'era una vasca ottagonale monolitica che serviva per contenere l'acqua; sotto il cortile vi era una cisterna grandissima. Su cinque delle otto torri c'erano cinque cisterne pensili collocate proprio su quelle torri dove c’erano i servizi igienici. Le cisterne raccoglievano l’acqua e quando erano troppo piene c’era un troppo pieno che scaricava fuori. Il terrazzo del castello è fatto a dorso d’asino: l’acqua che scorreva verso l’esterno riempiva queste cisterne, l’acqua che scorreva verso l’interno riempiva la cisterna situata sotto. Ciò dimostrerebbe che Castel del Monte non è un castello di difesa ma un edificio costruito come un Tempio.Fedeico II, Ordina la costruzione del castello nel gennaio del 1240 e muore nel 1250: c'erano dieci anni di tempo per terminare la costruzione del castello. Alla costruzione del castello hanno lavorato maestranze altamente qualificate come dimostrato dalla costruzione architettonica che è un gioiello di matematica. Le pareti del piano superiore erano tutte rivestite di marmi preziosi che sono stati rubati assieme a sculture e bassorilievi. In quel momento storico particolare in Puglia vi era una presenza molto massiccia dei Cavalieri Templari, i monaci guerrieri i quali erano padroni di tutta la Puglia come dimostrano le numerose testimonianze dal Foggiano al Leccese. La Puglia era una delle dieci province dei Cavalieri Templari disseminate dal centro Europa fino al medio Oriente e in più la Puglia a quel tempo era la cerniera tra oriente e occidente.

 

RE RUGGERO II

Jolly Roger". La tradizione vuole che questo vessillo venisse utilizzato anche a bordo delle navi dei "Poveri Soldati di Cristo e del Tempio di Salomone", come i Templari erano conosciuti originariamente. I Templari combattevano le loro battaglie anche in mare, abbordando ed affondando le navi nemiche: di qui l'analogia coi Pirati e l'adozione della bandiera col teschio e le ossa, la bandiera usata da  re Ruggero II di Sicilia (1095-1154). Ruggero era un famoso Templare e di una flotta di seguaci dell'Ordine si separò in quattro unità indipendenti, quindi era una eredità, e le sue ossa incrociate rappresentavano un chiaro riferimento al logo templare della croce rossa con le estremità ingrossate.sempre legata ai Cavalieri Templari. La notte del 13 Ottobre 1307, prima dell'arresto di massa, in gran segreto, 18 galee templari navigarono lungo la Senna e presero il mare, dirette a La Rochelle, dov'era pronta una flotta templare. I Templari, segretamente avvertiti del tranello teso nei loro confronti dal Re Filippo il bello di Francia, avevano portato in salvo il loro Tesoro e le reliquie più preziose. Le loro vele erano state annerite con del catrame per non essere visti nella notte. Durante il viaggio in mare, i Templari superstiti si riunirono in consiglio per decidere sotto quale segno avrebbero navigato, non potendo più utilizzare la classica croce rossa in quanto ormai bandita. Al termine, fu decisa l'adozione dell'antico simbolo di pericolo, il teschio con le tibie incrociate, con il fondo mutato in nero in riferimento al colore delle vele.

 

 

Portogallo tomar

ORDINE SUPREMO del CRISTO

 E’ il più prestigioso fra gli Ordini Equestri Pontifici, riservato solo ai Sovrani ed ai Capi di Stato, di fede cattolica, che si siano resi particolarmente benemeriti verso la Santa Sede. L’ Ordine venne creato da Dionigi I re del Portogallo ( 1279 - 1325) e dedicato a Cristo, riunendo in tale Ordine tutti i cavalieri del Tempio ( templari ) . Alla nuova istituzione rimase la stessa regola dei Templari, quella Cistercense, come parimenti identici restarono il mantello e la croce patente di rosso, con la sola aggiunta di una piccola croce latina di bianco, caricata sulla prima, in cuore. L’Ordine ebbe l’approvazione del Sommo Pontefice Giovanni XXII il 14 marzo 1319, riservando lo stesso Papa anche alla Santa Sede, oltre che ai Sovrani portoghesi, la facoltà di conferire tale ambitissima distinzione cavalleresca. L’Ordine, con la destinazione di tutti i beni dei cavalieri del Tempio presenti in Portogallo e con lo scopo di difendere il Regno d’Algarve contro gl’infedeli scrisse, nella penisola iberica stupende pagine di eroismo e di gloria, nella dura e sanguinosa lotta contro i Mori. La sede originaria dell’istituzione cavalleresca era situata a Castro Marino, nell’Algarvia ed in seguito venne invece spostata a Tomar, nel vecchio convento dei templari, ribattezzato Monastero del Cristo, per meglio respingere gli assalti dei Mori. Il Sommo Pontefice Eugenio IV ( 1431 - 1455 )

 
Creato da: knighttemplar il 18/05/2008
RICERCHE STORICHE

 

 
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I RE TAUMATURGHI

Post n°22 pubblicato il 07 Agosto 2008 da knighttemplar
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 Uno degli eventi più singolari e misteriosi del medioevo cristiano fu senza dubbio  “ I Re taumaturghi”  miracoloso potere dei re di Francia e d’Inghilterra di guarire gli scrofolosi. L’adenite tubercolare o scrofolosi, è un' infezione delle ghiandole linfatiche dovuta al batterio della tubercolosi. Essa è una malattia insidiosa che a volte scompare per poi colpire, in modo anche mortale gli organi interni. I re di Francia e d’Inghilterra poterono diventare medici miracolosi perché da tempo erano personaggi sacri. Dall’antichità fino ai Carolingi, i re fossero, oltre che sacri, anche guaritori. Re di Francia sarebbero diventati i primi monarchi dell’occidente. Per tale motivo la data del battesimo di Clovis I nato nel 465 e morto nel 511 riveste grande importanza. il sovrano comprese che solo avvicinandosi alla Chiesa di Roma, vera erede dell’Impero Romano, egli avrebbe potuto fare del suo popolo il continuatore ideale in occidente di tale impero.  La scelta di Roma è perciò una scelta di indipendenza. I grandi regni che circondano le terre ancora modeste del principato di Clovis sono ariani; il re non si lega a loro: sarà il primo monarca cattolico della Gallia e affermerà l’indipendenza del suo paese in rapporto alle altre potenze. Riceverà per questo l’appoggio dell’episcopato della Gallia, la sola struttura stabile esistente nel paese. Ciò farà si che nel 508 l’imperatore d’Oriente Anastasio nominerà Clovis console e patrizio: in Occidente egli rappresenterà l’Imperatore con il rango di Vice-Imperatore. Dal VI° secolo invece e per tutto il Medio Evo la riflessione biblica degli ambienti di corte sottolinea il capitolo XIV° della Genesi, là dove si parla di Melchisedec re e sacerdote di Salem, simbolo di Cristo e già protettore dei re merovingi. Sempre dalla Bibbia i Visigoti per primi (6°-7°secolo) motivarono l’unzione regale. Nel vecchio mondo orientale, in Egitto, Siria, Mesopotamia, i re erano considerati sacri e il loro carattere soprannaturale veniva sottolineato dalle unzioni che ricevevano al momento dell’avvento al trono.  Israele, così come poi i cristiani, non poteva ritenere divina la persona del re, ma considerava il sovrano come l’eletto di Dio, la guida da Lui mandata per  reggere la nazione e mantenere il popolo fedele alla sua alleanza.  Gli Ebrei conservarono quindi il simbolo dell’unzione fatta con oli profumati, comune ai paesi loro confinanti, l’unzione anzi, divenne la procedura normale per trasferire un uomo e un oggetto dalla categoria del profano a quella del sacro.  In tal modo venivano consacrati i sacerdoti e i re.  Di tutti i sovrani ebrei, il più carismatico fu senza dubbio Davide che per i cristiani divenne progenitore e figura di Cristo. Egli era stato unto re dal profeta Samuele (1Sam,16). Questo fatto colpì i popoli germanici che come abbiamo visto erano abituati a ritenere sacra la persona del re. I Franchi ad esempio, avevano fatto molta fatica ad accettare che il loro re non fosse più un semidio. Il battesimo di Clovis, celebrato proprio la notte di Natale per sottolineare la nascita di una nuova epoca, la rinascita alla fede, aveva solo in parte soddisfatto il loro bisogno di sacro.Una volta cristianizzati, venne loro spontaneo inaugurare un nuovo regno consacrando con l’olio santo il monarca. L’olio misto a balsamo simboleggia la forza divina che, come l’olio unge e impregna ogni cosa, dilaga nella persona santificandola. Pipino il Breve, valoroso generale, Maestro di Palazzo degli ultimi Merovingi, figlio di Carlo vincitore degli arabi a Poitier nel 732, deteneva ormai saldamente il potere. Forte del sostegno del Papa, al quale Pipino prometteva aiuto contro i Longobardi in Italia, egli depose l’ultimo re Merovingio Childerico III e si fece consacrare re con la santa unzione nel 751.  In tal modo la Chiesa sancì il Colpo di Stato. Papa Stefano II ripetè personalmente, nel 754, sul nuovo sovrano e sui suoi figli,  Carlomanno e Carlo, il futuro “Magno”, la consacrazione nella basilica di St.Denis. Da quel giorno e fino al 1825, i re di Francia furono consacrati e incoronati. Era nata la regalità di diritto divino.  Certo, essa fu un’arma a doppio taglio.Immediatamente la corte usò il nuovo status del re come fattore di propaganda politica. Il monarca, rivestito di poteri quasi sacerdotali, diventava l’intermediario tra Dio e il popolo. Dio governava il mondo grazie al re. Uccidere un sovrano era perciò sacrilegio e disprezzo della divinità. La Chiesa pur affermando il Teocentrismo, fece di tutto per limitare il potere regio ricordando che dal papa, cioè dal vicario di Cristo, giungeva al monarca la legittimazione del suo potere. Questo non toglie che tutte le monarchie (ben presto infatti anche gli altri re accetteranno l’unzione) cercheranno di mantenere ben radicata nella mentalità dei popoli di governare in nome e per conto di Dio. Va però detto che la consacrazione regale in Francia ebbe sempre la preminenza su tutte le altre. Essa, per mille anni, fu la cerimonia più grandiosa della Cristianità, tanto da surclassare persino le incoronazioni papali e imperiali; addirittura superò gli splendori della Corte di Bisanzio. Nella narrazione del battesimo, fatta da Gregorio di Tours circa un secolo dopo lo svolgimento dei fatti, non è però menzionato l’evento prodigioso. Dobbiamo aspettare il IX° secolo quando Incmaro, arcivescovo di Reims, scrisse una vita di S.Remi dove veniva raccontata la vicenda della Santa Ampolla. Secondo Incmaro, la notte della famosa cerimonia, la folla era tale nella città, che il chierico incaricato di portare gli olii santi necessari al battesimo, non riuscì a farsi strada attraverso la moltitudine. Remi, giunto il momento di cresimare il re, si trovò in serio imbarazzo. Pregò allora Dio di voler provvedere e il miracolo avvenne.  Una bianchissima colomba apparve e scese lentamente dall’alto: nel becco portava un’ampolla di vetro grossa come una noce, contenente il Crisma. Remi conserverà poi l’ampolla nell’abbazia che prenderà il suo nome. Tuttavia, a partire dall’anno mille, in Francia Roberto I il Pio (996-1031), nel regno d’Inghilterra S. Edoardo il Confessore (1042-1066) furono i primi sovrani ad esercitare pubblicamente questa meravigliosa facoltà taumaturgica. Al semplice tocco della mano del Re sulle piaghe dello scrofoloso, nella più gran parte dei casi, la patologia, ritenuta incurabile dalla medicina del tempo, si avviava a felice soluzione. Scrive Gilberto, abate di Nogent-sous-Coucy, nel trattato De Sanctorum reliquis: «Che dico? Non abbiamo visto il nostro signore, il Re Luigi, far uso di un prodigio consuetudinario? Ho veduto con i miei occhi dei malati sofferenti di scrofole nel collo o in altre parti del corpo, accorrere in gran folla per farsi toccare da lui - al quale tocco aggiungeva un segno di croce. Io ero là, vicinissimo a lui, e lo difendevo persino contro la loro importunità. Il Re mostrava verso di essi la sua generosità innata; avvicinandoli con la mano serena, faceva umilmente su di essi il segno della croce. Anche suo padre Filippo aveva esercitato con ardore questo stesso potere miracoloso e glorioso; non so quali errori, da lui commessi, glielo fecero perdere». Secondo Gilberto non soltanto l’allora regnante Luigi VI (1108-1137) godeva del singolare privilegio di guarire la scrofolosi. Anche suo padre Filippo I (1060-1108) aveva esercitato «con ardore» quel «prodigio consuetudinario». «Confesso che assistere il Re equivale [per un chierico] compiere una cosa santa; perché il re è santo; egli è l’Unto del Signore; non invano ha ricevuto il sacramento dell’unzione, la cui efficacia, se per caso qualcuno la ignorasse o la mettesse in dubbio, sarebbe ampiamente dimostrata dalla scomparsa di quella peste che colpisce l’inguine e dalla guarigione delle scrofole». Così scriveva, sul finire del secolo XII, riferendosi a Re Enrico II d’Inghilterra (1154-1189) Pietro di Blois, un chierico d’origine francese presso la corte di Londra. Ben presto il tocco guaritore dei regnanti di Francia ed Inghilterra assurse a tale notorietà che divenne un luogo comune dell’opinione pubblica europea colta e meno colta. Nessuno in quelle epoche di fede si stupiva che Dio potesse legare alla funzione sacra del Re un potere straordinario. I medici indicavano nei loro trattati il tocco reale come efficace rimedio contro quella particolare patologia. Così, per fare un solo esempio, il Compendium medicinae, un manuale della prima metà del secolo XIII, attribuito a Gilberto Anglico, nel libro III, al capitolo dedicato alle scrofole, recita testualmente: «Et vocantur scropholae…et etiam morbus regius quia reges hunc morbum curant» [E si chiamano scrofole.. ed anche malattia regia in quanto i re curano tale morbo ]. La vera misura, tuttavia, dell’immenso successo del tocco sovrano si rileva meglio dal costante e impressionante afflusso di ammalati alle corti di Francia ed Inghilterra. Ben presto, sia lungo la Senna che a Londra, invalse l’uso di accompagnare il tocco con la consegna di una simbolica somma di danaro a mo’ di elemosina. I funzionari regi annotavano spesso nei Libri dei Conti i versamenti di elemosine a vantaggio degli ammalati di scrofole. Queste importanti, anche se parziali testimonianze, fanno fede tanto del numero altissimo dei tocchi regi, quanto del diffondersi, ben oltre i confini di quei regni, della popolarità dei sovrani taumaturghi. Così, per quanto concerne l’Inghilterra, su cui siamo meglio informati, i libri mastri di corte durante i regni in sequenza di Edoardo I (1272-1307), Edoardo II (1307-1327) ed Edoardo III (1327-1377), che abbracciano un periodo di poco superiore al secolo (1272-1377) sono la prova più eloquente della costante attività medica dei Re inglesi. Le cifre, come osserva Marc Bloch, «nel loro insieme, sono imponenti». Edoardo I, che regnò dal 1272 al 1307, nel quinto anno di regno ‘toccò’ 627 ammalati; nel dodicesimo ricorsero alla cure reali in 197 scrofolosi; 519 invece durante il diciassettesimo anno; si sale a 1736 nel diciottesimo; il venticinquesimo ne vide accorrere 725; 983 il ventottesimo anno; mentre furono 1219 i toccati da Edoardo I nell’anno trentasettesimo di regno. I libri contabili della corte francese, al contrario, non offrono alcun dato numerico. Tuttavia, grazie alla meticolosa precisione di Renaud de Roye, un funzionario di corte di Filippo IV il Bello (1285-1314), che annotò le spese di palazzo tra il 18 gennaio e il 28 giugno 1307 e dal 1° luglio al 30 dicembre 1308, indicando nome e luogo di provenienza dell’infermo cui veniva elargita l’elemosina, ci si offre un vivace spaccato della varia umanità che, in quei primi anni del secolo XIV, si accalcava, speranzosa di guarigione, presso le residenze dei principi medici. Tutte le condizioni sociali sono rappresentate. Così, il 12 maggio 1307, si presentò al Re per essere toccata la nobildonna Jeanne de la Tour («patiens morbum regium», affetta dal mal reale). Anche i religiosi non disdegnavano far ricorso al potere guaritore del sovrano. Il libro mastro, infatti, segnala la presenza a corte di un frate agostiniano, di due francescani e di un cordigliero. Gli afflitti dal morbo regio sono disposti ad affrontare un lungo e pericoloso cammino, pur di potersi accostare alla mano taumaturgica dei Re. Un uomo chiamato Guilhem, originario della regione pirenaica della Bigorre, si presentò al sovrano francese mentre soggiornava a Nemours. Era il 13 dicembre 1307. Nonostante la stagione inclemente, quel pellegrino si era impegnato in un faticoso viaggio, che gli aveva fatto attraversare quasi tutta la Francia. Non sono soltanto i francesi, come la francescana, suor Agnese, di Bordeaux (allora feudo soggetto al re d’Inghilterra), o Gilette, castellana di Montreuil, o Margherita di Hans, a voler approfittare del rimedio reale. I libri contabili infatti segnalano infermi provenienti dalla Lorena, allora terra imperiale, dalla Savoia, dalla Svizzera. Tra il 1307 e il 1308 arrivano a corte anche sedici italiani, di cui alcuni milanesi, emiliani di Parma e Piacenza, un Johannes de Verona, quattro veneziani, un toscano, degli scrofolosi romagnoli, una donna urbinate e un frate agostiniano di Perugia, frater Gregorius de Gando prope Perusium, ordinis Sancti Augustini paciens morbum regium [il frate Gregorio di Gando vicino Perugia, dell’ordine di Sant’Agostino, ammalato di scrofole]. Nel celebre testo dell’abate di Nogent, sopra citato, abbiamo ancora la più antica testimonianza della modalità cerimoniale del tocco guaritore. Elemento essenziale del rito è il contatto della mano destra nuda del monarca sulla piaga infetta dell’ammalato: «…poi con la mano destra tocca i malati». Senza questo contatto o ‘tocco’ la guarigione o l’avvio alla guarigione non è possibile. La mano del Re è una delle parti del suo corpo consacrata e unta dal sacro crisma al momento della consacrazione. Il monarca così tocca di solito per la prima volta gli scrofolosi dopo la sua solenne unzione. Nel cerimoniale tuttavia, fin dagli inizi, si aggiunse al semplice contatto della mano, un secondo importante gesto simbolico: il segno della croce. Questo doveva essere impartito a mo’ di benedizione, tracciando cioè semplicemente nell’aria all’indirizzo dell’infermo poco prima toccato, o contemporaneamente al tocco, nel senso che il monarca toccava la piaga facendo il segno della croce. Per questo talvolta i testi medioevali che riportavano il rito di guarigione usavano designare i malati toccati dal Re col termine di ‘segnati’: «XVII egrotis signatis per regem» [17 ammalati segnati dal Re], recita una nota inglese del 27 maggio 1378. Il significato del tocco col segno di croce è molto chiaro. Non è il sovrano il primo autore del miracolo, ma svolge solo un’azione vicaria, essendo il semplice canale o strumento della grazia celeste, che opera per il tramite del principe consacrato. Questo carattere strumentale e mediato del potere medioevale dei Re, è ancora evidenziato nel terzo elemento che accompagna e segue il tocco: le preghiere a Dio. Stefano di Conty, un monaco di Corbie, scrive durante il regno di Carlo VII di Francia (1380-1422) un trattatello sulla monarchia francese, ove ricorda che il Re, prima d’accostarsi ai malati, si soffermava un poco in preghiera. Anche l’inglese Bradwardine allude ad una simile consuetudine quando ricorda che il monarca, soleva precedere il rito taumaturgico con la recita di alcune preghiere: orazione fusa [dopo aver pregato]. A partire dal XVI secolo, sempre in Francia, le preghiere pronunciate al momento del tocco, si fissarono in una formula, che rimase in vigore fino alla cessazione del rito. Il sovrano infatti prese a pronunciare al momento del contatto: ll Re ti tocca. Dio ti guarisce. Questa breve e suggestiva preghiera ricordava tanto al beneficiato quanto al Principe che il miracolo non derivava da un magico potere personale del Re, ma dalla potenza di Dio, di cui il sovrano era semplice strumento. Il giorno stesso della consacrazione e unzione del Re, o poco dopo, segnava l’inizio della cerimonia del tocco. Dopo allora, ogni giorno ed ogni occasione erano buoni. Soprattutto in epoca medioevale, quando i sovrani erano soliti percorrere in lungo e in largo i loro territori, accompagnati da un seguito poco numeroso, non era inusuale vedere frotte di ammalati di ogni condizione, ma più spesso poveri, accalcarsi presso le provvisorie sedi ove il monarca soggiornava, pretendendo che tenesse fede al suo dovere guaritore. Con il trapasso dalla monarchia feudale a quella moderna, quando i re divennero sedentari e l'apparato burocratico si fece più robusto, il rito delle scrofole si adattò alla nuova situazione. Già S. Luigi IX (1226-1270), sebbene gli scrofolosi potessero accedere al tocco ogni giorno, riservava alla cerimonia medicinale un momento preciso della giornata, cioè al mattino, subito dopo la prima messa. Tale situazione rimase stabile fino al XV secolo, quando Luigi XI (1461-1483) decise di ricevere gli infermi un solo giorno della settimana. Inoltre i pazienti erano sottoposti ad una visita medica preventiva che accertasse la presenza della malattia. In Inghilterra, ai tempi di Enrico VII (1485-1509) non risulta essere stato dedicato un giorno particolare per il tocco. Nell’epoca della Controriforma, il tocco reale mantenne intatto il proprio prestigio. Le cifre sono più eloquenti delle parole: Luigi XIII (1610-1643) nel 1611 tocca 2210 scrofolosi, 3125 nel 1620. Nella Pasqua del 1613 sono ben 1070 gli ammalati che si presentano in quel solo giorno al Louvre per il miracolo regio. Il sovrano compie regolarmente la funzione nelle grandi solennità, Pasqua, Pentecoste, Natale, o Capo d’Anno, talvolta, come per il passato, alla Candelora, la Trinità, l’Assunta, Ognissanti. Con Luigi XIV (1643-1715), suo figlio, nulla cambia nella sostanza. Il sovrano, ricorda Saint-Simon, «si comunicava sempre col collare dell’Ordine, facciole e mantello, cinque volte l’anno, il Sabato santo nella Parrocchia, gli altri giorni nella Cappella: la vigilia di Pentecoste, il giorno dell’Assunzione, seguita da una gran messa, la vigilia di Ognissanti e la vigilia di Natale… e ogni volta toccava gli ammalati». Se il rito si svolge nella capitale è cura del Gran Prevosto far affiggere dei manifesti che annunziano l’evento in modo d’avvisare i pazienti. Uno di essi, che avvisa del tocco della Pasqua 1657, recita così: Da parte del Re e del Signor Marchese di Souches, Prevosto dell’Ostello della Maestà e Gran Prevosto di Francia. Pasqua, Sua Maestà toccherà i Malati di Scrofole, nella Galleria del Louvre, alle ore dieci del mattino, in modo che nessuno possa scusarsi per non esserne a conoscenza, e che coloro che sono afflitti da detto male, se così gli aggrada, abbiano a trovarsì lì. Redatto a Parigi, alla presenza del Re, il 26 marzo 1657. Firmato, De Souches. Il Re Sole nel Sabato Santo del 1666 tocca 800 scrofolosi.. Nella solennità della SS. trinità, il 22 maggio 1710, vide presentarsi a Versailles 2400 scrofolosi. Il sabato 8 giugno 1715, invece, vigilia di Pentecoste, tre mesi prima di morire , il sovrano toccò per l’ultima volta i malati. Gli scrofolosi s’ammassarono in circa millesettecento. Nel corso del secolo dei ‘lumi’ la cerimonia del tocco regio non perse nulla della propria notorietà. Luigi XV (1715-1774) il 29 ottobre 1722, giorno della sua consacrazione, trovò una folla di duemila scrofolosi ad attenderlo nel parco di Saint-Rémi a Reims. Luigi modificò leggermente, probabilmente senza alcuna intenzione recondita, la formula tradizionale che accompagnava il venerando rito. Anziché, come per il passato, dire: Il Re ti tocca, e Dio ti guarisce (con il modo indicativo) egli pronunciò: Il Re ti tocca, Dio ti guarisca (al condizionale), espressione che rimase in uso anche presso i successori.  Dinanzi al progredire dell’incredulità insufflata dall’Enciclopedismo scettico ed anti-cristiano dei seguaci di Voltaire, i fedeli monarchici inviavano spesso a Corte i certificati di guarigione. Così, poco dopo l’incoronazione di Luigi XV (ottobre 1722) il Marchese d’Argenson, amico di Voltaire e intendente reale nell’Hainaut, venne a conoscenza di una guarigione miracolosa: «Alla consacrazione del Re a Reims – scrive nelle sue Mémories – un uomo d’Avesnes, che aveva scrofole terribili, andò a farsi toccare dal Re. Egli guarì perfettamente, intesi dir questo. Io feci fare un processo e presi informazione del suo stato precedente e susseguente, il tutto ben autenticato. Fatto ciò, inviai le prove di questo miracolo a De La Villiére, segretario di Stato della provincia». Luigi XVI (1775-1793), incoronato il 7 luglio 1775, non fu da meno. Dovette toccare 2400 ammalati! Anche per lui abbiamo dei certificati di guarigione che attestano la permanenza del miracolo reale. Un tale Rémy Rivière, parrocchiano di Matougues, fu toccato dal Luigi XVI a Reims. Riacquistò la salute. L’intendente della provincia, Roullé d’Orfeuil il 17 novembre 1775 fece stendere un certificato sottoscritto dal risanato, dal medico locale e dal parroco. Tra il novembre e il dicembre del medesimo anno vennero stilati altri quattro certificati di guarigione riguardanti quattro ragazzi guariti dopo la cerimonia reale. Il monarca continuò certamente, come i suoi avi, a toccare i malati nelle grandi solennità. Poi venne il 1789 e la prigionia. Infine, nel gennaio 1793, la ghigliottina pose fine alla sua vita. Il tocco però non morì con lui, ma sopravvisse all’uragano rivoluzionario, e rifece capolino nel nuovo secolo. Nel 1825, a differenza del fratello Luigi XVIII (1814-1824), che non volle essere consacrato a Reims, Carlo X (1824-1830) fedele ai propri convincimenti realisti, decise di rinnovare l’antica liturgia. Così venne unto e incoronato more antiquo con il Crisma della Santa Ampolla. Come un tempo, gli scrofolosi si presentarono al sovrano per essere toccati, ma questi rifiutò, limitandosi a far loro una generosa elemosina: "Molte persone erano d’avviso di sopprimere questa cerimonia per togliere un pretesto alle derisioni dell’incredulità, e si diede ordine di rimandare gli scrofolosi. Essi si lamentarono, il Re inviò una somma di denaro da distribuir loro. Essi dissero che non era affatto ciò che volevano. L’abate Desgenettes, allora Parroco della parrocchia delle Missioni Estere, più tardi Parroco di Nôtre-Dame de la Victoire, che era alloggiato a Saint-Marcoul, vedendo la loro desolazione, si recò a perorare la loro causa, e il re annunziò la sua visita per il 31 maggio all’ospizio. I malati furono visitati dal sig. Noël, medico dell’ospizio, e dal sig. Dupuytren, primo chirurgo del re, a fine di non presentare che i malati veramente colpiti da scrofole. Rimasero cento trenta. Essi furono presentati successivamente al Re dai dottori Alibert e Thévent de Saint-Blaise. Il Re li toccò pronunciando la formula tradizionale. Il primo guarito fu un fanciullo di cinque anni e mezzo, Giovanni Battista Comus; egli aveva quattro piaghe; la seconda fu una giovine sedicenne, Marie-Clarisse Fancherm; essa aveva una piaga scrofolosa alla guancia fin dall’età di cinque anni. La terza, Susanna Grévisseaux, di undici anni. Essa presentava delle piaghe e dei tumori scrofolosi. La quarta, Maria Elisabetta Colin, di nove anni, aveva molte piaghe. La quinta, Maria Anna Mathieu, d’anni cinque aveva un tumore scrofoloso e una piaga nel collo.

 

 

 

 
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BRAY

 

 

Sceau (SIGILLO) de la baronnie de Bray

La baronnie de Bray s'étend le long d'axes stratégiques comme la Seine, la voie romaine de Sens à Meaux qui permet de passer le pont en marquant le c'ur de la châtellenie de la vallée de l'Oreuse, la limite du comté de Champagne et l'Yonne. Ses barons Henri le Libéral, comte de Champagne, puis Jacques, duc de Savoie, gèrent les territoires autour de dix places principales : Passy, Montigny, Bazoches, Les Ormes, Dontilly, la Villeneuve-du-Comte, Égligny, Vin-neuf, Courlon et Bray-sur-Seine.

 

 

CENNI STORICI SUL MIO CASATO BRAY

 Il casato BRAY-BRAI, cognome sembra essere derivante dal francese (e prima da quello, Celtico). Il nome proviene da diversi periodi storici nei paesi d'Europa. Contea Wicklow, l'Irlanda, vicino a Brayhead. Nelle annotazioni antiche il nome era Bree, preso dal vecchio bri o brigh irlandese, una collina. Questa parola è simile nelle vecchie lingue gaeliche e celtiche; In Inghilterra il nome è trovato applicato alle parrocchie in contee Devon e Berks. Molti città e distretti in Francia impiegano il Bray o certa forma del nome, come: Bray-sur-Somme, Bray-sur-Seine, Bre-Cotes-du-Nord, Bray-La-Campagne, Bray-Calvados e paga de Bray. Ci sono parecchi posti chiamati BRAY in Europa, la città Bray in Inghilterra è in Berkshire sul fiume di Tamigi vicino a Windsor, Bray in Irlanda è sul sud del litorale appena di Dublino in contea Wicklow e ci è un distretto chiamato paga de Bray vicino a Rouen e ad un villaggio Bray vicino a Parigi in Francia in Lilla."La gente normanna„ dal Re", condizioni il nome deriva da un posto denominato Bray vicino ad Evreux, Normandia; Milo de Brai 1064 era signore di Montlhéry a partire dal 1095 sua moglie era Lithuise figlia di Stephes conte di Blois e di Adela della Normandia, figlia di William il conquistatore ed il suo figlio dello stesso nome Milo II de Brai 1118 signore di Montlhéry e di Braye, visconte di Troyes 1096,  il figlio maggiore Trousseau de Brai, signore di Monthléry  sua figlia Elizabeth di Montlhéry nel 1103 sposò Philip, Conte di Mantes, figlio di Philip I della Francia e di Bertrada de Momtfort, parteciparono alla 1^ crociata nel 1096. Nel  1066, sir Guillaume de Brai, successivamente in inglese William de Bray e sir Thomas de Bray, parteciparono alla conquista dell'Inghilterra a fianco del Duca di Normandia William. Sul rotolo nell'abbazia i nomi di coloro che hanno partecipato alla battaglia di  hastings. Al Servizio dei Re d'Inghlilterra dal (1066 - 1485): In un villaggio vicino Berkshire Bray vi è una chiesa del XII secolo costruita da Bray, in cornovaglia. sir Richard Bray cavaliere della giarrettiera e Consigliere al servio di Henry VI e della sua moglie Joan Troughton. Nel Concistoro del 22 maggio 1262 fù nominato Cardinale Guillaume de Bray da Papa Urbano IV . Il casato si stabilì in Puglia in Gravina e nel salento. Nominis reliquiae supersunt planissime, Bibracte Galliae etiam nunc in Bray contrahitur, et non procul hinc Caesar Tamisim cum suis transmisit ...",

 

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Papa Benedictus XVI

Joseph Ratzinger


Il Santo Padre con il Vescovo di Ugento (LE) Mons. VITO DE GRISANTIS in occasione della visita a Santa Maria di Leuca (LE) "de finibus terrae"14 Giugno 2008


 

SIGILLUM MILITUM

 

A Troyes Francia nel 1127, i Cavalieri Templari adottarono il motto: "Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", ossia "Non a noi, Signore, non a noi, ma al Tuo nome da gloria". E’ facile immaginare come un simile motto potesse accendere gli animi.
San Bernardo da Chiaravalle inoltre trasmise ai cavalieri la devozione a Maria e il grande rispetto per la donna, la Regola infatti cita: "Maria presiedette al principio del nostro Ordine

 

INVESTITURE

 

Nel medioevo il cavaliere veniva istruito nell’uso delle armi; egli era sottoposto a studi che ingentilivano gli animi e di ordine morale. Altre caratteristiche della cavalleria erano: cortesia, difesa della giustizia, appoggio alla debolezza, omaggio alla bellezza, idealizzazione dell’amore come mezzo di elevazione morale. L’incontro con il soprannaturale, secondo le credenze d’epoca, avrebbe completato l’iniziazione del cavaliere.

Iniziazione cavalleresca
La vestizione - com’era chiamata l’iniziazione cavalleresca - era considerata già alla fine del XI -XII secolo con la fondazione degli Ordini un "ottavo sacramento". Il candidato vi si preparava con una notte di veglia in armi nella cappella di famiglia, inginocchiato davanti all’altare. Veniva poi purificato con un bagno rituale, confessato e comunicato. Seguiva una messa solenne, al termine della quale avveniva la vestizione vera e propria, che consisteva nella consegna da parte del sacerdote della spada consacrata, degli speroni, dello scudo, della lancia e delle varie parti dell’armatura, che appunto il giovane indossava.
La cerimonia si concludeva infine con l’accollata o palmata, cioè con un colpo inferto col palmo della mano dal padrino sulla nuca del neofita, o anche di piatto con la spada sulla spalla. Era consuetudine che il colpo fosse di una certa forza, tanto da far vacillare il ricevente.
 
Bisognava alimentare tra i cavalieri rapporti di solidarietà, lealtà, fratellanza, oltre che naturalmente di fedeltà incondizionata. Non importava che la compagnia fosse numerosa; importava che fossero saldi i legami al suo interno e che ne facessero parte, soprattutto, quei pochi vassalli davvero in grado - per valore, potere, prestigio personale - di controllare tutti gli altri.

 

 

RE CRISTIANI

 

 

CATTEDRALI GOTICHE

 

I Cavalieri Templari, si ritiene avessero rinvenuto documenti relativi alle "LEGGI DIVINE DEI NUMERI,DEI PESI E DELLE MISURE" sotto le rovine del Tempio di Salomone a Gerusalemme e li avrebbero forniti ai costruttori di cattedrali.

Le cattedrali gotiche sono dei veri e propri libri di pietra, per tramandare straordinarie conoscenze che solo poche persone iniziate a simboli ed a codici particolari, avrebbero potuto comprendere. Infatti la grandiosità, l'imponenza e tutta una serie di misteri non risolti hanno fatto diffondere attorno alle cattedrali gotiche numerose leggende legate a figure ed oggetti leggendari della storia del Cristianesimo, dai Cavalieri Templari al Santo Graal.

Furono costruite improvvisamente in Europa, intorno al 1128 (cattedrale di Sens), proprio dopo il ritorno dei Cavalieri Templari dalla Terrasanta, con una maestria costruttiva tecnica e architettonica completamente diversa dalle precedenti chiese romaniche. Una dopo l'altra, sorsero le cattedrali di Evreux, di Rouen, di Reims, di Amiens, di Bayeux, di Parigi, fino ad arrivare al trionfo della cattedrale di Chartres. I piani di costruzione e tutti progetti originali di esecuzione di queste cattedrali non sono mai stati trovati. Le opere murarie erano fatte con una maestria eccezionale. Per i tecnici, come gli architetti, ad esempio, possiamo vedere come i contrafforti esterni esercitano una spinta sulle pareti laterali della navata, e così facendo il peso, anziché gravare verso il basso, viene come spinto verso l'alto, e tutta la struttura appare proiettata verso il cielo. Le Cattedrali inoltre sono tutte poste allo stesso modo: con l’abside rivolto verso est (cioè verso la luce), sono tutte dedicate a Notre Dame, cioè alla Vergine Maria e se unite insieme formano esattamente la costellazione della Vergine.

Inoltre vennero costruite su luoghi già considerati sacri al culto della "Grande Madre", ritenuto il culto unitario più diffuso prima del Cristianesimo; molti di questi luoghi inoltre sono dei veri e propri nodi di correnti terrestri, ovvero punti in cui l'energia terrestre è molto forte (grandi allineamenti di megaliti). Hanno pianta a croce latina: la croce "é il geroglifico alchemico del crogiuolo" (Fulcanelli), ed è nel crogiuolo che la materia prima necessaria per la Grande Opera alchemica muore, per poi rinascere trasformata in un qualcosa di più elevato.

Sono adornate da un gran numero di statue o bassorilievi raffiguranti figure altamente simboliche e simboli magici ed esoterici, che poco hanno a che vedere con la loro funzione di chiese cristiane ed hanno un particolare orientamento in modo che il fedele, entrando nell'edificio sacro, cammini verso l'Oriente, ovvero verso la Palestina, luogo di nascita del Cristianesimo.

Ciascuna cattedrale è dotata di una cripta in cui secondo alcune tradizioni sarebbero nascosti degli oggetti sacri molto importanti (ad esempio si dice che in una delle cripte della Cattedrale di Chartres sia custodita l'Arca dell'Alleanza, e che quando questa cripta sarà scoperta la cattedrale crollerà al suolo). Ma le cripte sono legate ad un altro elemento molto misterioso: le "Vergini Nere", statue o bassorilievi, che raffigurano appunto la vergine Maria, con la particolarità della carnagione scura.

 

Francia Parigi

 

 

Notre Dame

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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